TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2022-01-24, n. 202200766

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2022-01-24, n. 202200766
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202200766
Data del deposito : 24 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/01/2022

N. 00766/2022 REG.PROV.COLL.

N. 09777/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9777 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
R P, rappresentato e difeso dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Caracuzzo in Roma, via di Villa Pepoli N 4;

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Sottocommissione Esaminatrice n. 17 del Concorso, per Esami e Titoli, per il Reclutamento dei Dirigenti Scolastici, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Rosa Palmiero, Gennaro Bosso, non costituiti in giudizio;

Concorso dirigenti


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2022 il dott. Raffaele Tuccillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio la parte ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti indicati in ricorso nella parte in cui comportavano la propria esclusione dalla procedura concorsuale in oggetto.

Si costituiva l’amministrazione resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

2. Il ricorso proposto deve essere dichiarato improcedibile.

2.1. Come evidenziato con memoria da parte resistente – circostanza non contestata da parte ricorrente, né sono richieste istanze di rimessioni in termini o altro – il ministero ha rilevato la mancata impugnazione delle ultime rettifiche subite dalla graduatoria di merito con

DPIT

998 del 14 agosto 2020 e

DPIT

1357 del 12 agosto 2021. La graduatoria del 2019 originariamente impugnata da parte ricorrente è stata infatti rettificata nell’agosto del 2020 e, quindi, nuovamente nell’agosto del 2021.

Tali atti non sono stati impugnati da parte ricorrente, con la conseguente improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

La procedura concorsuale configura una sequenza di atti legati da un vincolo di presupposizione, tale per cui l'invalidità dell'atto presupposto si estende all'atto dipendente.

Al riguardo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato (vedi tra le altre, Consiglio di Stato sez. VI, 29/03/2021, n.2661) è ferma nel ritenere che, in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, debba distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto consequenziale, anche quando questo non sia stato impugnato, mentre nel secondo caso l'atto conseguenziale è affetto solo da illegittimità derivata, e pertanto resta efficace ove non impugnato nel termine di rito.

In particolare, la prima ipotesi, quella dell'effetto caducante, ricorre nella sola evenienza in cui l'atto successivo venga a porsi nell'ambito della medesima sequenza procedimentale quale inevitabile conseguenza dell'atto anteriore, senza necessità di ulteriori valutazioni, il che comporta, dunque, la necessità di verificare l'intensità del rapporto di conseguenzialità tra l'atto presupposto e l'atto successivo, con riconoscimento dell'effetto caducante solo qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l'atto successivo si ponga, nell'ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all'atto precedente, senza necessità di nuove valutazioni di interessi (Cons. Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2168;
26 maggio 2015, n. 2611;
20 gennaio 2015, n. 163;
IV, 6 dicembre 2013, n. 5813;
13 giugno 2013, n. 3272;
24 maggio 2013, n. 2823;
VI, 27 novembre 2012, n. 5986;
5 settembre 2011, n. 4998;
V, 25 novembre 2010, n. 8243). (Consiglio di Stato Sez. V, 17 aprile 2020, n. 2464).

Con specifico riferimento alla materia concorsuale, gli atti amministrativi componenti il procedimento di reclutamento non sono legati da un nesso di presupposizione necessaria a contenuto vincolato, in quanto l'atto dipendente non costituisce la conseguenza unica e necessitata dell'atto presupposto, essendo il risultato di valutazioni recanti comunque margini di discrezionalità all'uopo da svolgere nella selezione dei candidati.

La forma di invalidità derivata all'uopo configurabile non è, dunque, riconducibile alla categoria dell'invalidità derivata ad effetto caducante, bensì ad effetto viziante, con la conseguente necessità di impugnare tempestivamente l'atto dipendente, al fine di evitare il suo consolidamento.

L'anticipazione della tutela di impugnazione costituisce, in particolare, un ampliamento degli strumenti di tutela degli interessati, ma non una deroga alla regola generale secondo cui va impugnato l'atto finale e conclusivo del procedimento;
la circostanza che l'atto finale sia affetto da invalidità derivata dai vizi dell'atto preparatorio, non esclude, dunque, che tale invalidità derivata debba essere fatta valere con i rimedi tipici del processo impugnatorio, per cui, in mancanza, l'atto viziato da invalidità derivata si consolida e non è più impugnabile (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2018, n. 1348).

Al riguardo, il Consiglio di Stato (sez. III, 10 luglio 2019, n. 4858) ha infatti precisato che:

- l'approvazione della graduatoria definitiva è il risultato di ulteriori e più ampie valutazioni rispetto a quelle compiute in sede di adozione della lex specialis e dei successivi atti endoprocedimentali. Ne consegue che le eventuali illegittimità del bando e dell'esclusione si riflettono sull'atto finale semplicemente viziandolo (c.d. invalidità viziante), con conseguente onere di impugnarlo anche laddove bando ed esclusione siano già stati fatti oggetto di gravame;

- in tal caso, si deve escludere che si versi in una ipotesi di invalidità ad effetto caducante, tale per cui l'annullamento dell'atto presupposto si estenda automaticamente a quello consequenziale (atto di approvazione della graduatoria), anche ove quest'ultimo non sia stato tempestivamente impugnato.

“Consolidata giurisprudenza ha da tempo chiarito come il ricorrente che ha impugnato l’esclusione, a seguito della pubblicazione della graduatoria di merito di un concorso pubblico cui ha partecipato, ha l’onere di impugnare anche tale provvedimento, non potendosi ritenere che un eventuale annullamento del provvedimento di esclusione possa avere un effetto caducante della graduatoria stessa” (Consiglio di Stato, IV, 24 maggio 2019, n. 3422).

In particolare, “la mancata impugnazione della graduatoria finale si risolve in un profilo di improcedibilità del ricorso rivolto avverso il provvedimento di esclusione dallo stesso in quanto, per i pubblici concorsi, l’atto finale costituito dalla delibera di approvazione della graduatoria, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto che determina la lesione del ricorrente, non ne costituisce conseguenza inevitabile atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di una pluralità di soggetti terzi rispetto al rapporto in origine controverso” (Consiglio di Stato, IV, 18 dicembre 2018, n. 7122).

Le medesime conclusioni non possono che incidere anche sulla rettifica della graduatoria la cui mancata impugnazione comporta l’improcedibilità del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso.

L’esito del giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

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