TAR Perugia, sez. I, ordinanza collegiale 2018-10-08, n. 201800521

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, ordinanza collegiale 2018-10-08, n. 201800521
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 201800521
Data del deposito : 8 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/10/2018

N. 00380/2017 REG.RIC.

N. 00521/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00380/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 380 del 2017, proposto da


S.S. Agricola Tenuta San Quirico, in persona del legale rappresentante pro tempore, N O, A P e M P, rappresentati e difesi dall’avvocato L G, con domicilio ex art. 25, comma 1, lett. a), cod. proc. amm., presso il T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;


contro

Comune di Orvieto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato G R, con domicilio ex art. 25, comma 1, lett. a), cod. proc. amm., presso il T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;
Dirigente del Settore Tecnico Ufficio Edilizia del Comune di Orvieto non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum :
Italia Nostra Onlus – Associazione Nazionale per la Tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Laura Rainaldi, domiciliato ex art. 25, comma 1, lett. a), cod. proc. amm., presso il

TAR

Umbria in Perugia, via Baglioni 3;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia

- dell’ordinanza di demolizione n. 8 del 7 luglio 2017, notificata il 19-21 luglio 2017, emessa dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico – Ufficio Edilizia del Comune di Orvieto con cui è stata ordinata la demolizione e rimessa in pristino entro 90 gg. delle opere abusive realizzate dagli istanti in Orvieto loc. San Quirico su terreni agricoli denominati poderi Campellino, Ripadelce I e San Quirico, consistenti in recinzione elettrificata, come sistema difensivo dalla fauna selvatica, a delimitazione di terreni agricoli con impianto colturale a frutteto, e di ogni atto conseguente, connesso e/o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Orvieto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2018 il dott. Enrico Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


Ritenuto in fatto:

1. Con atto di ricorso (n.r.g. 380/17) notificato al Comune di Orvieto il 19 settembre 2017, l’impresa agricola Tenuta San Quirico, affittuaria di terreni agricoli in Orvieto loc. San Quirico per ha. 129 ca., di proprietà dei soci della stessa, ha adito l’intestato Tribunale per chiedere l’annullamento dell’ordinanza, meglio in epigrafe riportata, con la quale è stata ordinata la demolizione e rimessa in pristino entro 90 gg. delle opere abusive realizzate sui predetti terreni (consistenti in recinzione elettrificata a difesa della fauna selvatica), in quanto ritenute in contrasto con la normativa di cui all’art. 89, comma 2, della legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico Governo del territorio e materie correlate), recante il divieto di innalzare nelle zone agricole “ogni forma di recinzione dei terreni o interruzione di strade di uso pubblico se non espressamente previste dalla legislazione di settore o recinzioni da installare per motivi di sicurezza purché strettamente necessarie a protezione di edifici ed attrezzature funzionali, anche per attività zootecniche”. L’ordinanza gravata è altresì motivata in subordine e seppur “ per relationem” - mediante rinvio al parere espresso il 6 luglio 2017 dal Servizio Urbanistico della Regione Umbria - dall’asserita violazione dei limiti di distanza dalle strade pubbliche o di uso pubblico stabiliti dall’art. 25 comma 4 del regolamento regionale 2/2015.

2. Nello specifico parte ricorrente ha articolato motivi, così riassumibili:

I.- violazione ed errata interpretazione dell’art. 89 della legge regionale n. 1/2015, nonché della legge regionale n. 17/2009 (Norme per l’attuazione del fondo regionale per la prevenzione e l’indennizzo dei danni arrecati alla produzione agricola dalla fauna selvatica ed inselvatichita e dall’attività venatoria) e del relativo regolamento attuativo n. 5/2010, atteso che il provvedimento impugnato sarebbe fondato sull’errato presupposto che nel caso di specie le delimitazioni a difesa delle culture siano vietate, essendo invero permesse ai sensi della normativa regionale di settore, anche in funzione di riduzione dei costi relativi agli indennizzi concernenti i danni causati all’agricoltura dalla fauna selvatica;

II. - non rilevanza urbanistico/edilizia delle opere in contestazione e ciò, congiuntamente al loro carattere temporaneo, escludente la necessità di un titolo edilizio di legittimazione;

III. - contraddittorietà del provvedimento impugnato rispetto alla normativa regionale in tema di prevenzione dei danni cagionati dalla fauna all’agricoltura, le cui previsioni incentivano l’utilizzo di strumenti difensivi tra cui i dissuasori elettrificati vietati nel caso di specie;

IV. - illegittimità costituzionale dell’art. 89 della legge regionale n. 1 del 12015, nell’ipotesi in cui detta norma debba intendersi nel senso di escludere l’ammissibilità dei sistemi di difesa passivi delle colture a prevenzione dei danni derivanti dall’intrusione della fauna selvatica ed in particolare dei cinghiali;
interpretazione questa che avrebbe l’effetto di comprimere illegittimamente una libertà riconosciuta direttamente dalla Costituzione e garantita dalla legge statale quale materia esclusiva in tema di ordinamento civile (art. 117, comma 2, lett l), della Costituzione);
sarebbero ad avviso di parte ricorrente violati da parte del citato art. 89 anche i principi fondamentali in tema di “governo del territorio” (art. 117 Cost. comma 3) stabiliti dal legislatore statale nel testo unico in materia edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, segnatamente nell’art. 6 comma 1, lett. a) “attività edilizia libera” nella parte in cui liberalizza gli interventi di “manutenzione ordinaria”;

V. - illegittimità dell’ordine di demolizione della recinzione, dovendosi se del caso applicare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 6 bis, comma 5, del d.P.R. 380/2001 in tema di interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ovvero l’art. 37 del medesimo d.P.R. 380/2001, che in tema di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività e accertamento di conformità, prevede la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi;

VI. - illegittimità del riferimento nell’ordinanza impugnata circa la presenza di un Parco Culturale previsto dall’art. 42 delle N.T.A. al P.R.G., comprendente anche i terreni agricoli dell’azienda ricorrente;

VII .- illegittimità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui richiama l’art. 25, comma 4, del regolamento regionale n. 2/2015, in tema di distanze delle opere di recinzione fronteggianti le strade;

VIII.- disparità di trattamento tenuto conto della presenza di aziende agricole limitrofe in possesso di recinzioni a protezione dei terreni coltivati.

3. Il Comune di Orvieto si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, eccependone in via preliminare l’inammissibilità per omessa impugnazione dell’art 42 delle N.T.A. del P.R.G. richiamato nell’ordinanza di demolizione, nonché del parere della Regione Umbria del 6 luglio 2017 (anch’esso richiamato nel provvedimento impugnato) e della direttiva regionale n. 67738 datata 11 maggio 2015, entrambi qualificanti l’opera di parte ricorrente come recinzione soggetta al divieto in contestazione.

4. Si è altresì costituita in giudizio, con atto di intervento ad opponendum notificato in data 13 novembre 2017, Italia Nostra Onlus (Associazione Nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e culturale della Nazione), eccependo in via preliminare l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso per intempestiva impugnazione degli atti presupposti a quello impugnato, ossia l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 3 del 13 aprile 2017 e la diffida dalla prosecuzione dei lavori prot. n. 21785 del 22 giugno 2016.

5. Con ordinanza cautelare n. 183 del 25 ottobre 2017, il Collegio ha respinto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato sul rilievo - nella sommarietà che contraddistingue il giudizio cautelare - che le barriere elettrificate sono da annoverare tra le opere di recinzione la cui realizzazione su “zone agricole” è vietata ai sensi dell’art. 89 comma 2, ultimo periodo, della legge regionale n. 1 del 2015.

