TAR Firenze, sez. III, sentenza 2009-12-18, n. 200903869
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N. 03869/2009 REG.SEN.
N. 00231/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 231 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Società Tito Neri Bagni Lido S.a.s. di Tito Neri &C., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati L C, R R ed E N, con domicilio eletto presso lo studio degli ultimi due in Firenze, via Lamarmora n. 14;
contro
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, e domiciliata per legge presso gli uffici della stessa in Firenze, via degli Arazzieri n. 4;
Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;Ministero delle Finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, e domiciliato per legge in Firenze, via degli Arazzieri n. 4;
per l'annullamento
del provvedimento del Comune di Rosignano Marittimo del 20.11.2007, ricevuto il 26.11.2007, con il quale il canone demaniale marittimo per l'anno 2007 della concessione n. 51/03, assentita allo scopo di gestire lo stabilimento balneare Bagni Lido di Vada, è stato aumentato da euro 3.899,29 a euro 54.049,04, e sono stati chiesti conguagli di euro 3.517,20 per l'anno 2003, di euro 3.578,74 per l'anno 2004, di euro 3.678,95 per l'anno 2005 e di euro 3.783,40 per l'anno 2006, nonchè, per quanto occorrer possa dell'atto di indirizzo del 9.3.2007 conosciuto il 6.1.2008 con il quale l'Agenzia del Demanio di Roma, Direzione Area Operativa, ha disposto che l'ambito di applicazione della normativa sui canoni demaniali introdotta dalla Finanziaria 2007 si estende anche alle concessioni "in corso", e della nota 19.12.2007 del Comune di Rosignano Marittimo di conferma del provvedimento impositivo;
nonché sui motivi aggiunti, depositati in giudizio il 28 luglio 2008, proposti per l'annullamento
del provvedimento del Comune di Rosignano Marittimo, Servizio Pianificazione Territoriale, Ufficio del Demanio Marittimo, prot. n. 14124 del 22.05.2008, con il quale il canone demaniale marittimo per l'anno 2008 della concessione n. 51/03, assentita allo scopo di gestire lo stabilimento balneare "Bagni Lido" di Vada è stato rivalutato ad euro 60.129,87 a decorrere dal 1.1.2008;
e sugli ulteriori motivi aggiunti, depositati in giudizio il 27 novembre 2008, proposti per l'annullamento del provvedimento del Comune di Rosignano Marittimo datato 8.8.2008, prot. 24960, e ricevuto il 18.8.2008, che ha annullato "in via di autotutela" il precedente provvedimento emesso dal Comune di Rosignano Marittimo il 20.11.2007 (impugnato dalla società con il ricorso introduttivo) ed ha rideterminato in euro 58.634,69 il canone demaniale marittimo per l'anno 2007 e confermato la richiesta dei conguagli per gli anni precedenti negli importi già determinati;nonchè, per quanto occorrer possa, dell'atto di indirizzo del 9.3.2007, con il quale l'Agenzia del Demanio di Roma, Direzione Area Operativa, ha disposto che l'ambito di applicazione della normativa sui canoni demaniali introdotti dalla Finanziaria 2007 si estende anche alle concessioni "in corso";
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Finanze;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti gli atti di motivi aggiunti depositati in giudizio il 28/7/2008 e il 27/11/2008;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2009 il dott. G B e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente è titolare della concessione demaniale marittima del 6/11/2003, avente ad oggetto la superficie di mq. 4.053, situata nel Comune di Rosignano Marittimo, al fine di mantenere lo stabilimento balneare pubblico denominato Lido dal 1° gennaio 2003 al 31 dicembre 2008;il canone relativo al 2003 era di euro 3.899,29, con rivalutazione annua sulla base degli indici Istat.
Su tale immobile la ricorrente ha eseguito vari lavori di miglioramento.
Il Comune di Rosignano, con atto del 20/11/2007, ha aumentato il canone ad euro 54.049, in dichiarata applicazione dell’art. 1, commi 250-257, della legge n. 296/2006.
Avverso tale determinazione e gli atti connessi la ricorrente è insorta deducendo:
1) violazione dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 400/1993, convertito nella legge n. 494/1993, come sostituito dall’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006;
2) violazione degli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione e dei principi desumibili dagli artt. 1322, 1339, 1341, 1346, 1347, 1348 e 1418 c.c.;
3) illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 23, 42 e 97 della Costituzione;
4) violazione dell’art. 2, comma 2, del D.M. 19/7/1989.
Con provvedimento del 22/5/2008 il Comune di Rosignano Marittimo ha stabilito per l’anno 2008 un canone di euro 60.129,87, considerato l’aumento Istat.
