TAR Torino, sez. II, sentenza 2014-10-23, n. 201401571
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N. 01571/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00834/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 834 del 2014, proposto da:
M B, rappresentato e difeso dagli avv. P M, B F T, con domicilio eletto presso B F T in Torino, corso V. Emanuele II, 52;
contro
Comune di Savigliano;Ufficio Elettorale Centrale del Comune di Savigliano e Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;C C, rappresentato e difeso dall'avv. R C P, con domicilio eletto presso R C P in Torino, via Bogino, 9;
nei confronti di
Giulio Ambroggio, Alberto Casasole, Maurizio De Lio, Margherita Ellena, Rocco Ferraro, Alessandra Frossasco, Luciano Gandolfo, Laura Grande, Luca Grindatto, Maurizio Occelli, Pasquale Portolese, Paolo Tesio, Osvaldo Tortone;E Garaventa Silvia Portera Antonello, rappresentati e difesi dall'avv. Antonello Portera, con domicilio eletto presso Battistina Piroddi in Torino, via Tolmino, 52;
per l'annullamento
del provvedimento di ammissione della lista "Moderati per Savigliano", quale atto presupposto e preparatorio al conseguente atto di proclamazione degli eletti, con il quale è stata accettata ed ammessa la predetta lista collegata al candidato Sindaco C C e, comunque, di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Elettorale Centrale del Comune di Savigliano e Ministero dell'Interno e di C C e di E Garaventa Silvia Portera Antonello;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. V S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso si sostiene che il dott. Antonio Matta, presentava una lista di n. 16 candidati, denominata “Moderati per Savigliano”, collegata al candidato Sindaco al Comune di Savigliano C C.
La predetta lista otteneva al primo turno 281 voti, pari al 2,47 % dei voti, così contribuendo al successo della coalizione di appartenenza.
Veniva presentato esposto-denuncia-querela in data 30.52014 da Rocco Tiranno, candidato consigliere nella predetta lista, nei confronti del dott. Antonio Matta, del sig. C C, del Sig. M D M, del Sig. G M, parimenti candidati nella medesima lista, "per l'apposizione di firme false e di false autentiche di firme sui moduli relativi alla presentazione ed accettazione della lista e delle candidature relative alla lista "MODERATI PER SAVIGLIANO".
In particolare secondo quanto emerge da tale documento alcuni sottoscrittori avrebbero apposto sui moduli la propria firma anche per i propri famigliari e/o amici in tal modo falsificandole, firme che poi venivano autenticate;inoltre, il sig. Tiranno asserisce di avere assistito allà apposizione di firme false da parte del candidato sig. M D M e dal sig. G M alla presenza del sig. C C, il quale avrebbe reperito telefonicamente i relativi dati anagrafici;quest'ultimo, quindi, apponeva la firma per autenticazione.
Ne conseguirebbe che il provvedimento di ammissione della suddetta lista elettorale, così come il successivo provvedimento di proclamazione degli eletti, adottato il 10.6.2014, nonché i provvedimenti presupposti connessi e collegati sarebbero illegittimi.
Si costituiva in giudizio l'Ufficio elettorale centrale del Comune di Savigliano, con il patrocinio dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino il quale chiedeva “dichiararsi la carenza di legittimazione passiva degli Uffici elettorali e del Ministero dell'Interno e, per l'effetto, estrometterli dal processo e dichiararsi l'inammissibilità del ricorso proposto nei loro confronti. Col favore delle spese processuali”.
Si costituiva in giudizio anche il sig. C C, candidato eletto alla carica di Sindaco di Savigliano, il quale deduceva la inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti, in quanto si impugnerebbe unicamente l'atto d'ammissione della lista "Moderati per Savigliano", non invece l'atto di proclamazione degli eletti.
Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2014 la causa è passata in decisione.
Diritto
Il ricorso è inammissibile in quanto le censure riguardano la fase di ammissione delle liste e dei candidati alla competizione elettorale.
