TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-07-17, n. 201909471

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-07-17, n. 201909471
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201909471
Data del deposito : 17 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2019

N. 09471/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04959/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 4959 del 2019, proposto da
A K N, rappresentato e difeso dall’avv. D N L, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.a.r. Lazio in Roma, via Flaminia, 189;

contro

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ambasciata d’Italia a Kinshasa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t. , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati;

per l'annullamento

del silenzio mantenuto dalla p.a. sull’istanza presentata il 5.11.2018 e sull’istanza presentata in data anteriore tramite l’avocat Michel Okitowango del foro di Kinshasa, per la legalizzazione della documentazione relativa all’adozione dei minori indicati in atti, tra cui le due sentenze di adozione emesse dal Tribunale di Kinshasa/Kinkole, gli atti di nascita, le copie integrali dell’atto di nascita, i certificati di passaggio in giudicato, gli atti di notifica delle sentenze (già tradotti ufficialmente);

e per l’accertamento

dell’obbligo di provvedere

nonché per la condanna

al risarcimento del danno da ritardo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 26 giugno 2019 il cons. M.A. di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Rilevato :

- che con ricorso notificato a mezzo pec il 18.4.2019 (dep. il 25.4) il sig. A K N, nel premettere di avere adottato quale zio materno due minorenni congolesi, come da sentenze del Tribunale minorile di Kinshasa/Kinkole nella Repubblica democratica del Congo, ha impugnato il silenzio mantenuto dall’Ambasciata d’Italia a Kinshasa sull’istanza, e sulle successive diffide, per la legalizzazione dei documenti relativi all’adozione (due sentenze, atti di nascita, copie integrali dell’atto di nascita, certificati di passaggio in giudicato), formulando le domande riportate in epigrafe;
ha altresì chiesto di riconoscere la “fondatezza della pretesa” e di condannare l’amministrazione al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali per un importo di euro 50.000,00 (o per la somma ritenuta di giustizia);

- che l’amministrazione, costituitasi in resistenza, ha instato per la reiezione del ricorso, deducendo:

-- che non sarebbe mai stata depositata, presso l’Ambasciata, “documentazione in originale relativa ad una pratica di legalizzazione a nome del Signor

KIAYIKA NLANDU

Ambroise, salvo copie trasmesse via Pec dal legale di fiducia, Avv. D N L in data 26.10.2018”;

-- che dal “registro di ingresso delle persone che accedono alla Cancelleria Consolare” sarebbero risultati due accessi (nelle date 18.7 e 22.8.2018) dell’avv. M D O, il quale avrebbe chiesto la legalizzazione senza però produrre i relativi documenti;

-- che, a seguito della diffida inviata il 26.10.2018 dal difensore del ricorrente, l’Ambasciata avrebbe invitato quest’ultimo a fissare un appuntamento per presentare l’istanza di legalizzazione;

-- di aver ricevuto il 20.12.2018 altra diffida, sempre del legale del ricorrente, ma di non avervi dato riscontro in considerazione di quanto già rappresentato sulle procedure di legalizzazione e traduzione dei documenti stranieri prodotti all’estero ( ex art. 33, commi 2 e 3, d.P.R. n. 445/2000);

-- che per avviare ( ex art. 2, co. 6, l. n. 241/90) il procedimento di legalizzazione sarebbe occorso il rilascio di una ricevuta da parte della cancelleria consolare con l’indicazione della data di ricevimento e dei relativi costi;

-- che, in definitiva, “la mancata esibizione dei relativi documenti in originale da parte del ricorrente” non avrebbe “permesso di dare inizio al procedimento”;

- che all’odierna camera di consiglio il giudizio è stato trattenuto in decisione;

Considerato :

