TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-04-15, n. 202000491

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-04-15, n. 202000491
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202000491
Data del deposito : 15 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/04/2020

N. 00491/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00071/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 71 del 2016, proposto da
Funeral center sr.l., Assoimprese C.F.R.P., Onoranze funebri l’umanità s.r.l. e M di P S, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati A L e M P, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito;

per l'annullamento

“- della Deliberazione del Consiglio Comunale di Bari n. 57 del 16.10.2015, pubblicata all’Albo Pretorio in data 4.11.2015 e resa esecutiva a partire dal 5.11.2015, nelle parti impugnate con il presente ricorso ed in particolare: art. 9, art. 14, artt. 24, 26, 29, 30, art. 5 del regolamento comunale (ed ogni altro articolo eventualmente menzionato nel presente ricorso);

- nonché di ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto”;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2019 l’avv. Donatella Testini e udito per la parte resistente il difensore avv. Pasquale Procacci, su delega dell'avv. A L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità di alcuni articoli del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Bari, approvato con delibera consiliare n. 57 del 16 ottobre 2015, che la parte ricorrente impugna per violazione della disciplina regionale (legge regionale 15 dicembre 2008 n. 34 e regolamento regionale 11 marzo 2015 n. 8) nonché per eccesso di potere in relazione alla mancata osservanza della circolare regionale n. 10790 del 20 luglio 2015.

Con la prima censura, la parte ricorrente impugna l’articolo 9 nella parte in cui non include il rilascio del certificato medico di trasporto di salma e il rilascio dell’autorizzazione al trasporto di cadavere tra le prestazioni gratuite a carico del Comune, lasciando intendere, a suo dire, che per il rilascio di tali autorizzazioni il Comune sia titolato a richiedere il pagamento di una tariffa, laddove, al contrario, la disciplina regionale ne prevederebbe la gratuità.

Censura altresì il comma 6 del predetto articolo 9 nella parte in cui prevede che il servizio di trasporto funebre possa essere assoggettato a tariffe stabilite dal Comune ai sensi dell’articolo 42, comma 2, lettera f), del T.U.E.L.(decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), trattandosi, invece, di attività liberalizzata per effetto dell’abrogazione del diritto di privativa del servizio pubblico di trasporto funebre di cui all’articolo 1, punto 8, del regio decreto n. 2578 del 1925 ad opera dell’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, poi trasfuso nell’articolo 112 del T.U.E.L.

Con il secondo motivo, impugna l’articolo 14, commi 4 e 5, nella parte in cui stabilisce che le ditte del settore eseguano il trasporto funebre secondo le tariffe stabilite unilateralmente dal Comune e non in base a prezzi remunerativi e di mercato, in contrasto anche con la liberalizzazione dell’attività derivata dall’abrogazione della privativa comunale.

Con il terzo motivo, impugna tutte le norme del regolamento comunale che prevedono la necessità, per le imprese che intendono operare nel comune di Bari, di dotarsi dell’accreditamento, così introducendo un titolo autorizzatorio aggiuntivo rispetto all’ordinaria autorizzazione all’esercizio, non previsto dalla normativa regionale.

Si tratta, segnatamente, degli articoli 24, commi 2 e 13, 26 e 29.

Con il quarto motivo, impugna l’articolo 5, comma 3, che, nel prevedere un sistema di controlli a campione come possibile alternativa al sistema dei controlli periodici, sarebbe incompatibile con la disciplina regionale che, invece, impone ai comuni il compito di verificare la permanenza dei requisiti in capo a tutte le imprese di onoranze funebri.

Conclude per l’annullamento delle disposizioni impugnate, in accoglimento del gravame.

Il Comune di Bari, ancorché ritualmente intimato, non si è costituito.

Previo deposito di ulteriore memori, la causa viene ritenuta per la decisione alla pubblica udienza del 22 ottobre 2019.



2. Il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.



2.1 Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente si duole di una serie di norme contenute nell’articolo 9 del regolamento comunale.



2.1.1. Sotto un primo versante - dopo aver precisato che l’autorizzazione al trasporto della salma da parte del Comune è stata soppressa, essendo a tal fine sufficiente la certificazione rilasciata dal medico del SSN che il trasporto non arreca pregiudizio per la salute pubblica e che è escluso il sospetto che la morte sia dovuta a reato (articolo 10, comma 2, della legge regionale n. 34 del 2008) - rileva che tale certificazione non è inclusa nell’elenco dei “servizi di interesse pubblico” definiti gratuiti dal primo comma dell’articolo 9 in disamina.

Ulteriormente rilevato che, ai sensi del successivo comma 6, i servizi non inclusi nel comma 1 fra quelli gratuiti “sono sottoposti al pagamento delle tariffe secondo i criteri i cui all’articolo 42, comma 2, lettera f), del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267”, la parte ricorrente paventa la possibilità che il Comune possa assoggettare a tariffa il rilascio della certificazione medica, lamentando un contrasto con l’articolo 10, comma 2, della legge regionale n. 34 del 2008, con l’articolo 3 del regolamento regionale n. 8 del 2015 e con la circolare regionale del luglio 2015.

L’articolo 10, comma 2, della predetta legge regionale dispone che “2. Per effettuare il trasporto della salma, che deve avvenire entro le ventiquattro ore dal decesso, non occorre alcuna autorizzazione da parte del comune, ma è sufficiente apposita certificazione rilasciata dal medico curante o dal medico dipendente o convenzionato con il SSN, intervenuto in occasione del decesso, attestante che il trasporto non arreca pregiudizio per la salute pubblica ed è escluso il sospetto che la morte sia dovuta a reato”.

L’articolo 3 del regolamento, rubricato “Adempimenti conseguenti al decesso”, dispone, al comma 7, che “Per il trasporto dal luogo di decesso alle predette sedi di destinazione" [sala del commiato, camera mortuaria di struttura sanitaria pubblica e/o privata accreditata, previa disponibilità all'accoglimento della salma, civico obitorio, abitazione propria o dei familiari, luoghi di culto purché idonei all'osservazione della salma come prescritto dall'art. 12 comma 2 del D.P.R. n. 285/1990], “è necessaria l'acquisizione del certificato, di cui all'art. 37, co. 1, lett. a.1, da compilare in ogni sua parte, che dichiara l'idoneità della salma ad essere trasportata”.

Trattasi del c.d. certificato di “trasporto salma” emesso dal medico di medicina generale ai sensi del suddetto articolo 10.

La circolare regionale del luglio 2015 specifica che il certificato di “trasporto salma” viene redatto dal medico di medicina generale a titolo gratuito.

È appena il caso di sottolineare che, trattandosi di attività obbligata per il medico, la gratuità è ovvia.

A fronte di siffatta normativa sovraordinata al regolamento impugnato, così come interpretata dalla Regione, il ricorrente paventa la possibilità che il Comune possa richiedere il pagamento di una tariffa per il rilascio del certificato di “trasporto salma”.

La censura, in disparte ogni considerazione sulla dubbia concretezza dell’interesse che la sorregge, è palesemente infondata.

Il rilascio del certificato è un’attività che rientra nell’ambito necroscopico e, come tale, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del regolamento impugnato, è assicurata “in via obbligatoria sia da parte del comune sia del servizio sanitario regionale”.

La considerazione dirimente, comunque, è che il rilascio della certificazione sanitaria non può definirsi “servizio d’interesse pubblico” trattandosi con tutta evidenza dell’esercizio di una funzione amministrativa di carattere certificativo, ragion per cui la preoccupazione della parte ricorrente non ha ragion d’essere in quanto l’ambito oggettivo di applicazione dell’articolo 9 è limitato ai servizi.

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