TAR Genova, sez. I, sentenza 2013-02-04, n. 201300222

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2013-02-04, n. 201300222
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201300222
Data del deposito : 4 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00335/2002 REG.RIC.

N. 00222/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00335/2002 REG.RIC.

N. 01325/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 335 del 2002, proposto da:
C F, rappresentato e difeso dagli avv. C D P, M I, con domicilio eletto presso M I in Genova, via Assarotti 13/6;

contro

Ministero della Difesa, Ministero della Difesa - Dir.Ne Gen.Le Personale Militare, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le Genova, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;



sul ricorso numero di registro generale 1325 del 2005, proposto da:
F C, rappresentato e difeso dagli avv. C D P, M I, con domicilio eletto presso M I in Genova, via G. D'Annunzio, 2/105;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
Ufficio Centro di Responsabilita' Amministrativa Marina Militare, Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia, Comando Gruppo Navi Uso Locale - La Spezia;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 335 del 2002:

decreto concernente la sanzione della sospensione disciplinare dall'impiego per mesi 12 (dodici).

quanto al ricorso n. 1325 del 2005:

decreto di addebito per asserito risarcimento danno erariale.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero della Difesa - Dir.Ne Gen.Le Personale Militare e di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con due distinti ricorsi in epigrafe meglio specificati il ricorrente, il ricorrente impugna i provvedimenti con i quali l’amministrazione della difesa ha sanzionato il suo mancato conseguimento nei tempi prestabiliti, del diploma di laurea in ingegneria navale presso l’Università degli studi di Genova.

Con il primo provvedimento il ricorrente è stato sospeso dal servizio per dodici mesi ed il ricorso rgr 335 2002 è affidato ad un unico, articolato motivo di censura così rubricato:

“Violazione di legge in riferimento agli artt,10\28, 32 e 73-83 l.n.113\1954;
violazione degli artt. 27-29 del D.Lgs n.490\1997dell’art. 35 l.n.1178\1926;
degli artt.

9-10 e 14 DPR 545\86. Eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, incongruenza, difetto e\o travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione;
disparità di trattamento;
sviamento.

Con il secondo ricorso invece il ricorrente impugna il decreto con il quale l’Amministrazione resistente ha formulato un addebito per danno erariale proponendone il pagamento in via bonaria.

Tuttavia questo secondo ricorso, volto ad attivare una decisione della Corte dei Conti sul profilo di danno erariale addebitato al ricorrente risulta essere stato archiviato dalla procura della Corte dei Conti in ragione della peculiarità del fatto.

All’udienza del 25\10\2012 le due controversie, in assenza di difese di parte ricorrente e con la presenza in udienza del solo avvocato dello Stato, sono state trattenute in decisione dal Tribunale.

DIRITTO

Le due controversie vanno preliminarmente riunite per la connessione soggettiva ed oggettiva che le unisce.

Il secondo ricorso va poi dichiarato improcedibile per intervenuta cessazione della materia del contendere avendo la Procura della Corte dei Conti, giudice naturale del danno erariale attivato con il decreto qui impugnato, deciso di archiviare la pratica ponendo nel nulla l’atto oggetto di contesa.

Il secondo ricorso è invece infondato.

Questo Tribunale si è infatti già pronunciato in una fattispecie identica a quella sottoposta oggi all’esame del Collegio (sez. I n.10743\2010).

Innanzitutto va nettamente respinta la tesi difensiva secondo la quale non vi sia uno specifico dovere, da parte del militare, di conseguire il diploma di laurea.

L’art. 27 del D.lgs. n.490\97 afferma infatti testualmente che :” gli ufficiali subalterni debbono completare il ciclo formativo e conseguire il diploma di laurea secondo le modalità ed entro il periodo prescritto dagli ordinamenti della forza armata”.

Tale requisito è, da un lato elemento indispensabile per permanere nel corpo e nel ruolo degli ufficiali in s.p.e., dall’altro è giustificato dall’investimento operato dalle Forze Armate, nel caso di specie dalla Marina Militare, per mantenere agli studi universitari il militare che ha accettato una ferma obbligatoria di sei anni, che si sarebbe prolungata per altri otto anni dal momento del conseguimento della laurea, periodo di ferma, altrimenti, quasi interamente consumato negli anni necessari a conseguire il titolo.

Tra i costi sostenuti dall’Amministrazione per formare personale militare laureato, si rammentano l’iscrizione alla facoltà di ingegneria, il pagamento negli anni delle tasse universitarie, l’acquisto di libri e dei materiali didattici.

A fronte di questi elementi, vi è il potere discrezionale dell’amministrazione militare di valutare ragioni documentate di ritardo nella conclusione del ciclo di studi (art. 27 comma due) e la facoltà, sempre discrezionale, in caso di incapacità del militare di ottenere il diploma di laurea di trasferire il militare nel ruolo speciale del corpo di appartenenza.

Nel caso di specie, dunque, assodato l’obbligo sottoscritto dal militare, che sia iscritto ad un corso di laurea, di concludere il ciclo di studi, ne deriva che la violazione degli obblighi relativi conducano alla legittimità di un provvedimento disciplinare.

Nel caso di specie, poi l’apprezzamento dal punto di vista disciplinare del comportamento del militare traspare dalla sequenza degli atti che hanno portato alla irrogazione della sanzione contestata.