Va, a tal proposito, ricostruito il complesso quadro normativo.
L'articolo 130 CPA disciplina il rito relativo alle operazioni elettorali di Comuni, Province, Regioni e Parlamento europeo.
Il principio cardine di detta tipologia di giudizio è che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti,
Una volta concluso il procedimento elettorale gli atti preparatori non possono più essere impugnatio insieme alla proclamazione degli eletti (art. 130 d.lgs. n. 104/2010 - CPA).
Il testo originario dell’art. 129 CPA, prima delle modifiche introdotte dal D.L.vo n. 160 del 2012 (secondo correttivo) prevedeva che i provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l'esclusione di liste o candidati potevano essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi.
Al di fuori dei provvedimenti di esclusione dalla procedura elettorale ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni era impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'atto di proclamazione degli eletti.
Era già emersa, pur tuttavia, nella giurisprudenza una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 129 CPA in tema di atti impugnabili immediatamente lesivi individuati anche negli atti di ammissione delle liste (con particolare riguardo alle doglianze relative alla confondibilità dei simboli di lista).
Il Consiglio di Stato sez. V con la sentenza n. 2551 del 29 aprile 2011 ha ritenuto che “Se è vero, infatti, che l'articolo 129 c.p.a. ammette espressamente la impugnazione soltanto dei provvedimenti di esclusione (ricusazione) delle liste o di candidati dalla competizione elettorale, occorre ricordare che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 236 del 7 luglio 2010 ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 83 undecies del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, proprio nella parte in cui escludeva un'autonoma immediata impugnativa degli atti endoprocedimentali, ancorché immediatamente lesivi: l'immediata impugnabilità di detti atti si riconnette, secondo il ragionamento della Corte ai principi di effettività e tempestività della tutela delle situazioni giuridiche soggettive immediatamente lese, atteso che "...l'interesse del candidato è quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale, in un definito contesto politico e ambientale", così che "...ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse appare inidonea ad evitare che l'esecuzione del provvedimento illegittimo di esclusione abbia nel frattempo prodotto pregiudizio". Quantunque le ricordate argomentazioni della Corte non possano trovare automatica ed immediata applicazione anche allorchè si tratti dell'impugnazione di provvedimenti di ammissione di liste o di candidati, ipotesi nelle quali una lesione concreta ed attuale non si è ancora definitivamente verificata e può dipendere in concreto dall'esito delle elezioni rispetto alla lista o ai candidati ammessi asseritamente in modo illegittimo, pur tuttavia nel caso di specie deve ammettersi l'impugnazione dell'ammissione della Lista Lega Todaro in ragione delle peculiari prospettate ragioni di illegittimità, fondate sull'astratto pericolo di confusione nell'elettorato determinato dall'uso da parte della predetta Lista ….. di un contrassegno asseritamente confondibile con quello utilizzato dalla lista ……. e sul connesso interesse da evitare un possibile sviamento dell'elettorato. In tali termini il ricorso di primo grado doveva e deve essere considerato ammissibile”.
Il d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, recante disposizioni correttive e integrative del codice del processo amministrativo ha innovato a detta limitazione in ordine agli atti impugnabili della fase preparatoria delle elezioni.
Tra le innovazioni che riguardano il contenzioso elettorale in relazione alla fase del procedimento elettorale preparatorio (art. 129 c.p.a.), la modifica sostanziale che si intendeva apportare non è di lineare contenuto dispositivo (pur rimanendo nel titolo dell’articolo il riferimento alla impugnazione della esclusione di liste e candidati, dovuto verosimilmente ad un difetto di coordinamento delle norme novellate).
Mentre in base al testo previgente erano impugnabili solo le esclusioni, e solo da parte di alcuni soggetti nominati, e solo in relazione alle elezioni amministrative, adesso sono impugnabili, più in generale, tutti “i provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio”, senza limiti espressi di legittimazione attiva, e con estensione al contenzioso elettorale per il Parlamento europeo.
