TAR Brescia, sez. I, sentenza 2017-01-09, n. 201700030
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Pubblicato il 09/01/2017
N. 00030/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00905/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 905 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Investimenti Clarensi Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati G R C.F. RZZGLN70E04D940N, G B C.F. BNMGCM28L17A510A, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Brescia, via V. Emanuele II, 60;
contro
Comune di Desenzano del Garda, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A B C.F. BZLLRD69T15B157W, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, C.Da S. Rotto, 6 ;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, in persona del Ministro in carica p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Brescia, via S. Caterina, 6;
nei confronti di
Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comitato Cittadini a Tutela dell'Ambiente non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale n. 123 approvata 19-21/12/2012 avente ad oggetto "Piano di Governo del Territorio, adottato con delibera n. 101 del 28/9/2011" – esame osservazioni e controdeduzioni – approvazione finale ai sensi dell’art. 13, commi 1, 7 e 7 bis della l.r. n. 12/2005”;degli atti presupposti o connessi e, in particolare, della deliberazione consigliare n. 101 del 28.9.2011 avente ad oggetto l’adozione del nuovo P.G.R. ex art. 7 della L.R. n. 12/2005, della deliberazione G.M. n. 110 del 14.6.2012 avente ad oggetto avvio revoca della deliberazione Consigliare n. 45/2012 di approvazione P.G.T., della deliberazione consigliare n. 71 del 27.7.2012 avente ad oggetto “annullamento-revoca deliberazione del Consiglio Comunale n. 45 del 28.4/2.5.2012 di approvazione definitiva del Piano di Governo del Territorio”, del decreto 7.8.2002 n. 2731/IV-2 del Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali della Lombardia per il riconoscimento del vincolo, in particolare nella parte in cui ha dichiarato di interesse artistico-storico oltre all’edificio “Villa del Sole” anche una vasta area pertinenziale al complesso immobiliare denominato ex colonia elioterapica Villa del Sole sito in Desenzano, della nota della Soprintendenza di Milano del 30.5.2006 prot. n. 0007175 e conseguente nota di trascrizione presso la Conservatoria del 28.8.2006, della nota del Soprintendente Regionale del 5.9.2006 prot. n. 0011453, della nota della Soprintendenza di Brescia del 2.12.2005 prot. n. 10181, della valutazione e determinazione adottata sulle varie osservazioni presentate avverso la delibera di adozione del PGT in relazione agli immobili di cui sopra;
-a seguito di motivi aggiunti,
della nota di data 11.2.2016 prot. n. 1932 del Soprintendente delle Arti e del Paesaggio di Brescia-Cremona-Mantova, assunta in esito alla richiesta di revisione del contenuto del vincolo storico-artistico n. 2731 del 2002;
-a seguito di secondo atto per motivi aggiunti,
del provvedimento n. 0003928 emesso dalla Commissione Regionale del Patrimonio Culturale ex art. 10 bis della legge n. 241/90 con cui è stato assunto l’atto conclusivo del procedimento di revisione-rideterminazione del contenuto del vincolo storico-artistico ex art. 128, comma 3, del TU n. 42/2004 e di ogni atto connesso o presupposto e in particolare dell’atto n. 0001487 di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, con richiesta di condanna della Soprintendenza o della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale di emettere provvedimento amministrativo che stabilisca che il vincolo storico-artistico attiene al solo edificio dell’ex colonia elioterapica Villa del Sole in Desenzano e non è esteso alla vasta area inedificata.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Desenzano del Garda e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paes. Province di Bs,Cr, Mn;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2016 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con corposo ricorso notificato in data 4.10.2013, la società Investimenti Clarensi srl, proprietaria, giusta atto di data 13.11.2007, di un complesso immobiliare in Desenzano del Garda denominato “Villa del Sole”, impugnava la deliberazione n. 123/2012 del Consiglio Comunale di Desenzano del Garda di approvazione del P.G.T., unitamente agli atti presupposti o connessi (meglio indicati in epigrafe), tra cui anche il decreto del Soprintendente Regionale di data 7.8.2002 n. 2731/IV-2, che ha autorizzato l’alienazione dell’immobile denominato “Villa del Sole” (originariamente in proprietà alla “Congregazione delle Suore Ancelle della Carità”), con contestuale dichiarazione di interesse storico artistico dell’immobile.