Avverso tale atto la ricorrente è insorta, con motivi aggiunti depositati in giudizio il 28 luglio 2008, deducendo:
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 400 del 5/10/1993, convertito nella legge n. 494/1993, come sostituito dall’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006;
6) violazione degli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione e dei principi di cui agli artt. 1322, 1339, 1341, 1346, 1347, 1348 e 1418 c.c.;
7) illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 23, 42 e 97 della Costituzione;
8) violazione dell’art. 2, comma 2, del D.M. 19/7/1989 e successiva normativa;
9) violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990 nonché dell’art. 1, comma 241, della legge n. 296/2006 sotto altro profilo.
Successivamente il Comune, con atto dell’8 agosto 2008, ha annullato la nota del 20/11/2007, rideterminando il canone dell’anno 2007 e confermando i canoni ivi stabiliti per gli anni precedenti.
Avverso tale provvedimento la ricorrente ha presentato il secondo atto di motivi aggiunti, depositato in giudizio il 27/11/2008 e incentrato sulle seguenti censure:
10) violazione dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 400/1993, convertito nella legge n. 494/1993, come sostituito dall’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006;
11) violazione degli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione e dei principi ex artt. 1322, 1339, 1341, 1346, 1347, 1348 e 1418 c.c.;
12) incostituzionalità per violazione degli artt. 2, 3, 23, 42 e 97 della Costituzione;
13) violazione dell’art. 2, comma 2, del .M. 19/7/1989;
14) violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990, nonché dell’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006 sotto altro profilo.
Si sono costituiti in giudizio l’Agenzia del Demanio e il Ministero delle Finanze.
Con ordinanza n. 1207 del 19/12/2008 è stata respinta l’istanza cautelare;tale pronuncia è stata riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 1685 del 3/4/2009.
All’udienza del 12 novembre 2009 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.
L’Agenzia del Demanio ha eccepito il difetto di giurisdizione.
L’obiezione è infondata, in quanto con il ricorso si contesta in radice l’esercizio del potere di determinazione del canone concessorio, per cui sussiste al riguardo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 5 della legge n. 1034/1971 (Tar Sardegna, I, 24/4/2008, n. 786;Tar Puglia, Lecce, I, 28/1/2009, n. 104).
Il Collegio rileva altresì preliminarmente che il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo è stato annullato, in via di autotutela, con provvedimento datato 8/8/2008, il quale ha rideterminato il canone dovuto per l’anno 2007 e confermato i conguagli relativi agli anni precedenti, ed ha puntualizzato le ragioni poste alla base del calcolo effettuato.
E’ pertanto venuto meno l’interesse sotteso al ricorso principale, il quale va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Entrando nella trattazione del merito dei motivi aggiunti, si osserva quanto segue.
Per motivi di priorità logica il Collegio ritiene di esaminare innanzitutto il secondo atto di motivi aggiunti.
Con la prima censura ivi introdotta la ricorrente deduce che l’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006 non si applica alle concessioni in corso.
La censura è infondata.
L’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006 prevede che i nuovi criteri di determinazione dei canoni si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2007, ma non limita il riferimento alle concessioni rilasciate o rinnovate da tale data;inoltre, la lettera b del citato comma 251 estende i nuovi criteri anche agli anni 2004, 2005 e 2006, e quindi presuppone l’applicabilità del nuovo regime dei canoni anche alle concessioni in corso (Tar Sardegna, I, 24/4/2008, n. 786).
Con il secondo motivo la ricorrente osserva che la disciplina del corrispettivo applicabile è soltanto quella prevista dalla concessione n. 51/2003, e che l’impugnata determinazione non tiene conto del carattere contrattuale delle pattuizioni accessive alla concessione dei beni pubblici disciplinanti le obbligazioni del concessionario per il pagamento del canone, con la conseguenza che la disciplina ex art. 1322 c.c. rende il rapporto tra le parti insensibile alle modificazioni unilateralmente disposte da uno dei contraenti.
La doglianza non può essere accolta.
Il rapporto sussistente tra la ricorrente ed il Comune non è di natura privatistica, ma, al contrario, è un rapporto concessorio pubblicistico, in cui il canone non è lasciato alla discrezionalità delle parti, ma ha la sua fonte nella legge;valgono, per il resto, le considerazioni espresse nella trattazione della precedente censura.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce che la tesi secondo cui l’art. 1, comma 251, della legge n. 296/06 non vale per le concessioni in corso è la sola compatibile con la Costituzione, e lamenta che l’interpretazione propugnata dal Comune viola ogni valore di certezza nelle scelte legislative anche per il divario tra canoni relativi alle aree scoperte e le pertinenze (nel primo caso l’incremento del canone è del 30%, nel secondo del 1500%);aggiunge che in mancanza di un atto di incameramento del bene, la nota impugnata fa riferimento a pertinenze mai verificate, e che non si è tenuto conto che l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione ha reso inutilizzabili i beni in concessione, con conseguente carenza di istruttoria;qualora si aderisse all’interpretazione dell’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006 presupposta dagli atti impugnati, sarebbe inevitabile ad avviso dell’esponente l’incostituzionalità della norma;la deducente precisa che se avesse saputo a suo tempo che il canone sarebbe aumentato di 16 volte, non avrebbe sostenuto spese che non avrebbe potuto poi ammortizzare.
L’assunto non è condivisibile.
L’atto impugnato (documento n. 23 depositato in giudizio) fa riferimento a ben individuate pertinenze demaniali, la cui consistenza è stata evinta dal testimoniale di Stato del 21/10/1993, a manufatti di difficile rimozione indicati dalla ricorrente in data 26/7/2005, nonché a pertinenze commerciali desunte da atto del tecnico della ricorrente del 7/3/2006, dimostrando l’avvenuto espletamento, da parte dell’Ente, di adeguate operazioni di verifica..
La concessione rinnovata alla ricorrente prevede l’impegno del concessionario a corrispondere gli eventuali conguagli di canone che dovessero essergli richiesti per l’eventuale riclassificazione del territorio ai sensi del D.M. 5/8/1998, n. 342, attuativo della legge n. 494/1993.
Nel caso di specie l’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006 ha modificato la disciplina contenuta nell’art. 3 della legge n. 494/1993, operando una riclassificazione delle aree e dei corrispondenti criteri di determinazione del canone assai più rigorosa e onerosa per il periodo decorrente dal 1° gennaio 2007, rispetto ai nuovi conguagli da conteggiare per gli anni precedenti.
La nuova disciplina tiene conto dei valori di mercato per le occupazioni relative al 2007 ed agli anni successivi, ponendo fine alle previgenti commisurazioni, del tutto disancorate dal valore d’uso dell’immobile, e introducendo un certo equilibrio economico finanziario tra la prestazione di dare del concedente e la prestazione di fare del concessionario.
Tali considerazioni inducono a ritenere non condivisibile la doglianza della società istante.
La quarta censura è incentrata sulla violazione dell’art. 2, comma 2, del D.M. 19/7/1989, il quale prevede il dimezzamento del canone a fronte di lavori di manutenzione straordinaria dei beni pertinenziali.
Il motivo non può essere accolto.
Il predetto D.M. prevede dei criteri di determinazione dei canoni che sono stati superati dalle disposizioni successive riguardanti i canoni medesimi, ovvero dalla legge n. 494/1993 e dalle modifiche introdotte dall’art. 1, commi 251 e seguenti, della legge n. 296/2006.
Con il quinto rilievo la ricorrente deduce che il Comune avrebbe dovuto tenere conto esclusivamente degli spazi adibiti ad attività commerciali distinguendo tra superfici commerciali ed aree destinate a servizi igienici, magazzini, ingressi, spogliatoi, mentre invece in relazione al canone conteggiato per il 2007 non è stata operata alcuna distinzione tra zone commerciali e zone non commerciali, né è stato effettuato alcun accertamento attuale.
L’assunto è infondato.
Il provvedimento gravato (atto dell’8/8/2008) distingue tra spazi commerciali e non commerciali, operando una dettagliata differenziazione che tiene conto della attestazione del tecnico della ricorrente in ordine alla situazione di fatto esistente al gennaio 2007 per quanto riguarda le pertinenze destinate ad attività commerciali, nonché dell’attestazione del tecnico stesso in ordine allo stato di fatto esistente al dicembre 2006 per le opere non commerciali di difficile rimozione.
Di fronte alle puntuali argomentazioni espresse nell’atto impugnato, nel quale il Comune dà contezza del’iter logico seguito e dei documenti da cui è stata desunta la situazione attuale dell’immobile e opera la qualificazione dei vari spazi imposta dall’art. 1, comma 251, della legge n. 296/2006, non possono essere in alcun modo condivisi i rilievi della deducente.
Con il primo atto di motivi aggiunti l’esponente ha impugnato la nota del 22/5/2008, con la quale è stato determinato il canone relativo al 2008.
Le censure, analoghe a quelle sollevate con il secondo atto di motivi aggiunti, devono ritenersi infondate sulla base delle stesse considerazioni sopra espresse.
In conclusione, il ricorso introduttivo deve essere dichiarato improcedibile, mentre il primo ed il secondo atto di motivi aggiunti devono essere respinti.
Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono complessivamente determinate in euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.