La ragione di tale innovazione è correlata all’esigenza di dare piena applicazione ai principi enunciati nella decisione sopra richiamata della Corte costituzionale 7 luglio 2010 n. 236, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83-undecies, d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, nella parte in cui esclude la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti.
Sebbene la pronuncia sia stata resa con riguardo al caso di impugnazione di un provvedimento di esclusione ha, pututtavia, una portata generale e va intesa nel senso che tutti gli atti lesivi che fanno parte del procedimento elettorale preparatorio sono immediatamente impugnabili.
Dalla formulazione della novella legislativa non è esplicitato che tale risultato venga raggiunto con la previsione del correttivo.
L’intento perseguito era più chiaro nel testo licenziato dalla commissione speciale del Consiglio di Stato: ivi si disponeva che sono impugnabili “i provvedimenti immediatamente lesivi relativi al procedimento elettorale preparatorio”.
Il testo definitivo, come detto, si riferisce testualmente ai “provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio”.
Nello schema di decreto legislativo era, pertanto, chiaro che si intendesse estendere l’ambito oggettivo del contenzioso alle ammissioni, e la legittimazione attiva a tutti i cittadini elettori.
Nel testo finale, il riferimento agli atti lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio è poco chiara.
La volontà di ampliare il novero degli atti impugnabili, ricomprendendovi quelli di ammissione delle liste e dei candidati, è desumibile anche facendo applicazione del criterio ermeneutico logico sistematico.
Sul piano teorico, ha poco senso la disposizione che fa riferimento al “diritto a partecipare al procedimento elettorale preparatorio” dal momento che il diritto tutelato è quello alla partecipare alle elezioni.
La Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale la posticipazione dell’impugnabilità degli atti di esclusione e di ammissione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni per violazione degli artt. 24 e 113 Cost., in quanto l’interesse del candidato – si legge in motivazione – “è quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale, in un definito contesto politico e ambientale” per cui ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse “appare inidonea ad evitare che l’esecuzione del provvedimento illegittimo di esclusione abbia, nel frattempo, prodotto un pregiudizio”.
Sussiste, infatti, un interesse legittimo strumentale al corretto svolgimento del procedimento elettorale preparatorio (nel corso del quale le competenti commissioni elettorali decidono sulle ammissioni ed esclusioni di liste, contrassegni, candidati).
La potenziale lesività non è tanto correlata al procedimento elettorale preparatorio in sé, ma alle decisioni che nel suo ambito vengono assunte e che si sostanziano nella esclusione o nella ammissione di liste, contrassegni, candidati.
Detti atti finali ledono l’interesse della lista o del candidato a partecipare alle elezioni, ossia al procedimento elettorale nella sua interezza con la potenziale capacità di inficiare la proclamazione degli eletti e non si limita a quello preparatorio.
E’ vero che la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di contenzioso elettorale tradizionalmente è stata ascritta al novero della giurisdizione di legittimità e di merito e che il contenzioso elettorale non è menzionato tra i casi di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133 c.p.a., ma nell’art. 134 tra i casi di giurisdizione di merito. Pur tuttavia la qualificazione del diritto a partecipare al procedimento elettorale preparatorio, ha verosimilmente introdotto una materia di giurisdizione esclusiva.
Non assume rilevo, infatti, determinante la circostanza che l’art. 133 c.p.a. continua a non menzionare il contenzioso elettorale nella elencazione, ma questa ha un carattere non esaustivo posto che il comma 1 recita “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge”.
Al di là dei dubbi teorici che solleva il novellato art. 129 c.p.a., sul piano pratico, la menzione del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale (preparatorio), induce a ritenere i provvedimenti lesivi di tale diritto sono:
- i provvedimenti di esclusione dei candidati che delle liste dalla competizione elettorale.
- i provvedimenti di ammissione rispettivamente di candidati e liste.
