TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-01-21, n. 201000648

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-01-21, n. 201000648
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201000648
Data del deposito : 21 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04182/2009 REG.RIC.

N. 00648/2010 REG.SEN.

N. 04182/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 4182 del 2009, proposto da:
Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Piero D'Amelio, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via della Vite, 7;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Z s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. ti Giulia Perri, Marco Rapini, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Codacons, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. ti Gino Giuliano, Carlo Rienzi, con domicilio eletto presso Carlo Rienzi in Roma, viale G. Mazzini, 73;

per l'annullamento

del provvedimento n. 19572 del 25 febbraio 2009, notificato a Telecom Italia S.p.A. il 18 marzo 2009, con il quale l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deliberato che la diffusione del messaggio commerciale relativo all'offerta a valore aggiunto pubblicata sul sito http://www.Z.it da parte di Z S.p.A. e veicolate attraverso le numerazioni fornite da Telecom, costituisce una pratica commerciale scorretta ai sensi delgi articoli 20, 21 e 22 del D.Lgs n. 206/2005 (“Codice del Consumo”), vietandone l'ulteriore diffusione ed irrogando a Telecom, una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 155.000 Euro;
di ogni altro atto connesso, consequenziale o presupposto a quello innanzi indicato.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Z s.p.a.;

Visto l’atto di intervento ad opponendum del Codacons;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 2 dicembre 2009 la d.ssa S M;

Uditi gli avv.ti, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;


FATTO

1. Il procedimento in esame concerne la pratica commerciale posta in essere dalla società Z in collaborazione con gli operatori di telefonia mobile Telecom, Vodafone, Wind e H3g, consistente nella diffusione sul sito internet http://www.zeng.it, di una comunicazione commerciale volta a promuovere un servizio di intrattenimento in abbonamento per utenti di telefonia mobile.

Nella comunicazione di avvio del procedimento, veniva precisato che i comportamenti descritti avrebbero potuto integrare un’ipotesi di violazione degli articoli 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 26, lettera f), del Codice del Consumo, così come richiamati, altresì, dall’articolo 57, comma 2, del medesimo Codice, in quanto contrari alla diligenza professionale ed idonei a limitare considerevolmente o, addirittura, escludere la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al servizio offerto.

Contestualmente alla comunicazione di avvio, al fine di acquisire elementi conoscitivi utili alla valutazione circa la sussistenza della pratica commerciale scorretta nel caso oggetto di analisi, veniva rivolta alle società un’articolata richiesta di informazioni.

Con memorie pervenute in data 10 settembre, 8 e 28 ottobre 2008, la società Telecom Italia S.p.A. rappresentava all’Autorità quanto segue:

– Z è direttamente responsabile della ideazione, predisposizione e commercializzazione dei loghi e suonerie oggetto del procedimento mentre Telecom non ha in alcun modo partecipato direttamente o indirettamente, né avrebbe potuto farlo, alla ideazione, predisposizione, autorizzazione e diffusione della pratica censurata;

– la circostanza che Telecom si riservi a livello contrattuale la facoltà di esercitare un controllo preventivo sui contenuti offerti e sulle iniziative pubblicitarie di Z non implica l'esistenza di un obbligo di legge a vigilare sulla conformità di tali iniziative rispetto alle disposizioni del Codice del Consumo;

– nel caso in esame Z non ha previamente sottoposto a Telecom ai sensi delle pertinenti disposizioni contrattuali, i propri messaggi pubblicitari relativi ai servizi di loghi e suonerie di intrattenimento offerti;

– l'attribuzione a Telecom di una pratica a cui è sostanzialmente, oltre che formalmente, estranea, condurrebbe all'inaccettabile risultato di introdurre una nuova ipotesi di responsabilità oggettiva, estendere la nozione di professionista oltre gli ambiti previsti dal Codice del Consumo, disallineare la disciplina nazionale in materia di pratiche scorrette dalla Direttiva 2005/29 nonché alimentare gravi incertezze sotto il profilo della tutela dell'affidamento dei consumatori;

– Telecom ha prontamente intimato al fornitore di contenuti l'immediata sospensione della presentazione dei servizi reclamizzati secondo modalità mai autorizzate da Telecom o comunque l'immediata modifica del contenuto dei messaggi pubblicitari oggetto del procedimento, così da renderlo conforme alle disposizioni di legge in materia;

– quanto alla possibile incidenza della pratica sul comportamento economico di soggetti con età inferiore a 18 anni, Telecom procede alla vendita di SIM unicamente a clienti che possano dimostrare di essere maggiorenni.

In data 22 gennaio 2009 veniva richiesto il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

In esito all’istruttoria, l’Autorità procedente deliberava che la pratica posta in essere dalla società Z, in collaborazione con Telecom, Vodafone, Wind e H3G, fosse scorretta ai sensi degli articoli 20, comma 2, 21 e 22 del d.lgs. n. 206/05, in quanto “avvenuta secondo modalità contrarie alla diligenza professionale ed idonee a limitare considerevolmente, o addirittura escludere, la libertà di scelta e di comportamento del consumatore medio”, inibendone, altresì, l’ulteriore diffusione.

Con il provvedimento impugnato veniva altresì inflitta a Telecom la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 155.000.

Avverso siffatte determinazioni, ricorre la società, deducendo:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2027 del d.lgs. n. 206/2005. come modificato dal d.lgs. n. 146/2007;
violazione dell’art. 18 del d.m. n. 145/2006;
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/90;
eccesso di potere per sviamento;
eccesso di potere per travisamento dei presupposti;
difetto di istruttoria, difetto di motivazione.

Premessa la descrizione e le modalità di attivazione del servizio offerto dalla società Z, la società evidenzia che, considerate le concrete modalità di attivazione e fornitura del servizio de quo , non vi era alcun presupposto perché la medesima Autorità configurasse come scorretta la pratica commerciale.

Telecom, peraltro, si sarebbe limitata a mettere a disposizione del “content provider” la propria infrastruttura di comunicazione elettronica, senza partecipare in alcun modo alla ideazione, realizzazione, e diffusione dei messaggi promozionali di Z.

Contesta, quindi, la posizione dell’Autorità che ha attribuito anche alla ricorrente la qualità di “professionista” ai sensi del Codice del Consumo.

Tale definizione sarebbe più restrittiva di quella di “operatore pubblicitario” maturata nel precedente quadro normativo, essendo riferibile al solo autore dei messaggi pubblicitari.

Il sistema di “ revenue sharing ” e cioè il meccanismo di ripartizione dei proventi fra operatori telefonici e content provider (particolarmente valorizzato dall’Autorità al fine di dimostrare il coinvolgimento dei primi nella pratica commerciale scorretta), è in realtà posto ad esclusivo vantaggio dei fornitori di contenuti, costituendo altresì, semplicemente, una scelta discrezionale riconducibile all’autonomia negoziale delle parti e alla libertà di impresa.

I contratti stipulati evidenzierebbero, inoltre, che l’unico responsabile nei confronti di Telecom della realizzazione dei contenuti del servizio è il provider . Alla società è riservata, invece, una mera “facoltà” di controllo dei contenuti e delle modalità di erogazione dei servizi alla clientela, facoltà che Telecom può, o meno, esercitare, senza che il mancato esercizio sia fonte legittimante di censure, ovvero di sanzioni.

L’attuale disciplina dei servizi a sovrapprezzo, stabilita dal d.m.n. 145/2006, non prevede, per il gestore, la responsabilità per i contenuti dei servizi forniti da CSP.

La responsabilità dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica è essenzialmente limitata al trasporto, istradamento e gestione della chiamata (art. 18, comma 2), nonché ad alcuni adempimenti di carattere burocratico consistenti nel raccogliere la dichiarazione sui contenuti dei servizi, redatta sotto la responsabilità del content provider.

In tale contesto, pertanto, alcun rilievo potrebbe essere attribuito all’autorizzazione all’utilizzo dei loghi e dei marchi della società.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.lgs. n. 20/2005, come modificato dal d.lgs. n. 146/2007;
violazione dell’art. 11 della l. n. 689 del 1981;
eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, difetto di istruttoria, illogicità manifesta e contraddittorietà, disparità di trattamento, violazione del principio di proporzionalità.

La società lamenta di essere stata sanzionata (ed in misura addirittura maggiore rispetto al fornitore di contenuti) per un messaggio che non ha predisposto, non ha concorso a predisporre e non ha diffuso.

Richiama, al riguardo, la giurisprudenza di questa Sezione relativamente alla necessità di ponderazione dei ruoli assunti dalle parti del Procedimento (in particolare, le sentenze nn. 10467/2008, 10463/2008, 10465/2008 e 10464/2008).

L’Autorità si sarebbe limitata ad apprezzare la gravità della violazione attribuita anche agli operatori di telefonia sulla base della dimensione economica del professionista.

Non è stata, inoltre, apprezzata l’effettiva e concreta idoneità della pratica a falsare il comportamento economico del consumatore nella sua scelta di acquisto.

La società nega, altresì, che la pratica commerciale contestata sia specificamente rivolta agli adolescenti, come invece ritenuto dall’Autorità, all’uopo sottolineando, da un lato, che siffatta circostanza non ha mai formato oggetto di puntuale contestazione, e, che, comunque, di tanto l’Autorità non avrebbe fornito una esaustiva motivazione.

Ritiene, infine, ingiustificato l’inasprimento della sanzione (in ragione di precedenti pronunce in materia di pubblicità ingannevole) come generica ed imprecisa la rilevazione della durata dell’infrazione.

Si sono costituiti, per resistere, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e la società Z.

