TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2015-06-05, n. 201507897

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2015-06-05, n. 201507897
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201507897
Data del deposito : 5 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04705/1998 REG.RIC.

N. 07897/2015 REG.PROV.COLL.

N. 04705/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4705 del 1998, proposto da:
C G, rappresentato e difeso dall'avv. G C P, con domicilio eletto presso l’avv. G C P in Roma, Via Emilia, 81;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del Decreto n. 266, datato 12.12.1997, a firma del Vice Direttore Generale della Direzione per i sottufficiali e i militari di truppa dell’esercito, notificato il 24.1998, con il quale, dopo aver disposto la riammissione in servizio del ricorrente previa inflizione della sospensione disciplinare dall’impiego per mesi quattro, ha disposto che la sanzione avesse decorrenza dalla stessa data del Decreto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2015 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’odierno ricorrente, Maresciallo dell’Esercito, è stato condannato dal Tribunale militare di Roma con sentenza del 19 febbraio 1991 a tre anni di reclusione militare (due condonati) e pena accessoria della rimozione per peculato militare e forzata consegna. In appello la pena è stata ridotta ad anni due e mesi due. Detta sentenza è divenuta irrevocabile il 13 dicembre 1991, data in cui è stata confermata in Cassazione la pronuncia di appello.

Con d.m. n. 52 dell’8 maggio 1992 è stata quindi disposta la perdita del grado per condanna e la cessazione dal servizio permanente, con decorrenza 13 dicembre 1991.

A seguito di istanza prodotta dall’interessato, ne è stata disposta, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 19 del 1990, la riammissione in servizio con decreto n. 266 del 12.12.1997 con il grado e l’anzianità assoluta posseduti al 13 dicembre 1991, con contestuale irrogazione della sanzione della sospensione dal servizio di mesi quattro a decorrere dalla data del decreto di riammissione in servizio, e cioè dal 12.12.1997.

Detto decreto è quindi impugnato con il ricorso n. 4705/98 in esame nella sola parte in cui la sanzione della sospensione viene fatta decorrere dalla data di adozione del decreto di riammissione in servizio e non già dalla data della domanda di riammissione (18 giugno 1997). Tanto è chiaramente esplicitato dal ricorrente sia nell’epigrafe del ricorso che nelle conclusioni di questo, all’uopo deducendo violazione dell’art. 10 della legge n. 19 del 1990 nonché eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Al riguardo lo stesso ricorrente riconosce la legittimità della irrogazione nei suoi confronti di una sanzione disciplinare commisurata alla gravità del fatto, compatibile con la riammissione, mentre afferma la illegittimità del decreto avversato per aver fatto decorrere i quattro mesi di sospensione dall’impiego dalla data del provvedimento di riammissione ed irrogazione di sanzione e non già dalla data della sua domanda di riammissione in servizio. Invero, nel corpo del ricorso il ricorrente lamenta anche che, a suo avviso, la stessa riammissione avrebbe dovuto essere disposta con decorrenza dalla relativa domanda di parte, ma anche qui l’affermazione è finalizzata alla tesi per cui dalla data della domanda (18 giungo 1997) avrebbe dovuto decorrere la sospensione di 4 mesi.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Alla pubblica udienza del 13 maggio 2015 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

Osserva il Collegio che l'art. 10, l. 7 febbraio 1990, n. 19, per il quale tutti i soggetti che fossero stati dichiarati destituiti di diritto e per i quali le situazioni dovevano essere considerate definitive, potevano richiedere la riammissione in servizio, previo esperimento di un procedimento disciplinare che non si concludesse con la destituzione, è oggettivamente una norma di favor nei confronti dei soggetti già destituiti di diritto, tendente, nonostante la loro posizione fosse ormai factum praeteritum, a permettere agli stessi, qualora lo avessero voluto, di rientrare nei ruoli dell'Amministrazione, ma proprio perché si tratta di un beneficio (che tende comunque ad una sorta di riparazione ordinamentale), lo stesso può essere calibrato dal legislatore nella misura più opportuna e più equilibrata. Ed è sulla scorta di detto assunto che la giurisprudenza ha fugato ogni dubbio in ordine alla legittimità costituzionale della norma nella parte in cui, pur ipotizzando la possibilità della riammissione in servizio dei soggetti originariamente destituiti di diritto, ha comunque limitato gli effetti della suddetta riammissione, nel senso che il soggetto riammesso rientra nei ruoli dell'Amministrazione dal momento del provvedimento di riammissione, cumulando l'anzianità maturata fino al momento della destituzione di diritto e conservando la qualifica posseduta al momento del provvedimento espulsivo (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 15 luglio 2008 , n. 3522 e 5 ottobre 2006 n. 5925).

In altri termini, il beneficio di che trattasi non opera ex tunc, spettando al personale interessato il solo riconoscimento dell'anzianità di qualifica e servizio posseduta al momento della cessazione dal servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. I, 28 febbraio 2011 n. 443). Nella specie, infatti, l’amministrazione nel disporre la riassunzione, ha riconosciuto al ricorrente (oltre che il grado) l’anzianità assoluta posseduta al 31 dicembre 1991, data dalla quale decorreva, per effetto del decreto recante la perdita del grado, la sua cessazione dal servizio permanente.

Anche questo Tribunale ha osservato che “Al pubblico dipendente destituito di diritto dall'impiego a seguito di condanna penale e riammesso in servizio ai sensi dell'art. 10 L. 7 febbraio 1990 n. 19 non spetta la ricostruzione della carriera e la corresponsione delle retribuzioni non percepite e dei relativi accessori relativamente al periodo intercorrente fra la destituzione e la riammissione in servizio, in quanto la ricostituzione del rapporto di lavoro subordinato ha effetto ex nunc, ossia dal momento del provvedimento di riammissione, cumulando l'anzianità maturata fino al momento della destituzione di diritto e conservando la qualifica posseduta al momento del provvedimento espulsivo” (cfr. T.A.R. Lazio Sez. II, 7 febbraio 2008 n. 1109 ma anche Cons. Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2006 n. 7978).

Tutto ciò premesso, è innanzitutto sul piano logico che, una volta disposta la riammissione con contemporanea irrogazione della sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego, la decorrenza di questa non può essere che - necessariamente – quella della data di riammissione in servizio ovvero, altrimenti detto, non ha alcun fondamento giuridico la pretesa di voler “scontare” la sospensione disciplinare dall’impiego, i cui effetti sfavorevoli sono fuor di dubbio, in epoca in cui la riammissione non era stata ancora disposta. Senza riammissione non vi è sanzione e solo con l’effettività della riammissione può essere fatta effettivamente scontare la sanzione (ovviamente non espulsiva) che accompagna la riammissione. Del resto, la riammissione è concessa, come recita la norma della cui applicazione è questione, “ solo se all'esito del procedimento disciplinare, che deve essere proseguito o promosso entro novanta giorni dalla ricezione della domanda di riammissione da parte dell'amministrazione competente e che deve essere concluso entro i successivi novanta giorni non venga inflitta la destituzione. ”. Riammissione e irrogazione di sanzione disciplinare costituiscono una endiadi, nel senso che non vi è la seconda se non vi è la prima e il principio di effettività della sanzione importa necessariamente che essa decorra dal momento della riassunzione, cioè - nella specie - dal 12 dicembre 1997.

Pertanto, il decreto in parte qua avversato è legittimo anche in punto di decorrenza della sospensione disciplinare inflitta al ricorrente.

In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame siccome infondato.

Sussistono tuttavia giuste ragioni, avuto anche riguardo alle peculiarità della controversia, per la integrale compensazione delle spese del presente giudizio fra le parti.

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