Questi ultimi devono ritenersi atti immediatamente lesivi del diritto del candidato, del pari ammesso, a partecipare al procedimento elettorale in un quadro di potenziali concorrenti definito ed immune da possibili contestazioni all’esito del procedimento elettorale costituito dalla proclamazione degli eletti.
L’attuale formulazione normativa ha voluto estendere, pertanto, l’ambito oggettivo del contenzioso elettorale preparatorio sino a includervi le ammissioni che determinano una potenziale perturbazione della competizione elettorale a prescindere dal risultato conseguente alla proclamazione degli eletti.
Le ammissioni o esclusioni delle liste e dei candidati non sono qualificabili atti endoprocedimentali privi di potenziale lesività immediata sin dalla adozione a prescindere dall’esito elettorale.
Gli atti ammissivi delle liste e dei candidati definiscono fasi autonome del procedimento.
Discende da tale assunto che gli atti che chiudono una fase, se immediatamente lesivi, ancorché prodromici a successivi sviluppi, sono suscettibili di autonoma e doverosa impugnazione.
Denegando la possibilità di una impugnativa tempestiva dell'atto che chiude la fase di ammissione, si realizza la potenziale violazione degli artt. 24 e 113 Cost.
Rilievo quest’ultimo che rende necessaria una esegesi costituzionalmente orientata dell’art. 129 CPA.
Ciò perché - seguendo il ragionamento della Corte - l'interesse del candidato è quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale in un definito contesto politico e ambientale, ed altresì - occorre aggiungere – temporale.
Ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse appare inidonea ad evitare che l'esecuzione del provvedimento illegittimo abbia, nel frattempo, prodotto un pregiudizio.
In nessun altro procedimento, come quello elettorale, gli effetti dannosi di atti preparatori illegittimi si riverberano in modo irreversibile sulla rinnovazione di quegli stessi atti a seguito di una pronunzia di annullamento ex post per la indiscutibile non omogeneità tra due procedimenti elettorali reiterati nel tempo.
L’argomentazione è comune sia per l'ipotesi di illegittima esclusione di una lista, che per quella di illegittima ammissione di una lista concorrente.
Peraltro a confermare sul piano fattuale che un pregiudizio può derivare anche dall'ammissione illegittima di una singola candidatura o di una lista assume rilevanza la natura del sistema elettorale ormai vigente nelle elezioni comunali, provinciali e regionali, ancorato fortemente al principio maggioritario;sicché la partecipazione alla competizione elettorale con candidature o liste formate e presentate in modo del tutto irregolare ha una influenza decisiva sul risultato elettorale, determinandolo nel suo esito finale.
Da qui la lesione immediata dell'interesse di un candidato, che è quello di partecipare ad una consultazione elettorale nella situazione politico-amministrativa esistente alla data prefissata, secondo le regole del gioco.
Va, inoltre, rilevato che una correzione o riedizione della competizione in un momento successivo, non sarebbe pienamente satisfattiva, perché influenzata dalle modificazioni, medio tempore verificatesi, del contesto politico-ambientale in diretta dipendenza di quegli atti di ammissione illegittimi, che hanno condizionato il risultato elettorale.
Il diniego di una tempestiva tutela giurisdizionale fin dalla fase preparatoria estesa a tutti gli atti (di ammissione e di esclusione) è destinato a ledere l'interesse del candidato, anche perché la rinnovazione della consultazione elettorale potrà essere direttamente influenzata dalla funzione pubblica medio tempore esercitata da chi ha potuto giovarsi dell'esecuzione di un provvedimento illegittimo di ammissione alla competizione stessa.
In linea generale per i competitori politici, ottenere la ripetizione delle elezioni, in un tempo successivo della vicenda elettorale in caso di vizi della fase preparatoria, non è realmente satisfattivo.
E ciò vale per qualsiasi vizio afferente l'ammissione o l'esclusione di una lista;infatti il decorrere del tempo nella materia elettorale non è certamente un fattore neutrale.
Vi sono, peraltro, casi specifici in cui i vizi afferenti l'ammissione di una lista, non tempestivamente rilevati, hanno un effetto dirompente sulla stessa possibilità di una effettiva presenza delle altre liste di altri candidati.
Si pensi, ad esempio, alla violazione della norma che limita il numero massimo delle firme di sottoscrizione per la presentazione di una lista, allo scopo di non condizionare le possibilità degli altri elettori, e di non dar luogo ad una precostituita campagna elettorale.
In una fattispecie di tal genere, è evidente, che l'omessa rilevazione del vizio da parte di una commissione elettorale, ed il diniego della possibilità di una impugnativa immediata del provvedimento di ammissione della lista illegittimamente ammessa, comporterebbe una lesione immediata e difficilmente recuperabile attraverso la posticipazione dei ricorsi elettorali.
Si tutela così il principio della certezza delle situazioni giuridiche che nel diritto pubblico garantisce il perseguimento dell’interesse della collettività a garanzia del principio di democrazia sancito dall’art. 1 della Costituzione.
Né va sottaciuta l’esigenza di garantire il bilanciamento degli interessi dei soggetti coinvolti nel procedimento elettorale con quelli dell’Amministrazione ed in primo luogo a quello di evitare la rinnovazione della procedura elettorale che comporta costi a fronte di vizi che se rilevati tempestivamente nel corso di un rito dai tempi di definizione strettissimi, quale quello dell’art. 129 CPA, avviano il procedimento elettorale verso un percorso indenne da contestazioni.
Detti argomenti consentono di risolvere la questione della facoltatività o obbligatorietà del rito dell’art. 129 c.p.a, ovvero alla possibilità di dedurre vizi della fase preparatoria con riguardo all’atto di proclamazione degli eletti con il rito del successivo art. 130.
Nella versione originaria del c.p.a. l’impugnazione immediata dei provvedimenti di esclusione appariva non doverosa: l’art. 129, c. 1, versione originaria, c.p.a. usava la locuzione “possono essere immediatamente impugnati”, e l’art. 129, c. 2, c.p.a. versione originaria lasciava intendere che se l’interessato non si avvaleva di tale facoltà, restava la possibilità di contestare l’esclusione dopo la proclamazione degli eletti, con l’altro rito elettorale.
Detta conclusione è da ritenersi esclusa dall’art. 130 CPA che al comma 1 recita “Salvo quanto disposto nel Capo II del presente Titolo, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti…”.
Con la norma novellata dal d.lgs. n. 160 del 2012 il rito disciplinato dall’art. 129 ormai sembra essere, anche sotto il profilo testuale, obbligatorio, dal momento che il c. 1, dispone che gli atti ivi menzionati “sono impugnabili”, e l’art. 129, c. 2, come novellato, dispone che solo gli atti diversi da quelli di cui al c. 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento elettorale unitamente all’atto di proclamazione degli eletti.
Il testo normativo novellato rafforza la finalità di separare nettamente gli effetti lesivi derivanti dagli atti conclusivi della procedura di ammissione delle liste e dei candidati da quella successiva della competizione elettorale che si conclude con la proclamazione degli eletti e che è tenuta indenne dai vizi della fase preparatoria sia attraverso la inoppugnabilità degli atti che attraverso la formazione del giudicato correlato alla particolarità del rito caratterizzato dalla accelerazione dei termini per la definizione delle controversie.
Non sono, pertanto, ammissibili in sede di impugnazione degli atti di proclamazione degli eletti censure riferibili alla fase di ammissione delle liste e dei candidati, i cui atti conclusivi sono divenuti inoppugnabili (si veda TAR Piemonte sez. 2^ 10 ottobre 2013 n. 1073).
La novità delle questioni processuali oggetto del giudizio costituiscono ragione per disporre l’integrale compensazione tra le parti di spese ed onorari del giudizio.