TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2017-05-30, n. 201702870

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2017-05-30, n. 201702870
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201702870
Data del deposito : 30 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2017

N. 02870/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00577/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 577 del 2014, proposto da:
N L, rappresentato e difeso dall'avv. G C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M Russo in Napoli, via Santa Teresa al Museo, n. 8;

contro

Comune di San Nicola la Strada, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. N C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Umberto L in Napoli, via Andrea D’Isernia, n. 24;

per l’annullamento,

previa sospensione dell'efficacia,

dell’ordinanza di demolizione del Comune di San Nicola la Strada n. 1 del Registro Settore Urbanistica e n. 2 del Registro Generale del 6 novembre 2013, notificata al ricorrente in data 18 novembre 2013


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Nicola la Strada;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2017 la dott.ssa R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso, ritualmente notificato in data 8 gennaio 2014 e depositato il 4 febbraio 2014, N L ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi del Comune di San Nicola la Strada n. 1 del Registro Settore Urbanistica e n. 2 del Registro Generale del 6 novembre 2013, notificatagli in data 18 novembre 2013.

Tale ordinanza era stata adottata nei suoi confronti dal predetto Comune alla luce di quanto emerso dal verbale prot. n. 13775 del 27 settembre 2013, redatto dal personale dell’Ufficio Tecnico del medesimo Comune, a seguito di sopralluogo effettuato in data 26 settembre 2013, per aver realizzato, in assenza di idoneo titolo abilitativo, “ una struttura metallica infissa al suolo ed al fabbricato con copertura in materiale sintetico consistente in due corpi di fabbrica rispettivamente di circa mq. 52,00 (mt. 5,00 x 10.45 - realizzato sull’area di proprietà privata antistante via Appia) e mq. 37,00 (mt.

8.85 x 4,20 - realizzato sull’area privata lato nord-ovest del fabbricato) che per tipologia e consistenza non si identificano in gazebo ma in locali precari a servizio dell'attività commerciale,
- denominata “Bar otto e mezzo” - in quanto direttamente comunicanti con la predetta attività ed arredati con tavolini e sedie. Detti locali alterano i parametri urbanistici già assentiti del fabbricato. Il tutto senza idoneo titolo abilitativo ”.

A sostegno del gravame, con cinque motivi di ricorso, il ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Alla camera di consiglio del 9 aprile 2014 è stato disposto il rinvio della trattazione della causa alla camera di consiglio del 7 maggio 2014, in accoglimento dell’istanza del difensore di parte ricorrente, al fine di poter depositare ulteriore documentazione.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di San Nicola la Strada deducendo l’infondatezza di ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto.

Entrambe le parti hanno prodotto documentazione.

Con ordinanza n. 747 dell’8 maggio 2014 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione “ Considerato che, al sommario esame proprio della presente fase, non paiono sussistenti i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare;

Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato, fondato sulla edificazione senza titolo di due manufatti esterni rispetto al locale commerciale di proprietà del ricorrente, appare prima facie sorretto da adeguata motivazione, in quanto descrive dettagliatamente le opere contestate, richiamando il verbale di sopralluogo del 26 settembre 2013;

Considerato, altresì, che la d.i.a. richiamata dal ricorrente non riguarda uno dei due corpi di fabbrica (quello laterale) e concerne unicamente una copertura orizzontale, mentre il manufatto contestato presenta una stabile struttura di chiusura ai lati costituita da un parapetto di legno con inserite delle fioriere; ”.

Con ordinanza n. 4158 del 17 settembre 2014 la Sezione VI del Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto avverso la suddetta ordinanza di questo Tribunale “ Rilevato che l’art. 3, comma 1, lettera e.5 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – nel testo introdotto dall’art. 41, comma 4, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in legge n. 98 del 2013 e, successivamente, dall’art. 10 ter, comma 1, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito in legge n. 80 del 2014 – esclude le conseguenze sanzionatorie, previste per gli “interventi di nuova costruzione”, solo per opere precarie dirette a soddisfare esigenze meramente temporanee, ovvero installate con ancoraggio al suolo parimenti temporaneo, all’interno di strutture recettive all’aperto, “in conformità alla normativa regionale di settore”;

Ritenuto che, nelle more della decisione conclusiva di merito, la rimozione di strutture come quelle sopra descritte, ove pure nella fattispecie ne fosse confermata la natura non stabile ed amovibile, non potrebbe considerarsi produttiva di danno grave e irreparabile, con conseguente insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare; ”.

All’udienza pubblica del 22 marzo 2017 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il ricorso è infondato e, in quanto tale, va respinto.

Con il primo e secondo motivo di ricorso N L ha dedotto le seguenti censure: violazione ed erronea applicazione degli artt. 6, 22 e 31 del D.P.R. n. 380/2001, del D.Lgs. n. 42/ 2004. n. 42 e della legge 7 agosto 1990, n. 241, eccesso di potere per presupposto erroneo, carenza di motivazione, carenza d’istruttoria e violazione del principio generale di buona amministrazione, eccesso di potere per travisamento dei fatti, perplessità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia, irrazionalità, iniquità e disparità di trattamento.

Parte ricorrente sostiene che dalle risultanze della perizia asseverata depositata in giudizio unitamente al presente ricorso, si evincerebbe che il Comune di San Nicola la Strada non avrebbe tenuto conto della DIA da egli presentata in data 14 ottobre 2009, in virtù della quale avrebbe realizzato sul terreno di sua proprietà due manufatti: il primo (prospiciente la via Appia) delle dimensioni in pianta di ml 8,85 x 4,20, con una sovrastante tenda in pvc ignifugo, completamente apribile e rimovibile, caratterizzato da prospetti laterali aperti e da un sottostante parapetto in legno con grigliata e fioriere, anch'esse di legno, resi solidali ai profilati in ferro mediante spinotti in acciaio;
il secondo (sulla fascia laterale nord-ovest del piccolo edificio) delle dimensioni in pianta di ml 3,72 × 10,45, costituito da elementi verticali in legno lamellare di sezione 120 x 120 e copertura vela rimovibile in pvc ignifugo. Al riguardo parte ricorrente lamenta che di detti manufatti, il primo, cioè quello prospiciente la via Appia ed oggetto dell’ordinanza di demolizione, non sarebbe direttamente comunicante al locale destinato a sede del bar;
lamenta inoltre l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto entrambe le strutture oggetto dell’ordinanza di demolizione sarebbero precarie, destinate al semplice sostegno di teli facilmente rimovibili per scopi di ombreggiamento, aventi funzioni di temporaneo riparo e protezione;
nè potrebbero ritenersi volumi computabili ai fini della volumetria consentita quelli adibiti alla sistemazione di impianti di servizi aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione che non possono essere ubicati all’interno della parte abitativa.

Con il quinto e ultimo motivo di ricorso, che si ritiene di poter affrontare unitamente al primo e secondo motivo di ricorso, il Letizia deduce la violazione ed erronea applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 che, ad avviso di parte ricorrente, si applicherebbe unicamente a edificazione di costruzioni, non a carattere precario, ma stabili e definitive in assenza del permesso di costruire, in totale difformità o con varianti essenziali rispetto al titolo abilitativo, circostanze che non sarebbero ravvisabili nel caso di specie.

I motivi sono infondati.