Il sottotenente F C infatti, pur avendo ottenuto dei lusinghieri successi scolastici per tutto il ciclo di studi, concluso con una media altissima, (29,2 su 30) manifestando in questo modo le capacità necessarie al conseguimento del titolo di studio, improvvisamente, il 16\3\2001, data stabilita per la presentazione della domanda di ammissione all’esame di laurea adducendo generiche difficoltà personali, dichiarò al Direttore di Navalgenarmi Genova, (superiore incaricato di seguire gli ufficiali del Genio navale laureandi) di non essere in grado di completare la tesi e quindi di sostenere l’esame di laurea.

Di fronte a questo comportamento, i superiori gerarchici hanno assunto i provvedimenti disciplinari depositati dall’Avvocatura, non impugnati dal ricorrente e, quindi ritenuti dallo stesso militare, legittima conseguenza di una violazione di quello stesso obbligo che oggi si nega con il ricorso.

Inoltre, le certificazioni mediche prodotte dal militare per giustificare la sua impossibilità di attendere alle attività necessarie per completare la tesi assegnata, sono di tale tenuità da risultare del tutto indifferenti rispetto alla materiale compilazione della tesi che investe un arco temporale molto lungo.

In particolare, la morte del fratello suicida, che indubbiamente costituisce un grave accadimento ed è evento in grado di minare la serenità e lo studio, non risulta essere stata causa di ritardo nel conseguimento degli esami di laurea né risultano richieste di congedo giustificate con il grave lutto familiare.

Ne deriva la infondatezza del primo motivo, sia perché la lettura dell’art. 27 D.Lgs.n.490\1997 conferma letteralmente la sussistenza dell’obbligo sanzionato dall’amministrazione, sia perché lo stesso ricorrente ne era consapevole, avendo accettato i provvedimenti disciplinari assunti per la violazione dell’obbligo senza impugnare gli stessi, sia infine perché le certificazioni mediche prodotte non risultano idonee a giustificare il rifiuto di completare la tesi assegnata, poiché non dimostrano l’esistenza di malattie acute, o invalidanti o di tale importanza da inibire l’attività di studio correlata al lavoro di compilazione della tesi di laurea.

Anche il secondo gruppo di motivi che lamentano sotto diverse angolazioni l’eccesso di potere va respinto in quanto infondato.

Quanto al difetto di istruttoria e di motivazione per non aver considerato le difese del ricorrente, sia in relazione all’assenza di un obbligo di legge sanzionabile, sia in relazione alla mancata valutazione del suo stato psico-fisico.

Veniva poi avanzata una censura relativa al mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento disciplinare e della violazione del principio ne bis in idem avendo il ricorrente già subito una sanzione punitiva per la mancata osservanza dell’ordine di presentarsi nella data stabilita per la discussione della tesi di laurea.

Per la confutazione delle censure di difetto di istruttoria e motivazione si può rinviare alle considerazioni svolte nel primo motivo, segnalando come il contraddittorio rtra il direttore di Navalgenarmi coordinatore degli ufficiali laureandi ed il ricorrente abbia garantito a quest’ultimo tutte le possibilità di far valere le proprie difficoltà, e gli avrebbe permesso di sottrarsi alla sanzione chiedendo una proroga del termine di presentazione della tesi e della sua discussione invece non richiesta.

Quanto poi alla censura del ne bis in idem non si può che concordare con quanto affermato dall’Avvocatura di Stato circa la non sovrapponibilità delle censure irrogate e le diverse fonti dalle quali originano.

Le sanzioni disciplinari cd. Di corpo, infatti hanno la funzione di punire la scarsa applicazione dell’interessato nell’attività quotidiana di studio e di lavoro alla tesi allo stesso modo in cui verrebbe punita la violazione da parte del militare degli obblighi delle attività giornalmente ordinate.

La sanzione di stato, invece che costituisce l’oggetto del ricorso è stata irrogata al termine di un procedimento che ha ritenuto il ricorrente sleale e contrario ai doveri ed ai principi di dignità che devono caratterizzare un ufficiale della Marina Militare, tali da non essere consone con il grado rivestito.

Quanto alla censura di mancato rispetto dei termini di avvio e conclusione del procedimento disciplinare la documentazione versata in causa dal Ministero smentisce documentalmente siffatte affermazioni.

La norma di riferimento è infatti l’art. 120 del TU n.3\57 che afferma testualmente che “il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi 90 giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto”.

La norma è stata univocamente interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che “La perentorietà del termine di novanta giorni, fissato dagli artt. 9 e 10, l. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare, si applica solo nel caso di procedimento disciplinare che segua a processo penale (in tal caso, l'azione disciplinare va avviata entro 180 giorni e conclusa nei successivi 90 giorni), e non anche quando il procedimento disciplinare si svolge prima dell'inizio di quello penale, e dunque prescindendo completamente da questo, in tal caso venendo in rilievo i termini dinamici di cui all'art. 120, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per il quale il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto.”(Consiglio Stato , sez. IV, 01 marzo 2010 , n. 1178).

Nello stesso solco giurisprudenziale vanno le sentenze che hanno affermato il carattere ordinatorio di tutti i termini intermedi stabiliti per il procedimento disciplinare, non essendo comminata alcuna decadenza per la loro inosservanza e perchè non funzionali ad essenziali esigenze di tutela del dipendente.

Pertanto, secondo i giudici amministrativi, la loro violazione non comporta alcuna decadenza, né l'inefficacia degli atti adottati. (Consiglio Stato , sez. IV, 15 settembre 2010 , n. 6868;
T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 20 luglio 2010 , n. 3246).

Nel caso di specie la lettura degli atti depositati testimonia il rispetto della tempistica sopra ricordata e pertanto, il motivo va rigettato e con esso il ricorso.

Sussistono giustificate ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi