TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-07-24, n. 202400540
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Testo completo
Pubblicato il 24/07/2024
N. 00540/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00071/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 71 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati C Z B e M Z B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;
per l'annullamento
- della nota del Ministero dell’Interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale risorse umane -OMISSIS-/-OMISSIS-+altri/-OMISSIS- del 13 novembre 2020 e il riconoscimento del diritto dei ricorrenti al computo, ai fini dell’anzianità di servizio e ai fini della maturazione dei diritti pensionistici e previdenziali, del preesistente corso quadriennale per allievi vicecommissari presso il preesistente Istituto superiore di Polizia di cui al D.P.R. n. 341 del 24 aprile 1982.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2024 la dott.ssa M B, lette le note d’udienza con cui parte ricorrente ha chiesto la decisione sulla scorta degli scritti e udita la difesa erariale come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il contenzioso in esame nasce dalla scelta operata dal Ministero dell’Interno di ritenere che il periodo di frequenza del corso quadriennale per allievi vice commissari previsto dal D.P.R. 24 aprile 1982 n. 341 non fosse da computare ai fini dell’anzianità del servizio complessivo, basandosi su opposti pareri di altre Amministrazioni e pronunce giurisprudenziali, tutti aventi riguardo all’unico, peculiare profilo della validità della frequenza di un biennio del detto corso ai fini dell’adempimento degli obblighi di leva.
Nonostante il diniego di computo del periodo di anzianità, l’Amministrazione ha operato le ritenute previdenziali ed assistenziali a tutto il personale del corso. Inoltre, ai fini del computo del quadriennio, ha artificiosamente operato un distinguo tra coloro che provenivano da altri ruoli della stessa Polizia di Stato (nei confronti dei quali il corso è stato fatto rientrare per intero nell’anzianità di servizio) e coloro che non provenivano da altri ruoli, ma vi entravano per la prima volta, nei confronti dei quali l’Amministrazione, immotivatamente ed irragionevolmente, ha rifiutato il computo della durata del corso quadriennale nell’anzianità complessiva di servizio.
I ricorrenti hanno, quindi, diffidato formalmente l’Amministrazione a computare correttamente il periodo di frequenza del corso, sia ai fini del raggiungimento dei requisiti per il pensionamento, sia ai fini del computo della pensione.
Il Ministero, però, con la nota impugnata, ha implicitamente rigettato l’istanza, ritenendo che il riconoscimento dell’intera durata del corso (48 mesi) potesse avvenire “solo qualora venga conseguita la laurea così come previsto dall’articolo 16 del citato d.P.R. n. 341/1982, previo riscatto a titolo oneroso, in applicazione del decreto legislativo 30 aprile 1987, n.184”, in conformità al parere del Consiglio di Stato n. 1234/05 del 2007.
Tale atto è stato, quindi, impugnato, deducendo:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 59 della legge 1 aprile 1981, n. 121, nonché degli articoli 8, 9, 11, 17, 18, 20 e 21 del D.P.R. 24 aprile n. 341: la frequenza del corso avrebbe dovuto essere equiparata a un vero e proprio rapporto di impiego, tant’è che il Ministero ha sempre operato le ritenute assistenziali e previdenziali sul trattamento economico corrisposto;
2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 8, comma 1, lett. a) n. 1) della legge 7 agosto 2015, n. 124 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 45 del D.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, che estende espressamente agli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, tra gli altri l'art. 1811 del D.lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) - Violazione del principio di equiordinazione del personale delle Forze di polizia;
3. In via subordinata: Illegittimità costituzionale degli artt. 55, lett. a) e 59 della legge 1 aprile 1981, n. 121, nella formulazione vigente fino all'entrata in vigore del D.lgs. n. 334 del 2000, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione ovvero dell'interpretazione fatta propria dall'Amministrazione laddove comportante un trattamento deteriore riservato agli aspiranti allievi vicecommissari della Polizia di Stato, rispetto a quello previsto per tutti gli altri allievi di qualifiche e gradi differenti, della stessa e di altre Amministrazioni.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione, eccependo l’incompetenza territoriale del TAR adito, essendo censurato il comportamento generalizzato di un’amministrazione centrale, che non attiene strettamente al singolo rapporto lavorativo instaurato tra i ricorrenti e la stessa, instando, altresì, per il rigetto del ricorso, previa dichiarazione dell’inammissibilità dello stesso per violazione del principio del ne bis in idem nei confronti di alcuni dei ricorrenti. Più precisamente i ricorrenti -OMISSIS- e -OMISSIS- avrebbero già presentato un precedente ricorso definito con la sentenza del TAR Lazio -OMISSIS- del 1996 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza-OMISSIS-del 2002) e -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, nei cui confronti sono state pronunciate, rispettivamente, le sentenze n. -OMISSIS- e -OMISSIS- del 2018.
In vista dell’udienza pubblica fissata per la sua trattazione, parte ricorrente ha depositato una memoria, nella quale ha sostenuto la competenza di questo Tribunale, l’inesistenza della violazione del divieto del ne bis in idem e la fondatezza del ricorso.
Il Ministero ha replicato, insistendo per il suo rigetto.
Alla pubblica udienza del 10 luglio