TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2019-03-08, n. 201901357

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2019-03-08, n. 201901357
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201901357
Data del deposito : 8 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/03/2019

N. 01357/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00562/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS-, proposto da
-OMISSIS- rappresentata e difesa dall'avvocato V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento

del Decreto di revoca della patente di guida n. -OMISSIS-L, Prot. n. -OMISSIS-, emesso dalla Prefettura di Napoli in data 19 giugno 2017, in conseguenza della condanna per violazione dell’art. 73 comma 1 e 4 del

DPR

309/90 (detenzione droghe leggere);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2019 per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. Con il ricorso in riassunzione in esame, che segue la sentenza del Tribunale Ordinario di Napoli n. 10615/2018 emessa e pubblicata in data 6 dicembre 2018, declinatoria della giurisdizione è contestata la legittimità dell’epigrafato decreto, con cui la Prefettura di Napoli ha revocato ai sensi dell’art. 120, comma 2 del codice della strada, la patente di guida in precedenza rilasciata alla ricorrente, avendo riportato una condanna per il reato previsto e punito dall’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, in tema di stupefacenti.

1.1 Secondo la prospettazione attorea, il decreto impugnato sarebbe illegittimo in quanto, tra l’altro, elevato in violazione degli artt. 3 L. 241/90 e 120 codice della strada, in mancanza di congrua motivazione circa l’assenza, all’attualità, dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida e basato sull’erroneo presupposto che la revoca della patente, nell’ipotesi di sentenza di condanna per il delitto di cui all’art. 73

DPR

309/90, costituisca atto vincolato.

1.2 Invero, alla luce della giurisprudenza più recente (cfr. sentenza

TAR

Brescia n. 187/2015, sentenza

TAR

Brescia n. 500/2015) e delle modifiche normative introdotte dal D.L. 146/2013 e dal D.L. 36/2014, andrebbe in tesi escluso l’automatismo tra condanna ex art. 73

DPR

309/90 riferita alle cosiddette droghe leggere (nel caso in cui la pena in concreto applicata non superi il massimo edittale della fattispecie di lieve entità) oppure condanna ex art. 73, comma 5,

DPR

309/90 e revoca della patente di guida, risultando il provvedimento di revoca a seguito della modifica del trattamento sanzionatorio per le sostanze leggere e del rimodellamento dell’ipotesi di cui al 5° comma in termini di autonoma fattispecie criminosa, non più atto dovuto ma discrezionale.

1.3 Il carattere discrezionale della revoca per le ipotesi relative alla condanna riferita alle cosiddette droghe leggere o all’ipotesi di cui al 5° comma dell’art. 73

DPR

309/90 imporrebbe la necessità di stabilire se nel caso concreto il possesso della patente rappresenti uno strumento di riabilitazione o se, al contrario, aggravi una persistente situazione di pericolosità sociale.

1.4 Secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 120 CdS., infatti, venendo in considerazione diritti a copertura costituzionale (libertà di circolazione), nell’ipotesi di fatto di lieve entità o condanna per droghe leggere, se la pena inflitta in tale ultimo caso non superi il massimo edittale previsto per la fattispecie di lieve entità, l’autorità amministrativa, prima di emettere il provvedimento di revoca, dovrebbe esaminare la posizione dell’interessato, tenendo conto non solo della condanna penale (che nel caso in esame si riferisce a fatti del novembre 2014) ma anche della sua condotta successiva e delle prospettive di reinserimento sociale, valutando, all’esito, se il persistente possesso della patente possa rappresentare uno strumento di riabilitazione o, all’opposto, un aggravamento della pericolosità sociale.

1.5 Secondo la prospettazione di parte, poiché la ratio del provvedimento ex art. 120 CdS è quella di garantire la sicurezza pubblica, escludendo dalla conduzione dei veicoli coloro i quali siano ritenuti pericolosi e considerato che, in caso di condanna per un fatto di lieve entità, la pericolosità non può ritenersi presunta, il Prefetto non può limitarsi a disporre la revoca della patente senza svolgere alcuna autonoma valutazione circa la sussistenza dei relativi presupposti normativi ed in particolare senza valutare il venir meno, in concreto, dei requisiti morali richiesti per il rilascio della patente di guida, da accertarsi sulla base della specificità dei fatti contestati, anche in termini di gravità.

2. All’udienza camerale del 5 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio, sussistendo i presupposti per una pronuncia in forma semplificata, stante l’evidente fondatezza del ricorso.

3. Preliminarmente ed in rito va ribadito, secondo quanto già rilevato dal Tribunale civile di Napoli con la precitata sentenza, che l’odierna controversia radica la giurisdizione di questo giudice amministrativo.

3.1 Invero, la questione centrale posta all’esame del Collegio, in forza della pronuncia della Consulta n. 22 del 2018 e del venir meno, dunque, dell’automatismo della revoca della patente conseguente a condanne per reati in materia di stupefacenti, concerne la legittimità dell’esercizio di una potestà amministrativa di natura discrezionale, a fronte della quale certamente insistono posizioni di interesse legittimo sicché, dunque, essa rientra nella giurisdizione amministrativa.

3.2 Restano, invece attribuite al giudice ordinario, secondo i consueti parametri di riparto della giurisdizione, le ulteriori ipotesi previste dall’art. 120, commi 1 e 2, C.d.S. (secondo cui 1. «Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali [...], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi [...]»;
2. «[...] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. [...]»
), non attinte dalla pronuncia predetta.

In tali casi, infatti, la revoca continua a rappresentare un mero atto vincolato, la cui adozione consegue necessariamente al solo verificarsi dei presupposti normativamente previsti ( ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 29 agosto 2016, n. 3712;
T.A.R. Liguria, Genova, sez. II, 10 luglio 2017, n. 601), sicché le relative controversie restano sottratte alla giurisdizione di questo giudice, non sussistendo alcun margine di discrezionalità in capo dell’amministrazione (cfr. Cass., Sez. Un., n. 22491 del 2010, n. 28239 del 2011, n. 2446 del 2006;
e da ultimo Tar Campania, Napoli, sez. V, n. 4071 del 20 giugno 2018).

4. Nel merito il ricorso è fondato.

4.1 Coglie nel segno il motivo di ricorso con cui si stigmatizza il difetto di motivazione dell’atto impugnato.

4.2 La riconfigurazione, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale più volte menzionata, della natura del potere di cui resta attributario il Prefetto, in forza dell’art. 120, comma 2, D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della Strada) ne confina l’esercizio entro i canoni tipici della discrezionalità amministrativa, secondo i consueti principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza motivazionale.

4.3 Invero, con la citata pronuncia, il giudice delle leggi, per quanto d’interesse nel presente giudizio, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, C.d.S. relativamente all'automatismo della revoca della patente da parte dell'autorità amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati in tema di stupefacenti, all’uopo:

- stigmatizzando la violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.;

- chiarendo, sulla questione, che “La disposizione denunciata - sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida - ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità. Reati che, per di più, possono (come nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l'attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all'attualità” ;

- precisando, inoltre, che “Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame è, poi, ravvisabile nell'automatismo della "revoca" amministrativa rispetto alla discrezionalità della parallela misura del "ritiro" della patente che, ai sensi dell'art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione «può disporre», motivandola, «per un periodo non superiore a tre anni» . È pur vero che tali due misure - come già evidenziato - operano su piani diversi e rispondono a diverse finalità. Ma la contraddizione non sta nel fatto che la condanna per reati in materia di stupefacenti possa rilevare come condizione soggettiva ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, agli effetti della sua revocabilità da parte dell'autorità amministrativa, anche quando il giudice penale (non ritenendo che detto titolo sia strumentale al reato commesso o che possa agevolare la commissione di nuovi reati) decida di non disporre (ovvero disponga per un più breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro della patente. La contraddizione sta, invece, in ciò che - agli effetti dell'adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) - mentre il giudice penale ha la "facoltà" di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il "dovere" di disporne la revoca”.

4.4 Trasponendo i superiori principi al caso in esame e tenuto conto della motivazione addotta dal Prefetto a fondamento della impugnata revoca della patente, emerge ictu oculi che nel caso in esame l’autorità emanante non ha effettuato alcuna valutazione dei suddetti elementi, mancando una motivazione idonea ad esplicitarne l’iter logico, atteso che il decreto in questione risulta adottato sulla base della sola sentenza di condanna sopra indicata, sul presupposto, come visto erroneo, della natura vincolata dell’atto ( cfr. in termini Tar Campania, Napoli, Sez. V, 19 luglio 2018, n. 4845).

4.5 Quanto ai criteri che devono indirizzare l’esercizio del potere discrezionale in questione, il Collegio ritiene potersi fare rinvio ai parametri individuati dalla giurisprudenza in relazione ad analoga fattispecie ( cfr . Tar Brescia, n. 500/2015), potendo l’Amministrazione, a titolo esemplificativo, far riferimento ai seguenti parametri “(a) gravità degli episodi criminosi descritti nelle sentenze di condanna, tenendo conto delle valutazioni espresse dal giudice penale circa l'atteggiamento processuale, i precedenti e le prospettive future;
(b) condotta mantenuta dal ricorrente successivamente alla condanna, sia sotto il profilo lavorativo sia in generale nei rapporti sociali e interpersonali;
(c) eventuali nuove denunce a carico del ricorrente, o frequentazione di soggetti pericolosi;
(d) eventuale presenza di familiari in grado di assistere e sostenere il ricorrente nel percorso riabilitativo;
(e) svolgimento di attività lavorative, oppure offerte di lavoro, in relazione alle quali sia necessario il possesso della patente di guida;
(f) modalità con cui il ricorrente ha utilizzato in precedenza la patente di guida”
.

5. Il carattere assorbente del vizio esaminato dispensa il Collegio dall’esame delle restanti censure.

6. Alla luce delle superiori considerazioni il ricorso è dunque accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato decreto prefettizio.

7. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese di giudizio, fatto salvo il contributo unificato, che per legge va posto a carico del Ministero dell’Interno, prendendosi, altresì, atto che con deliberazione n. 36 del 22 febbraio 2019 della apposita Commissione interna è stata disposta per il ricorrente l’ammissione al gratuito patrocinio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi