TAR Roma, sez. 4B, sentenza 2022-07-25, n. 202210550

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4B, sentenza 2022-07-25, n. 202210550
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202210550
Data del deposito : 25 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/07/2022

N. 10550/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04647/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4647 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Google Ireland Limited, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M S, M Z, S V, R T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M S in Roma, piazza di Spagna 15;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

per l'annullamento

- della delibera AgCom n. 616/20/CONS del 19 novembre 2020, recante “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l'anno 2021 dai soggetti che operano nei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi media”;

- della delibera AgCom n. 71/21/CONS del 25 febbraio 2021 recante “Modello telematico e istruzioni per il versamento del contributo dovuto all'Autorità per l'anno 2021 dai soggetti che operano nei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi media” e dei relativi allegati A e B;

- di tutti gli atti ad esso presupposti, inclusi, tra gli altri (i) del provvedimento AgCom prot. n. 276711 del 25 giugno 2019, notificato alla ricorrente in data 5 luglio 2019, con cui l'Autorità ha provveduto all'iscrizione d'ufficio di Google Ireland al Registro degli operatori di comunicazione (il “ROC”) con il numero 33145 quale operatore di concessionaria di pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali fisse o mobili, ai sensi dell'art. 7, comma 5, allegato A, Delibera n. 666/08/CONS e successive modifiche ed integrazioni;
(ii) i chiarimenti (sotto forma di frequently asked questioned – FAQ esplicative) sull'ambito soggettivo di applicazione del ROC pubblicati in data 19 aprile 2018 e la successiva lettera di comunicazione dei suddetti chiarimenti del 3 maggio 2018;
(iii) dell'atto del 29 novembre 2018, con cui il Servizio AgCom ha diffidato Google Ireland, ai sensi dell'art. 7, comma 4, dell'allegato A alla Delibera n. 666/08/CONS, a trasmettere domanda di iscrizione al ROC (prov. 8);
(iv) della nota del 17 maggio 2019, con cui l'Autorità ha rigettato l'istanza di Google Ireland reiterando l'invito ad adempiere la previa diffida del 29 aprile 2018 (prov. 9);
e (iv) ove occorra, della Delibera n. 398/13/CONS del 25 giugno 2013 nella parte in cui modifica la Delibera n. 666/08/CONS al fine di adeguarla alle modifiche apportate dall'articolo 3, comma 5-ter, del d.l. 18 maggio 2012, n. 63 (prov. 10).

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Google Ireland Limited il 31.1.2022:

per l'annullamento

- della delibera AgCom n. 368/21/CONS dell'11 novembre 2021, recante “Ratifica del provvedimento Presidenziale n. 14/21/PRES recante misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l'anno 2021 dai soggetti che operano nel settore dei servizi di intermediazione online e dei motori di ricerca online” e dei relativi allegati A (“Modello contributivo PtoB - Anno 2021”) e B (“Istruzioni per il versamento del contributo dovuto all'autorità per l'anno 2021 dai soggetti che operano nel settore dei servizi di intermediazione online e dei motori di ricerca online”) pubblicati sul sito web dell'Autorità in data 30 novembre 2021;

- di tutti gli atti ad essa presupposti, inclusi, tra gli altri (i) del provvedimento Presidenziale n. 14/21/PRES recante “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l'anno 2021 dai soggetti che operano nel settore dei servizi di intermediazione online e dei motori di ricerca online” datato 5 novembre 2021;
(ii) dell'avviso inviato in data 7 dicembre 2021 dall'Autorità a Google Ireland relativo al contributo dovuto all'Autorità per l'anno 2021;
(iii) della delibera n. 200/21/CONS recante “Modifiche alla delibera n. 666/08/CONS recante “Regolamento per la tenuta del Registro degli Operatori di Comunicazione” a seguito dell'entrata in vigore della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante “Bilancio di previsione dello stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2022 il dott. L D G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la società Google Ireland ha impugnato, congiuntamente agli atti applicativi, la delibera AGCOM n. 616/20/CONS del 25.2.2021, pubblicata sul sito della Autorità l'1.3.2021, recante “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l'anno 2021 dai soggetti che operano nei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi media”.

Vengono dedotte plurime censure per violazione di legge ed eccesso di potere.

L’Autorità Garante si è costituita per resistere all’accoglimento del ricorso.

Con i successivi motivi aggiunti, a valere anche come ricorso autonomo, Google Ireland ha impugnato la Delibera AgCom n. 368/21/CONS che, al fine di dare attuazione alle disposizioni introdotte con l’art. 1, comma 517, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 e a preteso recepimento del Regolamento (UE) 2019/1150, recante “Misure per promuovere l’equità e la trasparenza per gli utenti dei servizi di intermediazione e dei motori di ricerca online”, ha imposto l’obbligo di pagare il contributo anche ai “fornitori di servizi di intermediazione online” e ai “motori di ricerca online”

All’udienza pubblica del 7 giugno 2022 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

L’impugnativa deve essere accolta.