Quanto alla asserita precarietà (in quanto destinate al semplice sostegno di teli rimovibili per scopi di ombreggiamento, facilmente rimovibili, per i materiali utilizzati) la condivisibile giurisprudenza ha evidenziato che al fine di verificare se una determinata opera abbia carattere precario, che è condizione per l'accertamento della non necessarietà del rilascio del relativo permesso di costruire, occorre verificare la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata;
pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l'interesse finale, possono dirsi di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il permesso di costruire. Infatti, la precarietà o non di un'opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata, con la conseguenza che non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante, ed è legittima l'ordinanza di demolizione di opere che, pur difettando del requisito dell'immobilizzazione rispetto al suolo (cd. case mobili), consistano in una struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo, dovendo in tal caso escludersi la precarietà del manufatto, che ne giustificherebbe il non assoggettamento a concessione edilizia, posto che la stessa non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall'uso al quale il manufatto è destinato e va quindi valutata alla luce della obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell'opera, a nulla rilevando la temporanea destinazione data alla stessa dai proprietari (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5804, Consiglio di Stato, sez. III, 12 settembre 2012, n. 4850). Tale orientamento giurisprudenziale è stato, peraltro, sostanzialmente condiviso dalla Sezione VI del Consiglio di Stato con l’ordinanza sopra richiamata n. 4158 del 17 settembre 2014, con la quale è stato respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza cautelare di rigetto di questo Tribunale.

Alla luce della sopra richiamata giurisprudenza, considerato che, come emerge dalla documentazione fotografica allegata alla perizia tecnica prodotta dallo stesso Letizia, i manufatti oggetto di contestazione presentano una stabile struttura di chiusura ai lati costituita da un parapetto di legno con inserite delle fioriere, arredati con tavolini e sedie, non può ritenersi fondata la prospettazione di parte ricorrente in quanto emerge chiaramente che trattasi di struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo a servizio del bar di cui è proprietario il ricorrente, come peraltro si evince dalla suddetta stessa relazione tecnica prodotta da parte ricorrente.

La realizzazione di tali opere senza titolo edilizio è sanzionabile con l'ordine di demolizione (T.A.R. Firenze, sez. III, 28 febbraio 2017, n. 312) che, nel caso di specie, deve pertanto ritenersi legittimamente adottato, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente con il quinto motivo di ricorso.

Quanto al riferimento alla DIA presentata dal Letizia in data 14 ottobre 2009, il Collegio, confermando quanto rappresentato nell’ordinanza cautelare n. 747 del 8 maggio 2014, ritiene che essa non riguardi uno dei due corpi di fabbrica (quello laterale) e concerne unicamente una copertura orizzontale, mentre il manufatto contestato presenta una stabile struttura di chiusura ai lati costituita da un parapetto di legno con inserite delle fioriere;
dalla documentazione prodotta in atti dalla stessa parte ricorrente si evince che il manufatto realizzato non corrisponde al manufatto di cui al progetto della suddetta DIA che concerne unicamente una copertura orizzontale delle dimensioni di “ml 8,67 X 3,50 altezza 2,80 x 3,50”, e specificatamente “una struttura lignea con copertura in telo ritraibile”, come rappresentato nella relativa relazione tecnica depositata in giudizio.

Nè può ritenersi fondato il riferimento di parte ricorrente alla possibilità di qualificare l’intervento per cui è causa quale pertinenza del locale commerciale, al fine di ritenere irrilevanti i relativi volumi. Ed invero in urbanistica ed edilizia la nozione di pertinenza è meno ampia di quella definita dall'art. 817 c.c.;
secondo la condivisibile giurisprudenza la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico (cfr. ex multis T.A.R. Catania n. 4564/2010), sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull'assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire (cfr. T.A.R. Bari, Sezione III, n. 245 e n. 429 del 10 marzo 2011, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, n. 26788/2010).

Ed invero la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (cfr. anche Cons. St., Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19;
Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952;
Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817;
Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).

Il Collegio ritiene, pertanto, che non possano avere natura pertinenziale i due corpi di fabbrica oggetto dell’ordinanza di demolizione “ rispettivamente di circa mq. 52,00 (mt. 5,00 x 10.45 - realizzato sull’area di proprietà privata antistante via Appia) e mq. 37,00 (mt.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi