TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2010-03-25, n. 201004722
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N. 04722/2010 REG.SEN.
N. 06881/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 6881/09, proposto dalla Fastweb s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti A G, C M e R R e con questi elettivamente domiciliata in Roma, via P.zza Borghese n. 3 presso lo studio dell’avv. A G,
contro
l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ed il Ministero dello sviluppo economico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono per legge domiciliati,
il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio, nonché,
nei confronti di
Wind Telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
di Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Lattanzi, Andrea Zoppini e Mario Siragusa e con questi elettivamente domiciliata in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina n. 47 presso l’avv. Filippo Lattanzi,
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 14/09/Cir, adottata dalla Commissione per le infrastrutture e le reti nella riunione del 24 marzo 2009, con la quale sono state approvate le condizioni economiche dell’offerta di riferimento di Telecom Italia relativa ai servizi di accesso disaggregato all’ingrosso alle reti e sottoreti metalliche e ai servizi di co-locazione per l’anno 2009 nonché di ogni altro atto al predetto antecedente, conseguente, connesso e/o presupposto, con particolare riguardo, e ed in quanto occorra, ai verbali delle riunioni della CIR in data 16 dicembre 2008, 5 febbraio 2008 e 24 marzo 2009.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia s.p.a.;
Visto l’atto di trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato;
Visto l’atto di motivi aggiunti, notificato il 20 gennaio 2010 e depositato il successivo 21 gennaio;
Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’11 marzo 2010 il Consigliere Giulia Ferrari;uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso straordinario al Capo dello Stato, proposto il 3 agosto 2009 e trasposto – a seguito di opposizione formulata dalla Wind Telecomunicazioni s.p.a. con atto notificato il 7 agosto 2009 – in sede giurisdizionale lo stesso 7 agosto 2009 e depositato il successivo 10 agosto, Fastweb s.p.a. impugna, tra l’altro, la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (d’ora in poi Autorità o Agcom) n. 14/09/Cir, adottata dalla Commissione per le infrastrutture e le reti nella riunione del 24 marzo 2009, con la quale sono state approvate le condizioni economiche dell’offerta di riferimento di Telecom Italia relativa ai servizi di accesso disaggregato all’ingrosso alle reti e sottoreti metalliche e ai servizi di co-locazione per l’anno 2009, e ne chiede l’annullamento.
Premette che il servizio di accesso disaggregato (ULL) è offerto dall’operatore incumbent agli operatori alternativi e si sostanzia della messa disposizione del cd. doppino, necessario per offrire i servizi agli abbonati.
Aggiunge che con delibera 4/06, adottata a seguito di analisi del mercato, l’Agcom aveva regolato la fornitura di ULL. A seguito di detta delibera il prezzo del servizio ULL è stato fissato, nel massimo, ad un valore di 8,03 euro/mese per linea per il 2006;di 7,81 euro/mese per linea per il 2007. Il prezzo effettivamente praticato da Telecom era però inferiore, perché per porre termine ad un procedimento di infrazione Telecom Italia si era impegnata a praticare, fino a tutto il 2006, un prezzo per ULL di 7,5 euro/mese per linea.
La normativa vigente prevede che l’Autorità effettui una nuova analisi di mercato ogni 18 mesi e che i rimedi definiti dall’analisi di mercato rimangano validi fino all’espletamento della nuova analisi di mercato. La nuova analisi sarebbe dovuto essere effettuata nel 2007. Detta analisi, avviata a dicembre 2007 con la delibera 626/07/Cons, è stata sospesa con delibera 351/08 dall’Agcom nel luglio 2008. Nelle more, e precisamente nell’ottobre 2007, Telecom ha presentato la propria proposta di prezzi da applicarsi per l’anno 2008. In tale sede Telecom ha proposto un prezzo per il canone mensile del servizio ULL pari ad 8,40 euro al mese per linea, richiedendo tuttavia aumenti consistenti per altro componenti di servizio (quali, ad es., i contributi una tantum di attivazione delle linee ULL). Con delibera 69/08/Cir l’Agcom ha approvato un prezzo di 7,64 euro/mese per linea, dichiarando che tale valore era coerente con i dati di contabilità regolatoria presentati da Telecom Italia. Avverso detta delibera Fastweb ha proposto ricorso, non ancora definito. La stessa situazione si è ripetuta per l’anno 2009. Telecom ha chiesto l’approvazione di un aumento di prezzo per il servizio ULL che l’Autorità l’ha autorizzato con la delibera 69/08/Cir, anche se in misura inferiore (ma pur sempre consistente) rispetto a quanto richiesto dall’operatore incumbent.
2. Avverso la predetta delibera la ricorrente è insorta deducendo:
a) Violazione e falsa applicazione della delibera 4/06/Cir, Violazione e falsa applicazione dell’art. 50, commi 2 e 3, D.L.vo n. 259 del 2003 – Eccesso di potere in forma paradigmatica - Difetto di motivazione.
Illegittimamente l’Autorità non ha verificato se i costi sui quali si fonda l’impugnata delibera sono costi efficienti. Quando si adottano misure regolatorie in materia di controllo dei prezzi non ci si può limitare a una semplice verifica contabile.
Aggiungasi che la delibera, in quanto adottata dalla Commissione infrastrutture e reti e non dal Consiglio, costituisce un atto attuativo della regolamentazione generale istituita in questa specifica materia con la delibera 4/06/Cons e non avrebbe, quindi, potuto discostarsi dall’impostazione dalla stessa tracciata.
b) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett. a) e c), L. n. 249 del 1997 – Violazione e falsa applicazione art. 32 del regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità, adottato con delibera 316/02/Cons – Eccesso di potere sotto forma di incompetenza.
La delibera, nel momento in cui si discosta dai principi fissati dalla delibera 4/06/Cons ha valenza regolamentare. Doveva essere, quindi, adottata dal Consiglio e non dalla Commissione per le infrastrutture e le reti.
c) Violazione e falsa applicazione dei principi che presiedono al funzionamento degli organi collegiali – Difetto di motivazione.
La delibera impugnata è stata adottata a maggioranza dei presenti. Nell’adottare la delibera, quindi, il collegio avrebbe dovuto dare atto dei voti contrari espressi e delle ragioni che inducevano a superarli.
d) Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Sviamento di potere.
Un consigliere relatore è stato sostituito a ridosso dell’approvazione definitiva. Difficilmente il nuovo relatore ha avuto la possibilità di approfondire la tematica, e ciò comporta un palese difetto di istruttoria.
e) Irragionevolezza – Illogicità – Perplessità – Difetto di motivazione. Gli importi valorizzati configgono con i dati contabili dichiarati dalla stessa Telecom Italia.
f) Travisamento dei presupposti di fatto – Irragionevolezza – Illogicità.
In relazione ai costi di commercializzazione OLO, l’incongruenza dell’importo riconosciuto rispetto a dati dichiarati dalla stessa Telecom Italia vizia il provvedimento impugnato per irragionevolezza e illogicità.
g) Travisamento dei presupposti di fatto - Irragionevolezza – Illogicità sotto ulteriori profili – Violazione delibera 4/06/Cons.
Analoghe incongruenze e contraddizioni si registrano con riguardo al costo di manutenzione correttiva.
h) Illogicità – Irragionevolezza – Violazione del principio di orientamento al costo – Violazione della delibera 4/06/Cons.
In assenza di dati di contabilità regolatoria l’Autorità ha utilizzato un modello botton-upche si basa su dati risalenti al 2000, periodo in cui i criteri, sui quali la contabilità regolatoria attuale dovrebbe poggiare, non erano ancora in vigore. Questa circostanza, assieme all’assenza di trasparenza circa i criteri di calcolo del costo del personale, rende impossibile qualsiasi verifica sulla correttezza dei dati utilizzati dall’Autorità ed evidenzia un palese difetto di istruttoria e di motivazione.
i) Illogicità – Irragionevolezza – Difetto di istruttoria e di motivazione.
Per l’approvazione dell’offerta di riferimento 2009 di Telecom Italia l’Agcom si è avvalsa della contabilità regolatoria 2006. La certificazione è intervenuta solo 7 giorni lavorativi prima dell’approvazione del testo definitivo della delibera 14/09/Cir. La scelta di avvalersi della contabilità regolatoria 2006 è irrazionale. Nei casi precedenti ci si è sempre avvalsi di una contabilità più recente.
l) Violazione e falsa applicazione artt. 9 della delibera 4/06/Cons e 2, settimo comma, della delibera 83/06/Cir. Violazione dei principi di trasparenza e partecipazione. Violazione dei doveri di diligenza e buon andamento dell’azione amministrativa.
