TAR Palermo, sez. III, sentenza 2021-08-24, n. 202102473
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Testo completo
Pubblicato il 24/08/2021
N. 02473/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01069/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1069 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Associazione per Gli Studi Giuridici Sull'Immigrazione (A.S.G.I.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati D P, C B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ufficio Territoriale del Governo Agrigento, Ministero dell'Interno, in persona dei legali rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale n. 6;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso introduttivo:
- del provvedimento della Prefettura di Agrigento prot. n. 0010188 del 2.3.2020, con cui è stata rigettata la richiesta di accedere e visitare il Centro Hotpost di Lampedusa;
- del presupposto parere reso dal Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione, in merito alla richiesta di accesso all’hotspot di Lampedusa, di cui alla nota prot. n. 3631 del 12.2.2020;
- degli atti presupposti, connessi e consequenziali;
B) quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 23/12/2020:
-del provvedimento di riesame di cui al prot. n. 61422 del 2 novembre 2020, adottato dalla Prefettura di Agrigento in ottemperanza all'ordinanza n. 943 del 24 settembre 2020 della sezione III del T.A.R. Palermo, con il quale è stato riesaminato e confermato il rigetto dell'istanza di A.S.G.I. di accesso all'hotspot di Lampedusa del 20 giugno 2019;
- di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, ancorché sconosciuto alla ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo per l’Ufficio Territoriale del Governo Agrigento e per il Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 943/2020;
Vista l’ordinanza n. 50/2021;
Vite le note di udienza di parte ricorrente del 18/2/2021;
Visto l’art. 25 del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in ultimo dall'art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. 1° aprile 2021, n. 44;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2021, tenutasi in collegamento da remoto ai sensi dell’art.25 del d.l. n. 137/2020, il dott. Roberto Valenti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’associazione ricorrente (d’ora in poi solo ASGI) è un ente esponenziale che opera per il riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini stranieri presenti in Italia, anche in condizioni di soggiorno irregolare, costituita a Milano il 26 febbraio 1990, e ha la finalità di promuovere l’informazione, la documentazione e lo studio dei problemi, di carattere giuridico, attinenti all’immigrazione e alla condizione dello straniero.
Dal 16 settembre 2005 l’ASGI è iscritta nella prima sezione del registro degli enti e delle associazioni che svolgono attività a favore degli immigrati istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali con l’art. 42, c. 2, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (n. iscr. A/391/2005/TO del 16.9.2005) e dal 3 ottobre 2007 è iscritta nel registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità con D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, in attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (n. iscr. 133).
Ciò premesso, parte ricorrente osserva di aver chiesto di poter accedere all’Hotspot di Lampedusa, in considerazione delle finalità della stessa associazione come cristallizzate nello Statuto.
Con il provvedimento impugnato, l’amministrazione ha denegato l’accesso, riportandosi al parere negativo del Ministero dell'Interno.
Segnatamente, l’Amministrazione avrebbe rilevato che “ In mancanza di specifici accordi in materia tra codesta Associazione e il Ministero dell’Interno, si ritiene inapplicabile alla richiesta in esame la previsione di cui al punto B.2 delle Procedure Operative Standard (SOP). Peraltro, la considerazione di temi ed attività, curate da codesta Associazione nell’ambito del progetto “ In Limine”, non può essere invocata ai fini dell’accesso al Centro, stante la circostanza che nemmeno tale ambito autonomo di intervento risulta aver mai formato oggetto di accordo o intesa con il predetto Dicastero. Con riferimento, poi, all’eventuale applicabilità dell’art. 7 del D. Lgs. 142/2015, merita evidenziare come tale norma consenta di limitare l’accesso negli Hot Spot per ragioni connesse alla corretta gestione amministrativa della struttura. L’obiettivo perseguito dal legislatore consiste, infatti, nel favorire l’efficiente svolgimento di tutte le attività ricettive, anche mediante il coinvolgimento di enti terzi. Tale aspetto è garantito grazie alla presenza degli organismi internazionali (UNHCR, OIM, EASO) ed altre organizzazioni accomunate dalla titolarità di specifici mandati e progetti di respiro anche europeo, che sono stati formalmente condivisi dall’Amministrazione dell’Interno in tema di tutela ed accoglienza dei migranti […] ”.