Per quanto concerne il ricorso principale il Collegio ritiene, anche al fine di assicurare uniformità di indirizzo, di dover aderire all’orientamento fatto proprio dal giudice d’appello, con riferimento ad altre annualità, in materia di determinazione del contributo gravante sugli operatori nel settore delle comunicazioni elettroniche (cfr. Cons. Stato 208-209/2022;
per un precedente conforme di questa Tribunale v. invece TAR Lazio n. 7226/2022, avente ad oggetto la medesima delibera).

Pertanto richiamando le dette pronunce quali precedenti conformi ex art. 74 c.p.a. si deve evidenziare che “da una attenta lettura dell’ordinanza della Corte di giustizia UE del 29 aprile 2020 e seguendo anche quanto la Sezione ha ritenuto di affermare in talune recenti decisioni (diverse da quelle sopra richiamate), che, pur relative a profili diversi, comunque incidono sulla soluzione della presente controversia (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2020 n. 4827 e, ancor più di recente, Cons. Stato, Sez. VI, 9 marzo 2021 n. 1995), si è potuto, in via conclusiva, affermare che i provvedimenti impugnati manifestano a questo punto, dopo la rimessione alla Corte UE, la sua decisione e la valutazione della portata e degli effetti della stessa, come sopra operati dalla Sezione (e fatti propri dal Collegio nel caso in esame), un evidente difetto di motivazione, per carenza di analiticità della stessa, con specifico riferimento ai vari elementi che atomisticamente contribuiscono a formare le voci del contributo richiesto agli operatori, tenuto anche conto del fatto che detto difetto di motivazione espone al conseguente rischio di duplice contribuzione (con specifico riferimento ai c.d. ricavi riversati) sia da parte dell'operatore che presta il servizio all'utente finale e al contempo paga il servizio di interconnessione/raccolta/terminazione (...) sia da parte del terzo operatore cui le quote sono riversate a titolo di corrispettivo e per il quale rappresentano un ricavo parimenti sottoponibile a contributo”.

Ne deriva la necessità di una nuova istruttoria che definisca analiticamente il perimetro dei costi ammissibili, non potendo il giudice amministrativo entrare nel merito dell’esercizio del relativo potere determinativo del contributo, rimesso unicamente all’AGCOM.

Per quanto concerne i motivi aggiunti, va in primo luogo osservato che il Regolamento UE n. 2019/1150 non prevede alcun obbligo contributivo associato alla sua attuazione da parte degli Stati membri UE;
dunque il Regolamento non fonda direttamente la facoltà delle Autorità nazionali di imporre un contributo in capo ai fornitori di servizi di intermediazione in linea per gli oneri di vigilanza sostenuti.

A livello nazionale invece, in base all’art. 1 comma 66-bis, della legge n. 266/2005 (comma inserito dall'articolo 1, comma 517, della Legge 30 dicembre 2020, n. 178) per l'anno 2021 i fornitori di servizi di intermediazione on line e di motori di ricerca on line - di cui all'articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249 - sono tenuti a versare un contributo all’Autorità in misura pari all'1,5 per mille dei “ricavi realizzati nel territorio nazionale, anche se contabilizzati nei bilanci di società aventi sede all'estero, relativi al valore della produzione, risultante dal bilancio di esercizio dell'anno precedente, ovvero, per i soggetti non obbligati alla redazione di tale bilancio, delle omologhe voci di altre scritture contabili che attestino il valore complessivo della produzione”.

Per espressa previsione di legge tale contributo è corrisposto (comma 517 cit.) “al fine di assicurare la copertura dei costi amministrativi complessivamente sostenuti per l'esercizio delle funzioni di regolazione, di vigilanza, di composizione delle controversie e sanzionatorie attribuite dalla legge all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nelle materie di cui al comma 515, dopo il comma 66 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.

Non v'è dubbio secondo il Collegio che il contributo previsto dalla disposizione impugnata costituisca una prestazione patrimoniale imposta e rientri nel campo di applicazione dell'art. 23 Cost. (v. anche Cass. Civ. 21961/2021);
esso è quindi soggetto al principio di riserva di legge;
l'art. 23 Cost. infatti, prescrivendo che l'imposizione di una prestazione patrimoniale abbia fondamento in una previsione di legge, implica che la legge non lasci all'arbitrio dell'ente impositore la determinazione della prestazione. Spetta infatti al legislatore indicare i criteri - ed eventualmente lo scopo - idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore nell'esercizio del potere attribuitogli (cfr. sul punto Corte Cost. sentenza n. 69/2017, con particolare riferimento ai contributi a favore delle Autorità indipendenti).

Spetta invece al giudice verificare se, nella previsione e nella determinazione della misura dei contributi, siano stati o meno rispettati i criteri e le finalità desumibili dall'intero contesto normativo che regola la materia, potendosi eventualmente trarre le naturali conseguenze dalla violazione dei parametri legali.

Uno dei presupposti della fattispecie legale, a cui il potere di determinazione dell’Autorità è sottoposto in base alla indicata riserva di legge, è - come anticipato (art. 1 comma 517 cit. “al fine di assicurare la copertura dei costi amministrativi complessivamente sostenuti”) - che sussista una correlazione tra i costi operativi sostenuti dall’amministrazione per l’esercizio delle funzioni indicate (cfr. art 1 comma 515 cit.: “adozione di linee guida, promozione di codici di condotta e raccolta di informazioni pertinenti”) e la misura di imposizione;
per realizzarsi la fattispecie impositiva tra i due valori - i costi per lo svolgimento della specifica attività e gli oneri sopportati per esercitarla - deve dunque sussistere una diretta e percepibile correlazione.

Nel ricorso ci si duole che l’Autorità, per l’annualità in argomento, non abbia svolto alcuna attività correlata e che dunque la richiesta del contributo sia priva di base legale.

La doglianza appare fondata.

In giudizio, peraltro con attività postuma, viene dato dall’Avvocatura erariale solo approssimativamente conto del compimento di atti nel settore interessato;
la Delibera impugnata, sul punto, si limita ad affermare genericamente che “l’Autorità ha impiegato nel corso del corrente anno risorse umane e strumentali per l’avviamento delle funzioni di regolamentazione e di vigilanza, finalizzate alla diffusione dei servizi digitali e dell’uso della piattaforma internet sostenendone i relativi costi amministrativi, nonché i costi di aggiornamento dei sistemi informatici del R.O.C. impiegati anche per la gestione delle informazioni e dei dati acquisiti mediante la I.E.S.”;
con tale indicazione l’Autorità omette di indicare i costi effettivamente sostenuti facendo inoltre riferimento ad attività generali che non necessariamente appaiono pertinenti all’attuazione del Regolamento UE n. 2019/1150.

A fronte di tale affermazione, come dedotto nel ricorso, l’Autorità, nel corso del 2021 non risulta aver dato corso, se non in forma generica o propedeutica, all’ “esercizio delle funzioni di regolazione, di vigilanza [o] di composizione delle controversie e sanzionatorie” relative al Regolamento UE;
in particolare non ha provveduto all’“adozione di linee guida” o alla “promozione di codici di condotta” attinenti ai temi di cui al Regolamento.

È peraltro principio consolidato, a livello europeo, che in materia di contribuzione all’Autorità di garanzia da parte degli operatori (cfr. direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio in merito ai titolari di autorizzazione e per le reti e i servizi di comunicazione elettronica) i diritti da esigere possono coprire soltanto i costi che si riferiscono alle attività espletate nel settore;
i relativi oneri devono essere quindi essere calibrati in modo proporzionato, obiettivo e trasparente in base al principio di stretta corrispondenza tra i costi finanziati e i contributi riscossi;
i diritti imposti ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2002/20/CE non possono essere pertanto volti a coprire i costi amministrativi di qualsivoglia tipologia sostenuti dall’Autorità ma quelli specificamente vincolati allo scopo dell’esazione, con esclusione della possibilità che il gettito complessivo di tali diritti ecceda il totale dei costi relativi a tali attività (v. anche ex multis Consiglio di Stato n. 208/202, n. 6771/2021, n. 6777/2021 ove si evidenzia il difetto di motivazione della delibera, per carenza di analiticità della stessa, con specifico riferimento ai vari elementi che “atomisticamente” contribuiscono a formare le voci del contributo richiesto agli operatori).

Seppure vigente a livello espresso per diversa tipologia di operatore e contributo, il detto principio - di carattere sovraordinato - costituisce, ad avviso del Collegio, criterio orientativo nell’esegesi della normativa di riferimento, comunque attinente al settore delle comunicazioni e all’auto-finanziamento dell’Autorità, le cui determinazioni per non rientrare nella categoria dell’arbitrario devono essere ricondotte entro i precisi limiti della fattispecie legale.

Anche sotto questo profilo dunque la delibera impositiva appare sfornita di adeguata e compiuta motivazione, mancando nelle premesse argomentative, e per quanto consta anche nella fase istruttoria e preparatoria, una ricognizione precisa dell’attività svolta e dei costi sostenuti oltre che una previsione del gettito previsto.

Dal complesso delle suddette considerazioni, che hanno natura assorbente, l’imposizione del contributo appare illegittima mancando l’accertamento di un equilibrio tra costi e gettito e dunque risultando il difetto di uno dei presupposti richiesti dal quadro normativo, nazionale ed europeo, per l’esazione del citato contributo di scopo.

In ragione di quanto premesso il ricorso va accolto nei limiti indicati.

Sussistono giusti motivi, data la complessità e particolarità delle questioni giuridiche coinvolte, per compensare le spese di lite.

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