TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-04-07, n. 202102308

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-04-07, n. 202102308
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202102308
Data del deposito : 7 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/04/2021

N. 02308/2021 REG.PROV.COLL.

N. 05039/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5039 del 2020, proposto da
-OMISSIS-rappresentato e difeso dall'avvocato D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio, in Napoli, via Toledo 256, Palazzo Berio;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio fisico legale presso la sede di questa, in Napoli, via Diaz n. 11;

per l'annullamento,

previa concessione di idonee misure cautelari,

- del Decreto prot n. 0180673 - 2020/3878/DS10 datato 15 ottobre 2020 e notificato al ricorrente in data 20 ottobre 2020, con cui il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha irrogato in danno di -OMISSIS-su Deliberazione del Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria, la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a partire dalla data del 29 luglio 2018;

- di ogni altro atto connesso, ivi compresa la Deliberazione del Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria del 13 ottobre 2020.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Michele Buonauro nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito con legge n. 176/2020 e successivamente modificato dall’art. 1 comma 17 del d.l. 183/2020, convertito con legge n. 21/2021, e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Al ricorrente, Assistente Capo Coordinatore del Corpo di Polizia Penitenziaria ed in servizio presso la Casa Circondariale di Napoli "Poggioreale", è stata comminata la sanzione disciplinare della destituzione in virtù dei fatti oggetti di un parallelo procedimento penale, conclusosi con l’adozione, in sede di appello, di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. Patteggiamento), rideterminandosi la pena in anni due e mesi otto di reclusione ed euro 8.000,00 di multa, revocandosi al contempo la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, per illecita detenzione di un rilevante quantitativo di sostanza stupefacente, all’interno della struttura carceraria, nonché presso la propria abitazione.

All’udienza davanti al Consiglio Centrale di Disciplina del 13 ottobre 2020, l’ipotesi accusatoria individuava e contestava al ricorrente, unitamente ad altri colleghi, le condotte sanzionate dall’art. 6, comma 2, lettere a) b) c) d) f) del d. l.vo n. 449 del 1992.

In questa sede il ricorrente lamenta la sproporzionalità della misura irrogata;
in ogni caso contesta la carenza dell’istruttoria;
e la violazione del diritto di difesa, non avendo l’amministrazione consentito la sua partecipazione alla discussione innanzi al Collegio di disciplina, né preso in considerazione le argomentazioni sviluppate in sua difesa. Chiede pertanto l’annullamento della sanzione irrogata, ovvero, in subordine, tenuto conto della irreprensibilità della propria carriera, la sostituzione di quella irrogata con una pena più lieve.

1.3. L’amministrazione penitenziaria si è difesa concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. Accolta l’istanza cautelare con ordinanza n. 28 del 2021 in ragione dell’irreparabilità del pregiudizio, all’udienza pubblica del 31 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

2. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

3. Ragioni di ordine logico e cronologico impongono la disamina, in via prioritaria, della censura con la quale si deduce un asserito vizio della procedura disciplinare, consistente nel mancato riconoscimento delle ragioni di legittimo impedimento alla partecipazione alla discussione orale innanzi al Collegio di disciplina. In particolare, si ritiene non adeguatamente motivata la reiezione dell’istanza di differimento dell’audizione innanzi al Collegio di disciplina, con conseguente compressione del diritto di difesa, per essere stata impedita la partecipazione personale dell’incolpato al procedimento.

In punto di fatto, alla seduta dell'11 settembre 2020 il ricorrente non ha potuto partecipare in ragione della sussistenza nei suoi confronti di misure restrittive della libertà personale, e, pur avendo egli chiesto il rinvio della trattazione, il procedimento è stato nondimeno definito in sua assenza.

Ai fini di una corretta perimetrazione della doglianza, giova precisare che il procuratore dell’assistito ha comunque compiutamente esercitato il suo compito, articolando osservazioni e memorie a difesa dell’incolpato. Pertanto la doglianza si concentra sull’asserita violazione del mero diritto a partecipare personalmente alla discussione disciplinare.

Sul punto l’amministrazione ha puntualmente motivato il rigetto della richiesta di rinvio, non avendo ravvisato alcun legittimo impedimento da parte dell’incolpato alla partecipazione all’udienza disciplinare;
ed invero, ancorché il sottoposto fosse attinto – in ragione del parallelo procedimento penale - da una misura restrittiva, lo stesso non si sarebbe adoperato per richiedere il permesso di presentarsi al Collegio di disciplina. Questa circostanza avrebbe impedito il concretizzarsi di una ragione di legittimo impedimento, il quale presuppone una completa mancanza di imputabilità dell’assenza all’interessato.