E’ altresì intervenuto ad opponendum il Codacons, il quale ha depositato una memoria, in vista della pubblica udienza del 2.12.2009, alla quale il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

1. Giova premettere, per una migliore comprensione dei fatti di causa, la descrizione della pratica commerciale oggetto del presente ricorso, così come sintetizzata nelle premesse della delibera impugnata.

Il messaggio presenta, nella home page di apertura una prima sezione riguardante le “Novità” e il messaggio “Scarica subito questa suoneria”. Sulla sinistra dello schermo appaiono un’ulteriore serie di sezioni, dedicate a “Top Realtones - Musica Vera!” e “Novità Realtones!” e simili;
al centro sono presenti le sezioni “I migliori Giochi Java” e “Top Sfondi” mentre a destra appaiono tre sezioni: una dedicata all’impostazione del cellulare in funzione del servizio richiesto (“Che cellulare hai? Imposta il tuo modello”), una relativa alla possibilità di scaricare una specifica suoneria (“Scarica la suoneria più bella che ci sia!”) e un’ultima dedicata ai Giochi Java (“Giochi Java per te! Qui il primo è gratis!”). In basso sono presenti ulteriori tre sezioni animate: le prime due invitano ad attivare il servizio per scaricare suonerie e sfondi dalla sezione “Calcio”, mentre la terza invita ad attivare il servizio “TV Moda Mobile” per ricevere in anteprima gli aggiornamenti sulla moda. A fondo pagina, comunque non inquadrati immediatamente in home page, sono riportati i link “Home - Realtones - Giochi Java - Effetti sonori - Polifoniche - Sfondi - Sfondi animati - Calcio - About Z - FAQ - Info &
Costi - Credits - Mappa del Sito. Cliccando sul prodotto che si intende acquistare (ad esempio una canzone da scaricare come suoneria) si apre una pagina in cui appare il messaggio “Per scaricare subito il contenuto invia un SMS al 48280 con questo codice: […]” e, quindi, l’invito ad iscriversi ovvero ad inserire il numero telefonico e la password per chi è già iscritto.

Soltanto nella sezione dedicata ad “info e costi”, che, sottolinea l’Autorità, non fa parte di un percorso logico-necessitato di collegamento ipertestuale, ma è di consultazione soltanto eventuale da parte dell’utente, sono presenti indicazioni circa natura, costi e condizioni dei servizi offerti. Non appare presente alcuna indicazione riguardo la circostanza che si tratta di un servizio destinato ai soli maggiorenni.

1.1. Nelle “Valutazioni conclusive” l’Autorità ha, tra l’altro, osservato che il messaggio testé descritto risulta ideato principalmente per la promozione di singoli contenuti per cellulari mentre, in realtà, ha ad oggetto una proposta commerciale di abbonamento ad un servizio di suonerie, loghi e altri contenuti per telefonini. L’impostazione redazionale del messaggio è, infatti, incentrata sull’offerta di un singolo prodotto senza che siano chiarite adeguatamente le effettive caratteristiche del servizio nel suo complesso, i relativi costi, le procedure per la disattivazione dell’abbonamento e la circostanza che si tratta di un servizio a pagamento destinato a maggiorenni.

Nella home page di apertura sono del tutto assenti informazioni circa le caratteristiche principali dei servizi offerti. L’inserimento delle stesse all’interno del link di rinvio “Info e costi” posto in fondo alla pagina in questione, leggibile solo dopo l’utilizzo del cursore ed indicato con caratteri di dimensione molto ridotta rispetto al contesto pubblicitario, non consente di sanare la scorrettezza del messaggio, considerata la necessità di indicare informazioni essenziali del servizio offerto con modalità grafiche tali da garantirne l’immediata percezione da parte del consumatore.

Il link citato, prosegue l’Autorità, è, infatti, di consultazione solo eventuale, non essendo inserito all’interno di quel percorso logico obbligato che l’utente deve necessariamente seguire per attivare il servizio pubblicizzato.

Al pari della home page anche la successiva pagina web, su cui l’utente viene dirottato per seguire la procedura di acquisto dei servizi, è incentrata sulla possibilità di scaricare un dato contenuto e non anche sulla necessaria attivazione dell’abbonamento.

Infatti, a fronte della scritta “Scarica il tuo contenuto” e dell’ulteriore indicazione “invia il contenuto” vengono riportati soltanto in fondo alla pagina e in piccolo nel link “Info e costi ”, riferimenti circa natura, durata, costi, modalità di disattivazione dei servizi offerti e il loro essere riservati ai maggiorenni.

La formulazione ambigua del messaggio in uno con le omesse indicazioni circa caratteristiche essenziali dei prodotti, non consentono al consumatore, secondo l’Autorità, di comprendere l’effettiva portata dell’impegno economico da affrontare e sono pertanto idonee ad indurlo ad effettuare una scelta che diversamente non avrebbe preso

1.2. Pure utile appare richiamare il contenuto delle norme del Codice del Consumo qui rilevanti.

L’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (come modificato dal D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146) precisa che, per le finalità considerate dal Titolo III (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:

- “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

- “prodotto”: qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

- “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori”: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

- “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori”: l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che “una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”;
mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:

- ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23

- aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

Ai sensi del comma 3 della medesima disposizione “3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo. È fatta salva la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera”

Ai si dell’art. 22 “è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

2. Ciò posto, il Collegio reputa anzitutto infondate le argomentazioni con le quali la società Telecom nega di potere essere coinvolta nella pratica in esame in qualità di “professionista”, non avendo contribuito a ideare, ovvero diffondere, il messaggio oggetto di rilievi da parte dell’Autorità.

2.1. E’opportuno richiamare la definizione offerta dal Codice del Consumo, secondo cui per “professionista” si intende “qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista” e per “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori” qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.

La definizione adottata dal legislatore è dunque estremamente ampia, essendo sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di un’attività d’impresa “finalizzata” alla promozione e/o commercializzazione di un prodotto o di un servizio.

In tal senso, rileva perciò anche l’attività di un operatore “intermedio”, in quanto idonea (nel senso di cui appresso si dirà) ad incidere sulla libertà di scelta e di autodeterminazione del consumatore.

A ciò si aggiunga che, secondo quanto già rilevato dalla Sezione (cfr. le sentenze, richiamate dalla difesa erariale, nn. 10464/08, 10465/08, e 10468/08 del 20.11.2008), anche nell’ambito dell’illecito c.d. consumeristico è possibile configurare, “alla luce tanto dei principi generali di diritto punitivo, quanto in particolare, dell’art. 5 della l. 24 novembre 1981, n. 689, un’ipotesi di concorso di persone nell’illecito amministrativo”, ben potendo l’imputazione di responsabilità reggersi giuridicamente “allorché risulti, in concreto, che tale soggetto abbia in realtà con il suo contegno contribuito a porre in essere la condotta sanzionata”.

In linea con tale orientamento nel caso di specie, l’Autorità ha condivisibilmente osservato che “ Al fine di garantire l’effetto utile della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette, deve infatti essere considerato professionista qualunque soggetto che partecipi alla realizzazione della pratica, traendone uno specifico e diretto vantaggio economico e/o commerciale .”.

Tale interpretazione, inoltre, appare in linea anche con la giurisprudenza e la prassi applicativa sviluppatasi nell’ambito della previgente disciplina della pubblicità ingannevole, che riconosce nel vantaggio diretto proveniente da un’iniziativa promozionale un elemento idoneo alla qualificazione di operatore pubblicitario (cfr., da ultimo, TAR Lazio, sez. I^, n. 8334/2008).

Pare inoltre al Collegio che, diversamente da quanto ritenuto da Telecom in ordine alla necessità di una interpretazione restrittiva delle “categorie” contemplate dal Codice del Consumo, esso comporti, al contrario, un raggio di tutela ben più ampio da quello consentito dal precedente quadro normativo in materia di contrasto alla pubblicità ingannevole, avendo riguardo a tutte “le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti” (considerando n. 7 della direttiva 2005/29/CE).

Il nuovo quadro di tutela offerta dal Codice del Consumo, viene infatti ad aggiungersi, da un lato, ai normali strumenti di tutela contrattuale, dall’altro, a quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline in settori oggetto di regolazione (cfr., al riguardo, l’art. 19 del Codice).

Le norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali richiedono ai “professionisti” l’adozione di modelli di comportamento in parte desumibili da siffatte norme, ove esistenti, in parte dall’esperienza propria del settore di attività, nonché dalla finalità di tutela perseguita dal Codice, purché, ovviamente, siffatte condotte siano loro concretamente esigibili in un quadro di bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e dei servizi e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale (in tal senso, opera soprattutto il modello, di derivazione comunitaria, del c.d. consumatore medio).

E’ possibile configurare, al riguardo, una “posizione di garanzia” o “dovere di protezione”, con ciò volendo significare non già l’esistenza di una forma di responsabilità oggettiva, quanto di uno standard di diligenza particolarmente elevato, non riconducibile ai soli canoni civilistici di valutazione della condotta ed esteso ad una fase ben antecedente rispetto all’eventuale conclusione del contratto (tra le pratiche commerciali oggetto di disciplina figura infatti “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”, art. 18, comma 1, lett. d.).

E, in definitiva, indubbio che il recepimento nell’ordinamento interno della la direttiva comunitaria 2005/29/CE, abbia rafforzato il ruolo dell’Autorità nella tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista in precedenza e limitata alla repressione della pubblicità ingannevole e comparativa. Per tale ragione, del resto, il d.lgs. n. 146/2007, ha, contestualmente, rafforzato i poteri dell’Autorità, allineandoli a quelli tipici dell’azione amministrativa a tutela della concorrenza e rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie.

2.2. Nel caso di specie, l’Autorità ha in particolare ritenuto che i gestori di telefonia mobile in base ai contratti stipulati o con un service provider o direttamente con la società Z, percepiscono, in via immediata e diretta, ingenti benefici economici, nonché effetti pubblicitari, dalla diffusione dei messaggi contestati.

I servizi in esame, pertanto, si inseriscono all’interno dell’offerta commerciale dei gestori mobili, i quali per garantirne l’erogazione sottoscrivono specifici contratti o direttamente con il fornitore dei contenuti o con un terzo soggetto fornitore di connettività di rete.

Da tali rapporti contrattuali (siano essi diretti o mediati) discende un concreto interesse dei gestori telefonici ad incrementare i profitti derivanti dalla fruizione da parte dei consumatori dei servizi a decade “4”.

I gestori mobili, infatti, traggono un immediato vantaggio economico dalla diffusione del messaggio oggetto del procedimento, in quanto i proventi derivanti dal traffico telefonico delle numerazioni sono ripartiti fra i soggetti parti dei rapporti contrattuali. In particolare, gli importi prelevati ai consumatori in seguito all’attivazione del servizio erogato vengono incassati direttamente dagli operatori telefonici i quali, a loro volta, provvedono a corrispondere una percentuale ( revenue sharing ) al content provider , in base agli accordi sottoscritti. Dall’esame dei contratti, risulta inoltre che le compagnie telefoniche devono, in base ad espresse previsioni pattizie, visionare ed autorizzare preventivamente la diffusione dei messaggi e l’utilizzazione negli stessi dei rispettivi loghi. A tal fine sono, infatti, previste modalità di trasmissione preventiva sia di campagne di comunicazione relative ai contenuti offerti sia dei contenuti stessi innovati o modificati.

L’Autorità sottolinea ancora che la circostanza che i servizi siano offerti da Z in collaborazione con i gestori di telefonia mobile è, inoltre, chiara anche agli utenti ed è in grado di ingenerare in questi ultimi, un legittimo affidamento in merito al preventivo vaglio degli operatori sulla loro correttezza, poiché il messaggio pubblicitario riporta l’indicazione relativa all’offerta dei servizi in collaborazione con gli operatori Telecom, Vodafone, Wind ed H3g.

2.3. Il Collegio reputa che le clausole contrattuali analizzate dall’Autorità – considerate unitamente alla cointeressenza diretta dei gestori telefonici nell’incrementare e sviluppare i profitti derivanti dai traffici telefonici conseguenti alla fruizione di servizi a decade “4”, attraverso l’immediato vantaggio economico derivante dalla diffusione dei messaggi, in cui sono riportati anche loghi e segni distintivi dei gestori stessi – determinino la configurazione di una “responsabilità editoriale” concorrente di Telecom, la quale, proprio in quanto destinataria di un beneficio economico della pratica commerciale, avrebbe dovuto attivarsi concretamente per monitorare il contenuto dei messaggi diffusi dal provider all’utenza. E ciò indipendentemente da uno specifico obbligo derivante dalla normativa di settore (il d.m. n. 145/2006), all’uopo soccorrendo il più rigoroso standard di diligenza richiesto dal Codice del Consumo.

In assenza di qualsivoglia indicazione in ordine ad un sistema di controllo dei messaggi predisposti dal content provider e diffusi alla clientela, non è sufficiente ad escludere l’ascrizione di una diretta ed autonoma responsabilità editoriale alla ricorrente la considerazione che, in concreto, il provider non ha sottoposto la campagna promozionale alla preventiva autorizzazione del gestore e che, comunque, secondo i contratti stipulati, siffatto controllo corrisponde ad una mera facoltà del gestore medesimo.

L’obbligo di diligenza, desumibile dal corpus normativo in materia e gravante, nel caso di specie, sul gestore di telefonia mobile, richiede infatti che, in presenza di vantaggi economici derivanti dalla pratica commerciale e con riferimento alle richiamate clausole contrattuali (le quali dimostrano che una forma di controllo preventivo sui messaggi predisposti dal content provider è comunque esercitabile, e che è quindi anche concretamente “esigibile”, non essendovi alcun sacrificio, ovvero lesione, dell’autonomia imprenditoriale), il gestore sviluppi degli adeguati piani di verifica ex ante (ad esempio, chiedendo formalmente al provider con cadenze periodiche, le iniziative promo – pubblicitarie che ritenga eventualmente di porre in essere), solo in presenza delle quali la responsabilità editoriale può essere esclusa essendosi l’operatore economico diligentemente attivato.

In altri termini, come più volte rappresentato dalla Sezione relativamente a pratiche analoghe a quelle di cui si controverte, se non è possibile ritenere che l’immanente obbligo di diligenza gravante su coloro che dalla pratica commerciale traggono comunque dei benefici (sia in termini economici che pubblicitari), determini sempre e comunque una loro responsabilità editoriale, una omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo sussiste allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo sui contenuti delle iniziative promo – pubblicitarie realizzate e diffuse da soggetti terzi, anch’essi interessati alla pratica commerciale, non essendo sufficiente ad escludere la responsabilità da omesso controllo la circostanza che il soggetto terzo non abbia preventivamente sottoposto la campagna che intende diffondere all’autorizzazione del gestore.

3. Neppure condivisibili risultano le argomentazioni sviluppate da Telecom per confutare la valutazione di ingannevolezza del messaggio operata dall’Autorità, la quale avrebbe omesso di considerare, le informazioni complessivamente accessibili attraverso la consultazione dei vari link che, dalla pagina principale del sito, rinviano alle condizioni economiche dell’offerta.

3.1. Osserva il Collegio che, effettivamente, costituisce ormai consolidato orientamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, quello secondo cui le affermazioni riportate in una pagina web vadano decodificate con riferimento al contenuto dell’intero sito, salvaguardando, dunque, la tendenziale unicità del messaggio.

L’Autorità ha però contemporaneamente osservato che le informazioni di fondamentale importanza per i consumatori, ai fini della valutazione della convenienza dell’offerta, debbano comunque essere rese loro disponibili fin dal primo contatto pubblicitario (cfr., ad esempio, i procedimenti PI3527 Tirrenia Tariffe Ponte del 13.12.2001 e PI 3268 Poste Italiane – Posta Celere del 31.5.2001;
analoghi principi, del resto, si ricavano anche dalla complessiva lettura dei precedenti invocati dalla ricorrente).

Vale a dire che sebbene, in linea di principio, l’elaborazione di pagine web si presti, più agevolmente rispetto ad altri mezzi di comunicazione, ad un’informazione completa ed esauriente, l’analisi della correttezza della comunicazione commerciale va, anche in tali ipotesi, effettuata caso per caso, attraverso un’attenta analisi della struttura del sito, non potendosi escludere che, accanto a consumatori particolarmente smaliziati, in grado di accedere ad ogni informazione ivi presente, ve ne siano altri che, invece, si fermeranno al primo livello, senza volere, o sapere, effettuare ulteriori approfondimenti.

Appare emblematico, al riguardo, il caso in esame, in cui nella home page di apertura “sono del tutto assenti informazioni circa le caratteristiche principali dei servizi offerti. L’inserimento delle stesse all’interno del link di rinvio “Info e costi” posto in fondo alla pagina in questione, leggibile solo dopo l’utilizzo del cursore ed indicato con caratteri di dimensione molto ridotta rispetto al contesto pubblicitario”.

L’ingannevolezza del messaggio non è peraltro esclusa dalla possibilità che il consumatore sia posto in condizione, prima della stipula del contratto, di conoscere in dettaglio tutti gli aspetti che lo caratterizzano, in quanto la verifica condotta dall’Autorità riguarda il messaggio pubblicitario in sé, e, pertanto, la sua idoneità a condizionare le scelte dei consumatori, indipendentemente dalle informazioni che l’operatore renda disponibili a “contatto” già avvenuto, e quindi, ad effetto promozionale ormai prodotto.

Relativamente, poi, alla tecnica del rinvio ad un link ipertestuale, la stessa, a parere del Collegio, risulta idonea ad escludere la decettività del messaggio solo ove risultino chiaramente percepibili, sin dalla prima pagina del sito web (o, comunque, sin dal primo livello di navigazione, o di approfondimento) le caratteristiche essenziali dell’offerta.

4. Relativamente alla quantificazione della sanzione l’Autorità ha preso in considerazione, in primo luogo, la dimensione economica dei professionisti, osservando che “ Telecom Italia S.p.A., Vodafone Omnitel N.V., Wind Telecomunicazioni S.p.A. e H3G S.p.A., corresponsabili per la diffusione della pratica commerciale di cui si tratta con Z S.r.l., rappresentano i principali gestori di telefonia mobile nazionale ”.

Relativamente alla gravità della violazione, l’Autorità ha evidenziato “ che la stessa è da ricondurre alla tipologia delle omissioni informative riscontrate e al settore al quale l’offerta di servizi in esame si riferisce, ossia a quello dei servizi a sovrapprezzo per la telefonia mobile, di cui i professionisti coinvolti rappresentano i principali operatori sul mercato per dimensione economica e ruolo commerciale. Rispetto al settore delle comunicazioni, infatti, come rilevato dall’Autorità in numerosi interventi, l’obbligo di completezza e chiarezza delle informazioni veicolate si presenta particolarmente stringente, anche in considerazione dell’asimmetria informativa esistente tra professionista e consumatore, dovuta tanto al proliferare di promozioni molto articolate quanto all’offerta di servizi innovativi, come nel caso di specie i servizi VAS.”.

L’Autorità prosegue sottolineando che “ la fattispecie in esame ha avuto un significativo impatto, in quanto la pratica commerciale è rappresentata da un messaggio pubblicitario diffuso via internet suscettibile, pertanto, di aver raggiunto un numero considerevole di consumatori. In particolare, come evidenziato nel presente provvedimento, la pratica commerciale oggetto di contestazione risulta più grave se si considera l’idoneità della stessa ad alterare il comportamento economico di una categoria di consumatori più debole e vulnerabile, in ragione dell’età ed ingenuità, rappresentata dagli adolescenti, i quali sono particolarmente attratti dalla fruizione dei servizi pubblicizzati. Al riguardo, occorre, altresì, tener conto dell’entità del pregiudizio, rappresentato dal rilevante onere economico che grava periodicamente ed automaticamente sul conto dell’utente, trattandosi dell’attivazione di un abbonamento con oneri economici settimanali applicati automaticamente fino alla disdetta del servizio.

Si deve, altresì, tenere conto dello specifico ruolo svolto dal Content Provider rispetto ai gestori di telefonia mobile nella pratica commerciale oggetto del presente provvedimento ”.

4.1. Telecom lamenta anzitutto che l’Autorità non abbia verificato in concreto l’idoneità della pratica a falsare il comportamento economico del consumatore nella sua scelta di acquisto.

Al riguardo, è sufficiente rinviare a quanto già diffusamente argomentato dalla Sezione circa la struttura dell’illecito consumeristico in esame.

L’illiceità della condotta, al fine di assumere rilevanza ai sensi delle più volte riportate disposizioni del Codice del Consumo, “non deve dimostrare una concreta attuazione pregiudizievole (per le ragioni dei consumatori), quanto, piuttosto, una potenzialità lesiva (per le scelte che questi ultimi, altrimenti, sono legittimati a porre in essere fuori da condizionamenti e/o orientamenti decettivi) che consente di ascrivere la condotta nel quadro dell’illecito (non già di danno) ma di mero pericolo” in quanto intrinsecamente idonea a condurre alle conseguenze che la disciplina di legge ha inteso, invece, scongiurare (sentenza n. 3722 dell’8 aprile 2009).

Gli effetti della condotta, si pongono, in definitiva, al di fuori della struttura dell’illecito, atteso che la normativa in materia non ha la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate dalle pratiche scorrette agli interessi patrimoniali del consumatore, ma si colloca su un più avanzato fronte di prevenzione, essendo tesa ad evitare effetti dannosi anche soltanto ipotetici.

Le norme che tutelano il consumatore dagli effetti delle pratiche commerciali scorrette e/o aggressive sono dunque naturalmente preordinate a prevenire le distorsioni della concorrenza anche in una fase ampiamente prodromica a quella negoziale.

Gli effetti della condotta possono, semmai, assumere significatività quale elemento aggravante, laddove il comportamento ascrivibile all’operatore abbia avuto diffuse ricadute pregiudizievoli nell’ambito dei consumatori: da tale circostanza essendo con ogni evidenza dato desumere la grave inadeguatezza del comportamento posto in essere da quest’ultimo a fronte del paradigma di diligenza cha la normativa di riferimento ha posto quale essenziale referente di valutabilità della condotta.

4.2. Con riferimento al rilievo attribuito alla dimensione economica degli operatori coinvolti nella pratica (stigmatizzato da Telecom), non occorre, invero, spendere molte parole per ricordare che non solo si tratta di uno dei parametri specificamente elencati dall’art. 11 della l. n. 689 del 1981 (richiamato dall’art. 27, comma 13, del Codice del Consumo), al fine di assicurare gli effetti deterrenti della sanzione, ma che, secondo un consolidato orientamento dell’Autorità, l’importanza economica dell’operatore è idonea, di per sé, a rendere più efficace la comunicazione pubblicitaria e, pertanto, ad aggravarne la valenza lesiva ove la stessa integri anche una pratica commerciale scorretta (cfr. TAR Lazio, sez. I^, sentenza n. 277/2008).

Nel caso di specie, vi è prova di tanto nella circostanza che l’utilizzo, da parte del content provider , dei marchi e dei loghi dei gestori, forma oggetto di un’apposita previsione del contratto tra gli stessi stipulato, e che il riferimento alla “collaborazione” con i gestori di telefonia mobile, così come correttamente rilevato dall’Autorità, è in grado di generare un particolare affidamento negli utenti del servizio offerto.

4.3. Telecom si duole ancora, della circostanza, che l’Autorità avrebbe, del tutto immotivatamente, individuato negli adolescenti il target di riferimento della pubblicità e che, comunque, siffatta circostanza, non avrebbe formato oggetto di puntuale contestazione all’atto di avvio del procedimento.

Al riguardo il Collegio ricorda che, effettivamente, rispetto ai procedimenti intesi a reprimere la pubblicità ingannevole e comparativa, quelli in materia di pratiche scorrette richiedono, oggi, all’Autorità, un maggiore e più articolato impegno istruttorio.

Infatti, salvo i casi di condotte “tipizzate” (elencate agli artt. 23 e 26 del Codice del Consumo), incombe ad essa di individuare con precisione le azioni, omissioni e/o dichiarazioni ritenute ingannevoli e/o aggressive.

In tal senso, il riferimento all’ “oggetto del procedimento”, contenuto nell’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie adottato in data 15 novembre 2007, non può esaurirsi nel mero richiamo delle norme di cui si ipotizza la violazione. Rimane tuttavia prerogativa dell’Autorità quella di prospettare un ampio spettro d’indagine, atteso che, come più volte affermato dalla Sezione proprio in materia di pubblicità ingannevole, un maggior grado di dettaglio e di analiticità delle argomentazioni è logicamente esigibile solo nella fase conclusiva del procedimento “che costituisce l’esito della fase istruttoria, mentre non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, deve essere con precisione identificato il solo messaggio, o i profili dello stesso, oggetto d’ indagine al fine di mettere in grado l’operatore pubblicitario di potere proficuamente partecipare all’istruttoria” (TAR Lazio, sez. I^, 12 maggio 2008, n. 3880;
id., 13 aprile 2006, n. 2737).

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie in cui, nella comunicazione di avvio del procedimento, si faceva riferimento anche alla possibile incidenza della pratica sul comportamento economico di soggetti con età inferiore a 18 anni, tanto che la ricorrente, nel corso del procedimento, si è al riguardo (come sopra ricordato), specificamente difesa.

Relativamente, poi, all’individuazione del target di riferimento, nel provvedimento viene chiaramente spiegato (senza che, al riguardo, la ricorrente abbia ritenuto di sviluppare censura alcuna, anche perché si tratta di un dato di comune esperienza) che gli adolescenti rappresentano una categoria di consumatori specificamente attratta dalla fruizione dei servizi per telefoni cellulari come la ricezione di loghi, suonerie, wall papers , servizi di intrattenimento, chat line etcc..

4.4. Il Collegio reputa invece fondati i profili di censura afferenti l’assenza di congruità nella ponderazione dei ruoli, attribuiti dalla stessa Autorità, ai soggetti coinvolti nel procedimento.

Fermo restando quanto in precedenza osservato circa la rilevanza della dimensione economica degli operatori ai fini dell’individuazione di una sanzione avente idonea efficacia deterrente, l’Autorità non ha però tenuto conto del fatto che, nella consumazione dell’illecito la condotta omissiva di Telecom è stata senza dubbio subvalente rispetto alla condotta attiva del provider , che ha realizzato e diffuso il messaggio, da ciò derivando l’incongruenza di un importo base, superiore a quello in concreto inflitto alla società Z.

Sebbene, infatti, nel provvedimento impugnato, si dia genericamente atto dello “specifico ruolo” svolto da Telecom, rispetto al Content Provider , non vi è stata, però, alcuna concreta analisi del diverso apporto partecipativo alla realizzazione della pratica scorretta in esame.

Il Collegio rileva peraltro che la giurisdizione del giudice amministrativo sul profilo sanzionatorio inerente all’accertamento di pratiche commerciali scorrette, a differenza che nella materia antitrust , non si estende al merito, sicché il Tribunale può solo annullare in tutto o in parte l’atto, ma non anche modificare lo stesso relativamente all’entità della sanzione dovuta.

Infatti, mentre l’art. 23 della l. n. 689/1981 (il cui undicesimo comma attribuisce al giudice il potere di modificare l’atto impugnato anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta) è applicabile ai procedimenti antitrust in virtù del richiamo contenuto nell’art. 31 l.n. 287/1990, l’art. 27, co. 13, d.lgs. 206/2005, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i ricorsi avverso le decisioni adottate dall’Autorità, stabilisce che per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni del decreto si osservano, in quanto applicabili, alcune norme della l. n. 689/1981, ma tra queste non indica il citato art. 23.

La misura della sanzione da irrogare a Telecom pertanto, dovrà essere rideterminata dalla stessa Autorità, nel suo importo base, in esecuzione della presente sentenza.

4.5. Per completezza, appare opportuno anche esaminare il profilo di doglianza relativo alle “circostanze aggravanti” ravvisate dall’Autorità, e consistenti nella valenza dei “precedenti” in materia di pubblicità ingannevole (essendo la società ricorrente incorsa in numerose infrazioni di tale normativa).

Al riguardo, osserva il Collegio che, secondo il più volte citato art. 11 della l. n. 689 del 1981, la sanzione deve essere rapportata, tra l’altro, alla “personalità” dell’agente, alla cui ricostruzione, per consolidata giurisprudenza, concorrono appunto anche gli illeciti afferenti al settore genericamente interessato dalla violazione ascrittagli (così, ad esempio, Cass., sez. I^, 28 maggio 1990, n. 4970).

L’applicazione di “circostanze aggravanti” si appalesa pertanto corretta, e delle stesse dovrà tenersi debitamente conto nella rideterminazione della sanzione.

5. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla determinazione della sanzione.

Sussistono quindi giuste ragioni, considerato l’esito complessivo della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

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