TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2010-12-23, n. 201038644

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2010-12-23, n. 201038644
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201038644
Data del deposito : 23 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07466/2009 REG.RIC.

N. 38644/2010 REG.SEN.

N. 07466/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso R.G. 7466 del 2009, proposto dai signori F C B, P L, G B, S C, Biagio DI MARO, D F, S T, tutti rappresentati e difesi dall'avv. F C B, che si difende in proprio, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

contro

- il MINISTERO dell' INTERNO, UFFICIO ELETTORALE NAZIONALE per il PARLAMENTO EUROPEO, l’UFFICIO ELETTORALE CENTRALE presso la CORTE di CASSAZIONE, l’

UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONE I

Italia Nord Occidentale, l’

UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONALE II

Italia Nord Occidentale, l’

UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONE III

Italia Centrale, l’

UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONE IV

Italia Meridionale, l’

UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONE V

Italia Insulare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;

nei confronti di

- Francesca Balzani, candidata eletta nella lista PD nella Circoscrizione I Italia Nord Occidentale, domiciliata in via Guglielmo Oberdan, n. 101/2, Genova, non costituita in giudizio;
- Oreste Rossi, candidato proclamato eletto nella Circoscrizione III nella Lista Lega Nord, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Emanuele Gallo e dall’avv. Alberto Romano ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, Lungotevere Sanzio, n. 1;
- Gianteresio, detto Gianni Vattimo, candidato eletto nella Lista denominata Italia dei Valori nella Circoscrizione I Italia Nord Occidentale, domiciliato in via Po, n. 11, Torino;
- Gvanni Collino, candidato proclamato eletto nella Circoscrizione II nella Lista PDL, e di Iva Zanicchi, candidata proclamata eletta nella Circoscrizione I nella Lista PDL, rappresentati e difesi dagli avv.ti Stelio Mangiameli e Serena Massera ed elettivamente domiciliati presso lo Studio Legale Patti Avvocati &
Rechtsanwalte, in via Tacito n.41, Roma;
- Salvatore Caronna, candidato proclamato eletto nella Circoscrizione II nella Lista PD, rappresentato e difeso dagli avv.ti P.Trombetti e G. Morbidelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in via G. Carducci, n. 4, Roma;
- Herbert Dorfmann, candidato eletto nella lista PD nella Circoscrizione II Italia Nord Orientale, domiciliato in via Untrum, n.6, Verturno (BZ), non costituito in giudizio;
- Mara Bizzotto, candidata eletta nella Lista Lega Nord nella Circoscrizione II Italia Nord Orientale, domicialita in via Concordia n. 13, Tezze sul Brenta (VI), non costituita in giudizio;
- Luigi De Magistris, candidato eletto nella lista Italia dei Valori nella Circoscrizione II Italia Nord Orientale , rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Scicchitano, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via E. Faa' di Bruno, 4;
- Paolo Bartozzoli, candidato eletto nella lista PDL nella Circoscrizione III Italia Centrale, domiciliato in Piazza Kurgan, n. 8, Rufina (Fi), non costituito in giudizio;
- R G, candidato proclamato eletto nella Circoscrizione III nella Lista PD, rappresentato e difeso dall'avv. V C I, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Dora, 1;
- C M, candidato eletto nella lista Lega Nord nella Circoscrizione III Italia Centrale, domiciliato in via Francolini, n. 29, Vaiano (PO), non costituito in giudizio;
- N R, candidato eletto nella lista Italia dei Valori, nella Circoscrizione III Italia Centrale, domiciliato in Avenue Albert 119, Forest (Belgio), non costituito in giudizio;
- S T, candidato eletto nella lista PDL nella Circoscrizione IV Italia Meridionale, domiciliato in via Andrea da Bari, Bari, non costituito in giudizio;
- M P, candidato eletto nella lista PD, nella Circoscrizione IV Italia Meridionale, domiciliato in Strada Nova n. 4, Amantea (CS), non costituito in giudizio;
- A G d P, candidato eletto nella lista Italia dei Valori, nella Circoscrizione IV Italia Meridionale, domiciliato in via di Tor Fiorenza, n. 55, Roma, non costituito in giudizio;
- S I, candidato eletto nella lista PDL, nella Circoscrizione V Italia Insulare, domiciliato in via Catania, n. 78, Palermo, non costituito in giudizio;
- R C, candidato eletto nella lista PD, nella Circoscrizione V Italia Insulare, domiciliato in via Laconia, n. 7, Gela (CL), non costituito in giudizio;
- Gmmaria Uggias, candidato eletto nella lista Italia dei Valori, nella Circoscrizione V Italia Insulare, difeso in proprio nonché dagli avv.ti S.Pinna e G.Carta ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo, in Roma, Via B.Buozzi, n. 87 ;

per l'annullamento

in parte qua del verbale dell’Ufficio Elettorale Nazionale presso la Corte Suprema di Cassazione relativo alle operazioni elettorali con cui è stato adottato l'atto di proclamazione degli eletti al Parlamento Europeo - elezioni 6 e 7 giugno 2009, nella parte in cui non sono stati assegnati i seggi alla lista “Sinistra e Libertà-Federazione dei Verdi” e altre Liste: Rifondazione Comunista – Sinistra Europea –Partito Comunisti Italiani, “Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella “, “La Destra”, “Movimento per le Autonomie “, “Partito Pensionati”, “Alleanza di Centro per la Libertà”, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresi il Verbale dell’Ufficio Elettorale Nazionale del 26 giugno 2009 e i Verbali delle operazioni degli Uffici Elettorali delle Circoscrizioni I, II, III, IV e V, nelle parti in cui individuano parlamentari europei in numero superiore a quelli spettanti alla lista in cui sono stati candidati e/o in circoscrizione elettorale diversa da quella di candidatura.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’art.130, comma 7, cod. proc.amm.;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Oreste detto Tino Rossi, Salvatore Caronna, Luigi De Magistris, R G e Gmmaria Uggias;

Vista l’ordinanza collegiale n.1650/2009 con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale e disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Vista la sentenza della Corte costituzionale dell’8 luglio 2010, n. 271;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2010 il Cons. M C e uditi i difensori delle parti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I ricorrenti, in qualità di cittadini elettori, hanno proposto ricorso avverso il verbale dell’Ufficio Elettorale Nazionale presso la Corte Suprema di Cassazione relativo alle operazioni elettorali con cui è stato adottato l'atto di proclamazione degli eletti al Parlamento Europeo - elezioni 6 e 7 giugno 2009, nella parte in cui non sono stati assegnati i seggi alla lista “Sinistra e Libertà-Federazione dei Verdi” e altre Liste: Rifondazione Comunista – Sinistra Europea –Partito Comunisti Italiani, “Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella “, “La Destra”, “Movimento per le Autonomie “, “Partito Pensionati”, “Alleanza di Centro per la Libertà”, nonché avverso il Verbale dell’Ufficio Elettorale Nazionale del 26 giugno 2009 e i Verbali delle operazioni degli Uffici Elettorali delle Circoscrizioni I, II, III, IV e V, nelle parti in cui hanno individuato parlamentari europei in numero superiore a quelli spettanti alla lista in cui sono stati candidati e/o in circoscrizione elettorale diversa da quella di candidatura.

In particolare, hanno contestato l’interpretazione che l’Ufficio Elettorale Nazionale presso la Corte di Cassazione ha adottato nel redigere il verbale delle operazioni in relazione agli articoli 21 e 22 della L. n. 18 del 1979 e, segnatamente, riguardo le modalità di riparto dei seggi assegnati sulla base dei più alti resti, ossia di quei seggi residuati dall’assegnazione in base ai “quozienti interi”.

Tutte le Liste ammesse al riparto (PDL, PD, LEGA NORD, ITALIA dei VALORI e UDC) hanno conseguito più di un quoziente nazionale, il PDL, il PD e la UDC non hanno eletto europarlamentari in base ai resti, invece è stato attribuito con i resti un europarlamentare sia alla Lega Nord che all’ IdV. Tale assegnazione sarebbe erronea e contraria al disposto del predetto art.21, comma 1, n.

2 - sostituito dalla lett. b, del comma 1, dell’art.1 della Legge 20 febbraio 2009, n. 10 - anche a seguito dell’interpretazione fornita dall’Ufficio Elettorale Nazionale, dopo l’esposto dell’Associazione Sinistra e Libertà-Federazione dei Verdi in data 23 giugno 2009. Ne è derivato che non sarebbero stati proclamati eletti un candidato della Lista Sinistra e Libertà e altro della Lista Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, nonostante sulla base del Mod. 83 la prima Lista avrebbe ottenuto rispetto alla cifra elettorale nazionale, il maggior numero di voti nella Circoscrizione IV Italia Meridionale e la Lista Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea– Partito dei Comunisti Italiani nella Circoscrizione III Italia Centrale.

Pertanto, i ricorrenti hanno dedotto con il ricorso le seguenti censure:

1)Violazione e falsa applicazione degli artt.21 e 22 della L.n. 18 del 1979,come modificati dalla Legge 20 febbraio 2009, n. 10. Eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta. Violazione della Decisione del Consiglio Europeo del 20 settembre 1976, n. 76/787 e succ. mod. in particolare, non sarebbe stata correttamente applicata la norma di cui all’ultimo periodo della norma recata dall’art. 21, primo comma, n.2) della citata legge n. 18 del 1979 e succ. mod., il quale prevede che “si considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale” .

Questa disposizione imporrebbe di considerare, nell’assegnazione dei seggi che rimangono ancora da attribuire dopo che si è divisa la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il quoziente elettorale nazionale, non solo le liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti, ma anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno partecipato all’attribuzione dei seggi non avendo raggiunto il quoziente elettorale nazionale: ossia delle liste che non hanno conseguito sul piano nazionale il 4 per cento dei voti validi e non hanno dunque partecipato all’assegnazione dei seggi a coefficiente c.d. pieno.

Aggiungono, altresì, che nella regolamentazione del procedimento elettorale per l’elezione dei parlamentari nazionali ex DPR n.361 del 1957, si è resa necessaria una disposizione esplicita (art.83) per escludere dal riparto dei resti le liste non riportanti alcun quoziente intero: nel silenzio sarebbe stata pacifica la loro partecipazione a tale riparto.

2) Violazione degli artt.3, 48, 49 e 97 della Costituzione nonché della Decisione del Consiglio Europeo del 20 settembre 1976 n. 76/787 e succ. mod., le elezioni del Parlamento europeo, oltre che dalle disposizioni nazionali e costituzionali sono rette da normative europee, eparticolare, la Decisione del Consiglio del 20 settembre 1976 e succ. mod. n. 76/787/CECA/CEE/EURATOM, che prevede all’art. 2 che “gli Stati membri possono costituire circoscrizioni elettorali per le elezioni al Parlamento europeo o prevedere altre suddivisioni elettorali, senza pregiudicare complessivamente il carattere proporzionale del voto” , mentre il successivo art. 7 stabilisce che la disciplina nazionale non deve “pregiudicare il carattere proporzionale del voto”. In questo contesto, la previsione derogatoria dell’art. 2 – bis stabilisce prevede la possibilità, per gli Stati membri, di prevedere la fissazione di una soglia minima, da stabilirsi in misura non superiore al 5% dei suffragi espressi;
ma essa ha carattere eccezionale ed è di stretta interpretazione, dovendosi favorire la lettura secondo cui i seggi da assegnare con i resti vadano attribuiti alle liste che non abbiano raggiunto la soglia del 4%, nell’ipotesi che la loro cifra elettorale sia superiore ai resti delle liste che hanno ottenuto dei quozienti elettorali nazionali interi.

Del resto, ad avviso dei ricorrenti, l’opposta interpretazione - se fondata - porrebbe un problema di costituzionalità per omessa previsione del c.d. diritto di tribuna per le formazioni minori.

I ricorrenti non mettono in discussione la volontà di avvantaggiare le liste di candidati che superino il 4 per cento dei voti validi espressi, ma ritengono che sia necessario non violare l’art.51 della Cost., ciò che non avverrebbe riservando ad essi la totalità dei seggi attribuiti all’Italia.

La lesione costituzionale sarebbe evidente anche in relazione al diritto di associarsi liberamente in partiti di cui all’art.49 Cost., che impone che si offrano le stesse possibilità di concorrere, anche con garanzia del rimborso delle spese elettorali.

Al riguardo, i ricorrenti censurano la ripartizione dei seggi (non corretta per quanto riguarda i seggi attribuiti con i resti), applicando la legge n.18/1979, come modificata con la Legge n. 10 del 2009 (con introduzione di soglia di accesso nazionale del 4% per essere ammesso al riparto dei seggi) ed eccepiscono la violazione degli artt. 3 e 51 della Cost., laddove la suddetta normativa non ha modificato le disposizioni relative al rimborso delle spese per le campagne elettorali e nello specifico l’art.16, comma 3 della Legge 10 dicembre 1993, n. 515, che prevede che per avere diritto al rimborso occorre eleggere almeno un europarlamentare. Invece, nella elezione della Camera dei Deputati la soglia di accesso è quella del 4 %, ma per ottenere i rimborsi elettorali è sufficiente ottenere l’1% dei voti espressi validi. Secondo i ricorrenti sarebbe irragionevole e discriminante che in un caso spetti un rimborso conseguendo l’1% dei voti validi espressi, mentre nell’altro occorra conseguire il 4 % dei voti stessi. Da qui l’irragionevolezza e discriminazione e la violazione dell’art.3 e 51 della Cost. , anche in relazione agli artt. 2, 48 e 49 della stessa. Inoltre, espongono i ricorrenti che la presenza di un c.d.diritto di tribuna per le formazioni minori non sarebbe incompatibile con la ratio della riforma introdotta con la Legge n. 10 del 2009, attesi i precedenti casi riconosciuti delle liste delle minoranze linguistiche nonché della lista coalizzata, che abbia la maggiore cifra elettorale nazionale, pur non raggiungendo la soglia del 2% (art.83 DPR 361/1957).

Lamentano, altresì i ricorrenti che la soglia di accesso distorce l’eguaglianza del voto e il carattere personale in una situazione dove il comportamento elettorale è differenziato nelle diverse circoscrizioni elettorali;
nella specie , nelle ultime elezioni ciò è avvenuto con i voti conseguiti dalla Lega Nord nella I e II circoscrizione e con quelli della Lista MPA-DESTRA e PENSIONATI nella V Circoscrizione e della Lista “Sinistra e Libertà-Federazione dei Verdi” nella IV Circoscrizione: la suddivisione in circoscrizioni non può compromettere la natura proporzionalistica dell’elezione. Rappresentano, così, i ricorrenti il paradosso che un candidato di una Lista che supera il 4 % avrebbe tante più probabilità di essere eletto quanti più voti ottengono nel loro complesso le liste che non superano la soglia e quindi si possono avere parlamentari eletti indirettamente da cittadini che votano per liste concorrenti ed eletti con i resti non direttamente dagli elettori della circoscrizione, ma in conseguenza indiretta dei voti espressi dal complesso degli elettori in altre circoscrizioni.

