TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2020-03-11, n. 202003199

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2020-03-11, n. 202003199
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202003199
Data del deposito : 11 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/03/2020

N. 03199/2020 REG.PROV.COLL.

N. 11813/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11813 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati P L e F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari,

- della determinazione del Ministro della Difesa prot. M_D

GIMIL REG

2019 0386870 del 20.06.2019 con la quale è disposta la sanzione disciplinare delle dimissioni d’autorità ex artt. 861, comma 1, lettera b), 863, comma2, lettera a) e 867, comma 6 del D.lgs. 66/2010 ;

- di ogni altro atto connesso e comunque collegato al provvedimento di cui al precedente punto, sfavorevole al ricorrente e, in particolare, del parere n. l/2017 Reg. Dim. Gr. del 24 maggio 2017 emesso dalla Corte Militare d’Appello favorevole all’adozione, da parte del Ministro della Difesa, del provvedimento di dimissione d’autorità previsto dell’art.863 del Codice dell’Ordinamento Militare nei confronti del ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2020 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente ha impugnato la determinazione del Ministro della Difesa prot. M_D

GIMIL REG

2019 0386870 del 20.06.2019, con la quale è stata disposta la sanzione disciplinare delle dimissioni d’autorità ex artt. 861, comma 1, lettera b), 863, comma 2, lettera a), e 867, comma 6, del D.lgs. 66/2010.

In particolare, con Decreto del Ministero della Difesa del 20 luglio 2017 veniva adottato un provvedimento di “perdita del grado per dimissioni di autorità” a carico del ricorrente in seguito all’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno, disposta dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 1140 del 18 ottobre 2016, adito in sede di rinvio dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che aveva annullato la precedente sentenza di condanna penale della Corte d’Appello di Reggio Calabria per induzione a dare o promettere utilità, “perchè il fatto non è previsto come reato” .

Il ricorrente ha proposto ricorso avverso il menzionato provvedimento dinanzi al T.A.R. di Reggio Calabria, lamentando l’illegittimità per violazione della normativa di settore ed eccesso di potere per difetto dei presupposti.

L’adito T.A.R. Reggio Calabria, con sentenza n. 94/2018, ha accolto il ricorso e disposto l’annullamento del provvedimento, ritenuto illegittimo in quanto adottato sulla scorta di una sentenza non passata in da giudicato.

L’Amministrazione militare, con determinazione del 24 settembre 2018, ha proceduto all’annullamento degli effetti del suindicato provvedimento di perdita del grado per dimissioni di autorità, disponendo la reintegrazione del ricorrente nel grado posseduto all’atto della destituzione.

Parte ricorrente aveva proposto ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria, che si è concluso con declaratoria di inammissibilità rendendo quest’ultima irrevocabile.

La decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria è stata quindi, acquisita dal Comando di Corpo del graduato in data 28 maggio 2019, munita del visto di irrevocabilità dal 13 febbraio 2019.

L’Amministrazione militare ha adottato la determinazione ministeriale M_D

GIMIL REG

2019 0386870 del 20/06/2019 oggetto del presente giudizio, con la quale ha ripristinato gli effetti del Decreto del Ministero della Difesa del 20 luglio 2017, riapplicando la “perdita del grado per dimissioni di autorità”, con conseguente cessazione dal servizio permanente e iscrizione nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano senza alcun grado.

Parte ricorrente ha impugnato quest’ultimo provvedimento dinanzi al presente T.A.R. formulando i seguenti motivi di ricorso:

1) Incompetenza. Violazione dell’art. 863 comma 2 D.lgs. 66 del 2010.

Il ricorrente lamenta, in sostanza, il vizio di incompetenza del provvedimento impugnato, in quanto sottoscritto dal Direttore Generale di PERSOMIL, anziché dal Ministro della Difesa, stante che il comma 2 dell’art. 863 del D.lgs. 66 del 2010 prevede espressamente che “Le dimissioni d’autorità sono adottate per decisione del Ministro...”.

2) Violazione dell’art. 25 costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 863, comma 2, del D.lgs. 66 del 2010. Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

L’amministrazione avrebbe violato il procedimento descritto dall’art. 863 D.lgs. 66/2010 per l’adozione di provvedimenti di dimissioni d’autorità. A seguito del passaggio in giudicato della pronuncia della Corte di Appello penale di Reggio Calabria, l’Amministrazione resistente non ha avviato una nuova istruttoria. L’amministrazione resistente non ha neanche provveduto a richiedere alla Corte Militare d’Appello un nuovo parere, necessario ai sensi dell’art. 863 D.lgs. 66/2010, per l’adozione del provvedimento destitutivo.

3) Falsa applicazione dell’art. 863 d.lgs. 66 del 2010. Violazione dell’art. 3 legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per carenza di motivazione.

Parte ricorrente ha dedotto che l’Amministrazione ha fatto discendere le dimissioni d’autorità, in via automatica, dal solo fatto del passaggio in giudicato del provvedimento giudiziale che ha imposto al ricorrente la misura di sicurezza dell’obbligo di firma. In tal senso, il provvedimento gravato sarebbe carente di motivazione, in quanto l’art. 863 del D.lgs. 66/2010 non disciplina il provvedimento di dimissioni d’autorità come un provvedimento vincolato. Il medesimo articolo impone all’Amministrazione l’acquisizione del parere della Corte Militare d’Appello prima di adottare la decisione finale.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa resistendo al ricorso.

All’udienza del 19.2.2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) Il ricorso si palesa fondato.

2) In via preliminare, il Collegio rileva l’infondatezza della censura di incompetenza formulata da parte ricorrente, che ha dedotto come il provvedimento gravato sia stato sottoscritto dal Direttore Generale di PERSOMIL, anziché dal Ministro della Difesa, ove al contrario il comma 2 dell’art. 863 del D.lgs. 66/2010 (Codice di Ordinamento Militare) dispone che “Le dimissioni d’autorità sono adottate per decisione del Ministro…” e, pertanto, il Dirigente avrebbe adottato l’atto in carenza di potere.

Al riguardo, il Collegio rileva che, come indicato nello stesso atto gravato, il Ministro della Difesa, con D.M. dell’8.6.2018, ha delegato al Direttore Generale per il Personale Militare l’attuazione dei provvedimenti e degli atti in materia di sanzioni disciplinari di stato, per cui non può sostenersi l’incompetenza del Direttore Generale di PERSOMIL nell’adozione dell’atto, né che lo stesso non avesse il potere di sottoscriverlo.

3) Nel merito, il Collegio rileva che la parte ricorrente ha lamentato la violazione del procedimento ex art. 863 del D.lgs. 66/2010 per l’adozione di provvedimenti di dimissioni d’autorità. La medesima parte ricorrente ha, altresì, dedotto la violazione dell’obbligo di motivazione, stante anche l’asserita natura discrezionale le provvedimento gravato.

Il Collegio rileva come l’art. 863 del D.lgs. 66/2010 elenca, al primo comma, tra le cause di dimissioni d’autorità, la sottoposizione a misura di prevenzione o di sicurezza personale definitiva, mentre al secondo comma, dettando una norma procedimentale, prevede, la necessità del parere della Corte d’Appello Militare, se il militare è stato prosciolto dal giudice penale

L’Amministrazione, a seguito della pronuncia del T.A.R. Reggio Calabria n. 94/2018 di annullamento con effetto reatroattivo, del precedente provvedimento di “perdita del grado per dimissioni di autorità” per l’assenza del presupposto della definitività della misura di sicurezza, avrebbe dovuto rinnovare il procedimento. In tale ambito, avrebbe, tra l’altro, dovuto nuovamente richiedere il parere della Corte d’Appello Militare, stante anche la valenza garantista che assumono le fasi procedimentali nell’ambito dei provvedimenti sanzionatori.

Il parere in precedenza adottato doveva, infatti, ritenersi travolto dalla decisione di annullamento del T.A.R. per assenza dei presupposti e il medesimo organo militare doveva essere chiamato nuovamente ad esprimersi in sede di riedizione del potere amministrativo sanzionatorio a seguito di annullamento del primo provvedimento.

L’Amministrazione, al contrario, non ha instaurato un nuovo procedimento ma si è limitata a conferire nuova efficacia al provvedimento annullato, operando una sorta di reviviscenza di un atto ormai non più esistente, senza riaprire alcuna nuova fase procedimentale e, conseguentemente, senza richiedere un nuovo parere alla Corte d’Appello Militare.

L’impugnata determinazione del Ministro della Difesa prot. M_D

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