TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2019-08-27, n. 201910620

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2019-08-27, n. 201910620
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201910620
Data del deposito : 27 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/08/2019

N. 10620/2019 REG.PROV.COLL.

N. 03305/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3305 del 2019, proposto da
F B, rappresentato e difeso dall'avvocato F A C, con domicilio digitale come da PEC Registri Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ugo Ojetti, n. 114;

contro

Fondazione Enasarco, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurizio Dell'Unto, con domicilio digitale come da PEC Registri Giustizia;

nei confronti

R S, Prelios Società di Gestione e Risparmio S.p.A. non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del silenzio serbato sulla richiesta di accesso documentale trasmessa e ricevuta dalla Fondazione stessa via pec in data 7.01.19

e per la conseguente declaratoria di accertamento del diritto del ricorrente di accedere alla predetta documentazione, ai dati e alle informazioni richiesti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fondazione Enasarco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2019 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Premesso che:

a) con l’istanza in epigrafe citata il ricorrente chiedeva alla Fondazione Enasarco di avere notizie ed informazioni sullo status giuridico e su ogni attività svolta dall’ente in merito all’immobile a suo dire ereditato, quale conduttore, dalla defunta zia;

b) dinanzi al silenzio serbato dalla intimata amministrazione veniva proposto ricorso, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., per ottenere la condanna della PA alla ostensione della predetta documentazione. Veniva al riguardo lamentata la violazione sia degli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, sia la violazione della disciplina di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 in materia di accesso civico generalizzato;

c) si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione la quale, nel chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione, sollevava peraltro eccezione di difetto di giurisdizione dal momento che i suddetti beni (immobili Enasarco dati in locazione) avrebbero natura eminentemente privatistica;

d) alla camera di consiglio del 15 luglio 2019 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

Considerato che:

1. Sussiste la giurisdizione di questo GA dal momento che, per giurisprudenza costante, la giurisdizione in materia di accesso (art. 116 Cod. proc. amm. e artt. 24 ss. della legge n. 241 del 1990) non è correlata alla situazione giuridica soggettiva che si intende azionare sulla base della documentazione richiesta in ostensione ma, al contrario, presuppone la qualifica di soggetto di diritto pubblico o di soggetto privato esercente un’attività di pubblico interesse in capo a chi abbia formato ovvero detenga stabilmente la documentazione oggetto dell’ actio ad exibendum (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 luglio 2015, n. 3741). Attività di pubblico interesse (gestione patrimonio immobiliare in favore di soggetti che versano in particolari condizioni) qui pacificamente svolta dall’ente intimato. Ne deriva da quanto detto il rigetto della preliminare eccezione di rito sollevata dalla resistente fondazione;

2. La violazione degli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990 non sussiste dal momento che:

2.1. Il padre del ricorrente – G B – è stato a suo tempo condannato, dal Tribunale Civile di Roma, al rilascio dei due immobili Enasarco siti alla via Simonide n. 25 (quelli ossia di cui si chiedono informazioni in questa sede). Più in particolare: l’interno n. 7 con sentenza n. 15512 del 2003;
l’interno n. 23 con successiva sentenza n. 8046 del 2018. In entrambi i casi il Tribunale ha accertato che i suddetti appartamenti erano occupati sine titulo dal B stesso (dunque a fortiori anche dai suoi familiari conviventi, tra cui il ricorrente);

2.2. Va al riguardo rammentato che, per giurisprudenza costante: a) ai fini dell’esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi il soggetto richiedente deve avere un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 maggio 2019, n. 3017;
T.A.R. Lombardia, sez. I, 8 aprile 2019, n. 770);
b) la legittimazione all’accesso ai documenti amministrativi deve ritenersi consentita a chiunque possa dimostrare che i provvedimenti che si chiede di visionare abbiano dispiegato o siano idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti (T.A.R. Pescara, sez. I, 28 febbraio 2019, n. 64);

2.3. Tanto premesso emerge dagli atti del giudizio come il ricorrente – figlio peraltro di colui che per ben due volte è stato dichiarato alla stregua di occupante abusivo dei due immobili – sia privo di ogni relazione qualificata e differenziata rispetto agli appartamenti in merito ai quali si chiede, in questa sede giurisdizionale, l’ostensione documentale relativa ad una loro possibile cessione da parte di Enasarco;

2.4. Di qui l’insussistenza dei presupposti soggettivi onde accedere alla invocata documentazione attesa la integrale assenza di un sia pur minimo collegamento tra il ricorrente ed ogni vicenda (dispositiva o meno) che possa interessare i due predetti immobili e, dunque, l’impossibilità che qualsivoglia atto ad essi relativo possa dispiegare effetti , diretti oppure indiretti, nei confronti del medesimo ricorrente;

2.5. La parte del ricorso relativa alla violazione degli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990 deve dunque essere rigettata;

3. Non sussiste parimenti la violazione dell’art. 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013 dal momento che:

3.1. Con riguardo all’accesso civico generalizzato di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 non sono ipotizzabili, al pari dell’accesso documentale di cui alla legge n. 241 del 1990, provvedimenti di silenzio rigetto;

3.2. Dinanzi al silenzio serbato dall’amministrazione l’interessato può coltivare due strade (entrambe pacificamente non intraprese nel caso di specie): a) attivare la speciale tutela amministrativa davanti al responsabile prevenzione, corruzione e trasparenza (proprio al fine di ottenere un provvedimento espresso);
b) attivare la speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. onde far accertare l’illegittimità del silenzio e dunque per ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso (cfr. TAR Lazio, sez. II-bis, 2 luglio 2018, n. 7326). Tertium non datur ;

3.3. Non avendo il ricorrente attivato alcuna delle due procedure sopra descritte onde ottenere un provvedimento espresso, va da sé che in questa sede non risulta ammissibile il ricorso proposto avverso un silenzio che, per le ragioni sopra esposte, non potrebbe essere qualificato alla stregua di tacito rigetto;

3.4. E tanto senza trascurare nel merito che: a) non emerge dagli atti un bisogno conoscitivo del ricorrente comunque preordinato al controllo generalizzato sul buon andamento della PA e dunque sul perseguimento delle funzioni istituzionali dell’ente nonché sull’utilizzo corretto delle risorse pubbliche (cfr. TAR Lazio, sez. II-bis, 2 luglio 2018, n. 7326, cit.);
b) anche a volere ammettere un “interesse egoistico” alla base del medesimo tipo di accesso civico generalizzato (cfr. TAR Campania, sez. VI, 9 maggio 2019, n. 2486) non si tratterebbe in ogni caso, nella specie, di voler conoscere dati diffusi o generalizzati (es. stato vendite di tutti gli immobili Enasarco) ma soltanto informazioni di tipo puntuale e lenticolare (due immobili detenuti a titolo meramente abusivo);

3.5. Di qui il rigetto del ricorso anche sotto tale specifico profilo.

Ritenuto pertanto di rigettare il presente ricorso, con compensazione in ogni caso delle spese di lite stante la peculiarità della questione esaminata.

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