Parte ricorrente deduce che fino all’introduzione dell’art. 10 ter del D.lgs. n. 286/1998 (testo unico sull’immigrazione, di seguito anche: TUI), avvenuta con decreto legge n. 13/2017, convertito dalla L. n. 46/2017, la normativa italiana non recava alcun riferimento e/o disciplina dei centri hotspot. Ancora oggi, secondo la parte ricorrente, non si può affermare che esista una precisa disciplina normativa di tali centri, tale non potendosi considerarsi il rinvio dell’art. 10 ter del TUI e dell’art. 8 del D.lgs. n. 142/2015 in materia di accoglienza alla L. n. 563/1995 (cd. Legge Puglia), norma che si limita a disciplinare le attività di prima assistenza intercorse in Puglia nel 1995, ovvero in un preciso arco temporale e in una ben delimitata area geografica. Per parte ricorrente, l’art. 10 ter del TUI disciplina le operazioni che possono essere condotte all’interno di tali punti di crisi, ove, in primo luogo, vengono effettuate le operazioni di primo soccorso, assistenza e identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera o giunti in Italia dopo operazioni di salvataggio in mare.
Ai sensi dell’art. 8 del D.lgs. n. 142/2015, i centri hotspot rappresentano, altresì, articolazione del sistema italiano di accoglienza a cui i richiedenti protezione internazionale accedono per finalità di primo soccorso, assistenza e identificazione e ove dovrebbero permanere per il tempo strettamente necessario al trasferimento presso un centro di accoglienza adeguato alle proprie condizioni e allo status giuridico acquisito. Inoltre l’art. 6, c. 3 bis , del D.lgs. n. 142/2015, introdotto dal D.L n. 113/2018, convertito dalla L. n. 132/2018, stabilisce che i punti di crisi sono luoghi in cui, previa individuazione di appositi locali, i richiedenti asilo possono essere trattenuti per la determinazione o la verifica della loro identità o della cittadinanza. Il trattenimento deve realizzarsi per il tempo strettamente necessario e comunque non superiore a trenta giorni, tuttavia, nei casi in cui l’identificazione non sia possibile, esso può essere prorogato fino a 180 giorni in un Centro di Permanenza e Rimpatrio (CPR), di cui all'articolo 14 del D.lgs. n. 286/98. Osserva quindi che gli hotspot si aggiungono ai luoghi già deputati dal Legislatore italiano, al trattenimento dei cittadini stranieri, quali i CPR.
Dal punto di vista amministrativo, le procedure seguite all’interno degli hotspot italiani sono regolate da una fonte non normativa, ovvero dalle Procedure Operative Standard (SOP), elaborate dal Ministero dell’Interno - Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione e Dipartimento della Pubblica Sicurezza, al fine di fornire delle linee operative comuni nella gestione delle diverse attività cui le strutture sono preposte. Ad avviso di parte ricorrente, si tratta di disposizioni di carattere organizzatorio e quindi prive di valenza normativa.
In tema di diritto di accesso ai punti di crisi e ai centri di assistenza, parte ricorrente osserva:
-che all’art. 7 del D.Lgs. n. 142/2005 il legislatore ha previsto che nei centri di cui all’art. 6 è consentito l'accesso, nonché la libertà di colloquio con i richiedenti, ai rappresentanti dell'UNHCR o alle organizzazioni che operano per conto dell'UNHCR in base ad accordi con la medesima organizzazione, ai familiari, agli avvocati dei richiedenti, ai rappresentanti degli enti di tutela dei titolari di protezione internazionale con esperienza consolidata nel settore, ai ministri di culto, nonché agli altri soggetti indicati nelle direttive del Ministro dell'interno adottate ai sensi dell'articolo 21, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, con le modalità specificate con le medesime direttive.
Solo “Per motivi di sicurezza, ordine pubblico, o comunque per ragioni connesse alla corretta gestione amministrativa dei centri di cui all'articolo 6”, l'accesso ai centri può essere limitato,