6. La suddetta ordinanza è stata riformata dal giudice di seconde cure con ordinanza n. 421 del 30 gennaio 2018, a mezzo della quale è stato rilevato che “pur non evidenziando, l’appello cautelare, a un primo e sommario esame, né l’erroneità della ordinanza gravata e neppure l’illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado, pur tuttavia, la delicatezza della vicenda anche sul piano della interpretazione normativa esige comunque una valutazione approfondita - estesa anche alla disamina delle eccezioni di inammissibilità sollevata dal Comune - che solo un esame della controversia nel merito può garantire;
che, quanto al danno, nella comparazione degli interessi coinvolti va attribuita preminenza, allo stato, all’interesse fatto valere dalla parte appellante, la quale deduce un pregiudizio grave e irreparabile che si ritiene sussista;
che l’interesse della P. A. viene salvaguardato attraverso la fissazione della discussione del merito, dinanzi al Tar, in tempi solleciti, ai sensi dell’art. 55, comma 10, del c.p.a.”.

7. In vista dell’udienza di discussione nel merito del ricorso, le parti in causa hanno depositato memorie difensive di replica e controreplica a mezzo delle quali insistono nelle rispettive posizioni.

8. Alla pubblica udienza del giorno 10 luglio 2018, uditi i difensori, la causa è passata in decisione.

Considerato in diritto:

1. In via preliminare deve rilevare il Collegio come non possa trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità per omessa impugnazione del parere della Regione Umbria del 6 luglio 2017 (richiamato nel provvedimento impugnato) e della direttiva regionale n. 67738 in data 11 maggio 2015, trattandosi il primo di atto evidentemente endoprocedimentale privo di contenuto decisorio ed il secondo di atto non immediatamente lesivo della posizione di parte ricorrente, in quanto recante la sola conferma del fatto che le recinzioni sono ammissibili se previste da leggi settoriali (elencando alcuni casi, non esaustivi, in cui la legislazione ammette la possibilità di cingere i terreni).

1.1. A medesime conclusioni deve giungersi in ordine alla dedotta mancata impugnazione dell’art. 42 delle N.T.A. del P.R.G., atteso che detta disposizione, ancorché richiamata nel provvedimento gravato, nulla prevede in ordine al divieto in contestazione ed anzi pare ammettere gli interventi di tipo manutentivo quale quello di specie, a tacer del fatto che non vi è prova dell’ubicazione dell’area in questione all’interno del “Parco culturale” ove insisterebbe l’asserito divieto.

2. Del pari infondata risulta poi anche l’altra eccezione di inammissibilità del ricorso per intempestiva impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 3 del 13 aprile 2017 e della diffida dalla prosecuzione dei lavori ripresi prot. n. 21785 del 22 giugno 2016, trattandosi la prima di provvedimento che ha esaurito i suoi effetti temporali (massimo 45 giorni) prima dell’emanazione dell’ordinanza di demolizione - e dunque privo di capacità lesiva ( ex multis T.A.R. Lazio Roma sez. I, 8 giugno 2011, n. 5121) - e la seconda di atto che per giurisprudenza costante è insuscettibile di integrare l’interesse a ricorrere (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2015, n. 3955).

3. Per quanto riguarda il merito del ricorso, occorre premettere, in punto di fatto, come la recinzione in questione estesa per circa 3 km. senza soluzione di continuità, sia posta in area agricola non soggetta a vincolo paesaggistico e costituita da paletti metallici ad altezza massima di mt. 1,50 distanziati tra loro mt. 6 con n. 4 ordini di filo metallico elettrificato (il primo posto a circa 30 cm. da terra) e n. 8 aperture, di circa 6 metri l’una, “a molla”;
tali modalità costruttive - secondo la documentazione depositata in giudizio - appaiono atte a garantire il normale passaggio di animali di piccole e medie dimensioni, fatta eccezione per gli ungulati. La recinzione elettrificata appariva in corso di realizzazione alla data del 3 aprile 2017 (come da verbale Comune di Orvieto) ed è utilizzata dall’impresa ricorrente unicamente a protezione dei propri frutteti.

4. Ciò premesso, deve essere esaminato in ordine logico il IV motivo di gravame, con il quale viene denunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 89 della legge regionale n. 1/12015, nell’ipotesi in cui detta norma debba intendersi nel senso di escludere l’ammissibilità dei sistemi di difesa passivi nei confronti degli animali selvatici;
interpretazione questa che secondo la prospettazione di parte ricorrente avrebbe l’effetto di comprimere illegittimamente una libertà riconosciuta direttamente dalla Costituzione e garantita dalla legge statale quale materia esclusiva in tema di “ordinamento civile”(art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione).

5. A tale riguardo, ritiene anzitutto il Collegio che non possa accogliersi una interpretazione della norma in argomento tale da far concludere per l’espunzione delle recinzioni elettrificate dal novero delle opere a difesa della proprietà, atteso che per costante indirizzo giurisprudenziale - come si esporrà più avanti - “la recinzione senza opere murarie è un manufatto essenzialmente destinato a delimitare una determinata proprietà allo scopo di separarla dalle altre, di custodirla e difenderla da intrusioni, secondo la nozione elaborata dalla giurisprudenza civile in materia di muro di cinta ex art. 878 c.c.” (cfr., ex multis T.A.R Lombardia, Brescia, sez. I, 5 febbraio 2008, n. 40). Persino la presenza di un vincolo paesistico - assente nel caso di specie - non costituisce un impedimento insuperabile all'introduzione ex novo di recinzioni al servizio della proprietà privata, poiché come tutti gli altri interventi edilizi, anche le recinzioni sono da considerare ammissibili quando non impediscano la fruizione delle componenti del paesaggio tutelate dal vincolo (T.A.R. Lombardia, Brescia sez. I, 3 luglio 2017, n. 868). Ciò significa che la recinzione “leggera” in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico impone che l'autorità preposta esprima il proprio parere, dando conto dell’effettivo impatto del manufatto nel contesto tutelato e della sua tollerabilità nella zona destinata ad ospitarlo.

6. Di qui l’evidente rilevanza, ai fini del presente giudizio, della questione di legittimità costituzionale che si intende sollevare in ordine all’art. 89, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2015, dal momento che il provvedimento impugnato si fonda essenzialmente sul divieto ivi previsto di innalzare in zona agricola “ogni forma di recinzione dei terreni” divieto - come si vedrà - che in quanto del tutto scollegato da dimensioni e caratteristiche costruttive, appare prescindere dalla tutela di interessi ambientali, paesaggistici e/o estetici.

Pare al Collegio del tutto logico - secondo le argomentazioni che si articoleranno - come la difesa del proprio fondo dalle intrusioni discendente dagli artt. 841 e 878 c.c. sia diretta nei confronti non solo delle persone non autorizzate bensì della stessa fauna selvatica, in considerazione degli ingenti danni che notoriamente essa arreca alle colture degli agricoltori, apparendo la recinzione elemento imprescindibile delle coltivazioni oltre che degli allevamenti di bestiame.

6.1. Giova evidenziare come ai sensi della legge regionale n. 17 del 2009 “Norme per l'attuazione del fondo regionale per la prevenzione e l’indennizzo dei danni arrecati alla produzione agricola dalla fauna selvatica ed inselvatichita e dall'attività venatoria” e del regolamento regionale attuativo n. 5/2010, l’installazione di sistemi di difesa delle colture - tutt’altro che liberalizzata - è collegata alla duplice condizione della presentazione di apposita domanda di autorizzazione per emergenze agricole (art. 4 comma 1, lett. c) R.R. n. 5/2010) e della programmazione da parte degli A.T.C. nei propri piani di prevenzione (art. 2 comma 3, R.R. 5/2010). Detti piani possono comprendere, quali misure preventive dei danni alle coltivazioni, le recinzioni elettriche (art.

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