TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2009-12-09, n. 200912677
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N. 12677/2009 REG.SEN.
N. 08607/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 8607 del 2005, proposto dalla:
società Bangladesh Ingrosso di N M A e Co. s.n.c., in persona del legale rapp.te p.t. N M A, e da N M A in proprio, rappresentati e difesi dall'avv. M R, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via Prestinari n. 13;
contro
Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. A R, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 1509 del 5.7.2005 che ha determinato la cessazione degli effetti dell’autorizzazione amministrativa n. 1187 del 25.10.1994 e la chiusura immediata dell’esercizio commerciale;
nonché tutti gli atti presupposto, connesso e consequenziale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2009 il Cons. M C Q e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato e depositato nei termini, i ricorrenti hanno impugnato la determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 1509 del 5.7.2005 che ha determinato la cessazione degli effetti dell’autorizzazione amministrativa n. 1187 del 25.10.1994 e la chiusura immediata dell’esercizio commerciale, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:
1- Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti e per difetto di istruttoria.
La dedotta circostanza della intervenuta vendita all’ingrosso all’interno dell’esercizio commerciale di vendita al dettaglio non corrisponderebbe al vero.
Il ricorrente avrebbe soltanto venduto al dettaglio della merce ad un cliente non qualificatosi come commerciante, emettendo regolare scontrino fiscale e non invece fattura, per un importo esiguo ( di euro 120) che, di per sé, non gli avrebbe consentito di presumere la detta qualifica, con la conseguente insussistenza del dolo o colpa grave da parte dello stesso.
2- Eccesso di potere per ingiustizia manifesta ed insufficienza della motivazione.
Vi sarebbe una eccessiva sproporzione tra il fatto contestato ( anche in considerazione della esiguità del corrispettivo della transazione) e la sanzione adottata da parte del Comune.
3- Eccesso di potere per violazione delle regole del procedimento ed insufficienza della motivazione.
Il ricorrente avrebbe presentato memoria contenente le osservazioni in data 18.3.2005 con nota di cui al prot. n. CA/20288 nel termine dei 10 gg. dalla notifica della comunicazione dell’avvio procedimentale del 18.3.2005.
Il Comune si è costituito in giudizio con comparsa di mera forma in data 10.10.2005, depositando documentazione in data 21.10.2005.
Con l’ordinanza n. 6029/2005 del 24.10.2005 è stata accolta la istanza di sospensione del provvedimento impugnato
Con memoria del 12.11.2009 il Comune ha dedotto la infondatezza nel merito del ricorso, chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 23.11.2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa in atti.
DIRITTO
Dal verbale del Corpo della P.M. risulta che si è trattato dell’acquisto di n. 60 profumi e che l’acquirente ha dichiarato di essere in attesa del rilascio della fattura, mentre il titolare del negozio ha emesso il relativo scontrino fiscale al momento dell’ingresso nel negozio della stessa P.M.;inoltre il prezzo praticato per l’acquisto in contestazione è stato, tenuto conto dell’importo ivi riportato di complessivi euro 120,00, di euro 2,00 a bottiglia, mentre i prezzi indicati al dettaglio per il medesimo genere andavano da un minimo di euro 6,20 ad un massimo di euro 14,00 a bottiglia.
E, per giurisprudenza sul punto, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, oppure da lui compiuti, nonché riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti. Non può essere, invece, attribuita la fede privilegiata né ai giudizi valutativi, né alla menzione di quelle circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali, perché mediati dall'occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo.
Il dato oggettivo in punto di fatto emergente dal richiamato verbale e da tenersi in considerazione è, pertanto, che si è trattato dell’acquisto di n. 60 boccette di profumo per un costo unitario di euro 2,00 da parte di un acquirente a propria volta commerciante.
Tanto premesso l’art. 26, co. 2, del D.lgs. n. 114/1998 dispone testualmente che “ 2. È vietato l'esercizio congiunto nello stesso locale dell'attività di vendita all'ingrosso e al dettaglio salvo deroghe stabilite dalle regioni. Resta salvo il diritto acquisito dagli esercenti in attività alla data di cui al comma 1. “ e l’art. 24, co. 2 bis, della L.R. n. 33/1999, a sua volta, dispone che “ 2-bis. Fatti salvi i diritti acquisiti dagli esercenti in attività alla data del 24 aprile 1999, è vietato l'esercizio congiunto nello stesso locale dell'attività di vendita all'ingrosso ed al dettaglio ad eccezione della vendita esclusiva di uno o più dei seguenti prodotti:
a) macchine, attrezzature ed articoli tecnici per l'agricoltura, l'industria, il commercio e l'artigianato;
b) materiale elettrico ed elettronico, colori e vernici, carte da parati;
c) ferramenta, utensileria e legnami, ivi compresi quelli da ardere;
d) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici, articoli per il riscaldamento ed idrosanitari;
e) veicoli di ogni tipologia, motocicli e relativi accessori e parti di ricambio, navi ed aeromobili;
f) combustibili, materiali e prefabbricati per l'edilizia;
f-bis) mobili ed articoli per l'arredamento.
2-ter. L'attività di vendita congiunta all'ingrosso e al dettaglio dei prodotti di cui al comma 2-bis è regolata ai sensi dell'articolo 25.”.
Il ricorrente deduce di avere soltanto venduto al dettaglio della merce ad un cliente non qualificatosi come commerciante, emettendo regolare scontrino fiscale e non invece fattura, per un importo esiguo ( di euro 120) che, di per sé, non gli avrebbe consentito di presumere la detta qualifica, con la conseguente insussistenza del dolo o colpa grave da parte dello stesso.
Ai fini che interessano la eventuale buona fede del venditore in ordine alla qualifica professionale dell’acquirente non rileva, atteso che gli elementi oggettivi della fattispecie come emergenti dal verbale della P.M. in precedenza richiamato, ossia il numero degli oggetti acquistati e soprattutto il prezzo unitario applicato, sono idonei a configurare la vendita all’ingrosso.
Né può fondatamente ritenersi sussistente la dedotta sproporzione tra il fatto contestato ( anche in considerazione della esiguità del corrispettivo della transazione) e la sanzione adottata da parte del Comune.
Ed infatti l’art. 22, co. 6, del D.Lgs. n. 114/1998, ai sensi del quale è stato adottato il provvedimento impugnato ed espressamente richiamato nelle sue premesse, dispone testualmente che “6. In caso di svolgimento abusivo dell'attività il sindaco ordina la chiusura immediata dell'esercizio di vendita.”.
Altrettanto infondato è l’ultimo motivo di censura con il quale è stato dedotto che il Comune non avrebbe tenuto in alcuna considerazione la memoria contenente le osservazioni in data 18.3.2005 presentata dal ricorrente con la nota di cui al prot. n. CA/20288 nel termine dei 10 gg. dalla notifica della comunicazione dell’avvio procedimentale del 18.3.2005 in violazione dell’art. 10 della L. n. 241/1990.
La richiamata norma, rubricata “ Diritti dei partecipanti al procedimento” dispone testualmente che “ 1. I soggetti di cui all'articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 9 hanno diritto:
a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo 24;
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.”.
Le norme di cui all'art. 10 L. 7 agosto 1990, n. 241 devono essere intese nel senso che le memorie ed osservazioni prodotte dal privato nel corso del procedimento amministrativo siano effettivamente valutate dall'Amministrazione ed è necessario che di tale valutazione resti traccia nella motivazione del provvedimento finale.
Come noto, l'obbligo, ex art. 10 della L. n. 241 del 1990, di esame delle memorie e dei documenti difensivi presentati dagli interessati, nel corso dell'iter procedimentale, non impone un'analitica confutazione in merito di ogni argomento utilizzato dagli stessi, essendo sufficiente uno svolgimento motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell'azione della p.a. alle deduzioni difensive dei privati.
Nel caso di specie la nota di cui al prot. n. 20288 del 22.3.2005, di cui non vi è proprio menzione nel provvedimento impugnato, dà esclusivamente atto della pendenza dell’opposizione a sanzione amministrativa con contestuale richiesta di un nuovo sopralluogo ai fini della verifica della regolarità dell’attività svolta.
Tuttavia deve ritenersi che, nel caso di specie, trovi applicazione l’art. 21 octies della L. 241/1990, rubricato “ Annullabilità del provvedimento.”, che dispone testualmente che “ 1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”.
Conclusivamente il ricorso è infondato nel merito e va, pertanto, respinto.
Spese compensate.
Nulla sul contributo unificato.