Nelle premesse in fatto la ricorrente, per quanto qui rileva, evidenziava che il Consiglio Comunale, con deliberazione n. 101 del 28.9.2011, aveva adottato il nuovo P.G.T., consentendo per il complesso immobiliare in discussione “l’ampliamento con destinazione a residenza assistita protetta o RSA, secondo dimensioni e caratteristiche di compatibilità paesistica architettonica derivanti da autorizzazione della Soprintendenza” (art. 35 NTA) e prevedendo, altresì, in caso di revisione/riduzione del vincolo, un insediamento residenziale nella porzione nord-ovest dell’area;con successiva deliberazione n. 45 del 28.4-1.5.2012, il Consiglio Comunale approvava il P.G.T. confermando le previsioni contenute nel piano adottato, ma la detta deliberazione non veniva pubblicata. Mutata la compagine amministrativa, con deliberazione di Giunta Comunale n. 110 del 14.6.2012 era avviata la procedura per proporre al Consiglio la revoca in autotutela della deliberazione n. 45/2012 e con successiva deliberazione n. 71 del 27.7.2012 il Consiglio Comunale disponeva di revocare ed annullare la deliberazione di approvazione del P.G.T., di rinnovare la verifica e la valutazione delle osservazioni già presentate e dei pareri già espressi dagli enti interessati, nonché di riaprire i termini di presentazione delle osservazioni al Piano adottato. Con deliberazione n. 123 del 22.12.2012, il Consiglio Comunale approvava in via definitiva il P.G.T., stralciando la previsione relativa al complesso immobiliare per cui è causa ed escludendo qualsiasi intervento di ampliamento dell’edificio e di nuova edificazione su tutta l’area del complesso.
In punto di diritto la ricorrente formulava tre distinti ordini di censure, a sua volta articolati in diversi motivi di ricorso. In sintesi, con un primo ordine di motivi –sub lettera A) e relativo ai provvedimenti di annullamento-revoca della deliberazione consigliare n. 45/2012 – la ricorrente denunciava: 1) la violazione degli artt. 21 quinquies, octies e nonies della legge n. 241/1990 in quanto il P.G.T. era già stato approvato con deliberazione n. 45/2012 e dunque non avrebbe potuto essere revocato, ma semmai si sarebbe dovuto procedere tramite variante urbanistica;diversamente, si sarebbe dovuto ripubblicare il Piano;2) la violazione dell’art. 13, commi 4 e 7, della legge regionale n. 12/2005 e dell’art. 21 della legge n. 136/1999, per mancato rispetto del termine perentorio ivi previsto per la conclusione del procedimento di approvazione del P.G.T., termine in scadenza al 13.6.2012, laddove l’approvazione era avvenuta solo il 23.12.2012;3) La mancata specifica indicazione dell’azione di autotutela esercitata dal momento che nella deliberazione n. 71/2012 nell’oggetto era indicato “ annullamento-revoca della deliberazione consigliare n. 45/212 ” ma nel dispositivo era invertito l’ordine e cioè “ revoca ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. 241/90 .….ed annullamento ai sensi dell’art. 21 octies ”, con conseguente contrasto tra l’oggetto della deliberazione e la sua motivazione ed il dispositivo, giusta la diversità (in termini di presupposti ed effetti) tra annullamento e revoca;4.1) l’erroneità delle deliberazioni n. 110/2012 e n. 71/2012 nella parte in cui avevano ritenuto (quale elemento di pretesa illegittimità per avviare il procedimento di revoca) non sussistenti i requisiti di urgenza e improrogabilità ex art. 38, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000 (richiamati nella deliberazione n. 45/2012) per l’approvazione del P.G.T. successivamente all’indizione dei comizi elettorali, con conseguente “irritualità” della convocazione del Consiglio Comunale in sezione urgente, atteso che l’urgenza e l’improrogabilità sarebbero state conseguenza della perentorietà dei termini di approvazione del Piano di cui alla L.R. n. 12/2005;4.2) la mancanza dei presupposti per poter procedere alla revoca della deliberazione n. 45/2012 (mutamento dello stato di fatto, sopraggiunti motivi di interesse pubblico o nuova valutazione dell’interesse pubblico originario), concretizzatasi in una revoca “ ad nutum ”;5) Il difetto di motivazione e la mancata esplicitazione delle ragioni sottese alla revoca;con il secondo ordine di motivi (sub lettera B), relativo alla deliberazione n. 123/2012 di approvazione del P.G.T., la ricorrente lamentava (motivo sub n. 6) il difetto di motivazione relativamente alla scelta di eliminare ogni possibilità edificatoria nel complesso immobiliare “Villa del Sole”, modificando una precedente previsione (l’art. 35, punto 14, delle NTA) che consentiva l’ampliamento dell’edificio e una limitata edificabilità dell’area;con il terzo ordine di motivi (sub lettera C), articolato in relazione al vincolo n. 2731 del 7.8.2002, parte ricorrente denunciava l’illegittimità del vincolo (motivo sub n. 7), in quanto assunto in mancanza di istanza della parte interessata (che aveva chiesto unicamente l’autorizzazione alla vendita) e senza alcuna comunicazione in tal senso alla parte medesima, in carenza di istruttoria e di contraddittorio;evidenziava, altresì, (motivo sub n. 8) che la Soprintendenza nell’adozione del vincolo non aveva svolto alcuna istruttoria in ordine alla localizzazione ed estensione del vincolo stesso, che riguardava in realtà l’interesse storico-artistico del solo edificio, senza alcun riferimento alle aree pertinenziali e a quelle destinate a “giardino” e a “colture agrarie”, aree, quindi, non vincolate sotto il profilo storico-artistico, ma, eventualmente, solo sotto quello paesaggistico ex lege n. 1497/1939.
Si costituiva in giudizio il Comune di Desenzano del Garda, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato irricevibile e/o inammissibile e comunque respinto per infondatezza.
Anche il Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici si costituiva in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale chiedeva la dichiarazione di inammissibilità, irricevibilità, improponibilità e comunque infondatezza nel merito del ricorso.
Con atto per motivi aggiunti depositato il 24.3.2016, la ricorrente impugnava la nota di data 11.2.2016 prot. n. 1932 del Soprintendente delle Arti e del Paesaggio di Brescia-Cremona-Mantova, assunta in relazione alla richiesta di revisione del contenuto del vincolo storico-artistico n. 2731 del 2002, con la quale è stata comunicata l’insussistenza di presupposti e motivazioni per una modifica in riduzione dell’ambito attualmente sottoposto a tutela culturale.
In sintesi, la ricorrente lamentava: -motivazione insufficiente e fondata su considerazioni errate;mancato esame delle ragioni poste a fondamento della istanza di riesame;difetto istruttorio;-mancata comunicazione agli interessati di avvio del procedimento di interpretazione postuma del vincolo e mancata comunicazione motivi ostativi all’accoglimento della domanda;mancata allegazione della relazione tecnico-artistica al decreto di vincolo.
Oltre alla domanda di annullamento, la ricorrente formulava, altresì, domanda di accertamento della erroneità della estensione postuma del vincolo alle aree verdi inedificate e di condanna ad emettere un provvedimento diretto a stabilire che il vincolo atterrebbe al solo edificio.
Con ulteriore, corposo, ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 20.6.2016, la ricorrente impugnava, oltre alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, il provvedimento n. 0003928 emesso dalla Commissione Regionale del Patrimonio Culturale di conclusione del procedimento di revisione-rideterminazione del contenuto del vincolo storico-artistico ex art. 128, comma 3, del TU n. 42/2004.
La ricorrente ribadiva sostanzialmente doglianze già formulate nei precedenti atti, censurando i provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, per carenza istruttoria e di motivazione, per mancata ed errata valutazione del dato fattuale e del contenuto della domanda di revisione e della allegata relazione tecnica.
In vista dell’udienza di discussione, il Comune di Desenzano del Garda depositava memoria difensiva con la quale, per quanto di competenza, contestava gli argomenti avversari, chiedendone il rigetto per infondatezza;eccepiva, la tardività dell’impugnazione del decreto n. 2731/2002.
Anche il Ministero depositava memoria difensiva con la quale la difesa erariale eccepiva la tardività del ricorso in quanto notificato ad anni di distanza dalla conoscenza della esatta portata del vincolo contestato;nel merito evidenziava con puntualità l’infondatezza delle censure avversarie.
La ricorrente depositava ulteriore, corposa, memoria difensiva, in cui ribadiva le proprie argomentazioni e due memorie di replica in relazione ai due enti resistenti.
Alla Pubblica Udienza del 23 novembre 2016, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con il primo motivo del ricorso introduttivo la ricorrente censura gli atti di revoca impugnati, denunciando la violazione degli artt. 21 quinquies, octies e nonies della legge 241/90, in quanto il P.G.T. revocato era già stato approvato.
La censura non è condivisibile.
Come noto, il comma 11 dell’art. 13 (recante “ Approvazione degli atti costituenti il piano di governo del territorio ”) della legge regionale n. 12/2005 dispone che gli atti di P.G.T. acquistino “ efficacia ” con la pubblicazione dell’avviso della loro approvazione definitiva sul Bollettino Ufficiale della Regione, adempimento da effettuarsi a cura del Comune interessato. La detta pubblicazione, peraltro, è subordinata ad una serie di adempimenti espressamente indicati nella richiamata disposizione di legge.
Ebbene, nel caso in esame, è indiscusso tra le parti che al momento di adozione della deliberazione consigliare n. 71 del 27.7.2012, con la quale l’Amministrazione comunale ha disposto l’annullamento-revoca della precedente deliberazione n. 45/2012 di approvazione del P.G.T., l’avviso di avvenuta approvazione definitiva dei relativi atti non fosse ancora stato pubblicato sul Bollettino Regionale. A ciò consegue, gioco-forza, che il Piano di governo del territorio non era efficace ed il relativo procedimento di formazione non poteva ritenersi definitivamente concluso. In tale quadro, pertanto, l’Amministrazione comunale ben poteva assumere gli atti di autotutela ritenuti necessari o opportuni, sussistendone i presupposti, anche in relazione agli atti relativi al P.G.T., rientrando gli stessi nel novero degli apprezzamenti discrezionali ad essa riconosciuti nella materia in esame.
La doglianza, dunque, non è fondata.
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione dei termini di cui all’art. 13, comma 7, della legge regionale n. 12/2005, non può trovare accoglimento.
Preliminarmente ed in linea generale, si osserva che la mancata approvazione del P.G.T. nei termini indicati dalla previsione richiamata non determina la caducazione degli atti precedentemente adottati ma l’inefficacia degli stessi. La ratio della norma, dunque, in considerazione del concetto stesso di inefficacia, non pare essere quella di imporre comunque, in caso di sforamento dei termini, la reiterazione dell’intera procedura pianificatoria, ma unicamente quella di evitare la presenza di piani adottati che producano effetti attraverso misure di salvaguardia senza però che l’assetto urbanistico del territorio sia stato stabilmente assicurato tramite la definitiva approvazione del Piano.
Sotto distinto profilo, è necessario poi prendere atto della indubbia particolarità procedimentale che ha caratterizzato la vicenda per cui è causa. Invero, l’avvenuto ritiro del P.G.T. approvato (ma senza pubblicazione del relativo avviso e, quindi, non efficace), ha determinato l’innesto di un segmento procedimentale differente ed ulteriore il quale, prevedendo la rinnovazione della valutazione delle osservazioni già presentate e la riapertura dei termini di presentazione di eventuali ulteriori osservazioni, ha comportato uno slittamento dei tempi (ove si consideri il primo termine di presentazione delle osservazioni);tale rinnovata attività di valutazione delle osservazioni e la conseguente definitiva approvazione del Piano si sono svolte, peraltro, nel rispetto dei termini di legge, con riferimento, ovviamente, a quelli indicati ex novo nell’atto di ritiro e, sotto tale profilo, nessun vizio inficia gli atti impugnati.
Infine, si deve ulteriormente rilevare che l’Amministrazione comunale resistente, attraverso il procedimento censurato, ha comunque garantito la piena ed effettiva partecipazione procedimentale degli interessati, valutando tutte le osservazioni pervenute;per quanto riguarda, in particolare, la specifica posizione della ricorrente, con comunicazione del 19.10.2012 ex artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/90, l’Amministrazione comunale aveva reso noto alla ricorrente stessa che, tra le altre, erano state depositate osservazioni al P.G.T. adottato relative a previsioni urbanistiche su aree riconducibili alla proprietà della medesima, comunicando la possibilità di prendere visione degli atti e produrre memorie scritte e documenti.
