TAR Roma, sez. V, sentenza 2023-01-24, n. 202301261
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Testo completo
Pubblicato il 24/01/2023
N. 01261/2023 REG.PROV.COLL.
N. 14239/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14239 del 2015, proposto da
ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nizza, 53 (Studio Pernazza);
contro
- MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE e MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Esposito, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lattanzio, 66;
per l'annullamento
a) del provvedimento prot. 36/0001325 / ma004.a007 del 28 gennaio 2014 con il quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha approvato la deliberazione del Comitato dei Delegati della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense del 20 dicembre 2012 recante modifiche al “Regolamento per le elezioni del Comitato dei Delegati ”;
b) dei precedenti pareri favorevoli del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 28 marzo 2013, 13 maggio 2013 e 19 novembre 2013;
c) del parere favorevole del Ministero della Giustizia del 17 gennaio 2014;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero della Giustizia e della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2023 il dott. Sebastiano Zafarana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Con ricorso notificato il 30 ottobre 2015 e depositato il successivo 27 novembre, l’Ordine degli Avvocati di Roma ha chiesto di annullare il provvedimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche del 28 gennaio2014 con il quale è stata approvata la deliberazione del Comitato dei delegati della Cassa Nazionale di Previdenza Forense recante modifiche al regolamento per le elezioni del comitato dei delegati, nonché i precedenti pareri favorevoli resi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (del 28 marzo 2013, 13 maggio 2013 e 19 novembre 2013) e il parere favorevole del Ministero della Giustizia (reso il 17 gennaio .2014).
1.2. Il gravame è affidato a due distinti motivi di ricorso così rubricati:
I) “ Violazione dei principi di democraticità. Violazione dello Statuto. Eccesso di potere ”.
II) “Violazione dell’art. 148 Testo Unico delle Imposte sul Reddito – TUIR (D.P.R. 20.12.86 n.917)”.
1.3. Si è costituita in giudizio la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense, la quale ha depositato memoria con cui ha preliminarmente proposto varie eccezioni in rito (difetto di giurisdizione, violazione del principio del ne bis in idem, difetto di legittimazione attiva del Consiglio dell’Ordine di Roma etc..) instando, in subordine, per il rigetto del ricorso nel merito.
1.4. Si è costituito in giudizio anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, depositando atto di costituzione di mera forma.
1.5. Alla pubblica udienza del 19 marzo 2019 la causa, su richiesta di parte ricorrente, è stata cancellata dal ruolo.
1.6. Il 16 giugno 2022 il ricorrente Ordine degli Avvocati di Roma ha depositato una nuova istanza di fissazione di udienza.
1.7. In vista dell’udienza pubblica di trattazione del ricorso l’Ordine ricorrente e la Cassa di Previdenza resistente hanno depositato memorie difensive.
1.6. Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Deve preliminarmente e prioritariamente essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dalla resistente Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, la quale ha rilevato come la fattispecie in esame sia esattamente sovrapponibile a quella decisa dal Tar Lazio con sentenza n. 7609 del 9 luglio 2018 sul ricorso numero di R.G. 6192/2018, con cui erano stati impugnati i medesimi atti ministeriali, con presunta violazione, peraltro, anche del principio del ne bis in idem.
Ritiene il Collegio di non accedere alla tesi della duplicazione di giudizio, avuto riguardo alla diversità del soggetto proponente il ricorso (singoli avvocati in quel giudizio, Ordine degli Avvocati di Roma nel caso in esame);il Collegio ritiene, invece, fondata l’eccezione sulla giurisdizione, condividendo in larga parte le motivazioni della richiamata sentenza, che si attagliano anche al caso in esame e che vengono di seguito esposte.
2.1. Deve premettersi, in conformità ai normali criteri di riparto della giurisdizione, come la cognizione dei suindicati atti ministeriali appartenga alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo gli stessi espressione del potere ministeriale di approvazione di cui all’articolo 3 del d.lgs. n. 509 del 30 giugno 1994 (recante “ Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza ”), ed essendo quindi, adottati nell’esercizio del potere di vigilanza di spettanza dei predetti Ministeri.
Tuttavia deve precisarsi che la giurisdizione amministrativa sussiste nei limiti in cui è contestato, in concreto, l’esercizio del predetto potere di vigilanza ministeriale, che trova giustificazione nella circostanza che i predetti enti previdenziali -indicati nell’allegato unico al d.lgs. n. 509/1994, tra cui appunto la Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati-, svolgono anche attività istituzionale di rilevanza pubblicistica e che, comunque, la loro attività può incidere e avere rilevanza anche solo in modo indiretto sulle finanze pubbliche intese nel loro complesso.
