TAR Napoli, sez. VIII, sentenza breve 2011-03-16, n. 201101489
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Testo completo
N. 01489/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00174/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 174 del 2011, proposto da:
G G, rappresentato e difeso dall'avv. E L, presso cui ha eletto domicilio in Napoli, via Costantino, 52 (presso il dott. M L);
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato Sessione 2009 presso la Corte d'Appello di Bologna, Commissione Esami Avvocato presso la Corte d'Appello di Napoli, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
del giudizio di non ammissione alle prove orali dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato, del verbale della commissione esami di avvocato presso la Corte d’Appello di Bologna del 22 giugno 2010 recante annullamento degli elaborati del ricorrente, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 il dott. G D V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Sono impugnati gli atti meglio specificati in epigrafe con i quali la Sottocommissione degli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Bologna per la sessione 2009, in sede di valutazione degli elaborati redatti presso la Corte di Appello di Napoli, non ha ammesso il ricorrente a sostenere le prove orali sul presupposto dell’annullamento dell’elaborato relativo al parere motivato di diritto civile ai sensi dell’art. 23 del R.D. 22 gennaio 1934 n. 37.
L’esponente deduce violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia che chiede la reiezione del gravame.
Alla camera di consiglio del 9 marzo 2011, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione degli atti gravati, il Collegio si è riservato di provvedere con sentenza breve sussistendo le condizioni previste dagli artt. 60 e 74 del cod. proc. amm., dandone avviso alle parti presenti.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto alla luce dell’indirizzo espresso dalla Sezione con riguardo ad analoghe fattispecie (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 28 gennaio 2011 n. 580;10 febbraio 2011 n.828, n.830 e n.831;23 febbraio 2011 n.1044, n.1045, n.1046 e n.1047).
In particolare, non coglie nel segno la censura che attiene al difetto di motivazione per violazione dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 24: in senso contrario, è agevole rilevare che la commissione ha esteso in calce all’elaborato di diritto civile le ragioni per le quali ha ritenuto di annullare il compito “perché copiato dal parere motivato di Dir. Civile Ed. 2009 Simone pag. 91-92”.
Pertanto, come già rilevato dalla giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 16 febbraio 2007 n. 85), la indicazione del volume dal quale il compito è stato copiato (oltre che della relativa edizione e dei numeri di pagina) non consente di ritenere privo di motivazione il giudizio, dato che proprio la specificazione di precisi riferimenti al testo scongiura tali vizi e consentono all'interessato, semmai vi fossero dubbi sull'attendibilità del giudizio, di andare a verificare la detta sovrapponibilità.
Il Tribunale giudica quindi tale motivazione esaustiva, esplicante un giudizio di carattere esclusivamente tecnico e, soprattutto, pertinente alla sfera valutativa propria del “merito” amministrativo. Spetta infatti alla commissione stabilire se un elaborato costituisce per la sua “impostazione” la copia più o meno rimaneggiata di un altro testo: giudizio, si ribadisce proprio della attività commissariale che dalla lettura di molteplici elaborati, dalla loro costante comparazione con testi di riferimento è l’unica in grado di cogliere il carattere imitativo di un compito che ne esclude l’attributo primario della genuinità.
Peraltro non appare neppure dubitabile l’esistenza di tratti di oggettiva sovrapponibilità tra il compito in questione ed il testo indicato dalla commissione esaminatrice, non utilizzabile in sede di esami.
Valga il seguente, concreto riscontro rispetto all’elaborato contestato:
– Il testo di riferimento considerato (pagina 91) dalla commissione afferma: “In via generale si può affermare che la volontà testamentaria deve potersi manifestare con la più ampia libertà possibile: ciò comprende la possibilità per il testatore di apporre eventualmente una condizione, un termine o un modus alle proprie disposizioni testamentarie. A conferma di tale premessa, l’art. 633 c.c. prevede la possibilità di sottoporre a condizione sospensiva o risolutiva le disposizioni a titolo universale o particolare: si osserveranno, in tale ipotesi, le normali regole in tema di condizione, con riguardo innanzitutto alla retroattività degli effetti”;
- Il compito in atti riporta (pagina 1) “In via generale, si può affermare che la volontà testamentaria deve potersi manifestare con la più ampia libertà possibile: ciò implica la possibilità per il testatore di apporre, nell’ambito delle disposizioni testamentarie, anche una condizione, un termine o un modus. Infatti, l’art. 633 c.c. prevede la possibilità di sottoporre a condizione sospensiva o risolutiva le disposizioni a titolo universale o particolare, facendo si che si possano osservare, in siffatta ipotesi, le normali regole in tema di condizione, con riguardo innanzitutto alla retroattività ed agli effetti”.
Siamo quindi in presenza di una riproduzione pressoché fedele di un testo non ammesso a consultazione che integra i presupposti di legge per disporre l’impugnato annullamento delle prove d’esame e per effetto del quale si dequotano del tutto i profili impugnatori dedotti dalla difesa del ricorrente.
Difatti, la fattispecie rientra nella previsione di cui all’art. 23, ultimo comma, R.D. 22 gennaio 1934 n. 37 che prevede l’annullamento degli elaborati qualora si accerti che “il lavoro sia in tutto o in parte copiato da altro lavoro o da qualche pubblicazione”.
Detta disposizione deve essere letta in stretta connessione con il divieto fatto ai partecipanti alla procedura selettiva dai precedenti articoli 20, secondo comma, e 21, di comunicare fra di loro e di portare nella sede degli esami libri, scritti ed appunti di qualsiasi genere (potendo soltanto consultare i codici, anche commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato) e con l’espressa previsione, per il caso di inottemperanza, di esclusione dall’ulteriore corso degli esami, previo annullamento delle prove già iniziate ovvero anche completate.
A ciò consegue che la commissione, ove in sede di correzione degli elaborati riscontri che il contenuto dell’elaborato appaia conforme e sostanzialmente sovrapponibile a pubblicazioni non ammesse ai sensi della richiamata disposizione, deve ragionevolmente ritenere che tale circostanza sia conseguente alla inosservanza del divieto di cui si è detto. Difatti, per il solo fatto della loro identità o similarità totale o parziale, è ragionevole ritenere che l’elaborato è stato redatto in violazione delle regole di comportamento stabilite dalla legge per la compilazione delle prove scritte, regole poste a garanzia della correttezza degli esami ed a tutela della par condicio dei concorrenti (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2004 n. 616).
Non ha pregio il profilo di illegittimità con cui l’istante lamenta che la parte asseritamente copiata non è stata evidenziata con segnature e altri visibili segni di riconoscimento. Difatti, dovendo la commissione valutare l’elaborato nella sua globalità, non può esigersi che le parti oggetto di copiatura debbano essere contrassegnate con segni grafici, potendo ravvisarsi l’ipotesi del plagio nel riscontro della identità o della mera assonanza tra una parte o l’intero elaborato oggetto di correzione e la fonte utilizzata, e potendo tale comparazione riguardare congiuntamente o disgiuntamente sia l’aspetto solo formale sia l’aspetto squisitamente contenutistico, come nei casi di imitazione pedissequa, ove gli argomenti utilizzati possono essere meramente riproduttivi del contenuto del testo utilizzato come raffronto anche se con modalità espositive diverse.
Infine, è infondata la censura con cui parte ricorrente lamenta l’omessa attribuzione del punteggio alle prove di diritto penale e all’atto giudiziario. In senso contrario, il Collegio osserva che l’esclusione del candidato dalle prove selettive si fonda legittimamente sull’annullamento del parere motivato in diritto civile ai sensi delle richiamate disposizioni.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere respinto, pur stimandosi equo disporre l’integrale compensazione delle spese ed onorari di giudizio.