TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-06-27, n. 202310820
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Testo completo
Pubblicato il 27/06/2023
N. 10820/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03995/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3995 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per il risarcimento
dei danni subíti in conseguenza dell’illegittimo operato dell’amministrazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2023 il dott. M V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Parte ricorrente agisce per il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’operato del Ministero resistente che avrebbe determinato il mancato percepimento dei ratei pensionistici tra il 31 gennaio 2006 ed il 13 marzo 2011, il conseguente mancato adeguamento automatico dell’importo della pensione mensile, oltre interessi e rivalutazione, nonché per chiedere la ripetizione delle somme ingiustamente versate come condanna alle spese in due giudizî contabili ed il ristoro dei danni alla salute ed esistenziali.
2. Si è costituita in giudizio l’amministrazione.
3. Le parti depositavano documenti e memorie in vista della pubblica udienza del 19 aprile 2023, all’esito della quale il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.
4. È necessario, a questo punto, ripercorrere la vicenda fattuale oggetto del presente giudizio.
4.1. Il ricorrente è un ex magistrato ordinario rimosso dall’incarico a seguito di procedimento disciplinare, introdotto il 22 settembre 2005 a seguito di emissione, da parte del giudice per le indagini preliminari del Tribunale dell’Aquila, del decreto di giudizio immediato per il reato di omissione di atti d’ufficio. Successivamente alla condanna in primo grado, il Procuratore generale formulava domanda di sospensione cautelare dal servizio, ai sensi degli artt. 30 e 31 r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511, che la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (Csm) accoglieva, con ordinanza, la richiesta, a far data dal 31 gennaio 2006.
4.2. All’esito delle impugnazioni nel processo penale l’odierno esponente veniva prosciolto, mentre il procedimento disciplinare si concludeva con la sentenza di Cass., sez. un., 14 marzo 2011, n. 5924 che, rigettando il ricorso, conferma la sanzione della destituzione. Conseguentemente, il Presidente della Repubblica adottava ai sensi dell’art. 17 l. 24 marzo 1958, n. 195, in data 11 aprile 2011, il decreto che infliggeva la sanzione disciplinare della rimozione, « a decorrere dal 14 marzo 2011 ».
4.3. Va poi osservato che in data 9 ottobre 2001 (ossia mentre l’odierno ricorrente era ancora regolarmente in servizio) l’esponente aveva avanzato istanza per la ricongiunzione dei contributi versati presso la diversa forma obbligatoria di previdenza per liberi professionisti (segnatamente, la Cassa forense) ai sensi dell’art. 1 l. 5 marzo 1990, n. 45.
4.4. L’ iter amministrativo si caratterizzava per l’assoluta complessità, tanto che in un primo momento la Cassa forense deliberava il rigetto dell’istanza di ricongiungimento. Avverso tale atto veniva presentato ricorso al Tribunale di Rimini, in funzione di giudice del lavoro, che si pronunciava con la sentenza depositata il 22 luglio 2004 dichiarando l’illegittimità dell’operato della Cassa, atteso che quest’ultima avrebbe dovuto unicamente comunicare la durata del periodo assicurativo presso di essa e l’ammontare dei contributi versati.
4.5. Successivamente al citato pronunciamento, l’interessato inoltrava varie missive al Ministero per sollecitare la definizione della pratica: nondimeno, il dicastero replicava osservando come fosse impossibile procedere al calcolo della somma dovuta in assenza di comunicazione del periodo contributivo presso la Cassa forense. Quest’ultimo ente, inoltre, si opponeva al rilascio delle informazioni richieste, precisando di aver appellato la sentenza del Tribunale di Rimini e di attendere, pertanto, l’esito del giudizio d’impugnazione.
4.6. Il diniego della Cassa forense veniva nuovamente censurato dal ricorrente con un ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. al Tribunale di Rimini che, in accoglimento della domanda, ordinava all’ente previdenziale di comunicare al Ministero i dati utili ai fini del ricongiungimento. In conseguenza di quest’ultimo pronunciamento del giudice del lavoro, la Cassa forense adottava la nota del 17 maggio 2006 (quindi successiva alla sospensione disciplinare) con cui veniva comunicato al Ministero della giustizia che il ricorrente aveva versato per gli anni 1974, 1975, 1976 e 1977 complessive ₤ 550.000 rimborsate nel 1980 ai sensi dell’art. 18 l. 25 febbraio 1963, n. 289.
4.7. In data 11 aprile 2011 (ossia poco dopo la pubblicazione della sentenza definitiva di destituzione) l’odierno ricorrente sollecitava il Ministero e l’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (Inpdap) a definire la domanda di ricongiunzione dei contributi; contestualmente veniva anche avanzata istanza di versamento autonomo ( riscatto ) dei contributi per il periodo di sospensione dal servizio. Inoltre, l’interessato formulava istanza di collocamento a riposo a far data dal 15 aprile 2011 ove fossero accolte sia la domanda di ricongiungimento sia quella di riscatto, ovvero dal 31 gennaio 2006, ove fosse accolta solo la prima.
4.8. L’amministrazione resistente, pertanto, curato l’ultimo adempimento di competenza della Cassa forense, procedeva a calcolare la differenza a carico del lavoratore per il ricongiungimento dei contributi e, con nota dell’8 agosto 2011, veniva indicato l’importo da versare, ai sensi dell’art. 2 l. 45 cit., pari alla differenza tra la riserva matematica di cui all’art. 13 l. 12 agosto 1962, n. 1338 ed i contributi corrisposti dalla Cassa forense (cioè zero), ossia € 98.850,59: il ricorrente accettava di versare in 44 rate mensili la somma indicata con atto del 2 settembre 2011 (la ricongiunzione veniva poi formalizzata nell’atto del 14 ottobre 2011).
4.9. Inoltre, il Ministero inoltrava (in data 27 ottobre 2011) all’Inpdap anche la documentazione necessaria ai fini del calcolo dell’importo del riscatto, nonché per la liquidazione della pensione. Tra gli atti figura anche il mod. PA04 che indicava il 30 gennaio 2006 come ultimo giorno di servizio.
4.10. Successivamente, il 23 novembre 2011, l’Inpdap comunicava l’importo del riscatto per tre degli anni di sospensione, indicando la somma di € 93.620,61, come onere contributivo, rateizzabile in 36 rate mensili. Tuttavia, con mail del 16 febbraio 2013 l’odierno ricorrente rinunciava al riscatto, per come modificato con successivo atto del 17 gennaio 2013.
4.11. Nondimeno, prima della decisione sul riscatto, il ricorrente avrebbe appreso verbalmente da un funzionario del Ministero che il trattamento di quiescenza sarebbe decorso dal giorno successivo alla rimozione ossia dal 14 marzo 2011 e non dalla data della sospensione cautelare. In conseguenza di ciò, l’interessato inviava (in data 7 dicembre 2011) una mail al Ministero e all’Inpdap contestando quando esposto telefonicamente: tale missiva sarebbe rimasta senza riscontro.
4.12. Al contempo, considerato che l’Inpdap non stava versando i ratei pensionistici, l’interessato si attiva presso l’istituto previdenziale venendo a conoscenza dell’asserita mancata completezza della documentazione trasmessa dal Ministero (non sarebbe stato trasmesso il già citato mod. PA04). Una volta ottenuta copia della missiva spedita dal Ministero all’istituto, l’odierno ricorrente domandava nuovamente la liquidazione della pensione a decorrere dal giorno della sospensione cautelare. Nondimeno, in data 2 maggio 2013 l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps, succeduto medio tempore all’Inpdap) ha liquidato il trattamento di quiescenza dal giorno successivo alla definitività della sentenza di rimozione (ossia dal 14 marzo 2011).
4.13. Quest’ultimo provvedimento veniva reclamato al comitato di vigilanza dell’Inps che il successivo 8 giugno 2016 respingeva la doglianza, osservando che il Ministero della giustizia aveva attestato nel mod. PA04 che l’interessato era cessato dal servizio il 14 marzo 2011 (ultimo giorno lavorativo il 13 marzo 2011).
4.14. A questo punto l’odierno ricorrente adiva il giudice contabile (segnatamente la Corte dei conti, sez. giur. reg. per l’Emilia-Romagna) per far dichiarare la spettanza del trattamento previdenziale sin dal 2006. Nondimeno, la Corte dei conti dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in ordine alla liquidazione del trattamento di fine servizio (Tfs), spettando la cognizione al giudice amministrativo, e rigettava nel resto la domanda osservando la correttezza dell’operato del dicastero resistente, precisando come il decreto presidenziale indicasse proprio nel 14 marzo 2011 il giorno di cessazione del rapporto di servizio, nonostante contraria giurisprudenza sul punto (v. sentenza 69/2017/C).
4.15. In conseguenza del pronunciamento del giudice