TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-04-12, n. 202300378
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Pubblicato il 12/04/2023
N. 00378/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00961/2021 REG.RIC.
N. 01026/2022 REG.RIC.
N. 01117/2022 REG.RIC.
N. 00073/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 961 del 2021, proposto da
Nuova Cosmave S.p.A. in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati G T e J G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Massarosa in persona del Commissario straordinario
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Walter Bianculli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 1026 del 2022, proposto da
Nuova Cosmave S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Laura Buffoni e Andrea Cardone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Massarosa in persona della Sindaca pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Walter Bianculli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana-ARPAT in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Michela Simongini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 1117 del 2022, proposto da
Nuova Cosmave S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Buffoni e Andrea Cardone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Massarosa in persona della Sindaca pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Walter Bianculli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana-ARPAT in persona del Direttore Generale pro tempore, non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 73 del 2023, proposto da
Nuova Cosmave S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Buffoni e Andrea Cardone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Massarosa in persona della Sindaca pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Walter Bianculli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana-ARPAT in persona del Direttore Generale pro tempore, non costituita in giudizio;
con il ricorso n. 961 del 2021:
per l’accertamento
- del diritto della Nuova Cosmave a provvedere al riempimento del bacino lacustre ubicato nell’area di sua proprietà, sottoposta a riqualificazione, sita in via del Brentino n. 584-588, censita al catasto terreni foglio 22, mappale 203, 205, 338, 267 denominata ex cava Brentino 4, con l’utilizzo in parte di terre e rocce da scavo, in parte di sottoprodotti inerti provenienti da attività produttive sub specie lavorazione del marmo
nonché per l’annullamento, per quanto occorrer possa,
- della nota del Comune di Massarosa, Settore Ambiente, prot. n.0014193 del 01.06.2021, avente ad oggetto “Permesso di costruire n. 47/2020. Nomina professionista. Riscontro Vs nota Prot. n. 13703 del 26.05.2021”;
- della nota del Comune di Massarosa prot. n. 006713 dell’11.03.2021, indirizzata all’Arpat e mai trasmessa alla ricorrente,
e per la condanna del Comune di Massarosa
- ad adempiere alle prescrizioni inserite del permesso di costruire n. 47/2020, relativamente all’individuazione della terna dei professionisti da cui estrarre, a cura della ditta, il direttore delle operazioni riconducibili al permesso stesso;
con il ricorso n. 1026 del 2022:
per l'annullamento
- dell’ordinanza sindacale del Comune di Massarosa (LU) n. 16 del 7 luglio 2022, “di rimozione rifiuti e smaltimento rifiuti rilevati da ARPAT presso l’impianto produttivo sito in via del Brentino n. 476, Massarosa, di proprietà della ditta Nuova Cosmave spa”, notificata in data 14 luglio 2022 nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, con particolare riguardo alle note ARPAT n. 4926 dell’01.03.2022 e n. 14744 del 17.06.2022, allegate al provvedimento impugnato;
con il ricorso n. 1117 del 2022:
per l'annullamento
- della determina del Comune di Massarosa (LU) n. 349 del 24.06.2022, avente ad oggetto: “procedimento in conferenza di servizi decisoria ex art. 14-bis, legge 241/1990 e s.m.i. forma semplificata in modalità asincrona per l'approvazione del piano di monitoraggio progetto di rinaturalizzazione nell'ambito del piano di recupero ambientale area cava 4, loc. Brentino autorizzato con pdc n.47/2020. Approvazione del verbale allegato alla determinazione di conclusione positiva di conferenza di servizi”, notificato in data 24 giugno 2022, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso compresi, in particolare, il Verbale della Conferenza dei servizi del 31.05.2022 approvato con la Determina n. 349 del 24.06.2022, la nota prot. 6713 dell’11.03.2021 del Settore Urbanistica del Comune di Massarosa allegato al verbale della Conferenza dei servizi e il parere favorevole con prescrizioni di ARPAT acquisito con nota prot. n. 2560 del 23/05/2022, allegato al verbale della Conferenza dei servizi, tutti limitatamente alla parte in cui hanno stabilito la prescrizione di utilizzare nella rinaturalizzazione del sito cava 4 in Massarosa, loc. Brentino, autorizzata con Det. Prov. Lu 838/2013 e P.d.c. 47/2020, materiali, in ogni caso, aventi le concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo previste dalla colonna A della Tabella 1, allegato 5, parte IV del TU Ambiente;
quanto al ricorso n. 73 del 2023:
per l’annullamento
- dell'ordinanza n. 15 del 14.12.2022 del dirigente dell'Area Programmazione del Territorio, Sviluppo Urbanistico della Città, Settore Urbanistica Edilizia Privata del Comune di Massarosa (LU) avente ad oggetto: “ORDINANZA DI SOSPENSIONE DEI LAVORI PDC n. 47/2020”, notificata in data 15 dicembre 2022 nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso comprese, in particolare, le allegate note “Pec del 02/12/2022 n. 29579, con relativi allegati, trasmessa dalla Regione Toscana, Direzione Ambiente ed Energia” e “Pec del 07/12/2022 n. 29920 trasmessa da ARPAT Area Vasta Costa - Dipartimento di Lucca”.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massarosa e dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana-ARPAT;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2023 il dott. A C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Nuova Cosmave S.p.A. è una società che si occupa principalmente del riutilizzo dei materiali derivanti dall’attività estrattiva del marmo ed è proprietaria di terreni ubicati nel Comune di Massarosa in via del Brentino n. 584-588, censiti al catasto terreni foglio 22, mappale 203, 205, 338, 267, la cui destinazione urbanistica è qualificata come “E5” ovvero cave e siti di discarica dismessi oggetto di recupero ambientale. Su questi terreni la Provincia di Lucca, con determinazione n. 838/2013, ha approvato e autorizzato un progetto di chiusura e ripristino ambientale, di gestione della fase di post-esercizio e monitoraggio ambientale, nell’area della ex discarica (di seconda II cat. Tipo B) denominata “Cava 4”.
L’Unione dei comuni della Versilia, con determinazione del Segretario dello Sportello Unico per le Attività Produttive associato 13 maggio 2019, n. 137, ha determinato la conclusione positiva del procedimento e il Comune di Massarosa conseguentemente, il 13 novembre 2020, ha adottato il permesso a costruire n. 47 autorizzando l’impresa alla riqualificazione del sito e consentendo, per il riempimento del bacino lacustre presente nell’area, l’utilizzo in parte di terre e rocce da scavo e in parte di sottoprodotti inerti provenienti dalle attività produttive, di cui all’articolo 184 bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. I criteri per monitorare l’area sono stati dettati con nota 12 dicembre 2019, protocollo 33987, allegata al permesso di costruire.
L’impresa Nuova Cosmave, con nota 26 maggio 2021, ha presentato al Comune di Massarosa un piano di monitoraggio redatto da un tecnico all’uopo nominato, dopo che due professionisti avevano rinunciato all’incarico di direttore delle operazioni comprendente, tra gli altri, il compito di verificare la natura dei materiali utilizzati per il riempimento.
Il Comune, con nota a riscontro 1° giugno 2021 prot. 14193, ha dichiarato che a fronte della rinuncia di due professionisti alla nomina di direttore delle operazioni avrebbe pubblicizzato una nuova manifestazione di interesse per individuare una terna di esperti tra cui l’impresa avrebbe scelto il direttore;ha inoltre precisato che i materiali da utilizzare per il recupero del bacino lacustre avrebbero dovuto consistere esclusivamente in terre e rocce da scavo classificati come sottoprodotti. Analoga affermazione è presente nella nota comunale 11 marzo 2021, prot. n. 6713, inoltrata all’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (nel seguito: “Agenzia”).
La Nuova Cosmave ha allora proposto il ricorso rubricato sub R.g. n. 961/2021 chiedendo l’accertamento del proprio diritto al riempimento del bacino lacustre presente nel sito interessato utilizzando in parte terre e rocce da scavo, e in parte sottoprodotti inerti provenienti da attività estrattive; la condanna del Comune di Massarosa ad adempiere alle prescrizioni inserite nel permesso di costruire n. 47/2020 relativamente all’individuazione della terna dei professionisti da cui estrarre il direttore delle operazioni e l’annullamento delle note sopracitate.