Non sono state analiticamente esplicitate le operazioni, i criteri e i metodi impiegati per passare dai costi totali ai costi unitari.
m) Eccesso di potere sotto forma di contraddittorietà ed irragionevolezza – Difetto di motivazione sotto diversi profili – Violazione del ragionevole affidamento degli operatori, nonché violazione dell’obbligo di verificare l’impatto delle misure regolatorie adottate.
In un primo tempo l’Agcom aveva stabilito che tra la data di adozione della delibera (gennaio 2009) e la sua entrata in vigore sarebbero dovuto trascorrere tre mesi, per evitare che un eventuale aumento del canone potesse tradursi in una perdita secca per gli OLO, ove essi non fossero stati posti in condizione di trasferire in maniera proporzionale i maggiori oneri sul prezzo del servizio finale.
Con l’impugnata delibera è stata invece statuita – immotivatamente – l’immediata entrata in vigore delle modifiche introdotte.
n) Difetto di istruttoria e di motivazione.
Incurante di un invito della Commissione europea l’Agcom non ha fatto alcun confronto con i criteri di calcolo dei costi adottati dalle altre Autorità di regolazione europea.
3. Con atto di motivi aggiunti, notificato il 20 gennaio 2010 e depositato il successivo 21 gennaio, Fastweb s.p.a. deduce ulteriori profili di illegittimità, che inficiano la delibera 14/09/Cir., ma che ripropongono con il supporto di ulteriori argomentazione doglianze già dedotte con il 7° motivo di ricorso.
4. Si è costituita in giudizio l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha sostenuto l'infondatezza, nel merito, del ricorso.
5. Il Ministero dello sviluppo economico non si è costituito in giudizio.
6. Si è costituita in giudizio Telecom Italia s.p.a., che ha sostenuto l'infondatezza, nel merito, del ricorso.
7. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
8. All’udienza dell’11 marzo 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio non ritiene di aderire all’istanza istruttoria avanzata dalla ricorrente atteso che, a prescindere dalle eccezioni di inammissibilità (invero di non momento) sollevate dai resistenti, dalla documentazione già versata in atti emergono elementi sufficienti a garantire una compiuta definizione della controversia.
2. Come esposto in narrativa, è impugnata la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (d’ora in poi Autorità o Agcom) n. 14/09/Cir, adottata dalla Commissione per le infrastrutture e le reti nella riunione del 24 marzo 2009, con la quale sono state approvate le condizioni economiche dell’offerta di riferimento di Telecom Italia relativa ai servizi di accesso disaggregato all’ingrosso alle reti e sottoreti metalliche e ai servizi di co-locazione per l’anno 2009.
Si tratta, in altri termini, della determinazione del canone mensile di unbundling, e cioè il prezzo che gli operatori alternativi (OLO) devono versare a Telecom, operatore incumbent, per poter accedere alla parte di infrastruttura (il cd. doppino di rame che collega la centrale telefonica con l’abitazione dell’utente) necessaria per poter connettere le proprie infrastrutture di rete agli utenti.
3. Il primo motivo di doglianza deve essere disatteso perché esaurisce il suo lungo argomentare in una serie di affermazioni di principio che da soli dovrebbero comprovare gli errori nei quali sarebbe incorsa l’Autorità, che peraltro non sono neppure chiaramente individuati e ai quali comunque non si accompagna neppure un inizio di prova.
In sostanza si contesta all’Autorità di aver assunto a base della sua determinazione i costi denunciati da Telecom, senza peraltro preoccuparsi di verificare preliminarmente se potevano considerarsi “efficienti e pertinenti”, ma non si chiarisce su quali basi si fonda tale affermazione, quali cioè sarebbero concretamente i fatti contestabili all’Autorità che autorizzerebbero tale conclusione.
A riprova che si tratta di costi comunque ingiustificati nel loro ammontare si sostiene da un lato che la rete Telecom funziona perfettamente e che non necessita di particolari investimenti per adeguare la sua capacità alla crescente domanda, ma al tempo stesso contraddittoriamente si imputa all’Autorità non solo di non aver adottato misure atte a stimolare Telecom a migliorare la propria efficienza, ma di non essere neppure intervenuta per evitare che si continuino a trasferire “sugli operatori alternativi e sugli utilizzatori finali i pesi dell’inefficienza di Telecom”.
In ogni caso è assorbente la considerazione che i costi dichiarati da Telecom sono stati esaminati dal revisore il quale non solo li ha giudicati comprovati nel loro ammontare ma non ha affatto contestato la loro pertinenza.
4. Sostiene ancora la ricorrente (secondo motivo) che l’impugnata delibera, nel momento in cui si discosta dai principi fissati dalla precedente delibera 4/06/Cons, assume valore e funzione regolamentare, con la conseguenza che doveva essere adottata dal Consiglio, in quanto titolare del potere di indirizzo, e non dalla Commissione per le infrastrutture e le reti (CIR), alla quale sarebbero riservati solo compiti meramente attuativi. Nell’invasione da parte della seconda di spazi riservati al primo la ricorrente ravvisa quindi una palese violazione dei principi fissati dagli artt. 1, lett. a) e c), L. n. 249 del 1997 e 32 del Regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità.
Anche questa seconda censura non è suscettibile di positiva valutazione. Ed invero, a prescindere dalla circostanza che l’impugnata deliberazione non è affatto espressione di potere regolamentare, ma solo di regolazione preordinata ad assicurare il corretto funzionamento del sistema, che è tutt’altra cosa e che non è diverso da quello di cui dispone ogni Autorità indipendente, è assorbente la considerazione che nell’attuale struttura organizzativa dell’Autorità non è ravvisabile alcun rapporto di sovraordinazione del Consiglio rispetto alla Commissione, atteso che il criterio di riparto delle competenze tra i due organi è quello della materia.
In sostanza, come esattamente rilevato dall’Autorità nel suo scritto difensivo, a differenza delle altre Autorità, che hanno una struttura unitaria, Agcom ha una struttura composita, articolata in tre organi collegiali (il Consiglio, la Commissione per le infrastrutture e le reti, la Commissione per i servizi e i prodotti), ciascuna dei quali ha proprie competenze e propri poteri, che nel caso in esame risultano puntualmente rispettati.
5. Privo di pregio è anche il terzo motivo di ricorso, atteso che l’organo collegiale, allorché assume a maggioranza, e non all’unanimità, una delibera non è affatto tenuto a indicare le ragioni che hanno indotto un suo componente a dissentire dalle conclusioni alle quali è pervenuta la maggioranza, atteso che su quest’ultima incombe solo l’obbligo di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta ad assumere una certa determinazione, in ciò esaurendosi l’onere motivazionale.
6. Non costituisce sintomo di carenza di istruttoria neanche la circostanza che un componente dell’organo collegiale sia stato sostituito nell’incarico di relatore da altro componente solo a poche ore dall’approvazione della delibera impugnata, atteso che in un organo collegiale tutti i componenti – e non solo il relatore – sono tenuti ad intervenire alle sedute avendo piena conoscenza delle questioni sulle quali sono chiamati a discutere, deliberare e votare, sicchè è temerario il solo prospettare, senza addurre concrete prove contrarie, che il nuovo relatore possa aver accettato l’incarico che gli veniva conferito senza avere piena conoscenza della materia e delle problematiche che essa ingenerava.
7. Anche il quinto motivo, in tutte le parti in cui si articola, non è suscettibile di positiva valutazione.
In primo luogo i costi di rete non sono necessariamente decrescenti. Ed invero, il numero delle linee attive tende a diminuire per effetto della sostituzione delle utenze fisse con quelle mobili (secondo i dati forniti dalla stessa Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nella relazione annuale per l’anno 2007, le linee fisse nel 2006 sono diminuite del 12% rispetto al 2005 mentre sono aumentati del 13% i residenti che hanno optato per una rete mobile), con la conseguenza che il costo unitario delle linee di accesso non dipende dal numero delle linee di ULL.
Infondato, in punto di fatto, è l’assunto secondo cui la rete non necessita di nuovi investimenti. Non solo questi sono sempre necessari per adeguarsi alle nuove tecnologie, ma degli stessi investimenti, e dunque dei miglioramenti della funzionalità delle reti, beneficiano anche gli OLO, che di quelle reti si servono. Detta conclusione spiega la ragione per cui il costo affrontato da Telecom per migliorare le infrastrutture deve poi essere, in proporzione, ripartito con gli altri operatori utenti intermedi delle stesse.
Infine, inconferente è il richiamo alla delibera 4/06/Cons per dimostrare il contrasto tra la mancata riduzione dei costi di rete e l’andamento degli stessi indicato nella predetta delibera. E’ sul punto sufficiente osservare che l’andamento dei costi, ai quali in quella occasione si faceva riferimento, era meramente ipotizzato e, peraltro, con riguardo all’arco temporale preso a riferimento. I dati di contabilità regolatoria, debitamente certificati, in data 13 marzo 2009, dalla società esterna Mazars &Guerard s.p.a. hanno invece messo in luce un andamento non decrescente dei costi di rete, che ha poi giustificato l’aumento del prezzo regolamentato imposto agli OLO Gli stessi dati di contabilità regolatoria dimostra che, a differenza di quanto affermato dalla ricorrente, il valore degli ammortamenti di rete è rimasto sostanzialmente costante.
Si afferma che illegittimamente i costi di manutenzione ordinaria non sono stati più inseriti nei costi di commercializzazione (detti anche di gestione) ma, del tutto immotivatamente, in quelli di rete, in relazione ai quali manca qualsiasi limite percentuale rispetto al valore complessivo del servizio. Ciò avrebbe comportato un incremento dei costi di rete e, quindi della tariffa del canone ULL, eludendo in tal modo il cap del 10%, ancora oggi previsto per i costi di gestione OLO.
Anche questa censura non è suscettibile di positiva valutazione, atteso che i costi di commercializzazione sono solo quelli relativi ai “processi di wholesale di vendita, di fatturazione ed il relativo costo del capitale”, con la conseguenza che negli stessi non possono rientrare i costi di manutenzione ordinaria.
8. Con il sesto motivo di doglianza la ricorrente contesta il valore della componente del canone ULL costituito dai costi di commercializzazione OLO. Riconosce che in sede di definitiva approvazione della delibera il costo di commercializzazione, inizialmente fissato in € 0,66, è stato ridotto a € 0,60, ma afferma che si tratta di riduzione insufficiente. L’argomentazione addotta a supporto di tale affermazione è che i costi di commercializzazione OLO sono fissi, perché non variano con il variare delle quantità di imput vendute;di qui la conseguenza che, se l’importo “complessivo” di tale costo rimane sostanzialmente invariato negli anni, l’importo “unitario” per singola linea ULL è destinato a diminuire con l’aumentare del numero di linee ULL. Seguirebbe da ciò che, poiché il numero di linee nel 2008 è aumentato sensibilmente rispetto al 2006, i costi unitari 2006, “attualizzati” al 2008, sarebbero dovuti diminuire sensibilmente rispetto ai costi 2006, mentre invece sono stati tenuti fermi.
Anche questa censura non è condivisibile perché parte da una premessa anche in questa occasione solo affermata ma niente affatto dimostrata, e cioè che il costo “complessivo” di commercializzazione OLO sarebbe destinato a rimanere sempre fisso nel tempo, mentre è invece dimostrato che esso comprende anche un’aliquota variabile, che è quella che ha consentito di ridurre il costo “unitario” di commercializzazione da € 0,66 a € 0,60.
9. Con il settimo motivo di doglianza la ricorrente contesta innanzi tutto il metodo con il quale l’Agcom avrebbe provveduto a quantificare il valore del costo “unitario” di “manutenzione correttiva”, cioè il costo afferente all’attività svolta dai tecnici di Telecom nella riparazione dei guasti delle linee (POTS e ADLS). L’abuso, che la ricorrente imputa all’Autorità, è di aver sommato i due costi di manutenzione, duplicandoli, atteso che nel prezzo della manutenzione ADSL viene fatto rientrare anche quello di manutenzione POTS ancorchè taluni operatori, fra i quali la ricorrente si riconosce, non utilizzino mai sulla rete ADSL la componente POTS. La conseguenza che essa ritrae dal contestato modus procedendi dell’Autorità è di essere chiamata a sopportare una doppia componente di costo per una prestazione che di fatto non utilizza. Aggiunge al primo motivo di doglianza un secondo, con il quale sostiene che, comunque, il tasso di guastabilità è sovradimensionato perché non riferito ai soli guasti del doppino in rame.
Visti gli atti causa e i chiarimenti offerti dall’Autorità nel suo scritto difensivo anche questi due motivi di doglianza non sono suscettibili di positiva definizione.
Ed infatti: a) i costi di manutenzione correttiva non sono parametri al tipo di servizio ma, in corretta applicazione del principio di causalità dei costi, ai guasti che hanno ingerato un determinato costo;b) i costi complessivi di manutenzione, desumibili dalla contabilità regolatoria, devono essere necessariamente rapportati al totale delle linee attive rilevato nell’anno di esercizio;c) non è stata affatto effettuata una differenza di costi in ragione della tecnologia utilizzata, ma al contrario sono stati utilizzati i costi “unitari” riportati nella contabilità regolatoria “certificata” che, nel rispetto del succitato principio di causalità, erano disaggregati nelle due componenti di costi di manutenzione correttiva (POTS e ADSL), con successiva applicazione della media ponderata¸d) le voci di costo, come “certificato” dalla contabilità regolatoria del 2006, si riferiscono solo a guasti relativi al doppino in rame, e non anche ad altre (neppure indicate) componenti di rete;e) il tasso di guastabilità, richiamato dalla ricorrente, si riferisce solo alle sue, e non a tutte le reti in ULL su rete di Telecom, sicchè non può essere considerato un dato significativo, tanto più che non era nemmeno certificato.
Segue da ciò che anche il settimo motivo di ricorso deve essere disatteso, perché infondato in punto di fatto.
10. Con l’ottavo motivo di doglianza la ricorrente contesta l’entità e la metodologia utilizzata dall’Autorità per quantificare il contributo una tantum che gli OLO devono versare a Telecom in occasione dell’attivazione delle linee in ULL. Si tratta del contributo che Agcom aveva già determinato nella delibera 69/08/CIR, alla quale quella ora impugnata fa espresso rinvio e che era già stata impugnata in parte qua da Fastweb con ricorso al quale successivamente ha rinunciato, prestando acquiescenza ad una metodologia di calcolo alla quale re melius perpensa aveva fatto acquiescenza e che ora invece rimette in discussione.
Sotto questo profilo Telecom aveva sollevato un’eccezione di inammissibilità, trovando sul punto d’accordo anche l’Autorità, ma da essa il Collegio ritiene di poter prescindere atteso che anche l’ottavo motivo di ricorso non è suscettibile di positiva definizione. Non trovano infatti conferma nella documentazione versata in atti dai resistenti e nei puntuali chiarimenti da essi offerti le affermazioni della ricorrente secondo cui: a) la metodologia impiegata per definire il contributo di attivazione risalirebbe al 2000, atteso che invece essa è stata definita nella delibera n. 69/08/CIR, che quella ora in esame espressamente richiama;b) la contabilità derogatoria non indicherebbe il costo di attivazione dei servizi di ULL; c) l’Autorità non avrebbe tenuto alcun conto delle osservazioni degli OLO sui risparmi conseguenti alla progressiva specializzazione del personale;è vero invece che le ha esaminate, ma non le ha ritenuto sufficienti a superare gli accertamenti compiuti in occasione dell’adozione della cit. delibera n.68/09/CIR, a conclusione dei quali aveva quantificato i suddetti risparmi;d) la stessa Autorità non avrebbe scorporato i costi delle attività non necessarie per l’attivazione di nuove linee d’accesso, cioè linee che in precedenza non erano utilizzate da alcun gestore. Anche in questo ci si trova di fronte ad affermazione non rispondente al vero, essendo al contrario comprovato dall’impugnata delibera che è stato previsto un doppio costo di front end (per esso intendendosi la parte iniziale della procedura di attivazione, in cui si interfacciano le strutture di Telecom e dell’OLO) a seconda che siano necessarie o non le attività di portabilità del numero.
Infine, per quanto attiene al costo di attivazione del servizio WLR, la richiesta del relativo importo è eventuale e attiene comunque a servizi che sono erogati su linee sulle quali non è possibile fruire dei servizi ULL. Infine, quanto al costo della manodopera è sufficiente ricordare che l’Autorità non ha approvato la superiore stima effettuata da Telecom (€ 48,81) ed ha invece confermato, con statuizione favorevole agli operatori OLO, il più basso valore stabilito dalla delibera 69/08/Cir.
11. L’utilizzo dei dati contabili del 2006, censurato dalla ricorrente con il nono motivo di ricorso, risponde, in realtà ad esigenze di garanzie degli OLO. L’Autorità ha infatti voluto utilizzare dati “certificati” dal revisore, di cui quest’ultimo, ha garantito l’attendibilità e non contestato la pertinenza, e gli ultimi disponibili erano proprio quelli relativi al 2006. Contrariamente a quanto afferma Fastweb, l’utilizzo di tali dati non obbligava l’Agcom a fare ricorso al criterio del network-cap, la cui applicazione era circoscritta dalla stessa delibera 4/06/Cons al solo arco temporale 2006-2007.
Aggiungasi che di tale modus operandi, e dunque della circostanza che si sarebbe fatto riferimento ai dati del 2006, era a conoscenza anche la Commissione europea, la quale si è limitata a rilevare la necessità che detta contabilità (del 2006) fosse “certificata”.
12. Privo di pregio è il decimo motivo di ricorso, con il quale, con un’inammissibile inversione dell’onere della prova, si afferma che l’Autorità non si sarebbe dovuta limitare ad attestare che i dati offerti da Telecom erano stati certificati, ma avrebbe dovuto aggiungere che la contabilità era stata redatta nel modo dovuto e che conteneva tutti gli elementi e le specificazioni prescritte.
Il Collegio ritiene invece sufficiente, con ciò respingendo la prima censura del predetto motivo, che l’Agcom abbia dato atto di aver utilizzato dati “certificati”, dovendosi ritenere che l’iter che ha portato a detta certificazione sia stato compiuto correttamente. Spetta a chi afferma il contrario offrire una puntuale prova a supporto di siffatta conclusione.
Non è suscettibile di positiva valutazione neanche la seconda censura, anch’essa dedotta con il decimo motivo.
I dati utilizzati dall’Agcom in sede di adozione della delibera impugnata sono quelli offerti agli OLO nella fase di partecipazione procedimentale. Sugli stessi è intervenuta, medio tempore, la certificazione della Mazars &Guerard s.p.a. la quale, in data 13 marzo 2009, ha attestato la conformità della contabilità regolatoria e del sistema di contabilità dei costi e separazione contabile, predisposti da Telecom, ai criteri previsti dalle delibere dell’Autorità e dalla normativa di settore.
13. Con l’undicesimo motivo dell’atto introduttivo del giudizio Fastweb deduce l’illegittimità della statuizione (art. 3, secondo comma, dell’impugnata delibera) secondo cui “le modifiche apportate alle condizioni economiche dei servizi relativi al mercato 11 … decorrono dall’1 gennaio 2009”. Si tratta, secondo la ricorrente, di una previsione illegittima perché finisce per incidere sul contenuto dell’OR annuale di Telecom con effetto retroattivo ed anche a distanza di mesi da quando l’offerta stessa è stata formulata (termine, quest’ultimo, fissato improrogabilmente per il 31 ottobre di ciascun anno). Aggiunge che anche le delibere dell’Agcom sono soggette al principio di irretroattività.
Anche questo motivo non è suscettibile di positiva valutazione. Ai sensi dell’art. 46, secondo comma, D.L.vo 1 agosto 2003 n. 259, l’Autorità “può imporre modifiche alle offerte di riferimento in attuazione degli obblighi previsti dal presente Capo”. L’Autorità esercita quindi un potere di controllo sul contenuto dell’offerta e, ove riscontri elementi della stessa difformi dai principi dettati dal Codice delle comunicazioni o da proprie delibere, impone all’operatore di eliminare le illegittimità riscontrate. In quanto atto di controllo esso, secondo noti principi generali, costituisce condizione di efficacia dell’offerta ed opera ex tunc (T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 22 ottobre 2007, n. 10230).
Aggiungasi che l’art. 5 della delibera Agcom n.4/06 del 12 gennaio 2006 prevede espressamente, al sesto comma, che l’offerta approvata ha validità annuale a partire dall’1 gennaio dell’anno di riferimento. Segue da ciò che, qualunque sia il tempo impiegato per concludere il procedimento di approvazione dell’offerta, questa diventa operativa e vincolante da partire dalla suddetta data. Si tratta di una regola che nessun operatore del mercato telefonico ignora o può consentirsi il lusso di ignorare.
Infine, ed il rilievo è assorbente di ogni altra considerazione, ove pure si accedesse alla tesi attorea, secondo cui le nuove tariffe entrano in vigore l’1 marzo 2009, siccome sarebbe inammissibile un vuoto di regolamentazione durante l’arco temporale 1 gennaio 2009 – 28 febbraio 2009, dovrebbero trovare applicazione le tariffe, ben più alte, previste dallo schema di provvedimento approvato con delibera dell’Agcom 91/08, non potendosi certo fare riferimento a quelle dell’anno 2008 che, per le ragioni innanzi esposte, hanno esaurito la loro validità ed efficacia al termine dell’anno solare di riferimento (dicembre 2008).
14. Con il dodicesimo ed ultimo motivo dell’atto introduttivo del giudizio Fastwebb contesta ad AGCom di non aver raccolto l’invito, formulato dalla Commissione europea in occasione della presentazione dello schema di provvedimento adottato con la delibera 91/08/CIR, di raffrontarsi con i relatori degli altri paesi membri che utilizzano diverse metodologie contabili per il calcolo dei prezzi per il servizio ULL.
Anche in questo la censura non appare condivisibile.
Ed invero, a prescindere dai dubbi sull’interesse di Fastweb a sollevare tale profilo di doglianza, essendo tutt’altro che dimostrato che ove l’Agcom avesse accolto il suggerimento della Commissione europea il risultato sarebbe stato un decremento del prezzo dei servizi di ULL, è assorbente la considerazione che, come già chiarito da questa Sezione nella sentenza 29 gennaio 2009 n. 895, l’Agcom, anche se ex art. 12 del Codice deve tenere “in massima considerazione” le osservazioni della Commissione, non è obbligata a conformarsi sempre e comunque ad esse, atteso che non si tratta di prescrizioni, ma sostanzialmente di un atto di collaborazione dell’organo in questione al programma di razionalizzazione del sistema nel quale è impegnata l’Autorità. Per questa ragioni non sarebbe quindi neppure pertinente il richiamo al principio giurisprudenziale per il quale ogni qual volta un organo intende discostarsi da un parere obbligatorio ma non vincolante, sussiste per lui l’obbligo di esplicitare le ragioni che non gli consentono di conformarsi ad esso. In altri termini, l’organo in questione deve dare atto di aver ponderato le ragioni esposte da quello consultivo e di aver però deciso di perseverare nel proprio orientamento. Ed invero, quand’anche trascurando la reale natura della raccomandazione CE si ritenesse possibile assegnare ad essa valore di parere obbligatorio, resterebbe il fatto incontestabile che per ogni determinazione assunta l’ Autorità ha chiarito le ragioni che sono alla sua base, con ciò implicitamente lasciando intendere di non aver bisogno, per svolgere adeguatamente i suoi compiti, di attingere alle esperienze maturatesi in altri Paesi della Comunità.
15. Le questioni sollevate con le due censure dedotte nella via dei motivi aggiunti reiterano, sia pure con ulteriori argomentazioni ma sempre senza il supporto di dati certi e incontrovertibili e senza una puntuale contestazione delle controdeduzioni dei resistenti, una questione già sollevata con il 7° motivo dell’atto introduttivo del giudizio. Si tratta dell’abuso che sarebbe stato commesso dall’Autorità inserendo fra le voci del costo di manutenzione anche i guasti relativi a componenti di rete (peraltro anche in questa occasione neppure specificati) diversi dal doppino in rame. Il Collegio ha esaminato la questione, con la conseguenza che alle conclusioni già assunte al riguardo è sufficiente rinviare.
16. Il ricorso deve dunque essere respinto, ma data la complessità delle questioni sottoposte dall’esame del Collegio e l’impegno profuso dai difensori delle parti in causa, appare equo compensare integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.