TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-02-18, n. 201502769
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N. 02769/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03814/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3814 del 2014, proposto da:
BT Italia s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti R C, S F, F C, presso lo studio dei quali (studio legale CDP) elettivamente domicilia in Roma, via Ludovisi, n.35;
contro
Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
nei confronti di
Telecom Italia s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti A Czia, Mario Siragusa, Francesco Cardarelli, Marco D'Ostuni, Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso lo studio LCA in Roma, via G.P. da Palestrina, n.47;
e con l'intervento di
ad opponendum
:
Wind Telecomunicazioni s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gian Michele Roberti, Isabella Perego, Marco Serpone, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Foro Traiano, n.1/A;
per l'annullamento
della delibera dell’Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni n. 746/13/Cons recante approvazione delle condizioni economiche e tecniche dell'offerta di riferimento di Telecom Italia per l'anno 2013 relativa ai servizi bitstream su rete in rame (mercato 5).
Visto il ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia s.p.a.;
Visto l’atto di intervento ad opponendum di Wind Telecomunicazioni s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 19 novembre 2014 il cons. A B e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con l’odierno gravame Bt Italia s.p.a. ha interposto azione impugnatoria avverso la delibera dell’Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni n. 746/13/Cons, recante approvazione delle condizioni economiche e tecniche dell'offerta di riferimento di Telecom Italia per l'anno 2013 relativa ai servizi bitstream su rete in rame (mercato 5).
La ricorrente ha esposto:
- che con delibera dell’Autorità n. 314/09/Cons, Telecom è stata identificata quale operatore detentore di significativo potere nei mercati nn. 1, 4 e 5 fra quelli individuati dalla raccomandazione 2007/879/CE;
- che la delibera n. 731/09/Cons ha per l’effetto imposto a Telecom obblighi di accesso e di uso di determinate risorse di rete (tra cui, con riferimento al mercato bitstream, l’accesso sulle reti in rame e in fibra a diversi livelli), di trasparenza, di non discriminazione, di separazione contabile, di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi;
- che tra tali obblighi figura quello di fornire l’accesso agli operatori alternativi ai servizi all’ingrosso oggetto dei mercati in maniera non discriminatoria, ovvero alle stesse condizioni economiche e tecniche a cui fornisce gli stessi servizi o servizi equivalenti alle proprie divisioni interne, in guisa da poter mettere i concorrenti nelle condizioni di replicare efficacemente alle offerte di Telecom nei mercati a valle;
- che l’art. 9 della delibera n. 731/09/Cons, in relazione all’obbligo di controllo dei prezzi,ha introdotto per i servizi ULL, bitstream e WRL il meccanismo di programmazione triennale dei prezzi (price cap) per gli anni 2010, 2011, 2012;
- che i valori dei vincoli di cap sono stati definiti sulla base di un modello a costi incrementali di lungo periodo, di tipo bottom-up;
- che con delibera n. 578/10/Cons l’Autorità ha definito il modello contabile BU-LRAIC volto alla determinazione dei prezzi dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete di Telecom, ivi incluso il valore del WACC, e ha fissato i prezzi per i prodotti ULL, WLR e bitstream del periodo 2010-2012, sulla base di un percorso di transizione verso tariffe calcolate in base al detto modello. In tale ambito, i prezzi dei servizi bitstream sono stati determinati mantenendo uno “spazio economico” tra essi e quelli ULL, nell’ambito di un percorso di transizione sottoposto a un network cap, e lo stesso approccio è stato mantenuto per il servizio WRL;
- che con delibera n. 643/12/Cons i prezzi del servizio WRL validi dal 1° giugno 2012 al 31 dicembre 2012 sono stati invece fissati secondo il criterio dell’orientamento al costo, motivo per il quale la Commissione UE, in sede di consultazione, ha invitato l’Autorità a valutare la coerenza tra i prezzi WRL, ULL e bitstream;
- che con delibere n. 221/13/Cons e 642/12 Cons è stata avviata la consultazione relativa alla valutazione delle offerte di riferimento Telecom concernenti le condizioni economiche e tecniche di fornitura dei servizi di accesso ULL e bitstream 2013;
- che l’Autorità ha avviato la terza analisi del mercato al dettaglio per l’accesso alla rete telefonica pubblica in postazione fissa (mercato n. 1), dei mercati nn. 4 e 5, e la consultazione nazionale sull’analisi degli stessi mercati;
- che i prezzi dei servizi di accesso per l’anno 2013 sono stati fissati non nell’ambito della suddetta analisi di mercato, bensì nell’ambito del procedimento di approvazione delle OR Telecom.
Tanto premesso, ha lamentato la ricorrente che la gravata delibera n. 746/13/Cons, pur avendo proposto correttamente di fissare il canone mensile dei servizi bitstream non con il metodo del network cap bensì con quello dell’orientamento ai costi utilizzato per i servizi ULL e WRL (metodo BU-LRAIC), al dichiarato scopo di garantire uno “spazio economico” tra i diversi prodotti di accesso all’ingrosso e promuovere l’infrastrutturazione da parte degli operatori alternativi:
- per il canone del servizio “bitstream condiviso” e “bitstream naked” ha maggiorato i costi stimati con un ulteriore mark-up del 3%, estraneo al metodo di orientamento al costo;
- per il “bitstream simmetrico” ha confermato, anche qui contraddittoriamente, i valori derivanti dal meccanismo del network cap per il triennio 2010-2012, adottando una tariffa analoga a quella del 2012.
La ricorrente, rappresentato di derivare un grave danno economico dalle suddette previsioni, ha indi formulato avverso la fissazione dei canoni di accesso bitstream simmetrico e asimmetrico le seguenti censure.
1) In relazione al premio di infrastrutturazione riconosciuto con il canone di accesso bitstream asimmetrico. Eccesso di potere per illogicità della motivazione, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, carenza di istruttoria.
La previsione secondo cui la fissazione del canone di accesso bitstream asimmetrico (sia condiviso che naked) deve scontare anche il mark-up del 3% (premio di infrastrutturazione) sui costi mensili delle singole componenti impiantistiche utilizzate per fornire il servizio, per le due ridette finalità individuate dall’Autorità, condurrebbe a un canone eccessivo e sarebbe illegittimo, in quanto violerebbe palesemente il principio dell’orientamento al costo fissato per il servizio bitstream.
Non corrisponderebbe al vero quanto sostenuto dall’Autorità in ordine alla coerenza di tale scelta con la politica comunitaria di promozione della competizione infrastrutturale sulle reti in rame e in fibra, attesa la ridetta posizione assunta dalla Commissione al riguardo delle tariffe WRL, secondo cui il metodo orientato ai costi già di per se protegge il giusto spazio economico tra i diversi prodotti di accesso.
Analogamente, nella raccomandazione 20 settembre 2010, relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA), la Commissione avrebbe rammentato alle autorità nazionali di attenersi al metodo orientato ai costi.
Tale posizione sarebbe del tutto condivisibile, sol che si consideri che i prezzi per l’accesso bitstream sono di per se più elevati di quelli previsti per l’accesso ULL, includendo la corresponsione per la fornitura di più componenti di reti, ciò che già incentiverebbe gli operatori alternativi a investire nell’ULL piuttosto che ricorrere al bitstream.
Inoltre le scelte dell’operatore alternativo di investire nella realizzazione di un’infrastruttura propria non sarebbero determinate unicamente dal canone di accesso da corrispondere a Telecom, essendo dipendenti, piuttosto, dal numero di clienti su cui spalmare gli investimenti, nella logica della “ladder of investment” che l’Autorità, contraddittoriamente, cita.
L’incentivazione all’infrastrutturazione ULL sarebbe inoltre introdotta illogicamente, ovvero non incentivando gli investimenti in ULL bensì penalizzando il ricorso a un servizio diverso, con l’effetto di punire ingiustificatamente gli operatori che non hanno la sostenibilità economica per procedere all’investimento.
La scelta in parola sarebbe ingiustificata anche tenuto conto che nel contesto di riferimento si registrerebbe un progressivo passaggio dalla rete in rame a quella in fibra.