- che dalla documentazione prodotta in giudizio risulta quanto segue: il difensore del ricorrente ha inviato all’Ambasciata di Kinshasa in data 25.10.2018 istanza di legalizzazione degli atti per cui è questione (all. 1 res.);
con messaggio pec del 5.11.2018 l’amministrazione, nel rappresentare come non risultassero “pratiche in sospeso” relative al ricorrente, lo ha al contempo invitato “a scrivere all’indirizzo visti.kinshasa@esteri.it, richiedendo un appuntamento per la legalizzazione documenti”, con l’avvertenza che “il preposto ufficio farà pervenire oltre che il giorno di convocazione, anche tutta la documentazione necessaria con la quale presentarsi agli Uffici consolari” (all. 2 amm.);
a seguito di questa comunicazione, nel corso della stessa giornata, il difensore del ricorrente ha inviato la “diffida” all’indirizzo indicato (“visti.kinshasa@esteri.it”;
all. ric.);
con pec del 6.12.2018 l’amministrazione, nel dare atto della ricezione della mail da parte dell’Ufficio Visti, ha comunicato all’interessato l’impossibilità di rispondere “perché ad oggi tale ufficio utilizza un indirizzo email non certificato” , invitandolo per tale ragione a scrivere nuovamente da una casella “non pec” (con indicazione del “motivo della richiesta dell’appuntamento” e del nome del richiedente”;
all. 3 amm.);
con altra mail del 20.12.2018 il difensore del ricorrente ha reiterato l’istanza di legalizzazione di “tutta la documentazione presentata […] presso l’Ambasciata” (precisando come l’avvocato Michel Diembo sarebbe stato già infruttuosamente convocato per due volte;
all. 4 amm.);

- che l’Ambasciata stessa, pur riconoscendo di aver ricevuto la domanda di legalizzazione, non risulta però avervi dato corso (essendosi limitata a segnalare, come si è visto, la necessità che l’interessato riproponesse la domanda mediante un messaggio “non pec” all’Ufficio visti);

- che, peraltro, dal carteggio intercorso tra le parti non si evincono le ragioni della mancata presa in carico della domanda dell’interessato: non è chiaro, infatti, per quale motivo l’ufficio che ha ricevuto l’istanza del 5.11.2018 (e, ancor prima, quella del 25.10.2018) non l’abbia autonomamente inoltrata all’articolazione dell’Ambasciata poi indicata come competente;

- che l’amministrazione nemmeno ha dato riscontro alla successiva diffida del 22.12.2018;

- che, in questa ottica, non può dirsi raggiunta (pure se in via indiretta e indiziaria) la prova dell’omessa produzione, da parte del delegato del ricorrente (presentatosi presso gli uffici consolari), degli originali degli atti da legalizzare (dal citato carteggio non risultano riferimenti a questo requisito);

- che, in relazione alla specifica fattispecie oggi in esame, non è condivisibile l’assunto del Ministero secondo cui il dies a quo del procedimento di legalizzazione avrebbe potuto iniziare a decorrere solo dall’“esibizione dei […] documenti in originale”;

- che, infatti, non è stata resa nota all’interessato tale necessità (infine esplicitata dalla parte pubblica), con la conseguenza che il termine di 60 giorni previsto per la conclusione del procedimento di “rilascio di legalizzazioni” (ai sensi della tabella allegata all’art. 1, co. 2, d.P.C.M. 8 settembre 2011, n. 178, sez. “uffici all’estero”) è iniziato a decorrere dalla prima presentazione della relativa istanza;

- che l’amministrazione non risulta aver provveduto entro il lasso temporale innanzi indicato;

Considerato , pertanto:

- che il ricorso è fondato con riferimento alla domanda sul silenzio e va per questa parte accolto, dovendosi conseguentemente ordinare all’Ambasciata d’Italia a Kinshasa di provvedere sull’istanza di parte ricorrente, con nomina sin d’ora di un commissario ad acta per il caso di perdurante inerzia;

- che va invece respinta, in quanto infondata, la domanda ex art. 31, co. 3, c.p.a. con cui il ricorrente ha chiesto di “pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio”, posto che nella fattispecie all’odierno esame il procedimento di legalizzazione richiede l’effettuazione di “adempimenti istruttori” da parte dell’amministrazione (l’art. 31, co. 3, cit. consente, infatti, di provvedere nel senso voluto dal ricorrente “solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione”);

- che, con riguardo alla domanda risarcitoria, va disposta ex art. 117, co. 6, c.p.a. l’iscrizione della causa sul ruolo ordinario, con fissazione dell’udienza di trattazione del merito;

- che le spese della presente fase, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno direttamente corrisposte all’avv. D N L, dichiaratosi antistatario;

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