E, infatti, sia lo Statuto che i Regolamenti dell’ente previdenziale privatizzato, pur essendo sottoposti all’attività di vigilanza da parte delle autorità ministeriali competenti secondo legge, e pur essendo la loro esecutività condizionata all’approvazione delle medesime, sono, purtuttavia, e rimangono essenzialmente espressioni dell’autonomia organizzativa dell’ente di cui trattasi.
2.2. Ne consegue che, di fatto, attraverso l’impugnazione dei pareri e degli atti ministeriali di approvazione dei predetti atti organizzativi, possono essere indirettamente oggetto di legittima cognizione in questa sede anche le deliberazioni dell’Ente previdenziale di approvazione dello statuto e del regolamento elettorale, ma negli stretti limiti in cui le censure impingono su profili di legittimità della funzione di vigilanza espletata da parte dei competenti Ministeri.
E, pertanto, in questa sede possono essere fatti valere:
- sia i vizi propri dei provvedimenti ministeriali di approvazione, ovvero i vizi che attengono al relativo procedimento amministrativo;
- sia i vizi relativi all’illegittimo esercizio del potere di vigilanza, che si traducano in sostanza nella erronea o omessa rilevazione, nell’atto approvativo delle deliberazioni degli enti previdenziali privatizzati, di presunti profili di illegittimità idonei ad incidere sull’attività istituzionale di rilevanza pubblicistica da essi svolta, e per la tutela dei quali è attribuito alle autorità ministeriali il predetto potere di vigilanza.
In questa sede, invece, non possono trovare legittimamente ingresso censure che attengano alle deliberazioni di atti aventi natura prettamente organizzativa e che, in concreto, pertengono esclusivamente al merito delle scelte organizzative dell’ente privatizzato.
3. Orbene, nel caso di specie deve rilevarsi che l’Ordine degli Avvocati ricorrente ha impugnato soltanto formalmente i pareri espressi dai Ministeri competenti sulla modifica regolamentare mentre, in effetti, ha formulato censure che impingono esclusivamente nelle scelte di merito dello stesso regolamento piuttosto che sulle modalità di esercizio del potere di vigilanza, sulle quali nessun concreto rilievo viene mosso.
In particolare, nel ricorso introduttivo notificato nell’anno 2015 parte ricorrente ha (invero molto genericamente) contestato la scelta effettuata dall’Ente previdenziale con riferimento al numero massimo di rappresentanti attribuibile a ciascun collegio elettorale (i collegi elettorali coincidono con i distretti di Corte di Appello) nei termini in cui essa si tradurrebbe nella lesione della situazione giuridica degli avvocati appartenenti al distretto della Corte di Appello di Roma -che ha un numero molto elevato di avvocati iscritti-, con una limitazione del diritto di elettorato passivo;diffondendosi più puntualmente sul contenuto delle censure soltanto con la memoria depositata il 21 dicembre 2022.
Ed inoltre ha contestato la presunta violazione di legge (con riferimento all’art. 1 comma 4 del d.lgs. citato o art. 148 TUIR) ovvero di un principio generale che si riscontrerebbe nell’approvazione del regolamento in questione, senza però nulla argomentare sui vizi del potere di vigilanza.
3.1. Deve al riguardo rilevarsi che con il ricorso in esame l’Ordine ricorrente non muove alcuna specifica censura avverso gli atti ministeriali (soltanto) formalmente impugnati, risolvendosi in un mero esercizio tautologico l’affermazione secondo la quale “I provvedimenti impugnati, laddove costituiscono espressione del potere di vigilanza, sono illegittimi in quanto approvano il regolamento nonostante le disposizioni sopra censurate indicate siano evidentemente illegittime, sono a loro volta egualmente viziati e devono essere annullati” .
D’altro canto, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense è un soggetto di diritto privato e, come tale, è libero di regolamentare la propria organizzazione interna, individuando, con piena autonomia, i requisiti e i criteri di scelta dei delegati nei limiti previsti dal d.lgs. n. 509 del 1994. Sicché, salvo l’ipotesi che dagli atti impugnati emerga ictu oculi che la disposizione regolamentare sottesa all’impugnazione sia manifestamente illogica o irrazionale, o manifestamente lesiva dell’invocato principio di democraticità, non può ravvisarsi alcun vizio di eccesso di potere nell’operato dei Ministeri resistenti nell’esercizio dalla propria attività di vigilanza, poiché diversamente il sindacato si sposterebbe sul merito delle scelte organizzative compiute dall’Ente previdenziale quale soggetto di diritto privato.
