TAR Ancona, sez. I, sentenza 2024-06-14, n. 202400572

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2024-06-14, n. 202400572
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 202400572
Data del deposito : 14 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2024

N. 00572/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00292/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 292 del 2012, proposto da Mercantini S.r.l., Società D &
G S.r.l., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandra Moneta in Ancona, viale della Vittoria n. 27;

Curatela del Fallimento Miranda in Liquidazione S.r.l., Curatela del Fallimento Fenice S.r.l. con unico socio in liquidazione, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall’avvocato M M, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M M in Ancona, viale della Vittoria n. 7;

contro

Comune di Jesi, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Piergiuseppe Venturella, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

per

azione di condanna e di accertamento con riferimento a convenzione urbanistica ex lege n. 457/78 (piano di recupero ad iniziativa pubblica);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Jesi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 6 aprile 2012 e depositato il successivo 24 aprile, la società Mercantini srl ha chiesto la condanna del Comune di Jesi al pagamento in suo favore di euro 1.614.539,32 (o di quella somma, maggiore o minore, che risultasse dovuta e da determinarsi, se del caso, anche secondo equità) a titolo di responsabilità contrattuale o in subordine extra-contrattuale o, in ulteriore subordine, a titolo di arricchimento senza causa del Comune intimato, sulla base di una convenzione stipulata tra le parti il 21 dicembre 2002 (registrata il 10 gennaio 2003), finalizzata all’attuazione di un piano di recupero ad iniziativa pubblica per la realizzazione di parcheggi nella via Mercantini a Jesi.

Con il medesimo ricorso è stato chiesto di dichiarare non dovuto il pagamento della penale di euro 776.234,37 pretesa dal Comune sempre sulla base della medesima convenzione o, in subordine, ridurne l'ammontare. In tal caso, è stato domandato compensarsi il relativo debito con il maggior credito eventualmente determinato in favore della ricorrente, condannando il Comune al pagamento della differenza.

Sempre con il medesimo mezzo di gravame è stata anche proposta azione ex art. 29 c.p.a., affermando che “ ove si opini che l'accoglimento della domanda risarcitoria sia in difetto impedito o ridotto, si propone formale impugnazione della concessione edilizia in data 26/2/03 n. 3013, (….) chiedendo, preliminarmente, la riammissione in termini per errore scusabile, in quanto nel descritto contesto la Mercantini aveva tutto il diritto di confidare che le prescrizioni non sarebbero state fonte a suo carico di pregiudizio alcuno e che il Comune, agendo secondo doverosa buona fede, non si sarebbe sottratto a ristabilire l'equilibrio funzionale tra le rispettive obbligazioni quale risultante dalla convenzione ”.

Il Comune di Jesi si è costituito per resistere il 16 dicembre 2014.

Il 2 agosto 2017 il difensore della società originaria ricorrente ha depositato atti mediante cui:

- ha dichiarato la scissione totale di Mercantini srl con assegnazione dell’intero patrimonio, non proporzionalmente, a tre società: Fenice Srl, D&G Srl, Miranda Srl;

- ha dichiarato l’estinzione della Mercantini Srl a seguito di tale scissione;

- ha dato evidenza di aver firmato, unitamente ai legali rappresentanti, rispettivamente di Fenice Srl in Liquidazione, Miranda Srl in Liquidazione e D&G Srl, istanza di fissazione udienza ai sensi dell’art. 82 c.p.a. (perenzione dei ricorsi ultra quinquennali).

Il 3 giugno 2022 si sono costituite la curatela del fallimento Miranda Srl in liquidazione e la curatela del fallimento Fenice Srl in liquidazione.

All’udienza del 22 novembre 2023, vista la condivisa istanza di rinvio depositata dalle parti (in vista della composizione bonaria della controversia) e sentite le stesse sul punto alla pubblica discussione, la trattazione della causa è stata rinviata all’udienza del 10 aprile 2024.

Dopo aver depositato memorie, repliche e documenti, l’8 aprile 2024, le parti congiuntamente chiedevano nuovo rinvio dell’udienza, ancora, in funzione della composizione bonaria della controversia.

Dopo la discussione alla pubblica udienza del 10 aprile 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

Con ordinanza collegiale n. 389 del 20 aprile 2024, questo Tribunale, ai sensi dell'art. 73, co. 3, cod. proc. amm, ha così disposto “ Considerato che si è ritenuto non disporre il rinvio richiesto con memorie dell’8 aprile 2024, visto il rinvio infruttuosamente già accordato all’udienza del 22 novembre 2023, il carattere risalente della controversia, nonché il disposto dell’art. 73 c. 1 bis del c.p.a. e considerato che, dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio ha rilevato che sussistono seri dubbi in ordine all’intervenuta estinzione del giudizio interrotto e non ritualmente riassunto (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 9 luglio 2007, n. 5349;
T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 2 novembre 2005, n. 18230;
Consiglio di Stato, sez. IV, 26 aprile 2023, n. 4201), per le seguenti ragioni:

- l’operazione straordinaria di scissione societaria costituisce processualmente successione a titolo particolare, con applicazione dell’art. 111 c.p.c. (Corte di Cassazione, S.U. civili n. 23255/2016;
Corte di Cassazione civile, sez. II, 4/12/2018, n. 31313;
Corte di Cassazione civile, sez. VI, 30/12/2011, n. 30246);

- la scissione totale può comportare scioglimento senza liquidazione della società scissa ex art. 2506 c. 3 c.p.c.;

- la cancellazione dal Registro imprese comporta estinzione della società (ex multis, Corte di Cassazione, S.U. civili n. 21970/2021);

- in data 2 agosto 2017 il difensore della società originaria ricorrente ha depositato atto mediante cui ha dichiarato l’estinzione di tale società;

- ai sensi dell’art. 300 c. 2 c.p.c. il processo deve considerarsi interrotto dal 2 agosto 2017;

- ai sensi dell’art. 110 c.p.c. a seguito dell’estinzione della parte, il giudizio deve essere proseguito dai successori universali;

- i successori universali sono nella specie i soci dell’originaria ricorrente (“Lo scioglimento della società, con la sua cancellazione dal registro delle imprese (…) comporta, invece, l'estinzione della società (art. 2495 c.c.), con subentro dei soci a mò di successori universali per le eventuali sopravvenienze o sopravvivenze non contemplate nel bilancio di liquidazione” (Cass., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4060 e Cass., sez. un., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071, 6072), Corte di Cassazione, S.U. civili, n. 21970/2021);

- le società assegnatarie del patrimonio della società scissa originaria ricorrente non sono successori universali della medesima, bensì solo responsabili in solido dei debiti insoddisfatti della scissa, nei limiti del patrimonio netto attribuito (art. 2506quater u.c. c.c.);

- l’art. 2506ter c.c. non richiama l’art. 2504bis tra le norme relative alla fusione applicabili alla scissione;

- i soci della originaria ricorrente non si sono costituiti in riassunzione nei termini ex art. 305 c.p.c.;

- pur non rilevando, occorre incidentalmente notare che neppure le società assegnatarie del patrimonio della società scissa originaria ricorrente si sono ritualmente costituite (eventualmente quali interventori ex art. 111 c. 3 c.p.c.), avendo i relativi legali rappresentanti meramente controfirmato istanza di fissazione udienza in relazione alla perenzione quinquennale del ricorso.

Ritenuto di ordinare a parti ricorrenti il deposito delle visure camerali della società Mercantini s.r.l. e della società D&G s.r.l., nonché atto notarile di costituzione di quest’ultima società, e di dover assegnare alle parti 30 giorni, decorrenti dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza, per tale deposito e per presentare memorie vertenti su quest'unica questione” .

Il 20 maggio 2024 la società D&G S.r.l. (nel frattempo posta in liquidazione, si deve desumere tra il 2 agosto 2017 – data in cui il deposito documentale si riferiva alla società non ancora in liquidazione - e il 12 ottobre 2023, prima data in cui il deposito documentale si riferisce alla società in liquidazione) ha depositato i documenti indicati nell’ordinanza, oltre ad articolata e approfondita memoria sul tema sollevato;
parimenti memorie sul punto sono state depositate dal Comune di Jesi e dalla curatela del Fallimento Miranda Srl in liquidazione.

Secondo le difese di D&G S.r.l. in liquidazione (a cui aderisce la curatela del Fallimento Miranda Srl in liquidazione), in sintesi, la scissione totale, che avrebbe natura e disciplina diverse rispetto alla scissione parziale, avrebbe effetti processuali analoghi alla fusione, per cui successori universali non dovrebbero considerarsi i soci della società estinta, bensì le società beneficiarie della scissione totalitaria. Tali affermazioni sarebbero confortate da quanto affermato in Cassazione ord. n. 22277/2023.

In particolare nella memoria di D&G S.r.l. in liquidazione, si dice “ la scissione totalitaria, che comporta la assegnazione di tutti i beni a favore di determinati soggetti (le società derivate dalla scissione) con loro subentro in tutti i rapporti e con loro responsabilità nei limiti del valore dei beni assegnati, al quale consegue per legge l’estinzione “senza liquidazione” della società scissa, produce e regola effetti equivalenti alla liquidazione ordinaria della società, cui pure consegue la estinzione e l’analogo subentro nei medesimi limiti dei soggetti attributari dei beni, che in tale caso sono i soci. Possono queste due discipline, riferite e due diversi fenomeni entrambi estintivi, quali la liquidazione e la scissione totalitaria, convivere ed essere integrate nel modo prospettato dalla ordinanza del giudicante (subentro “sostanzialmente universale” delle società derivate dalla scissione totalitaria e residua legittimazione dei soci della società estinta)? ”.

Tali affermazioni, pur suggestive e frutto di ragionato approfondimento interpretativo sistematico, non possono condividersi, poiché la disciplina della scissione è unitaria (cfr. art. 2056 c.c.), senza che siano riscontrabili evidenze normative che militino a favore della diversità ontologica e disciplinare tra scissione parziale e totale.

L’art. 2506 c. 3 c.c. stabilisce che “ la società scissa può, con la scissione attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività ”.

Da ciò consegue che la scissione totalitaria (a cui senz’altro si riferisce la norma, posto che se la scissione non fosse totale, permarrebbe del patrimonio da liquidare, prima di attuare lo scioglimento della compagine sociale) non determina l’estinzione ex lege della società scissa.

Come rilevato, da ultimo, in Cassazione Sez. I, ord. 10502 del 18 aprile 2024 (che riporta statuizioni rese in sentenza n. 8026/2021 dalla Corte d’appello di Roma), “ come nella scissione totale, a maggior ragione in quella parziale non si registra una automatica estinzione di una persona giuridica ”.

Infatti, secondo il dettato normativo riportato la società “ può ” attuare lo scioglimento, senza alcun effetto automatico, oppure può continuare la propria attività.

Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit , seguendo tale principio occorre rilevare che gli artt. 2506 e s.s. pongono una disciplina omogenea della scissione, senza distinzioni tra scissione parziale e totale, così come bisogna rilevare che l’art. 2506ter c.c. non richiama l’art. 2504bis tra le norme relative alla fusione applicabili alla scissione (anche qui, senza distinzioni tra scissione parziale e totale), ciò che è in linea con la ricostruzione giurisprudenziale della scissione come successione a titolo particolare (e non universale) delle assegnatarie.

Del resto, che la disciplina debba essere unitaria deriva anche dalla stessa materiale operatività della scissione, posto che la differenza tra fattispecie totale e parziale è meramente quantitativa. A fronte di una scissione totale, infatti, basterebbe lasciare nel patrimonio della scissa una quota infinitesima di patrimonio (c.d. nummo uno ), per qualificare la scissione come parziale e, in sostanza, scegliere la disciplina applicabile. Dunque, seguendo la tesi della differenza ontologica tra i due tipi di scissione, in presenza di due situazioni sostanzialmente uguali (una scatola vuota o una scatola contente un euro o un centesimo) si dovrebbero applicare due discipline (notevolmente) diverse, ciò che non sembra soluzione ragionevole.

Occorre, a ben vedere, tener distinta la società, contratto e persona giuridica, da un lato, dal patrimonio della società e dall’azienda, o dai rami di azienda, dall’altro, beni (materiali o immateriali) che costituiscono veicolo strumentale per l’esercizio dell’attività d’impresa in forma collettiva.

Anche se la società assegna l’intero suo patrimonio alle beneficiarie della scissione, i soci della società scissa ricevono le quote o le azioni delle beneficiarie. Ricevono, per così dire, il riflesso cartolare, cioè il titolo di credito, corrispondente alla quota di patrimonio assegnato alle singole società beneficiarie della scissione, realizzando dal punto di vista economico una situazione fungibile, nella prospettiva dei soci, rispetto alla liquidazione ordinaria dell’attivo (pur dovendosi precisare che tale fungibilità non significa equivalenza economica, dato che con la liquidazione cessa il capitale di funzionamento, mentre con l’assegnazione mediante scissione quota parte del capitale di funzionamento entra a far parte di diversa combinazione produttiva e continua nella sua funzione caratteristica di strumento dell’attività di impresa).

Quindi la tesi della difesa di D&G S.r.l. in liquidazione (a cui aderisce la curatela del Fallimento Miranda Srl in liquidazione), secondo cui i soci della società estinta a causa della scissione totale non sarebbero legittimati alla prosecuzione del giudizio, in quanto “ per definizione nulla possono averne ricevuto atteso che il patrimonio è per intero devoluto alle società subentranti e la estinzione avviene per legge “senza liquidazione ”, non può essere condivisa.

I soci ricevono, infatti, come detto, titoli di credito ( i.e. azioni o quote delle società beneficiarie del patrimonio assegnato con la scissione) economicamente equivalenti al valore netto degli asset patrimoniali assegnati alle beneficiarie.

A questi soci nulla vieta di effettuare nuovi conferimenti, ricostituendo il patrimonio sociale idoneo ad esercitare nuovamente attività d’impresa.

Così come nulla vieta ai soci di conferire nella società che ha posto in essere l’operazione di scissione, le stesse quote/azioni ricevute dalle beneficiarie della scissione, trasformandola in una società di partecipazioni ( holding ).

In questo senso, la scissione, ancorché totale, dà luogo a successione a titolo particolare, con prosecuzione del giudizio tra le parti originarie.

Lo stesso ultimo periodo del comma 2 dell’art. 2506 c.c. presuppone espressamente la permanenza in vita della società scissa, infatti ai soci della stessa possono attribuirsi, alle condizioni poste, azioni o quote della società scissa stessa, anziché delle beneficiarie della scissione.

Dunque l’estinzione della società quale persona giuridica non deriva dalla scissione totale, che è e rimane operazione inerente il patrimonio societario, bensì dalla cancellazione dal registro delle imprese.

Dalla visura camerale depositata emerge che la società Mercantini srl è stata cancellata dal registro delle imprese il 21 settembre 2012, quindi tale società è estinta da tale data per effetto della cancellazione.

Devono, dunque, confermarsi le statuizioni rese con l’ordinanza sopra riportata.

Nel processo amministrativo, infatti, il deposito telematico dell'atto in cui viene dichiarata la morte del ricorrente (o l’estinzione della società, come nel caso di specie) costituisce una forma di notificazione alle altre parti ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 170 e 300 c.p.c. determinando l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione, e il conseguente termine per la prosecuzione o riassunzione, come previsto dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcun rilievo, a tal fine, il momento nel quale venga adottato il successivo provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 30/10/2023, n. 2424).

Per cui, avendo il 2 agosto 2017 la difesa di parte originaria ricorrente depositato telematicamente atto in cui viene dichiarata l’avvenuta estinzione della persona giuridica che aveva proposto gravame, occorre individuare quali soggetti fossero legittimati a proseguire il giudizio interrotto.

Secondo la difesa di D&G S.r.l. in liquidazione e della curatela del Fallimento Miranda srl in liquidazione, valorizzando quanto affermato dalla ordinanza della Corte di Cassazione n. 22277/2023, che richiama l’ordinanza n. 5287/2023 della medesima Suprema Corte, i successori universali “ sostanziali ” sarebbero le beneficiarie della scissione totale, quindi queste e non i soci della Mercantini srl, sarebbero titolate a proseguire il giudizio interrotto.

Tale affermazione non può essere condivisa, infatti anche tale ordinanza n. 5287/2023 afferma (con specifico riferimento alla scissione totale) che “ fra i diversi orientamenti accennati, debba ritenersi preferibile la seconda opinione, dovendo conseguentemente attribuirsi, alle società derivate dalla scissione, la posizione di successori a titolo particolare della società scissa, secondo il regime speciale degli artt. 2506 e segg., che non consente di parlare di fenomeno di successione a titolo universale, con gli effetti dell’art. 2506-quater ultimo comma c.c. e alla luce dell’art. 2506-bis terzo comma, c.c. ”.

Statuizioni, queste, analoghe a quelle poste dall’ordinanza di questo T.A.R. n. 389/2024 e in linea, del resto, con quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, n. 23255 del 15 novembre 2016, la cui funzione nomofilattica non può non essere considerata da questo Collegio, così come non poteva non essere considerata al momento della presentazione, il 2 agosto 2017, dell’istanza ex art. 82 c.p.a.

Inoltre, la ridetta ord. n. 5287 stabilisce che la Corte territoriale “ avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle società risultanti dalla scissione, sì da pronunciare sulla res controversa con il coinvolgimento dei due soggetti da intendersi come legittimi contraddittori ”.

Dunque, l’affermazione, secondo cui le beneficiarie della scissa sarebbero “ successori universali sostanziali ”, viene fatta ai limitati fini dell’integrazione del contraddittorio, relativamente al ricorso in Cassazione avverso la sentenza di appello, senza alcuna valenza generale, posto che, viceversa, sarebbe sovvertito il pacifico principio ormai consolidato nella giurisprudenza delle Sezioni unite della Suprema Corte, circa l’individuazione dei soggetti legittimati alla prosecuzione del giudizio (o alla riassunzione nei relativi confronti) in caso di estinzione di persona giuridica.

Deve, quindi, ribadirsi, che “ qualora l'estinzione della società a seguito di cancellazione dal registro delle imprese intervenga in pendenza di un giudizio che la veda parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c., con eventuale prosecuzione o riassunzione ad opera o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell'art. 110 c.p.c. ” (così, da ultimo, Cassazione civile, sez. lav, 28/4/2023, n. 11278;
in termini Sez. un. n. 21970/2021;
Sez. un., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071, 6072;
Sez. un. 22 febbraio 2010, n. 4060).

Né, come ritenuto nelle citate difese, può condividersi l’idea che la legittimazione a proseguire una causa sia nella disponibilità delle parti, dimodoché con l’atto di scissione possa individuarsi il soggetto o i soggetti legittimati a proseguire o ad essere intimati nella riassunzione di un giudizio incardinato da persona giuridica estinta nelle more dello stesso.

Parimenti non può concedersi la rimessione in termini per errore scusabile chiesta con memoria depositata dalle ridette difese il 20 maggio 2024, posto che le statuizioni e i principi di cui nella specie ha fatto applicazione il Collegio, erano, come visto, contenuti in pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

In conclusione, per le ragioni esposte, ritiene il Collegio doversi confermare quanto rilevato con l’ordinanza n. 389/2024 con conseguente declaratoria di estinzione del giudizio, considerando il disposto dell’art. 305 c.p.c. (la perentorietà del termine, nonché la rilevabilità di ufficio, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 26/4/2023, n. 4201) e la sospensione feriale dei termini, a far data dal 1° dicembre 2017.

Effetto estintivo che, deriverebbe altresì e comunque dalla mancata rituale proposizione dell’istanza ex art. 82 c.p.a., a cui segue la dichiarazione di perenzione del ricorso, posto che anche tale istanza, nella misura in cui deve essere sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura ed essendo estinta tale parte, il diritto alla sua sottoscrizione segue le regole della successione universale, secondo le coordinate ermeneutiche tracciate dalle Sezioni Unite, come sopra richiamate.

Tale tema, pur non sottoposto al contraddittorio dall’ordinanza n. 389/2024, è stato autonomamente trattato nelle memorie sollecitate (cfr. pag. 1 memoria D&G S.r.l. in liquidazione dep. 20 maggio 2024), per cui anche tale questione può considerarsi ai fini della declaratoria di estinzione del giudizio, che seguirebbe, comunque la perenzione, a far data dal 17 dicembre 2017 (essendo stato ricevuto l’avviso di segreteria il 16 maggio 2017), tenuto conto del termine di 180 giorni ratione temporis applicabile e della sospensione feriale dei termini.

Tuttavia, essendo maturata l’estinzione per mancata tempestiva prosecuzione/riassunzione prima della perenzione, va data priorità alla prima rispetto alla seconda.

Data la definizione in rito della controversia, le spese di giudizio possono essere completamente compensate.

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