2. Si sono costituiti i signori O.Rossi, G. Collino, I.Zanicchi, S. Caronna, R. Gualtieri, L. De Magistris e G.Uggias, i quali hanno contestato l’eccepito contrasto tra la legge n. 18 del 1979 e la normativa comunitaria argomentando profili di inammissibilità delle questioni di illegittimità costituzionale sollevate nonché di infondatezza del gravame.

3. Con ordinanza collegiale n.1650/2009, il Tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art.21, primo comma , n.2 della Legge n. 18 del 1979 nel testo vigente con riferimento agli artt. 1, 3, 11, 48, 49, 51 e 97 della Costituzione, nonché al diritto europeo, in quanto la predetta norma “prevedendo la soglia nazionale di sbarramento nell’ambito di un sistema che già disciplinava l’attribuzione dei seggi su base circoscrizionale, senza stabilire alcun correttivo, anche in sede di ripartizione dei resti, comporta una irragionevolezza e non proporzionalità della previsione legislativa rispetto alle perseguite finalità di maggiore efficacia del sistema politico democratico nonché la violazione…..degli articoli 1, 3, 48, 49, 51 e 97 della Costituzione, deve assicurare la partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica nazionale nonché a quella delle Istituzioni comunitarie, alla stregua del richiamo operato dall’art. 11 della Cost…. .”.

La questione è stata prospettata sulla base dei seguenti presupposti:

- l’applicazione dell’art.21 della Legge n. 18/79 nel testo sostituito dalla legge n. 10 del 2009 darebbe luogo ad effetti distorsivi della iniziale ripartizione dei seggi tra i previsti collegi territoriali in quanto - pur mantenendo la suddivisione del territorio nazionale in più collegi territoriali - richiede il raggiungimento da parte di ciascuna lista di un rigido quorum minimo complessivo nazionale, per poi ripartire i seggi nuovamente su base territoriale, in relazione però alla cifra elettorale nazionale dei soli partiti che hanno superato la soglia di sbarramento. A questi ultimi vengono attribuiti – in sede di computo dei resti eccedenti il quorum elettorale intero, con riferimento a ciascun collegio territoriale - ulteriori europarlamentari sulla base di cifre elettorali più modeste rispetto a quelle riportate dalle liste che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4 % (escluse dalla norma anche dal predetto riparto dei resti);

- inoltre, la soglia rigida di sbarramento nazionale di cui al citato art.21 della Legge n. 18/79, estesa alla ripartizione (prevista invece su base territoriale) dei resti eccedenti i quorum elettorali “interi”, nega il c.d. diritto di tribuna di una consistente parte dell’elettorato, negando l’accesso al rimborso delle spese effettuate dai partiti che hanno partecipato con proprie liste alla competizione elettorale, ma che non hanno raggiunto il quorum, con evidente disparità di trattamento e violazione dell’art.49 della Cost.;

- le illustrate conseguenze derivanti dalla norma potrebbero ritenersi non giustificate dalle dichiarate finalità di rafforzamento della stabilità delle maggioranze parlamentari in favore di più ampie aggregazioni politiche in sede comunitaria atteso che tali esigenze vengono già assicurate dalla esclusione delle liste minori dal meccanismo di ripartizione dei seggi fra le liste che hanno superato lo sbarramento del 4 %;
ne consegue la violazione dei principi di cui agli artt. 1, 3, 48, 49, 51 e 97 Cost. nel presupposto che detti principi si applichino anche alle modalità di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, sia per il tramite degli artt. 10, 11 e 117 Cost, dal diritto europeo.

4. Con sentenza n. 271 del 2010 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate con la predetta ordinanza.

5. A seguito di rituale procedimento il giudizio è stato riassunto presso questo Tribunale per essere deciso e, in prossimità dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie conclusionali, ribadendo e sviluppando quanto affermato nei rispettivi atti di costituzione e insistendo sulle rispettive posizioni.

6. Alla udienza pubblica del 16 dicembre 20101, dopo la discussione la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. L’esame del merito del ricorso e delle questioni riproposte anche a seguito della riassunzione postulano innanzitutto la considerazione delle argomentazioni con le quali la adita Corte costituzionale, con la predetta sentenza n. 271 del 2010, ha dichiarato inammissibile la questione sottopostale da questo Tribunale.

1.1. Al riguardo, in relazione alla censurata illegittimità dell’art. 21, comma 1, n. 2 della Legge n. 18 del 1979 nella parte in cui non prevede che si considerino resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4%, negando, in tal modo, a tali liste il c.d. «diritto di tribuna», occorre richiamare quanto affermato dalla Corte costituzionale nella citata decisione:

- in particolare, la Corte ha ritenuto inammissibile la questione rilevandone la contraddittorietà della prospettazione, in quanto “il Collegio rimettente, infatti, da un lato, giudica manifestamente infondata una ipotetica questione di legittimità costituzionale riferita alla introduzione della soglia di sbarramento, per effetto della quale le liste che non raggiungono il 4% dei voti validi sono escluse dal riparto dei seggi;
dall’altro lato, censura la disciplina relativa all’attribuzione dei seggi in base ai resti in quanto, in applicazione della previsione della soglia di sbarramento, esclude da tale attribuzione le liste che non l’abbiano superata. Di qui la contraddizione: se la soglia di sbarramento è legittima – come il giudice rimettente riconosce – allora non può censurarsi la conseguente scelta del legislatore di escludere dall’attribuzione dei seggi in base ai resti le liste che non l’abbiano superata;
se, invece, la disciplina sul riparto dei seggi in base ai resti è illegittima, nella parte in cui esclude le liste che non abbiano superato la soglia di sbarramento – come il giudice rimettente lamenta – allora non può sostenersi che il legislatore possa legittimamente introdurre tale soglia”;

- aggiunge, altresì, la Corte che “ in ogni caso, ove pure si ammettesse che una clausola di sbarramento, che estrometta del tutto dall’attribuzione dei seggi le liste sotto il 4%, senza alcun correttivo, sia in contrasto con i parametri costituzionali indicati dal Collegio rimettente, va osservato che quest’ultimo domanda una pronuncia additiva. Il giudice a quo, infatti, chiede a questa Corte di introdurre un meccanismo diretto ad attenuare gli effetti della soglia di sbarramento, consistente nel concedere alle liste che non l’abbiano superata la possibilità di partecipare, con le rispettive cifre elettorali, alla aggiudicazione dei seggi distribuiti in base ai resti. Ma tale attenuazione non ha una soluzione costituzionalmente obbligata, potendosi immaginare numerosi correttivi volti a temperare gli effetti della soglia di sbarramento, a partire dalla riduzione della soglia stessa. Ne deriva, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, che la questione sollevata, sollecitando un intervento additivo in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, deve ritenersi inammissibile (fra le più recenti, sentenza n. 58 del 2010;
ordinanze n. 59 e n. 22 del 2010)”.

2. In esito alla decisione della Corte, parte ricorrente insiste nel chiedere al Collegio una riconsiderazione della questione dell’interpretazione ed applicazione dell’art.21 e 22 della Legge n. 18 del 1979 essendo di “pura interpretazione della norma”, alla luce della normativa comunitaria, che si prospetta violata dalla normativa italiana, con riproposizione di profili di illegittimità costituzionale.

A tale proposito occorre anzitutto rilevare che il Collegio già nell’ordinanza n. 1650 del 2009 ha riconosciuto la compatibilità con la Costituzione della clausola di sbarramento, introdotta nella norma in questione, in ragione anche della finalità della stessa, volta ad evitare un’eccessiva frammentazione della rappresentanza parlamentare, escludendola per quelle forze politiche che non raggiungano la soglia determinata: finalità compatibile con la legge elettorale per il Parlamento nazionale nonché con quanto statuito nella Decisione 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002 , 2002/772/CE, Euratom (modifiche alla Decisione del Consiglio 76/787 CECA-CEE-EURATOM), che ha riconosciuto la possibilità ai Paesi membri di introdurre una soglia minima di sbarramento per l’attribuzione dei seggi, entro il limite del 5% dei suffragi validamente espressi, senza prevedere alcun tipo di correttivo a beneficio delle forze politiche che non la raggiungano.

Ed invero, l’introduzione di tale quorum trova quindi giustificazione anche in ambiti come quelli del Parlamento europeo dove tali sbarramenti non sono volti sicuramente ad accrescere la stabilità di quegli organi esecutivi nei quali sussiste un rapporto fiduciario alle assemblee elettive;
infatti, in tale Parlamento non sussiste detto rapporto e le maggioranze sono volte a formarsi sulla base di forme aggregative anche trasversali rispetto alle “rappresentanze” politiche dei vari Paesi membri.

D’altra parte, la scelta dell’introduzione dell’opzione è rimessa alla discrezionalità politica del legislatore entro limiti della ragionevolezza, come dimostrato dalla predetta fonte comunitaria (Atto Bruxelles a seguito della decisione del Consiglio 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002);
discrezionalità da esercitarsi entro i limiti della ragionevolezza, fissando un quorum per l’attribuzione dei seggi in un sistema elettorale legato comunque a criteri di proporzionalità politica della rappresentanza.

3. Per quanto attiene alla possibilità, prospettata con il primo motivo di ricorso, di attribuire al primo comma, n. 2, del citato art. 21 il significato invocato dai ricorrenti, nel senso che il legislatore avrebbe previsto un vero e proprio "diritto di tribuna", consentendo anche alle liste escluse dalla soglia di sbarramento di partecipare all'assegnazione dei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti, occorre ribadire che non bisogna confondere il concetto di “cifra elettorale nazionale” (presupposto previsto, nel minimo del 4%, per l'ammissione al riparto dei seggi) con quello di “quoziente elettorale nazionale” (frutto di un’elaborazione matematica per l’assegnazione in concreto dei seggi).

Ne consegue che il riferimento della norma al mancato raggiungimento del quoziente elettorale nazionale non può essere esteso al mancato raggiungimento del “quorum” elettorale nazionale del 4% da parte di una lista: non sembra infatti possibile assimilare i risultati delle liste che in ipotesi non hanno raggiunto un quoziente elettorale nazionale intero nel meccanismo di ripartizione dei seggi, da un lato, a quelli delle liste che non hanno affatto partecipato all'attribuzione dei seggi, in quanto non hanno raggiunto il quorum minimo del 4% dei voti validi espressi, dall’altro.

Infatti, secondo l’inequivocabile lettera della legge, si ricorre ai maggiori resti per l'attribuzione eventuale dei seggi che non si siano potuti assegnare con i quozienti interi, ma senza con questo poter derogare alla esplicita previsione normativa dello sbarramento del 4 %: nel senso che partecipano all'assegnazione con i resti solo quei partiti o gruppi che, pur avendo superato il 4%, non abbiano eventualmente raggiunto un quoziente elettorale intero, ovvero abbiano i maggiori resti tra i voti riportati dai partiti ammessi all’assegnazione dei seggi per aver superato il 4%.

La lettura testuale della norma è confermata dalla oggettiva “ ratio legis ”, atteso che la clausola invocata dai ricorrenti era già presente nel testo della legge elettorale prima dell’introduzione della soglia del 4%, ed è ora stata mantenuta, nella complessiva riformulazione dell’articolo interamente novellato, presumibilmente per le stesse ragioni che a suo tempo portarono alla sua introduzione come norma di chiusura del sistema (coerentemente con il carattere generale e astratto della legge, rivolta in ipotesi anche alle possibili - pur se improbabili - evenienze del futuro);
mentre nessun indizio sembra consentire di attribuirle una nuova e ulteriore funzione di correttivo degli effetti del previsto sbarramento, a fronte del chiaro tenore testuale della disposizione che - nel testo ora sostituito - limita la ripartizione dei seggi alle liste che abbiano superato la soglia del 4%.

4. Il secondo motivo di ricorso tende a ribadire sotto altri e complementari profili, segnatamente di rilievo costituzionale (artt. 3, 48, 49, 51 e 97 Cost.) la necessità di un’interpretazione nel senso auspicato dai ricorrenti, richiamando: - il carattere eccezionale della soglia di accesso anche nel diritto comunitario, nelle cui disposizioni prevarrebbe l’esigenza di salvaguardare il carattere proporzionale del voto;
- l’esigenza di tutelare anche le situazioni che ridonderebbero in violazione degli artt. 49 e 51 Cost., per evitare disparità di trattamento con la tutela delle minoranze linguistiche nonché della lista coalizzata che abbia la maggiore cifra elettorale nazionale ma non raggiunga la soglia del 2% di cui all’art. 83 del D.P.R. n. 361/1957;
- nonchè l’esigenza di evitare arbitrarie e irragionevoli limitazioni alla partecipazione dei partiti politici, nonché esiti contrari al principio di eguaglianza del voto e nel concorso alle cariche elettive, per esempio con riferimento al caso dell’elezione di un rappresentante della lista, che abbia superato la soglia, in una circoscrizione diversa da quella di spettanza.

5. Le censure sono infondate. In primo luogo, la Corte costituzionale nella sentenza n. 271 del 2010 afferma chiaramente che i profili di incostituzionalità di cui si discute richiederebbero un intervento non di eliminazione delle disposizioni che si assumono costituzionalmente illegittime, ma di sostituzione del legislatore in una materia nella quale al medesimo legislatore spetta un’ampia possibilità di scelta in ordine alla soluzione preferibile, non essendoci al riguardo un’opzione costituzionalmente obbligata. Attesa la riconosciuta compatibilità con la Costituzione della clausola di sbarramento, deve ritenersi che l’attribuzione di seggi non assegnati alle sole liste che hanno superato la soglia del 4 % costituisca attuazione della stessa, in quanto - come precisa la Corte cost. nella più volte citata sent. n.271 del 2010 - sarebbe contraddittorio sostenere il contrario. Tale affermazione induce a considerare che l’attuazione della logica della clausola di sbarramento sarebbe pregiudicata ove si consentisse anche alle liste minori di concorrere in qualche modo all’assegnazione di alcuni seggi.

In assenza di una declaratoria di incostituzionalità, la disposizione controversa va quindi applicata nel senso sopra enunciato;
né appare possibile risolvere la questione in via meramente interpretativa.

Neppure può procedersi, d’altra parte, alla disapplicazione della disposizione, in quanto il parametro comunitario non presenta un grado di univocità tale da consentire questa operazione.

Né appare corretto porre sullo stesso piano il problema del riconoscimento delle minoranze linguistiche, o altri problemi tecnici della legislazione settoriale - quali anche i contestati effetti dello sbarramento con riferimento al rimborso delle spese per le campagne elettorali (in disparte i profili di difetto di legittimazione e di interesse) - con quello relativo alla tutela generalizzata, tramite il cd. “diritto di tribuna” , delle liste non ammesse all’attribuzione dei seggi.

E infine, quanto al riferimento al caso dell’elezione di un rappresentante della lista che abbia superato la soglia in una circoscrizione diversa da quella di spettanza, è sufficiente rilevare che il meccanismo elettorale in questione si basa comunque su un collegio unico nazionale.

6.Alla luce delle superiori considerazioni il ricorso in quanto infondato va respinto.

La peculiarità della materia trattata giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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