4. In via meramente incidentale, e al solo fine di più diffusamente argomentare sul punto, deve rilevarsi che parte ricorrente, nel censurare la disposizione del Regolamento, sembra fare riferimento alla violazione del principio di democraticità (da rapportarsi esclusivamente alla funzione pubblica svolta dall’ente) quale espressione del principio di trasparenza, cui fa espresso riferimento l’art. 1, comma quarto, del d.lgs. n. 509 del 1994 ( “trasparenza nei rapporti con gli iscritti e composizione degli organi collegiali …” ), che può essere inteso come uno dei parametri in base ai quali deve svolgersi l’attività di vigilanza dei Ministeri.
Tuttavia deve osservarsi, ancora una volta, che detta censura impinge sul merito del Regolamento ma non evidenzia alcuna manifesta irragionevolezza nell’operato dei Ministeri resistenti, atteso che la limitazione del numero massimo di dieci delegati eleggibili per ogni collegio elettorale non sembra disposizione che possa tradursi tout court nella violazione del suddetto principio.
4.1. Può al riguardo osservarsi che la disposizione risponde all’oggettiva esigenza non soltanto di garantire una rappresentatività anche agli Ordini degli Avvocati insistenti nei distretti di Corti di Appello con un numero di iscritti inferiore al numero base ( “ad ogni collegio è assegnato almeno in seggio, anche se il numero degli iscritti è inferiore al numero base” ), ma anche di garantire equilibrio e distribuzione tra gli eletti di tutte le realtà territoriali, sulla scorta della considerazione che essendo fisso il numero di delegati da eleggere (in numero di 80) l’incremento anche di un solo delegato in più da attribuire all’Ordine degli avvocati ricorrente (rispetto ai 10 attualmente previsti) si tradurrebbe, inevitabilmente, nella corrispondente riduzione di un posto di delegato di un’altra realtà territoriale.
4.3. Il punto è che la trasparenza nei rapporti con gli iscritti e la composizione degli organi collegiali non si traducono necessariamente nella scelta (quasi fosse l’unica praticabile) di adottare un sistema elettorale di carattere rigidamente proporzionale, essendo astrattamente plausibili anche scelte diverse - come avvenuto nel caso in esame - che prevedano scostamenti dal principio di perfetta coincidenza proporzionale, purché detti temperamenti siano giustificati dalla necessità di tutelare altri interessi pubblicistici. Sicché appare del tutto plausibile - ancorché evidentemente non condivisa da parte ricorrente - la scelta regolamentare di apportare correttivi finalizzati a garantire le esigenze di equa rappresentatività territoriale di tutti i distretti di Corte di Appello ad evitare che una realtà territoriale possa assumere una prevalenza su tutte le altre o, in qualche modo, monopolizzare o condizionare il governo dell’ente, senza che per ciò solo debba ritenersi compromesso il principio di democraticità del sistema elettorale prescelto.
4.4. Si tratta di argomenti sufficienti per giustificare la plausibilità in astratto della previsione indirettamente impugnata e per escludere - per quanto qui di stretto interesse - che l’attività di vigilanza svolta dai Ministeri resistenti sia stata esercitata in modo superficiale, erroneo, illogico o irrazionale;fermo restando che il sindacato sul merito delle scelte operate in concreto dalla Cassa esorbita dalla giurisdizione di questo giudice.
5. Infine appare del tutto inconferente la seconda censura proposta dall’Ordine ricorrente, essendo irrilevante ai fini dell’attività ministeriale la qualifica commerciale o meno dell’attività prevista dall’art. 148 Tuir in relazione al trattamento tributario da riservare agli enti.
6. Per quanto precede, il Collegio rileva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito avuto riguardo, da un lato, alla soltanto formale impugnazione degli atti ministeriali in epigrafe indicati rispetto alla posizione giuridica sostanziale fatta valere nel presente giudizio da parte ricorrente e, dall’altro, alla natura e consistenza dei vizi denunziati, i quali in alcun modo attengono alle modalità di esercizio del potere di vigilanza sulle funzioni pubblicistiche dell’ente.
7. Conclusivamente il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, appartenendo la controversia alla giurisdizione del giudice ordinario presso il quale il processo può essere riproposto - con salvezza degli effetti processuali e sostanziali delle domande e delle eccezioni in questa sede proposte - entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, come previsto dall’art.11, comma 2, cod. proc. amm.
8. In considerazione della peculiarità della questione trattata, devono ritenersi sussistenti giustificati motivi per compensare le spese di lite tra le parti.