TAR Milano, sez. III, sentenza 2016-04-28, n. 201600835

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2016-04-28, n. 201600835
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201600835
Data del deposito : 28 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00273/2010 REG.RIC.

N. 00835/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00273/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 273 del 2010, proposto da -O-, in persona del tutore -O-, rappresentato e difeso dall’avv. G C, con domicilio eletto presso il suo studio, in Milano, via Pier Lombardo, 30;

contro

il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M R S, S A, S P, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, in Milano, via Andreani, 10;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

della determinazione dirigenziale n. 51/09 del 29 ottobre 2009.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2016 il dott. D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Parte ricorrente, premettendo che con il provvedimento impugnato il Comune di Milano ha comunicato di aver determinato in euro 557,00 mensili la quota di compartecipazione dell’utente alle spese per il proprio ricovero a tempo pieno presso una residenza sanitaria assistenziale, riservando di definire la quota di compartecipazione dei genitori dell’utente al ricevimento di documentazione richiesta, impugna il provvedimento in epigrafe.

Affida il ricorso ai seguenti motivi.



1. Violazione dell’art. 3, comma 2- ter , del D. Lgs. 109/1998;
eccesso di potere. Il Comune avrebbe dovuto considerare la situazione economica del solo assistito e non quella del suo nucleo familiare.



2. Violazione degli artt. 1 e 2, e della tabella 1, del D. Lgs. 109/1998, e dell’art. 34, comma 3, del DPR 601/1973;
eccesso di potere. Il Comune non avrebbe dovuto considerare, ai fini della determinazione della quota di compartecipazione a carico dell’assistito, le provvidenze economiche di tipo assistenziale (pensione di invalidità ed assegno di accompagnamento).



3. Violazione degli artt. 8, comma 3, lett. i) , 18, comma 3, lett. g) , 24, comma 1, lett. g) , e 25 del D. Lgs. 328/2000. In subordine rispetto al precedente motivo, il provvedimento impugnato violerebbe l’art. 24, comma 1, lett. g) , del D. Lgs. 328/2000 nella parte in cui delega il Governo alla emanazione di un decreto legislativo che riconosca che agli ospiti delle strutture residenziali venga conservata almeno la metà del reddito di prima istanza;
inoltre le altre norme del D. Lgs. 328/2000 che si assumono violate rinvierebbero al D. Lgs. 109/1998 che non terrebbe conto, ai fini della determinazione della quota di compartecipazione a carico dell’assistito, delle provvidenze economiche di tipo assistenziale (pensione di invalidità ed assegno di accompagnamento).



4. Violazione dell’art. 10 della legge 241/1990. L’amministrazione non avrebbe adempiuto alla istanza di accesso agli atti depositata in data 1 dicembre 2009.

Il Comune intimato si è costituito, spiegando difese nel merito e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza 19 febbraio 2010, n. 155, questa Sezione III ha rigettato la domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 21 gennaio 2016 la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione nel merito.

DIRITTO

Il primo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3, comma 2- ter , del D. Lgs. 109/1998, deducendo che il Comune avrebbe dovuto considerare la situazione economica del solo assistito e non quella del suo nucleo familiare, non è fondato e deve essere rigettato.

In proposito, va premesso che il Comune, nelle sue difese, ha precisato che, ai sensi della delibera di Giunta comunale n. 1607 del 1 luglio 2003 (depositata il 17 febbraio 2010 sub 1), a partire dal 1 marzo 2002 non si chiede ai soggetti di cui all’art. 433 cc di contribuire, ma i redditi dei genitori vengono considerati ai fini della determinazione della quota di compartecipazione al costo;
tale affermazione trova conferma nella citata delibera, laddove si legge che «…A partire infatti dal 01/03/2002, non viene più chiesto ai soggetti elencati all’art. 433 del Codice Civile di contribuire alle spese assistenziali dei loro parenti ricoverati. Tuttavia, in attesa dell’emanazione di un DPCM, previsto dall’art. 3 comma 2-ter del D. lgs. N. 109/1998, che fissi i limiti di applicabilità del decreto medesimo, al fine di valutare la condizione economica del solo assistito, sulla base dell’art. 147 del C.C., il Comune di Milano continua a considerare il reddito dei genitori del disabile (sono dunque esclusi i fratelli e le sorelle) per definire la contribuzione al costo del servizio…» .

Tale impostazione è in linea con le condivisibili statuizioni della giurisprudenza che, dopo iniziali oscillazioni, ha chiarito che ai fini della determinazione della quota di compartecipazione al costo rileva l’ISEE – indicatore della situazione economica equivalente, determinato con riferimento al nucleo familiare (che per il Comune di Milano, in ragione della citata delibera 1607/2003, deve intendersi limitato ai genitori) e non al solo assistito (Cons. Stato, Sez. III, 16 giugno 2015, n. 3017, che riforma sul punto TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 1586/2010;
TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 9 dicembre 2015, n. 2585).

Punto di partenza del ragionamento è costituito dalla sentenza della Corte costituzionale 19 dicembre 2012, n. 296, laddove essa ha chiarito che la disposizione dell’art. 3, comma 2- ter , non costituisce, in assenza del DPCM da essa previsto, un livello essenziale delle prestazioni relative ai servizi sociali a favore degli anziani non autosufficienti e delle altre categorie protette ivi indicate, risolvendosi tale comma in «…una norma contenente principi e criteri direttivi da attuarsi nel successivo decreto allo scopo di perseguire diverse finalità…» .

Da tanto consegue che «…vengono in rilievo l’art. 8 e l’art. 25 della legge quadro, l’art. 1 e 3 co.1 del d.lvo 31 marzo 1998 n.109, il d.P.C.M 14.2.2001 (che fa salva la compartecipazione da parte dell’utente prevista dalla disciplina regionale e comunale), il d.P.C.M.

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