Quanto alla dedotta violazione del termine di cui all’art. 21 della legge n. 136/1999, basti osservare, in disparte ogni altra considerazione, che la giurisprudenza ha chiarito che il detto termine rileva ai soli fini della formazione della fattispecie del silenzio inadempimento e non del silenzio assenso, con la conseguenza che la scadenza del termine in questione non priva l’Amministrazione competente del potere di provvedere in merito ( Consiglio di Stato, sez. VI, 6 agosto 2013, n. 4150 ).
Del tutto infondato è il terzo motivo di ricorso.
La censura, invero, appare strumentale, atteso che il Comune ha inteso assumere, in via di autotutela, un atto di ritiro della deliberazione di approvazione del P.G.T. (non ancora efficace, non essendo stato pubblicato il relativo avviso) sulla base delle motivazioni ivi indicate. Come noto, la qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall’Autorità emanante ( ex multis TAR Lazio, Roma, sez. III, 23 febbraio 2016 n. 2525;TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 5 agosto 2016, n. 1621;TAR Sicilia, Catania, sez. I, 4 novembre 2015 n. 2552 ). La riconducibilità delle due tipologie provvedimentali dell’annullamento e della revoca — fondate su presupposti diversi che giustificano la rimozione di un provvedimento amministrativo — nell’unitaria categoria degli atti di ritiro, consente di pervenire all’affermazione che la qualificazione come revoca di un provvedimento di autotutela in luogo di annullamento e viceversa, configura una imprecisione emendabile e non invalidante.
Il quarto ed il quinto motivo possono essere esaminati unitamente, essendo connessi sotto il profilo logico-giuridico, atteso che con essi parte ricorrente censura sostanzialmente le motivazioni poste a base dell’atto di ritiro di cui alla deliberazione consigliare n. 71 del 2012.
Le doglianze non sono condivisibili.
La deliberazione n. 71 del 2012, dopo aver richiamato la deliberazione di G.C. n. 110/2012 di avvio del procedimento di proposta al Consiglio di revoca della deliberazione n. 45/2012 e i presupposti ivi indicati (mancanza di motivazione su requisiti di urgenza e improrogabilità ex art. 38 c. 5 D.Lgs. n. 267/200 per l’approvazione del Piano dopo la pubblicazione dell’indizione dei comizi elettorali;esposto urgente al Prefetto da parte di due consiglieri comunali in relazione a presunte scorrettezze nelle procedure di convocazione e conduzione del Consiglio;mancata adeguata considerazione delle osservazioni prodotte dalla Regione Lombardia), risulta fondata, per quanto qui rileva, sui seguenti presupposti principali:
- intenzione di rivedere il P.G.T., in coerenza ai contenuti del programma amministrativo del Sindaco, come approvato a seguito dell’esame delle osservazioni nonché dei pareri espressi dalla Regione, dalla Provincia di Brescia, da ARPA e ASL;
- intenzione di riesaminare le osservazioni già presentate, con possibilità di eventuale diversa valutazione, al fine di rendere compatibili le osservazioni con le indicazioni regionali e provinciali di contenimento di consumo del suolo, di tutela ambientale paesaggistica del territorio comunale, di definizione dell’assetto territoriale compatibile con la viabilità esistente e di previsione compreso il sistema dei parcheggi;
-intenzione di esaminare e controdedurre nuovamente le osservazioni già presentate al fine di ridefinire il carico urbanistico previsto in sede di adozione del P.G.T. sia negli ambiti residenziali che produttivi per una diminuzione della pressione ambientale complessiva e per fornire risposte alle istanze di cittadini, portatori di interessi diffusi e associazioni di categoria.
Sulla base di tali presupposti è stato deciso di riesaminare le osservazioni già presentate ed acquisire nuovi apporti collaborativi mediante la riapertura dei termini per la presentazione di ulteriori osservazioni, oltre che procedere all’approfondimento ed alla rivalutazione di quanto già esposto, a seguito della trasmissione degli atti del Piano, dalla Provincia di Brescia, dalla Regione, dall’ARPA e dall’ASL.
Ebbene, il Collegio ritiene che gli elementi evidenziati dall’Amministrazione Comunale, in particolare con riferimento a quelli di carattere prettamente sostanziale, siano pienamente idonei ad adeguatamente supportare l’atto di autotutela assunto, sotto il profilo del pubblico interesse che con esso si è inteso perseguire, anche considerando l’ampia discrezionalità che deve essere riconosciuta all’Amministrazione in tale materia. I presupposti indicati, invero, esprimo la necessità di effettuare una rivalutazione sulla base di rilevanti parametri, indicati dalle Amministrazioni regionali e provinciali, quali il contenimento del consumo del suolo, la tutela ambientale e paesaggistica del territorio comunale, la ridefinizione del carico urbanistico nell’ottica di una diminuzione della pressione ambientale complessiva.
D’altra parte, l’esercizio del potere di autotutela non è di certo inficiato da evidenti profili di irragionevolezza e/o illogicità, circostanze che potrebbero consentire di censurare, in questa sede di legittimità, le scelte operate dall’Amministrazione.
In definitiva, le doglianze riferite ad un difetto motivazionale dell’atto di ritiro impugnato non sono fondate.
Con le censure rubricate sub lett. B) - motivo n. 6, la ricorrente contesta, sotto il profilo motivazionale, la deliberazione n. 123/2012 di approvazione del P.G.T., nell’ambito della quale è stata prevista l’eliminazione della possibilità edificatoria del complesso immobiliare in questione.
La censura è, all’evidenza, destituita di fondamento.
Pur volendo prescindere dal rilievo per il quale nel caso in esame non è richiesto un obbligo di motivazione maggiore rispetto a quello previsto per le ordinarie scelte urbanistiche che rispondono a criteri generali di ordine tecnico-discrezionale, si osserva che la scelta effettuata dal Comune resistente in relazione alle aree di cui si discute (come emerge dalle controdeduzioni relative alle osservazioni presentate sul punto) è del tutto coerente con il contenuto precettivo del vincolo di cui al decreto del Soprintendente Regionale n. 2731/2002 (su cui si tornerà in seguito), la cui estensione è precisata nella nota di trascrizione di data 28.8.2006 (integrativa della prima, incompleta, trascrizione), come, peraltro, esplicitamente riportato al paragrafo 8) del contratto di compravendita del 13.11.2007, con il quale la ricorrente acquistava il complesso immobiliare in questione dalla Congregazione delle Suore Ancelle della Carità.
Dunque –come riconosciuto, peraltro, dallo stesso ricorrente (ricorso pagg. 49 e 52) - il Comune resistente altro non ha fatto che recepire la portata del decreto di dichiarazione di interesse storico-artistico, adeguando la relativa previsione urbanistica (peraltro, sollecitato in tal senso dalla stessa Soprintendenza, come risulta dalla nota del 30.3.2012).
I vizi lamentati non sono, pertanto, sussistenti.
Con le censure rubricate sub lett. C) – motivi numeri 7 ed 8, parte ricorrente impugna il decreto del Soprintendente Regione n. 2731 del 7.8.2002, lamentando, da un lato, l’adozione del vincolo in mancanza di istanza della parte interessata (che aveva chiesto unicamente l’autorizzazione alla vendita), senza partecipazione della parte medesima, in carenza di istruttoria, di contraddittorio e della relazione storico-artistica;dall’altro, che la Soprintendenza non aveva svolto alcuna istruttoria in ordine alla localizzazione ed estensione del vincolo stesso, relativo all’interesse storico-artistico del solo edificio e senza alcun riferimento alle aree pertinenziali e a quelle destinate a “giardino” e a “colture agrarie”.
Preliminarmente, deve rilevarsi l’evidente tardività dell’impugnazione del decreto n. 2731 del 7.8.2002.
Invero, parte ricorrente ha avuto piena conoscenza del vincolo, quanto meno, fin dall’acquisto del complesso immobiliare di cui si discute, avvenuto con atto del 13.11.2007, nel quale, come già ricordato, era espressamente precisato (paragrafo 8) che “le parti prendono atto che tutti i beni di cui al presente sono oggetto del vincolo di cui al D.Lgs. 490/99 come risulta dalla allegata Autorizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali della Lombardia in data 7 agosto 2002 n. 2731/1V2 prot. e dalla trascrizione in data 28 agosto 2006 nn. 46981/28042 e si dichiarano a conoscenza di quanto ivi previsto….”;del resto, la stessa parte acquirente (paragrafo 9 del contratto) chiedeva espressamente “l’applicazione delle agevolazioni previste dall’art. 1 comma 3 Tariffa parte prima DPR 26/4/1986 n. 131 per gli immobili di interesse storico, artistico o archeologico soggetti al D.Lgs. 22/1/2004 n. 42”, con applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 3%, dell’imposta ipotecaria del 2% e dell’imposta catastale con aliquota dell’1%, dimostrando, quindi, di essere pienamente consapevole dell’esistenza del vincolo.
Giova solo ricordare, in relazione all’estensione del vincolo, che non solo il decreto n. 2731/2002 riporta tutti i mappali del compendio immobiliare in questione (sia in relazione al N.C.E.U che quelli riportati in mappa al N.C.T.R.), ma che anche la nota di trascrizione del 28.8.2006, n. 46981/28042 (integrativa della originaria trascrizione del 19.9.2002, che era effettivamente incompleta rispetto agli immobili oggetto di tutela) è riferita a tutti i mappali relativi alle pertinenze non edificate.
In riferimento a tali motivi, pertanto, il ricorso è irricevibile.
In conclusione, il ricorso introduttivo in parte è infondato ed in parte va dichiarato irricevibile.
E’ necessario ora scrutinare i ricorsi per motivi aggiunti, relativi agli atti assunti a seguito dell’istanza di revisione parziale e/o ridelimitazione del vincolo storico-artistico presentata dalla ricorrente in data 25.7.2014.
Il primo atto per motivi aggiunti è inammissibile in quanto diretto ad impugnare una nota della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Brescia, Cremona e Mantova (nota di data 11.2.2016, prot. n. 1932), non avente carattere lesivo, in quanto atto endoprocedimentale. In ogni caso, le censure formulate dalla ricorrente sono infondate anche nel merito per le stesse ragioni che saranno di seguito esposte, in relazione al secondo ricorso per motivi aggiunti.
Con il secondo atto per motivi aggiunti la ricorrente impugna il provvedimento n. 0003928 del 23.5.2016 emesso dalla Commissione Regionale del Patrimonio Culturale con cui è stata respinta l’istanza di revisione del provvedimento emanato dal Soprintendente Regionale il 7.8.2002, nonché la comunicazione di data 14.3.2016 dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, con richiesta di condanna della Soprintendenza o della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale di emettere provvedimento amministrativo che stabilisca che il vincolo storico-artistico attiene al solo edificio dell’ex colonia elioterapica Villa del Sole in Desenzano e non è esteso alla vasta area inedificata.
Premesso che l’impugnazione della comunicazione dei motivi ostativi è inammissibile per evidente carenza di lesività della stessa, essendo diretta unicamente a consentire all’interessato di formulare osservazioni e deduzioni a fronte della prospettazione dei motivi che precluderebbero l’accoglimento della domanda, si rileva l’infondatezza delle censure relative al provvedimento di rigetto n. 0003928.
Si osserva, preliminarmente, che parte ricorrente impugna un provvedimento assunto a seguito di istanza ex art. 128, comma 3, del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, il quale prevede che “ In presenza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati ”, il Ministero possa rinnovare, d’ufficio o ad istanza di parte, “ il procedimento di dichiarazione dei beni che sono stati oggetto delle notifiche di cui al comma 2, al fine di verificare la perdurante sussistenza dei presupposti per l'assoggettamento dei beni medesimi alle disposizioni di tutela. ”.
Nel provvedimento impugnato è precisato che proprio dall’esame della relazione tecnica allegata all’istanza di revisione è possibile evincere la mancanza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o valutati, che possano fondare una motivazione adeguata per una revisione del provvedimento di tutela.
Parte ricorrente, in effetti, non ha offerto in occasione dell’istanza, né offre in questa sede, validi elementi concreti per scardinare la conclusione cui giunge l’organo deputato all’esame dell’istanza di revisione, circostanza che, di per sé sola, determina l’infondatezza delle censure. In particolare, è stata evidenziata l’assenza di elementi che possano sostenere la mancanza di nesso tra l’edificio della colonia elioterapica e le aree contermini a verde, connessione che la Commissione ritiene, invece, intrinseca nella destinazione d’uso del complesso.
Del resto, tale ultimo aspetto era già stato affrontato da questo Tribunale che, in occasione di un gravame proposto nel 2006 da un promissario acquirente del compendio immobiliare avverso la dichiarazione di interesse storico artistica di cui si discute, ha avuto modo di precisare che
“Nel caso in esame la soluzione scelta dal Comune, che riduce quasi completamente le facoltà edificatorie del sito, può essere considerata ragionevole, perché salvaguarda tanto gli edifici quanto le aree verdi, ossia tutti i mappali indicati nel decreto del 7 agosto 2002. Il vincolo insiste infatti sull’intero complesso immobiliare e non soltanto sulla parte già edificata. Le aree verdi sono una componente estetica essenziale dell’ex colonia elioterapica, e se alle stesse fosse attribuita nuova volumetria in misura considerevole, come previsto inizialmente nel PRG, verrebbe alterato il contesto che valorizza l’architettura degli edifici e in definitiva non sarebbe possibile garantire la conservazione dell’aspetto tradizionale dei luoghi . ” ( TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 13 ottobre 2008, n. 1258 ).
Ebbene, non vi è ragione per disattendere tali argomenti, i quali, in assenza di elementi di fatto sopravvenuti, risultano tuttora validi e del tutto condivisibili. Argomenti che, peraltro, già presenti nel decreto del 2002, sono stati evidenziati anche nel provvedimento di rigetto dell’istanza di revisione qui contestato, ove si precisa che “Il provvedimento emanato, riferito alla alienazione e alla dichiarazione di interesse storico-artistico, è concernente l’intero ambito, come dimostrato dalla presenza nell’atto di tutti i mappali coinvolti e dalla perimetrazione dello stesso, parte integrante del provvedimento. Le motivazioni fondanti l’accertamento dell’interesse culturale ( significativo esempio di quelle architetture destinate a funzioni di accoglienza turistica e cura ), la cui definizione è prerogativa esclusiva di questo Ministero, riconoscono l’intrinseco legame tra parti edificate e porzioni a verde, la cui funzione terapeutica costituiva elemento concorrente alla riabilitazione degli ospiti”.
Giova, inoltre ricordare che alla mancata contestuale (al decreto del 2002) trascrizione di tutti i mappali soggetti a vincolo si era sopperito con la trascrizione integrativa del 2006, in precedenza ricordata, di modo da rendere evidente (ed opponibile ai terzi) l’estensione del vincolo stesso.
Alla luce di quanto sopra, del tutto infondate risultano le censure di difetto istruttorio e di motivazione del provvedimento impugnato, cosi come quelle riferite alla mancanza del verbale di sopralluogo, da sottoporre all’accettazione dell’interessato, atteso che il detto sopralluogo è stato effettuato nell’ambito dell’attività istruttoria compiuta dall’organo competente, come approfondimento della medesima.
Infine, parimenti infondate risultano le censure di difetto di motivazione della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda (che avrebbe determinato l’illegittimità del provvedimento di rigetto), atteso che detta comunicazione presenta una adeguata motivazione, in relazione agli aspetti più rilevanti della vicenda, alla luce di quanto esposto nell’istanza di revisione ed ha, in ogni caso, permesso alla ricorrente di formulare ampie osservazioni, dirette a contestare quanto rappresentato nella comunicazione medesima.
In definitiva, anche il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato e va respinto.
In conclusione, per tutti le ragioni sopra esposte, il ricorso come integrato dai motivi aggiunti va in parte dichiarato irricevibile ed in parte respinto perché infondato, unitamente alla domande di accertamento in esso formulate.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo tenuto conto, ex art. 26, comma 1, CPA, del mancato rispetto da parte della ricorrente del principio di sinteticità degli atti (ricorso, due atti per motivi aggiunti, memoria difensiva e due memorie di replica, per un totale di oltre 250 pagine) di cui all’art. 3, comma 2, CPA.