3.1. Premesso che è di dubbia configurabilità la lesione in sé del diritto di difesa per non avere l’interessato presenziato di persona all’udienza, e, del resto, egli ha concretamente esercitato – a mezzo del suo procuratore – il potere di difendersi nell’ambito del procedimento disciplinare attraverso memorie ed osservazioni;
è dirimente evidenziare come l’interessato, trascurando l’ordinaria diligenza, non abbia comunque adeguatamente supportato la richiesta di differimento, omettendo in particolare di documentare di aver fatto tutto il possibile (ovvero presentando un’istanza all’uopo al giudice di sorveglianza) per potere partecipare all’udienza disciplinare, la cui data gli era per tempo nota .

Non è superfluo rammentare che l’impedimento deve consistere in una vera e propria impossibilità oggettiva a intervenire all'audizione, e l’onere di dimostrarne la sussistenza grava sull’incolpato. In mancanza di tale dimostrazione, l’assenza del sottoposto al procedimento disciplinare non vizia il procedimento stesso, né il provvedimento finale.

Pertanto la valutazione effettuata dalla Commissione di disciplina, la quale comunque gode di un ineliminabile tasso di discrezionalità tecnica, appare coerente con le risultanze di fatto, ragionevolmente argomentate e, dunque, immune da vizi.

4. In relazione alle restanti censure, che si focalizzano sulla correttezza della scelta della misura disciplinare adottata, occorre evidenziare che il giudizio effettuato dall’amministrazione, nei limiti del sindacato proprio spettante al giudice amministrativo in ordine a tale tipologia di provvedimenti, è esente da profili di legittimità.

4.1. In proposito, è sufficiente ricordare la giurisprudenza costante in materia, che ha sempre precisato come nel procedimento disciplinare il giudizio si svolge con una larga discrezionalità da parte dell'Amministrazione in ordine al convincimento sulla gravità delle infrazioni addebitate e della conseguente sanzione da irrogare, e che il giudice amministrativo non può sostituirsi agli organi dell'Amministrazione nella valutazione dei fatti contestati, se non nei limiti in cui la valutazione contenga un travisamento dei fatti (nella specie insussistente) ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente (tra le tante, Consiglio di stato, sez. IV, 20 dicembre 2005, n.7207;
sez. VI, n. 1639 del 18 marzo 2003;
IV, n. 1319 dell'11 marzo 2003).

4.2. Nel contempo, tuttavia, l’amministrazione ha l’obbligo di rispettare il principio di proporzionalità, il quale consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario sulle suggestioni del diritto tedesco (art. 5, ultimo comma, del trattato Ce ora art. 5 trattato UE), non consente di controllare il merito dell’azione amministrativa, ma legittima il controllo sul rispetto del c.d. gradualismo sanzionatorio.

4.3. Ed invero la valutazione discrezionale dell’amministrazione non può prescindere da una congrua ed adeguata motivazione sulle ragioni per cui il comportamento del soggetto è ritenuto sanzionabile (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I-ter, sent. n. 5468 del 2008), avuto riguardo agli elementi che, in base alla legge, delineano la fattispecie punitiva. Del resto, ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 737 del 1981, l'irrogazione delle sanzioni è ispirata, rispettivamente, al criterio della graduazione delle sanzioni, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l'Amministrazione o per il servizio;
ed all'obbligo della motivazione del provvedimento che infligge la sanzione, con prescrizioni evidentemente connesse, poiché dalla motivazione del provvedimento deve emergere la ragione per cui sia stata adottata l'una e non altra misura sanzionatoria, in rapporto all'insieme degli elementi rilevanti ai fini della sua graduazione (così, in linea di principio, C.d.S., sez. VI, n. 7379 del 2009).

4.4. Nel caso di specie, la valutazione discrezionale dell’amministrazione non appare aver valicato questo limite di legittimità, in relazione alla riscontrata la “gravità” del comportamento sanzionato, atto a denotare una inammissibile soggezione da parte dell’incolpato agli ambienti di criminalità, rispetto ai quali proprio il personale di sorveglianza avrebbe dovuto dimostrare una particolare resistenza, in quanto professionalmente deputato al controllo, alla sicurezza, ed al rispetto della legalità nell’ambito della vita carceraria. Tali considerazioni hanno reso neutre (se non addirittura avverse) le evocate condizioni soggettive della condotta (pressioni e minacce subite dagli ambienti criminali che gravitano intorno all’ambiente carcerario). Peraltro, l’amministrazione, con giudizio immune da vizi, ha valutato ininfluente – rispetto alla gravità specifica dell’episodio in contestazione - l’incensuratezza e la condotta tenuta in precedenza dal sottoposto.

5. In virtù delle esposte considerazioni, il ricorso è infondato e va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi