TAR Catania, sez. III, ordinanza collegiale 2020-10-13, n. 202002610
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Pubblicato il 13/10/2020
N. 02610/2020 REG.PROV.COLL.
N. 02352/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 2352 del 2012, proposto da
P L, rappresentata e difesa dall'avvocato C B, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. di Catania, in Catania, Via Istituto Sacro Cuore 22, e proseguito da M N e N N, rappresentati e difesi dall'avvocato G D D, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. di Catania, in Catania, Via Istituto Sacro Cuore 22;
contro
Comune di Messina, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio eletto presso lo studio Egidio Incorpora in Catania, Via Aloi 46;
nei confronti
C Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. di Catania, in Catania, Via Istituto Sacro Cuore 22, nonché dagli avvocati Filippo Marcello Siracusano e Gianclaudio Puglisi, con domicilio eletto presso lo studio Alfio Lo Vecchio in Catania, Via G. D'Annunzio 62;
Antonio C, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- della determinazione dirigenziale del Comune di Messina n. 20 del 6 giugno 2012 avente ad oggetto l'indizione di gara per l'aggiudicazione del comparto 4° dell'isolato n. 439/C ai sensi degli artt. 127 e ss. del TU 19 agosto1917, n.1399;
- della determinazione dirigenziale n. 21 del 7 giugno 2012 avente ad oggetto l'indizione di gara per l'aggiudicazione del comparto 5° dell'isolato n. 439/C ai sensi degli artt. 127 e ss. del TU 19 agosto 1917, n. 1399;
- delle determinazioni dirigenziali del Dipartimento espropriazioni del Comune di Messina n. 16 e 17 del 15 aprile 2011, di approvazione degli atti di stima degli immobili ricadenti nei citati comparti 4° e 5°.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2020 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Con sentenza parziale n. 2416/2013 del 9 ottobre 2013 il Tribunale ha rigettato il secondo e il terzo motivo di gravame sollevati con il presente ricorso, mentre in relazione al primo motivo di gravame ha sospeso il processo, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.
Con decreto presidenziale n. 1678/2010 il giudizio è stato dichiarato estinto in quanto non proseguito o riassunto a seguito della decisione della Corte (che ha giudicato inammissibili le questioni sollevate dal Tribunale).
I ricorrenti hanno formulato opposizione, osservando che il termine per la prosecuzione o la riassunzione del processo decorre, non dalla pubblicazione della decisione della Corte, ma dalla comunicazione della stessa alle parti ad opera della Segreteria del giudice “a quo”.
Il Comune di Messina ha depositato richiesta di passaggio in decisione in data 5 ottobre 2020.
Nella camera di consiglio in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
A giudizio del Collegio l’opposizione è infondata per le ragioni di seguito indicate.
Come affermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, n. 7580/2013), ai fini della tempestiva prosecuzione del processo, sospeso per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa (e ciò anche nel caso in cui la questione sia stata sollevata da altro giudice), il termine per la riassunzione decorre dalla data di pubblicazione della pronuncia della Corte Costituzionale sulla Gazzetta ufficiale - che integra un idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza delle sorti del processo costituzionale - e non dalla notificazione operata dalla parte interessata alle controparti a fini sollecitatori o ad opera della Cancelleria o Segreteria del giudice “a quo”, dovendosi ritenere, in particolare, che un meccanismo di riassunzione rimesso alla mera volontà delle parti o agli adempimenti dell’Ufficio non sia compatibile con il principio di ragionevole durata ex art. 111 della Costituzione, in quanto suscettibile di provocare una quiescenza "sine die" del processo.
Il Collegio condivide pienamente i rilievi svolti dalla Suprema Corte nella decisione indicata, alle cui estese motivazioni si rinvia per esigenze di sintesi, con particolare riferimento alla circostanza che una diversa ricostruzione ermeneutica, sebbene predicata in alcune pronunce anteriori, risulta ormai esclusa dal mutato quadro normativo, sia costituzionale che codicistico.
Può anche essere opportuno osservare incidentalmente che, essendo stati rigettati gli altri due motivi di gravame del ricorso con la citata sentenza parziale n. 2416/2013 del 9 ottobre 2013 (verso la quale non è stato proposto appello o presentata riserva di appello), non si comprende esattamente l’interesse dei ricorrenti alla prosecuzione del giudizio, atteso che il motivo di gravame residuo si fonda esclusivamente sulle questioni di presunta legittimità costituzionale che la Corte ha giudicato inammissibili.
Le spese relative alla presente fase possono essere eccezionalmente compensate.