TAR Napoli, sez. II, sentenza 2017-11-20, n. 201705458
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Pubblicato il 20/11/2017
N. 05458/2017 REG.PROV.COLL.
N. 02712/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2712 del 2016, proposto dalla Nels Srl, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avv. A P, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, via G. Carducci, n. 37;
contro
il Comune di Arzano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, viale Michelangelo, n.33;
per l'annullamento
dell’atto prot. n. 7628/2016 con il quale è stata comunicata l’irricevibilità relativamente alla scia prot. n. 7429/2016;
dell’ordinanza di acquisizione prot. n 5930 del 23 marzo 2015;
di ogni altro atto presupposto, connesso ovvero consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2017 la dott.ssa B B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato in data 20 maggio 2016 e depositato in data 16 giugno 2016, la società Nels S.r.l. ha agito per l’annullamento dell’atto prot. n. 7628/2016, con cui il Comune di Arzano ha dichiarato l’irricevibilità relativamente della s.c.i.a. prot. n. 7429/2016, avente ad oggetto il ripristino dell'originaria destinazione d'uso delle unità immobiliari afferenti al compendio sito alla via Atellana, già oggetto delle ordinanze di demolizione n. 25/2013 del 10.5.2013 e n. 5/2014 del 14.07.2014 nonché dell’ordinanza di acquisizione prot. n. 5930 del 23 marzo 2015.
L’atto impugnato reca a proprio fondamento la mancanza di legittimazione della società Nels alla presentazione della suddetta domanda, stante la definitiva perdita della proprietà del bene, acquisito al patrimonio comunale giusto il provvedimento dichiarativo dell’acquisizione sopra indicato.
Ai fini di un corretta illustrazione della vicenda sotto il profilo fattuale, è necessario considerare che:
con ordinanza di demolizione del Comune di Arzano n. 2/2013 del 10.5.2013, è stato ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi relativamente al mutamento di destinazione d'uso delle predette unità immobiliari riferite, in particolare, alla palazzina uffici assentita con permesso di costruire n. 57/2003 e successiva variante n. 4/2004;
che la sopra indicata ordinanza di demolizione è stata impugnata con ricorso iscritto al numero di R.G. 3328 del 2013, con il quale parte ricorrente ha anche richiesto l’accertamento dell’avvenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza di permesso di costruire prot. n. 16219 del 30.7.2012 relativa al mutamento di destinazione d’uso del fabbricato predetto, con conseguente declaratoria della sussistenza dei presupposti per l’assentibilità dell’intervento edilizio e per l’avvio dei lavori;
che, con ordinanza n. 1409 del 13 settembre 2013 questa Sezione ha sospeso l’efficacia dell’ordinanza di demolizione, in accoglimento della domanda cautelare presentata dalla società;
che, il suddetto giudizio è stato integrato con ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il diniego definitivo del permesso di costruire prot. n. 11670 del 1.7.2014 e l’ordinanza di demolizione n. 5 del 14.7.2014, con la quale, rigettata la domanda di sanatoria, l’amministrazione ha rinnovato l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi;
che il sopra indicato giudizio è stato definito con sentenza di questa Sezione resa in forma semplificata n. 6032 del 21 novembre 2014;
che avverso la suddetta sentenza è stato proposto ricorso in appello, nell’ambito del quale il Consiglio di Stato ha dapprima sospeso, con ordinanza n. 1279 del 25 marzo 2015 l’esecutività della sentenza di primo grado e, poi, con sentenza n. 1153 del 2016 ha respinto l’appello, integralmente confermando la pronuncia di questa Sezione;
che, in data 23 marzo 2015, prima, dunque, della pubblicazione della suddetta ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, l’amministrazione comunale ha adottato il provvedimento dichiarativo dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale, stante l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 25/2013 del 10.5.2013 e n. 5/2014 del 14.07.2014;
che l’ordinanza di acquisizione è stata notificata all’interessata in data 24.03.2015;
che in data 25.3.2016 la NELS ha manifestato all’amministrazione l'intenzione di ripristinare la precedente destinazione, riservandosi di presentare una s.c.i.a. a tal fine, poi effettivamente prodotta in data 30.3.2016 (prot. n. 7429).
Il Comune di Arzano si è costituito in giudizio per resistere al gravame, sollevando preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, stante la perdita della proprietà del bene da parte della società in conseguenza del provvedimento acquisitivo, non tempestivamente impugnato e concludendo nel merito per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 1072 del 2016, questa Sezione ha rigettato la domanda cautelare, valutando non sussistenti i relativi presupposti, in specie tenuto conto dell’omessa impugnazione entro i termini di decadenza dell’ordinanza di acquisizione. Tale ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 4603 del 2016, esclusivamente nella considerazione della gravità del pregiudizio dedotto.
Con successive memorie la società ricorrente e l’amministrazione comunale hanno ribadito le rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 24 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato in parte irricevibile per tardività e per la restante parte inammissibile per carenza di interesse.
2. Come esposto nella narrativa in fatto, alle ordinanza di demolizione (impugnate con ricorsi rigettati sia in primo grado che in appello) ha fatto seguito l’adozione, in data 23 marzo 2015, del provvedimento dichiarativo dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale.
3. Ai fini della declaratoria di irricevibilità, risulta dirimente la circostanza che l’ordinanza di acquisizione è stata notificata all’interessata in data 24.03.2015 e non ha costituito oggetto di impugnazione entro i prescritti termini di decadenza.
3.1. A distanza di oltre un anno dalla notificazione, parte ricorrente ha impugnato con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato il 20 maggio 2016, anche quell’ordinanza di acquisizione, quando, ormai, i relativi effetti si erano da tempo consolidati con definitiva perdita della proprietà del bene.
3.2. I pure laboriosi tentativi della difesa di parte ricorrente di rimediare alla preclusione derivante dall’omessa impugnazione entro il termini di decadenza del provvedimento acquisitivo non meritano positivo apprezzamento.
3.3. In aggiunta a quanto sopra esposto, infatti, è sufficiente rilevare che né il Giudice di primo grado né il Giudice di Appello si sono mai espressi sul provvedimento di acquisizione, men che mai sospendendolo.
3.4. In conformità al principio della domanda, tutte le pronunce giurisdizionali hanno avuto ad oggetto i provvedimenti in quella sede impugnati, interessati dalle domande di annullamento proposte dalla società ricorrente.
3.5. L’insostenibilità di un pronunciamento implicito, sia pure in sede cautelare, da parte del Giudice di Appello sul provvedimento di acquisizione è resa, peraltro, evidente dalla circostanza che emerge per tabulas che l’ordinanza di acquisizione è stata sia adottata che notificata all’interessata prima della pubblicazione dell’ordinanza con la quale il Consiglio di Stato ha sospeso interinalmente l’efficacia della sentenza di primo grado (poi, integralmente confermata, secondo quanto già rappresentato nell’esposizione in fatto). Ciò senza considerare che una pronuncia cautelare, contrariamente a quanto preteso dalla ricorrente, non avrebbe potuto assicurare ciò che neanche la pronuncia di merito avrebbe potuto garantire in quel giudizio di appello, vale a dire l’annullamento giurisdizionale di un provvedimento non impugnato.
3.6. Al momento della pubblicazione della suddetta ordinanza non solo l’effetto acquisitivo si era già prodotto, essendo ampiamente decorso il termine di novanta giorni entro il quale la società avrebbe dovuto provvedere alla demolizione, ma era stato già notificato anche il provvedimento di acquisizione.
3.7. Per paralizzare gli effetti di quest’ultimo provvedimento, nelle more della definizione del giudizio di appello, la società avrebbe dovuto tempestivamente impugnarlo innanzi al Giudice di primo grado, con richiesta anche della domanda cautelare. A tali strumenti, ampiamenti idonei ad assicurare una tutela efficace, la società non ha fatto ricorso, producendosi, dunque, tutte le preclusioni previste dall’ordinamento a presidio delle irrinunciabili esigenze di certezza dei rapporti giuridici.
3.8. Del resto, il rapporto sussistente tra l’ordinanza di demolizione ed il provvedimento di acquisizione non determina l’assenza di autonomia di quest’ultima, nel senso che, come ribadito dalla univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche), l'acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune dell'area sulla quale insiste la costruzione abusiva non è una misura strumentale, per consentire al comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione.
3.9. Ed è ultroneo, nella fattispecie, evidenziare la natura dichiarativa di un effetto che consegue ex lege e ciò in quanto il provvedimento di acquisizione è stato adottato, notificato e non impugnato nei termini.
4. Parte ricorrente, peraltro, non ha neanche ritenuto di richiedere l’ammissione al beneficio della rimessione in termini, con riferimento al quale, per completezza di analisi e tenuto conto dell’afferenza ai poteri ufficiosi, il Collegio ritiene anche di precisare l’insussistenza dei relativi presupposti, ai sensi all’art. 37 c.p.a., stante l’assenza, per le ragioni sopra esposte, di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto. Si evidenza, a tale riguardo, che, come evidenziato anche dall’Adunanza Plenaria (n. 32 del 2012;n. 3 del 2010) “ l’art. 37, al pari della previgente disciplina processuale dell’istituto dell’errore scusabile, è stato considerato dalla plenaria una norma di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone, lungi dal rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti (art. 2, c. 1, c.p.a.), sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale ”.
4.1. Non sono predicabili nella fattispecie né l’oscurità del quadro normativo, né oscillazioni della giurisprudenza, né comportamenti scorretti dell’amministrazione, la quale ha doverosamente adottato gli atti vincolati nell’esercizio dei poteri dei quali è attributaria. Ed è anzi proprio in considerazione della insussistenza di dubbi quanto alle conseguenze derivanti dalla tardiva impugnazione del provvedimento di acquisizione, sia alla luce della stabilità del quadro normativo di riferimento sia tenuto conto dei principi espressi dal formante giurisprudenziale, con orientamenti, peraltro, consolidati, che il Collegio non ritiene di valutare dirimente, al fine di addivenire a diverse conclusioni, l’omessa indicazione nel provvedimento di acquisizione della possibilità di proporre ricorre ricorso. Per univoca giurisprudenza, infatti, la mancanza di indicazione in un provvedimento amministrativo dei rimedi impugnatori, del termine e dell’organo cui proporli non giustifica, di per sé sola, la concessione del beneficio dell’errore scusabile per ricorrere (Cons. Stato Sez. IV, 13-10-2017, n. 4758). La scusabilità dell’errore, infatti, presuppone una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto, nel caso che ne occupa non sussistente.
5. Dalla irricevibilità per tardività dell’impugnazione del provvedimento di acquisizione consegue l’inammissibilità del carenza di interesse dell’impugnazione dell’atto, in quanto al momento della presentazione della s.c.i.a. la società aveva già perso la proprietà del bene.
6. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso va dichiarato in parte irricevibile e per la restante parte inammissibile.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.