TAR Parma, sez. I, sentenza 2024-08-06, n. 202400216

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2024-08-06, n. 202400216
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 202400216
Data del deposito : 6 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/08/2024

N. 00216/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00112/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 112 del 2021, proposto da
M L, F L, rappresentati e difesi dagli avvocati A C, D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Comune di San Giorgio Piacentino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Eugenia Monegatti in Parma, piazza Garibaldi 17;



per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti al rimborso delle somme corrisposte al Comune resistente a titolo di contributo di costruzione per la SCIA prot. n. 3038 in data 17/4/2014

…… e per la condanna

del Comune stesso al rimborso della somma di Euro 8.160,16, con le spese per la costituzione in mora, i danni e gli interessi al saggio legale sino al saldo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Giorgio Piacentino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2024 la dott.ssa Paola Pozzani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Con il ricorso introduttivo i ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del diritto al rimborso delle somme corrisposte al Comune intimato a titolo di contributo di costruzione per la SCIA prot. n. 3038 datata 17 aprile 2014, nonché la condanna del Comune stesso al rimborso della somma di Euro 8.160,16, con le spese per la costituzione in mora, i danni e gli interessi al saggio legale sino al saldo.

Il Comune di San Giorgio Piacentino si è costituito in giudizio l’8 luglio 2021.

Con ordinanza presidenziale n. 205 del 22 dicembre 2023, si è chiesto alle parti di comunicare se fossero intervenuti fatti o atti ulteriori nel corso del giudizio e alla parte ricorrente di confermare l’attualità dell’interesse alla definizione del giudizio.

Parte attrice ha dichiarato la persistenza dell’interesse alla decisione con atto depositato in giudizio il 20 febbraio 2024.

Le parti hanno controdedotto alle avverse difese con atti del 21 giugno 2024 e del 3 luglio 2024.

Alla pubblica udienza del 24 luglio 2024, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

I ricorrenti hanno rappresentato i fatti ritenuti rilevanti ai fini della decisione come segue:

- nel 2014 i ricorrenti, fratelli conviventi, ristrutturavano la loro abitazione unifamiliare, situata a San Giorgio Piacentino in loc. Galusano, fraz. Centovera n. 17, ove da sempre hanno la residenza, iscritta nel Catasto dei Fabbricati del Comune di San Giorgio Piacentino al foglio 26, particella 88, sub. 6, cat. A/3 (con riferimento ai docc. 1 e 2 in actis );

- l’intervento era oggetto di SCIA n. 3038, depositata il 17 aprile 2014 (assentita - secondo la prospettazione attorea - il 17/5/2014 come emergerebbe dal doc. 3 in actis ), con pagamento degli oneri di urbanizzazione (Euro 666,68 per urbanizzazione primaria ed Euro 215,35 per urbanizzazione secondaria) e del contributo di costruzione (pari ad Euro 8.160,16).

Rileva sul punto la difesa attorea che, ai sensi dell’art. 17 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, comma 3, lett. b), il contributo di costruzione non è dovuto per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento di edifici unifamiliari in misura non superiore al 20%, riproducendo tale disposizione, sostanzialmente, quanto era già previsto dall’art. 9, comma 1, lett. d), della Legge 28 gennaio 1977 n. 10 e quanto in seguito disposto dall’art. 32, lett. f), della Legge della Regione Emilia-Romagna 30 luglio 2013 n. 15, rubricata “Semplificazione della disciplina edilizia”.

Assume parte attrice che l’intervento edilizio riguardava la loro unica casa, ove da sempre abitano con la famiglia, e non ha comportato alcun aumento delle superfici utili e che, per tali ragioni, ai sensi delle disposizioni sopra citate, non era soggetto al pagamento di alcun contributo di costruzione.

In punto di diritto la difesa attorea articola le proprie doglianze sulla ritenuta illegittimità del rifiuto serbato dall’Amministrazione rispetto all’istanza di rimborso del costo o contributo di costruzione laddove non è riconosciuta la consistenza “unifamiliare” dell’immobile idonea all’esenzione; in particolare, parte attrice reclama l’applicabilità al caso di specie della dispensa dal contributo prevista dell’art. 17 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, comma 3, lett. b), e dall’art. 32, lett. f), della Legge della Regione Emilia-Romagna 30 luglio 2013 n. 15.

Secondo la prospettazione attorea, infatti, il rifiuto del Comune insiste sull’assunto che l’edificio dei ricorrenti non sarebbe stato “unifamiliare” prima dell’intervento edilizio (con riferimento al doc. 5 pag. 1, quarto capoverso ed al doc. 10, pag. 2, capoverso 16 in actis ) e tale non sarebbe nemmeno attualmente, poiché dotato di “più accessi indipendenti, due soggiorni, due cucine, due scale interne di collegamento tra i piani”, che lascerebbero desumere la presenza di “almeno due unità immobiliari” (doc. 5, pag. 2 sesto capoverso e doc. 10, pag. 1 capoverso 7 e pag. 2 capoverso 13 in actis ): l’Amministrazione comunale motiva altresì il diniego in applicazione dei criteri di cui all’art. 28, comma 6, della Legge della Regione Emilia Romagna 30 luglio 2013 n. 15, il quale prevede che la destinazione d’uso degli edifici, ove non sia desumibile dai titoli di proprietà o da quelli edilizi, deve individuarsi in base alle “caratteristiche architettoniche, dal volume, dalla superficie, dal numero e dalla funzione dei vani ed in rapporto alle esigenze ed alle possibilità di utilizzo da parte di un unico nucleo familiare” (doc. 5, pag. 1, quinto capoverso in actis ). La comunicazione di rigetto dell’istanza, infine, rilevava che nessun documento del progetto evidenziava “l’eventuale condizione di edificio unifamiliare preesistente l’intervento edilizio” né “richiedeva l’esonero” dal contributo di costruzione (doc. 5, pag. 2, penultimo capoverso in actis ).

Gli argomenti articolati dal Comune nella predetta comunicazione sarebbero stati, ad avviso di parte ricorrente, riproposti nella richiesta di parere alla Regione Emilia-Romagna (doc. 10 in actis ) fuorviando la risposta dell’Ente regionale che avrebbe riscontrato in merito a fattispecie ben diversa, trattando tale parere dell’esistenza e rilevanza, ai fini del contributo di costruzione, di una piscina che i ricorrenti non hanno mai avuto (doc. 11 in actis ).

La difesa attorea evidenzia che la lettera della legge riconosce l’esenzione da tale onere in modo automatico, al ricorrere di due soli presupposti, ossia il carattere unifamiliare dell’edificio ristrutturato e la percentuale dell’eventuale ampliamento, che deve essere inferiore al 20%, restando irrilevanti gli ulteriori elementi elencati dal Comune resistente: l’esenzione costituirebbe un diritto soggettivo poiché l’Amministrazione non ha alcun margine di discrezionalità, nemmeno tecnica.

Aggiungono gli esponenti che l’esenzione non può essere condizionata a preventive richieste di esonero, come avrebbe prospettato il Comune (in riferimento a doc. 5, pag. 2, sesto capoverso in actis ), poiché nel caso di specie si verte in tema di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 C.c. o, comunque, di arricchimento senza causa ex art. 2041 C.c., dovuto ad un pagamento effettuato per errore, e configurandosi perciò illogico pretendere una preventiva richiesta d’esonero da chi non sapeva dell’incentivo: la legge, in ogni caso, prosegue parte attrice, ha scelto i destinatari dell’esenzione in base ad un criterio funzionale (destinazione dell’edificio ad ospitare una sola famiglia) e quantitativo (con il limite del 20%), senza prendere in considerazione, come erroneamente rilevato dal Comune, il numero dei vani o delle unità in cui gli edifici sono internamente divisi od il numero degli accessi o delle cucine o delle scale interne. Questi ultimi dati di fatto non sarebbero in grado di escludere, di per sé, la presenza di una sola famiglia, così come non proverebbero che ve ne sia più d’una; sul punto la difesa attorea sottolinea che la giurisprudenza riconosce che la suddivisione dell’immobile in più vani rilevi unicamente nel computo delle superfici utili, ai fini della verifica del rispetto del limite del 20% (in particolare scomputando dal calcolo quelle superfici non destinate o destinabili a residenza: Cons. Stato, Sez. IV, 1 giugno 2020 n. 3405).

Non corrisponderebbe al vero quanto concluso dal Comune resistente laddove sostiene che nel caso di specie ricorrerebbero “almeno due unità immobiliari” in applicazione dei criteri di cui all’art. 28 della Legge della Regione Emilia-Romagna 30 luglio 2013 n. 15: detti criteri, ad avviso dei ricorrenti, non sarebbero dettati per stabilire quante unità immobiliari siano presenti in un dato fabbricato, bensì solo per chiarire quale sia la destinazione d’uso se il titolo edilizio, l’accatastamento o gli altri documenti probanti non lo specifichino.

Sul punto parte attrice rileva che il Comune avrebbe dato atto che il bene, prima di essere acquistato dai ricorrenti, era intestato ai genitori, era suddiviso in due unità immobiliari ed era abitato da tutta la

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