TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-10-31, n. 202201643

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-10-31, n. 202201643
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202201643
Data del deposito : 31 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2022

N. 01643/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01177/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1177 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D Z, con domicilio eletto presso il suo studio, in Padova, piazza De Gasperi, 59;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria in Venezia, San Marco, 63;

per l'accertamento

del diritto del ricorrente ad ottenere la monetizzazione dei giorni di congedo ordinario e dei giorni spettanti dalla Legge n. 937/1977 con corrispettivo economico corrispondente n. 185 (centoottantacinque) giorni di congedo ordinario (37 gg x 5 anni ex art. 14 c. 2 d.P.R. n. 395/1995);
n. 20 (venti) di Legge n. 937/1977 (4 gg. x 5 anni ex art. 14 c. 4 d.P.R. n. 395/1995);
n. 272 giorni di riposo settimanale all'aprile 2003 (art. 63 Legge n. 121/1981 e art. 57 d.P.R. n. 782/1985)

per complessivi 477 giorni non fruiti nell'arco di tempo di cinque anni e mesi quattro, dal 16.07.1998 al 13.05.2003, per cause non dipendenti dalla propria volontà a causa di dichiarazione di inidoneità al servizio per carenza dei requisiti attitudinali, il tutto, se monetizzato, per il corrispettivo dovuto, oltre ad interessi e rivalutazione del credito sino al suo soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza telematica del giorno 4 ottobre 2022 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 21.6.2011, -OMISSIS- adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, al fine di ottenere la pronuncia di accertamento meglio indicata in oggetto.

Nell’atto introduttivo del giudizio il ricorrente rappresentava che, in conseguenza di pronuncia da parte del Giudice Amministrativo, era stato annullato il provvedimento con il quale era stata disposta la sua destituzione dalle funzioni esercitate presso la Polizia di Stato;
a seguito di ciò, l’Amministrazione subordinava la effettiva reintegrazione in servizio al superamento di appositi test psico-fisici.

A seguito dell’espletamento dei predetti esami, il ricorrente veniva dichiarato inidoneo al servizio presso la Polizia di Stato, con effetto a far data dal -OMISSIS-.

Il ricorrente, preso atto di tali esiti, avanzava apposita istanza per la monetizzazione dei giorni di congedo ordinario e di riposo settimanali non fruiti, per un totale pari a:

− n. 185 giorni di congedo ordinario (37 giorni per cinque anni, ai sensi dell’art. 14, comma 2, d.P.R. n. 395/1995);

− n. 20 giorni (pari a quattro giorni per cinque anni, ai sensi dell’art. 14, comma 4, d.P.R. n. 395/1995);

− n. 272 giorni di riposto settimanale a partire dall’aprile 2003, ai sensi dell’art. 63, L. n. 121/1981 e dell’art. 57, d.P.R. n. 782/1985.

In definitiva, il ricorrente richiedeva un corrispettivo economico complessivo parametrato a 477 giorni di congedo e di riposo non fruiti nel periodo compreso tra il 16.7.1998 ed il 13.5.2003.

Il Ministero dell’Interno, con nota n. -OMISSIS-, dichiarava l’insussistenza delle “condizioni che permettono la invocata monetizzazione”.

Parte ricorrente insorgeva avverso tali risultanze provvedimentali formulando un unico ed articolato motivo di ricorso.

In tesi di parte ricorrente, il provvedimento gravato era affetto da un composito vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 14, nn. 1 e 7, d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395;
dell’art. 18, d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254;
dell’art. 63, L. 1° aprile 1981, n. 121;
dell’art. 57, d.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782;
degli artt. 3 e 36 della Costituzione;
dell’art. 2197 del codice civile.

Veniva, inoltre, individuato un vizio di eccesso di potere, nelle forme dell’ingiustizia grave e manifesta, della disparità di trattamento e della carenza assoluta di motivazione in relazione all’art. 3, L. 7 agosto 1990, n. 241.

Con memoria pervenuta in Segreteria in data 13.10.2011, si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, instando per la reiezione del ricorso, in quanto infondato nel merito.

All’udienza telematica del 4 settembre 2022, sentiti i difensori delle parti come da verbale d’udienza, il Collegio tratteneva definitivamente il fascicolo per la decisione.

Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, non può essere accolto.

In apertura dell’unica e composita censura presentata, parte ricorrente specifica che, secondo quanto disposto dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 6 del 23 marzo 2005, la dichiarazione di inidoneità a seguito di sottoposizione a test psico-fisici equivale a dispensa dal servizio e che, ai sensi dell’art. 18, d.P.R. 254/1999, “al pagamento sostitutivo del congedo ordinario si procede, oltre che nei casi previsi dall’art. 14, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995, anche quando lo stesso non sia stato fruito per decesso, per cessazione dal servizio per infermità o per dispensa dal servizio del dipendente disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità”.

In altre parole, la ricorrente ritiene che il mancato godimento del periodo di concedo ordinario non imputabile all’interessato non precluda l’insorgenza del diritto alla percezione dell’emolumento sostitutivo, in quanto il congedo ordinario risulterebbe maturabile anche nel periodo di aspettativa ed includerebbe automaticamente il diritto al compenso sostitutivo per il caso di congedo ordinario non goduto.

La censura proposta dal ricorrente è priva di pregio e non può trovare accoglimento.

Diversamente da quanto si asserisce nel quadro del ricorso in epigrafe, l’inidoneità al servizio è fattispecie diversa e non equiparabile a quella della dispensa dal servizio.

Occorre in proposito rammentare che la regola generale in materia di congedo ordinario è dettata dall’art. 14, comma 7, d.P.R. n. 395/1995 e prevede che “il congedo ordinario è un diritto irrinunciabile e non è monetizzabile”.

Le uniche deroghe a tale principio sono dettate dall’art. 14, comma 14, d.P.R. n. 395/1995 e dall’art. 18, comma 1, d.P.R. n. 254/1999. Tali norme, in quanto speciali, contengono un elenco tassativo di ipotesi nelle quali il congedo risulta monetizzabile.

In tale elenco tassativo non è dato di rinvenire l’inidoneità al servizio, né la stessa può rientrarvi in via analogica, stante la natura speciale (e quindi di stretta interpretazione) delle norme richiamate.

In assenza di tale riconducibilità normativa, il ricorso resta infondato nel merito e, conseguentemente, non può essere accolto.

Da ultimo, le spese di giudizio possono essere compensate, tenuto conto della natura latu sensu lavoristica e della oggettiva peculiarità della presente controversia.

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