E poiché in tale ultimo contesto il premio di infrastrutturazione è stato per la prima volta introdotto con le delibere nn. 9/13/Cir e 10/13/Cir, non si comprenderebbe il riconoscimento dello stesso premio a tutela degli investimenti nella rete in rame, già esistente, completamente ammortizzata dall’operatore incumbent e che per gli operatori alternativi non si presenterebbe più quale scelta di mercato efficiente. Non si comprenderebbe inoltre perché la rischiosità dell’investimento in ULL sia comparso solo nel 2013.
Di talchè la misura si risolverebbe in una penalizzazione per gli OLO e in un extraprofitto per Telecom.
Tali perplessità sarebbero state assunte negli stessi termini anche dalla lettera di seri dubbi adottata nell’ambito del procedimento di consultazione svoltosi sulla proposta di delibera dalla Commissione UE, che avrebbe rilevato anche la possibile arbitrarietà del criterio del calcolo del premio, che effettivamente si manifesterebbero, non comprendendosi né la ratio né le modalità di calcolo dello stesso.
2) In merito alla quantificazione del canone di accesso bitstream simmetrico. Eccesso di potere per illogicità della motivazione, contraddittorietà, carenza di motivazione.
L’Autorità avrebbe contraddittoriamente prima sostenuto di voler valutare al costo i canoni degli accessi bitstream simmetrici ATM ed ethernet flat, poi approvato l’offerta OR di Telecom, utilizzando il meccanismo del network cap, che, anche in relazione alle perplessità formulate dalla Commisione UE, era stato abbandonato.
Ciò contravverrebbe al principio di certezza del diritto, canone fondamentale per gli operatori, invocata dalla Commissione nella citata raccomandazione NGA.
Inoltre i canoni del bitstream simmetrico sarebbero contraddittori con i canoni del bitstream asimmetrico: i primi confermerebbero i valori del 2012, mentre i secondi registrerebbero una diminuzione del 22%.
A differenza di quanto accaduto per i canoni bitstream asimmetrici, l’Autorità non avrebbe infine dato evidenza dei singoli costi della catena impiantistica sottostante alla fornitura del servizio, utilizzati per il calcolo della tariffa.
Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico dell’atto gravato, parte ricorrente ne ha domandato l’annullamento.
Si è costituita in giudizio l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
L’Autorità, sottolineato il carattere discrezionale delle scelte compiute nella delibera e la loro conformità al relativo quadro regolatorio comunitario e nazionale e alle realtà dei mercato oggetto di regolazione, ha rappresentato come le censure formulate dalla ricorrente riproducano sostanzialmente quanto già osservato dagli OLO, e motivatamente confutato nella delibera, nell’ambito della consultazione pubblica che ha preceduto l’adozione della stessa.
Con particolare riferimento al premio di infrastrutturazione, l’Autorità ha rappresentato che Telecom Italia s.p.a., nell’ambito del ricorso N.R.G. 3618/2014, diretto avverso al stessa delibera (e trattenuto contestualmente in decisione) si è doluta esattamente dell’opposto, ritenendo troppo bassa la sua quantificazione.
L’Autorità ha quindi concluso per il rigetto del ricorso.
Telecom Italia s.p.a. si è costituita in giudizio concludendo per il rigetto dell’azione impugnatoria in esame, di cui ha esposto l’infondatezza anche rimandando a quanto sostenuto nel già citato giudizio N.R.G. 3618/2014, proposto da Telecom avverso la stessa delibera 746/13/Cons.
E’ intervenuta nella controversia Wind Telecomunicazioni s.p.a., che, esposto che le delibere gravate sono il frutto di opzioni regolamentari equilibrate, operate nel quadro della discrezionalità tecnica riconosciuta al regolatore, ha concluso per l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del gravame, di cui ha domandato il rigetto.
Le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle rispettive tesi difensive.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 19 novembre 2014.
DIRITTO
1. Si controverte in ordine alla legittimità della delibera n. 746/13/Cons recante approvazione delle condizioni economiche e tecniche dell'offerta di riferimento di Telecom Italia per l'anno 2013 relativa ai servizi bitstream su rete in rame (mercato 5).
Il provvedimento forma oggetto di contestazione da parte di BT Italia s.p.a., che sostiene che l’Autorità, nell’ambito della fissazione del canone di accesso bitstream asimmetrico e simmetrico, contraddicendo il metodo di orientamento al costo cui la delibera dichiara di uniformarsi in conformità al quadro regolatorio comunitario, riconosce a Telecom Italia s.p.a. un premio di infrastrutturazione e utilizza comunque il meccanismo del network cap, in tal modo determinando un extraprofitto per l’operatore incumbent, un maggior costo di accesso alla rete per gli operatori alternativi e un’artificiosa distorsione del mercato.
Come già accennato in narrativa la stessa delibera è stata impugnata innanzi a questo Tribunale anche da Telecom Italia (ricorso N.R.G. 3618/2014, trattenuto contestualmente in decisione), che ha lamentato l’illegittimità sotto vari profili di disposizioni della delibera comportanti riduzioni dei prezzi dei servizi bitstream.
2. La delibera 746/13 costituisce attuazione della disciplina europea in materia di comunicazioni elettroniche, recepita in Italia con il d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche.
Nell’attuale quadro regolamentare delle comunicazioni elettroniche, successivo all'introduzione del "pacchetto" di direttive comunitarie adottale nel 2002 e modificate nel 2009 [direttive nn. 2002/19/CE ("direttiva accesso"), 2002/20/CE ("direttiva autorizzazioni"), 2002/21/CE("direttiva quadro"), 2002/22/CE ("direttiva servizio universale"), l'obbligo di presentazione di un'offerta di riferimento da parte di un operatore delle telecomunicazioni trova fondamento nella direttiva 2002/19/CE (“direttiva accesso”), la quale all'articolo 9, comma 2, stabilisce che quando "un operatore è assoggettato ad obblighi di non discriminazione, le autorità nazionali di regolamentazione possono esigere che egli pubblichi un 'offerta di riferimento sufficientemente disaggregata per garantire che le imprese non debbano pagare per risorse non necessarie ai fini del servizio richiesto e in cui figuri una descrizione delle offerte suddivisa per componenti in funzione delle esigenze del mercato, corredata dei relativi termini, condizioni e prezzi. L'autorità nazionale di regolamentazione può tra l'altro imporre modifiche alle offerte di riferimento per dare effetto agli obblighi imposti ai sensi della presente direttiva".
Tale disposizione è stata recepita dagli art. 45 e ss. del citato d.lgs 1° agosto 2003, n. 259, ove è previsto:
- che “Qualora, in esito all'analisi del mercato realizzata a norma dell'articolo 19, un'impresa sia designata come detentrice di un significativo potere di mercato in un mercato specifico, l'Autorità impone, in funzione delle circostanze, gli obblighi previsti agli articoli 46, 47, 48, 49, 50 e 50-bis” (art. 45, comma 1);
- che l'Autorità “può imporre obblighi di trasparenza in relazione all'interconnessione e all'accesso, prescrivendo agli operatori di rendere pubbliche determinate informazioni quali informazioni di carattere contabile, specifiche tecniche, caratteristiche della rete, termini e condizioni per la fornitura e per l'uso, comprese eventuali condizioni conformi al diritto europeo che limitino l'accesso a servizi e applicazioni o il loro utilizzo, e prezzi (art. 46, comma 1);
- che l’Autorità può "esigere che, quando un operatore è assoggettato ad obblighi di non discriminazione ai sensi dell'articolo 47, pubblichi un'offerta di riferimento sufficientemente disaggregata per garantire che gli operatori non debbano pagare per risorse non necessarie ai fini del servizio richiesto e in cui figuri una descrizione delle offerte suddivisa per componenti in funzione delle esigenze del mercato, corredata dei relativi termini, condizioni e prezzi” (art. 46, comma 2);
- che “L'Autorità con provvedimento motivato può imporre modifiche alle offerte di riferimento in attuazione degli obblighi previsti dal presente Capo" (art. 46, comma 2);
- che “per determinati tipi di interconnessione e di accesso l'Autorità può imporre obblighi in materia di recupero dei costi e controlli dei prezzi, tra cui l'obbligo che i prezzi siano orientati ai costi” (art. 50, comma 1;art. 13 direttiva accesso).
Resta ancora da rammentare che il predetto contesto regolatorio ha trovato applicazione nei confronti di Telecom in quanto:
- la società, con delibera dell’Autorità n. 314/09/Cons, è stata identificata quale operatore detentore di significativo potere nei mercati nn. 1, 4 e 5 fra quelli individuati dalla Raccomandazione 2007/879/CE;
- l’art. 4 della delibera n. 731/09/Cons impone a Telecom l’obbligo di fornire i servizi di accesso “bitstream”, anche in modalità “naked”, su rete in rame e in fibra ottica e i relativi servizi accessori;
- l’art. 6 della delibera n. 731/09/Cons obbliga Telecom a formulare un’offerta di riferimento, ai sensi dell’art. 46 del Codice delle comunicazioni elettroniche, soggetta ad approvazione da parte dell’Autorità;
- l’art. 9 della stessa delibera n. 731/09/Cons sottopone Telecom all’obbligo di controllo dei prezzi per i servizi appartenenti al mercato 5 e per le relative prestazioni accessorie, ai sensi dell’art. 50 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Ai sensi dell’art. 73 della delibera, l’Autorità ha poi definito un modello di costo per la determinazione dei prezzi dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete fissa di Telecom e calcolo del valore del WACC (delibera n. 578/10/Cons).
Le delibere nn. 731/09/Cons e 578/10/Cons sono state annullate in parte dalla decisione del Consiglio di Stato 2 aprile 2013, n. 1856.
La sentenza ha rilevato che l’Autorità, pur avendo premesso di voler applicare un metodo omogeneo di determinazione dei prezzi, ha stabilito poi, contraddittoriamente, la base di partenza del networkcap, sia per i servizi bitstream naked che per quelli WLR, secondo il criterio del retail minus, non orientato al costo e consistente nell’abbattimento del prezzo praticato al pubblico da parte di Telecom di una percentuale forfettaria. L’Autorità, pertanto, avrebbe applicato i valori di aumento del servizio ULL, derivanti dal modello BU-LRIC, ai prezzi iniziali, non orientati al costo, di entrambi i servizi, comportando, quindi, un ulteriore aumento senza alcun nesso con i costi sottostanti.
Secondo la sentenza richiamata, dunque, le delibere nn. 731/09/Cons e 578/10/Cons sono illegittime nella parte in cui non avrebbero illustrato esaurientemente le ragioni per le quali, per i servizi WLR e WBA, si sia discostata dal modello di orientamento al costo adottato, invece, per i servizi ULL.
3. Effettuata la sintetica ricognizione dei parametri normativi della controversia, il Collegio non può non osservare che mediante le censure esposte la società intende sollecitare l’adesione dell’adito Tribunale a valutazioni di merito diverse da quelle compiute dall’Autorità.
Ma tale tipologia di scrutinio, come osservato da alcune parti resistenti, non è consentito al giudice amministrativo, senza invadere l’ambito della discrezionalità tecnica riservato all’amministrazione (C. Stato, III, 2 aprile 2013, n. 1856;28 marzo 2013, n. 1837;Tar Lazio, Roma, I, 21 giugno 2013, n. 6259;C. Stato, VI, 12 febbraio 2007, n. 550;10 marzo 2006, n.1271;TAR Lazio, Roma, I, 24 agosto 2010, n. 31278;29 dicembre 2007, n. 14157;30 marzo 2007, n. 2798;13 marzo 2006, n. 1898).
I limiti del sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità amministrativa nelle materie regolate dalle autorità indipendenti sono stati da ultimo ribaditi dalla Corte di Cassazione, ricordando che “Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento;ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità – come nel caso della definizione di mercato rilevante nell’accertamento di intese restrittive della concorrenza – detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini”. (Cass., SS.UU., 20 gennaio 2014, n. 1013).
Nell’esame delle predette censure il Collegio si atterrà pertanto alle richiamate coordinate ermeneutiche.
4. Con il primo motivo di gravame la società avversa la previsione secondo cui, al dichiarato scopo di garantire uno “spazio economico” tra i diversi prodotti di accesso all’ingrosso e promuovere l’infrastrutturazione da parte degli operatori alternativi, la fissazione del canone di accesso bitstream asimmetrico (sia condiviso che naked) deve scontare il premio di infrastrutturazione, costituito dal mark-up del 3% sui costi mensili delle singole componenti impiantistiche utilizzate per fornire il servizio.
Secondo la ricorrente la previsione sarebbe illegittima, illogica e contraddittoria, in quanto violerebbe palesemente il principio, pure dichiaratamente assunto nella delibera, dell’orientamento al costo fissato per il servizio bitstream, che già di per se, come sostenuto dalla Commissione UE, protegge il giusto spazio economico tra i diversi prodotti di accesso, e si porrebbe pertanto in contrasto con la politica comunitaria di promozione della competizione infrastrutturale sulle reti in rame e in fibra.
Secondo la ricorrente, per il raggiungimento dei dichiarati obiettivi, l’Autorità, anziché penalizzare gli operatori alternativi che utilizzano i servizi bitstream, avrebbe dovuto introdurre incentivi diretti per gli investimenti nell’ULL.
La società ritiene poi la scelta dell'Autorità del tutto ingiustificata, anche quanto alla fissazione della stessa misura di premio prevista per gli investimenti sulla rete in fibra, stante il progressivo passaggio in corso dalla vecchia rete in rame a quella nuova in fibra.
4.1. Le predette censure, alla luce delle difese svolte dall’Autorità, che riassumono gli ampi passaggi motivazionali dalla delibera dedicati ai temi qui in discussione (paragrafo D.43 e ss.), non possono essere condivise.
Emerge, invero, che l' Autorità ha inteso incoraggiare gli operatori ad utilizzare i servizi di accesso disagreggato (ULL), più infrastrutturati, rispetto ai servizi bitstream.
La ricorrente, come emerge dal complessivo tenore della censura, non disconosce la rispondenza di tale obiettivo all’attuale quadro regolatorio della materia, ma ritiene più limitatamente che esso sia estraneo alla fissazione del premio di infrastrutturazione.
L’assunto non merita adesione.
Preliminarmente chiarito, infatti, che qualsiasi ipotesi di previsione di diretta incentivazione economica per gli investimenti ULL è palesemente fuori dal raggio di azione della gravata delibera, l’Autorità ha dimostrato come il servizio di accesso disaggregato richieda all'operatore un maggiore sforzo di investimento.
Quest’ultimo deve invero collocarsi presso le centrali locali di Telecom e installare i propri apparati di comunicazione, nonché posare la propria fibra ottica dai propri nodi di rete fino alle centrali locali di Telecom (“segmento di trasporto”), ciò che necessita, fermo il noleggio da Telecom del “doppino” telefonico, l’utilizzo preponderante di apparati propri dell’operatore, a fronte di circa 1500 centrali Telecom aperte all'ULL.
Nel caso del bitstream, invece, l'operatore può coprire l'intero territorio nazionale collocandosi per l'interconnessione in sole 30 centrali, da dove raccoglie il traffico dati dei propri c1ienti, e acquistando da Telecom l’uso degli apparati (“OSLAM”) installati nelle centrali locali (circa 10.000 su tutto il territorio nazionale), più la sezione di trasporto in fibra ottica da queste centrali locali fino ai 30 nodi di consegna.
Ne consegue che, al fine di confrontarsi sul mercato, l' operatore attestato in ULL risponde di ingenti investimenti, mentre l'operatore in bitstream risponde esclusivamente del contratto di interconnessione con Telecom, e, quindi, assume un rischio d'impresa di gran lunga inferiore rispetto al primo.
A fronte del predetto contesto, non si profila irragionevole la scelta dell'Autorità di privilegiare indirettamente l'operatore che investe in ULL, mediante l’introduzione del premio di infrastrutturazione sul canone bitstream calcolato mediante il criterio dell’orientamento al costo: tale "spazio economico", ovvero detta differenza di prezzo, rendendo meno conveniente acquistare servizi bitstream, non può infatti non costituire un oggettivo ed effettivo incentivo agli operatori ad investire in ULL.
L’Autorità ha anche dato congrua dimostrazione dell’erroneità dell’assunto ricorsuale secondo cui l’applicazione del criterio dell'orientamento al costo sarebbe, da sola, sufficiente a creare un valido incentivo all'infrastrutturazione.
Invero, se il prezzo del bitstream fosse orientato al costo, senza l'applicazione del mark up di cui si discute, l’operatore bitstream, per fornire il servizio al cliente finale, sosterrebbe per il servizio di accesso lo stesso costo dell’operatore ULL, il quale, pertanto, non avrebbe più alcuna convenienza a investire in “unbundling”, comportante lo stesso prezzo a fronte di un minor rischio, a scapito, quindi, della concorrenza infrastrutturale, che la delibera in esame intende perseguire in linea con le richieste della Commissione Europea.
Passando, poi, all’esame del meccanismo tecnico con il quale l’Autorità ha quantificato lo “spazio economico”, a parità di prestazioni, tra i servizi ULL e bitstream, si osserva che la delibera applica al calcolo dei prezzi bitstream un costo del capitale (“ WACC”) più elevato di quello sostenuto da un operatore infrastrutturato (pari al “WACC” vigente), specificatamente considerando per i prezzi bitstream un WACC maggiorato del 4% rispetto a quello vigente (pari a 9,36%), ciò che comporta il maggior costo del 3% del servizio bitstream (tale l'effetto sui costi di rete derivante dall'applicazione di un WACC aumentato del 4%) rispetto al costo sostenuto dall’operatore infrastrutturato e, in definitiva, milita a favore dell’opzione, per l’operatore, di assicurasi un maggiore grado di infrastrutturazione sopportando l'investimento in ULL.
Quanto, poi, ai rilievi della ricorrente in ordine alla scelta di introdurre, per il canone bitstream, il medesimo premio di rischio (4%) stabilito per l' operatore che realizza reti in fibra, l’Autorità ha chiarito come la ratio di tale scelta risieda nell'opportunità di applicare un premio di rischio già approvato e condiviso con il mercato e con la Commissione europea, qual è quello riconosciuto dalle delibere 9/13/CIR e 10/l3/CIR per le reti in fibra, nell’ottica del principio della prevedibilità regolamentare previsto dal codice.
Non essendovi, pertanto, alcuna correlazione sostanziale tra il premio di rischio al 4% e la diversa propensione al rischio dell'operatore che investe in rame piuttosto che in fibra, atteso che il predetto parametro mira esclusivamente a creare, sulle reti in rame, uno “spazio economico” tra due servizi (bitstrearn e ULL) caratterizzati da un diverso grado di infrastrutturazione, non può dirsi che l’Autorità, utilizzando il parametro del 4% anche per il rame, abbia riconosciuto lo stesso rischio su rame e fibra, che, correttamente, come sostiene la ricorrente, non sono comparabili.
Tant’è che nelle proprie difese l’Autorità fa rilevare come l'effetto dell’applicazione di tale parametro, pur determinando l’incremento del prezzo del bitstream in rame, non lo rende comunque comparabile a quello, di gran lunga superiore, su fibra.
Resta da rilevare che molte delle censure ricorsuali, nel denunziare, come meglio in narrativa, il contrasto tra la direttiva gravata e le norme comunitarie e nazionali di settore, invocano, a sostegno delle tesi di BT, e per la parte di interesse, le osservazioni critiche formulate dalla Commissione UE nell’ambito del procedimento di consultazione che ha avuto a oggetto la delibera gravata.
I passaggi di tale procedimento e le osservazioni critiche di cui sopra sono ampiamente riepilogati nella delibera in esame [nota di seri dubbi e successiva raccomandazione della Commissione UE;parere di segno opposto alla nota di seri dubbi del BEREC, Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche istituito dal regolamento (CE) n. 1211/2009, avente, tra altro, ai sensi dell’art. 2, lett. a) del regolamento stesso, il compito di sviluppare e diffondere tra le autorità nazionali le “migliori prassi regolamentari, quali approcci, metodologie o orientamenti comuni sull’attuazione del quadro normativo dell’Unione europea”;motivata posizione finale assunta dall’Autorità].
Al fine di escludere la conducenza delle censure in parola, per economia espositiva, e alla luce del principio di sinteticità degli atti assunto dal codice del processo amministrativo, la Sezione può limitarsi a rimandare alle puntuali motivazioni della sentenza che ha definito il già citato ricorso proposto da Telecom avverso la stessa delibera qui gravata (ricorso N.R.G. 3618/2014), trattenuto in decisione contestualmente a quello in esame.
Non mancando anche qui, peraltro, di rammentare che, all’esito dei chiarimenti forniti dall’Autorità alla Commissione Europea (secondo quanto pure riportato in delibera), la stessa Commissione non ha adottato alcun altra iniziativa, e, specificamente, non ha avviato alcun procedimento di infrazione ex art. 258 TFUE..
5. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente attacca la quantificazione del canone di accesso bitstream simmetrico.
Al riguardo, espone la società che l’Autorità avrebbe contraddittoriamente prima sostenuto di voler valutare al costo i canoni degli accessi bitstream simmetrici ATM ed ethernet flat, poi approvato l’offerta OR di Telecom, utilizzando il meccanismo del network cap, che, anche in relazione alle perplessità formulate dalla Commissione UE, era stato abbandonato.
Ciò contravverrebbe al principio di certezza del diritto, canone fondamentale per gli operatori, invocata dalla Commissione nella citata raccomandazione NGA.
Inoltre i canoni del bitstream simmetrico sarebbero contraddittori con i canoni del bitstream asimmetrico: i primi confermerebbero i valori del 2012, mentre i secondi registrerebbero una diminuzione del 22%.
A differenza di quanto accaduto per i canoni bitstream asimmetrici, l’Autorità non avrebbe infine dato evidenza dei singoli costi della catena impiantistica sottostante alla fornitura del servizio, utilizzati per il calcolo della tariffa.
5.1. Anche tali doglianze vanno respinte.
Va premesso al riguardo che il bitstream, servizio wholesale, che consente all'operatore di fornire la connessione dati ai propri clienti, si definisce simmetrico quando la velocità di download di dati da internet è pari (simmetrica) a quella di upload (tipico delle utenze business), e asimmetrico quando la velocità di download è superiore a quella di upload, come nelle utenze domestiche.
Ciò posto, le censure poggianti sulle osservazioni critiche formulate dalla Commissione europea non possono condurre all’esito sperato in ricorso secondo quanto appena sopra detto in relazione al primo motivo di gravame.
In relazione al resto, si osserva che anche la tematica degli accessi bitstream simmetrici è stata sollevata nel corso della consultazione pubblica nazionale, non trovando, peraltro, la condivisione dell’Autorità per le motivazioni illustrate in delibera, che possono qui essere confermate.
In particolare, emerge dalla gravata delibera che il costo in parola, già a partire dai canoni degli accessi simmetrici approvati con delibera n. 71/09/Cir, è stato strutturato “come somma dei costi dei singoli elementi della catena produttiva del servizio per il quale Telecom Italia è soggetta all’obbligo di fornitura”, su cui poi applicare il meccanismo del network cap (pagg. 52 e ss.).
Tale sistema, avendo determinato una riduzione annua progressiva dello 0,87% sui canoni approvati, è stato considerato già “efficientato”, e indi confermato per il 2013.
Né vale di contro osservare, come fa la ricorrente, che i canoni del bitstream simmetrico, confermando i valori del 2012, non registrerebbero la rilevante diminuzione registrata dai canoni del bitstream asimmetrico, pari al 22%, atteso che tale diminuzione si è determinata proprio con il passaggio, sancito dalla delibera impugnata, alla metodologia dell’orientamento al costo, mentre il bitstream simmetrico ha visto l’applicazione di un progressivo regime di efficientamento derivante da un valore iniziale già determinato in ottica di orientamento al costo.
Infine, quanto alla censura che lamenta la mancata individuazione dei singoli costi della catena impiantistica sottostante alla fornitura del servizio, la delibera rimanda chiaramente alla descrizione della catena produttiva del servizio di cui al punto 64 della delibera n. 13/09/CIR (pag. 52).
6. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
Tenuto conto della novità e della complessità delle questioni controverse, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti costituite.