Si è costituito il Comune di Massarosa chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, la stessa è stato oggetto di rinuncia.
All’udienza del 21 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Nel frattempo, al fine di procedere con le lavorazioni previste nel permesso di costruire n. 47/2020, la Nuova Cosmave si è approvvigionata di materiale di risulta della lavorazione del marmo stoccandola in un sito di sua proprietà, sempre in località Brentino, adibito a impianto di selezione e vagliatura inerti.
Il Comune di Massarosa, con ordinanza 17 luglio 2022 n. 16, le ha ordinato di rimuovere i materiali in quanto presentano, come da analisi condotte dall’Agenzia, concentrazioni di idrocarburi superiori alla colonna A, tab. 1, all. 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006;non sarebbero perciò utilizzabili per il riempimento del laghetto della ex Cava 4. Tali materiali, secondo l’Amministrazione, non rispettano le condizioni previste dall’art.184-bis del d.lgs. n. 152/06, in particolare quella di cui al comma 1, lett. b), della norma e pertanto sarebbero da considerare quali rifiuti speciali.
Il provvedimento è stato impugnato con ricorso rubricato sub R.g. n. 1026/2022, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si sono costituiti l’Agenzia e il Comune di Massarosa chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza 21 settembre 2022, n. 552, è stata accolta la domanda cautelare sulla base della comparazione degli interessi in gioco nella fattispecie.
All’udienza del 21 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. In data 22 febbraio 2022 Nuova Cosmave ha chiesto l’indizione della conferenza dei servizi decisoria per l’approvazione del piano di monitoraggio elaborato dal direttore delle operazioni. Con determinazione comunale 24 giugno 2022, n. 349, è stato approvato il verbale conclusivo della conferenza dei servizi che faceva proprio il piano di monitoraggio. La determinazione, in uno con gli atti presupposti e in particolare il verbale della conferenza dei servizi del 31 maggio 2022 approvato con la sopracitata determinazione;la nota 11 marzo 2021 prot. 6713 del Comune di Massarosa e il parere favorevole con prescrizioni espresso dall’Agenzia, sono stati impugnati con ricorso rubricato sub R.g. n. 1117/2022, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili. L’impugnazione è limitata alla parte degli atti in cui è stabilita la prescrizione di utilizzare, nella rinaturalizzazione del sito Cava 4, materiali in ogni caso aventi le concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo previste dalla colonna A) della Tabella 1, All. 5 alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006, in luogo dei materiali conformi alle caratteristiche di cui alla colonna B) della medesima Tabella.
Si è costituito il Comune di Massarosa chiedendo la reiezione del ricorso.
All’udienza del 21 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Con ordinanza dirigenziale n. 15 del 14 dicembre 2022 il Comune di Massarosa, ritenuto che il piano di monitoraggio avesse prescritto l’uso esclusivo di materiali con caratteristiche chimico-fisiche conformi alla colonna A), tabella I, dell’allegato 5 alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006 e che il materiale da conferire comunicato dalla Nuova Cosmave non sia conforme alla prescrizione, ha ordinato di sospendere i lavori di cui al permesso di costruire n. 47/2020. Il provvedimento è stato impugnato con ricorso rubricato sub R.g. n. 73/2003, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si è costituito il Comune di Massarosa chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, la stessa è stata oggetto di rinuncia.
All’udienza del 21 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con ricorso sub R.g. n. 961/2021 l’impresa Nuova Cosmave impugna, chiedendone l’annullamento, la nota comunale 1° giugno 2021 prot. 14193 con cui il Comune di Massarosa dichiara che a fronte della rinuncia di due professionisti alla nomina di direttore delle operazioni per il recupero ambientale dell’area “Cava 4” in località Brentino, avrebbe pubblicizzato una nuova manifestazione di interesse per individuare una terna di esperti al cui interno la stessa impresa avrebbe scelto il direttore, e precisa che i materiali da utilizzare per il recupero del bacino lacustre ivi presente avrebbero dovuto consistere esclusivamente nella tipologia terre e rocce da scavo classificati come sottoprodotto. Impugna anche la nota comunale, contenente analoga affermazione, 11 marzo 2021 prot. n. 6713 inoltrata all’Agenzia. Chiede inoltre l’accertamento del proprio diritto al riempimento del bacino lacustre utilizzando in parte terre e rocce da scavo, e in parte sottoprodotti inerti provenienti da attività estrattive, e la condanna del Comune di Massarosa ad adempiere alle prescrizioni inserite nel permesso di costruire n. 47/2020 relativamente all’individuazione della terna dei professionisti in questione.
Con primo motivo di doglianza la ricorrente lamenta che il Comune non abbia ancora individuato la terna di nominativi per l’incarico di direttore delle operazioni, e chiede che venga condannato a metterla a disposizione entro un termine certo.
I motivi secondo e terzo hanno ad oggetto le note comunali impugnate. La ricorrente lamenta che il permesso di costruire e la documentazione allegata consentirebbero anche l’utilizzo di sottoprodotti derivanti dalle produttive estrattive, sicché sotto questo profilo dette note sarebbero illegittime. La determinazione dirigenziale della Provincia di Lucca n. 838/2013 non escluderebbe i materiali lapidei tra quelli ammessi al riempimento poiché entrambi rientravano nella qualifica di cui all’art. 186, comma 7 ter, del d.lgs. n. 152/2006, vigente all’epoca dell’emanazione dell’atto.
La ricorrente chiede inoltre il risarcimento del danno conseguente all’impossibilità di realizzare il progetto assentito.
La difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per la mancata notificazione all’Agenzia e l’inammissibilità della domanda di condanna del Comune all’adozione di provvedimenti poiché questi rientrerebbero nella discrezionalità tecnica dell’Amministrazione cui non sarebbe, poi, addebitabile la mancata individuazione del direttore delle operazioni riconducibili al permesso di costruire di cui si tratta. In memoria di replica eccepisce l’improcedibilità della domanda di condanna del Comune di Massarosa ad adempiere alle prescrizioni inserite nel citato permesso di costruire relativamente all’individuazione della terna dei professionisti tra i quali designare, a cura della ditta, il direttore delle operazioni di cui è causa, poiché nelle more è stato completato l’iter procedimentale con la nomina dell’ing. P G quale direttore. A questo proposito la ricorrente si rimette al Collegio, chiedendo che in sede di condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese processuali si tenga conto della sua lunga inottemperanza in proposito.
Nel merito la difesa comunale replica alle deduzioni della ricorrente evidenziando, in particolare, che non sarebbero mai state riscontrate le condizioni che consentirebbero di attribuire ai residui della lavorazione del marmo la qualifica di sottoprodotto. Il d.P.R. 13 giugno 2017, n. 120, ha adottato la nuova disciplina delle rocce e terre da scavo senza ricomprendervi i residui di materiali lapidei. Nel caso di specie la stessa documentazione prodotta dalla ricorrente dimostrerebbe che il materiale che vorrebbe utilizzare, come sottoprodotto, nell’esecuzione del piano di rinaturalizzazione presenta sostanze che superano i limiti di cui alla colonna A), Tabella 1, allegato 5 alla parte IV del d.lgs. n. 152/06 (in seguito anche “Tabella”): sulla base delle analisi espletate e dell’unità di misura stabilita, per il “cromo totale” è risultato un valore di 169 a fronte di un limite di 150 mentre per gli “idrocarburi pesanti” il risultato delle analisi ha indicato un valore di 168, a fronte di un limite di 50. Stante la destinazione d’uso dell’area interessata dall’intervento a “E5 - Cave e siti di discarica dismessi di recupero ambientale”, i limiti della Tabella da rispettare sarebbero quelli di cui alla colonna A) della stessa, relativi ai siti ad uso “Verde pubblico e privato e residenziale”, e non quelli di cui alla colonna B) che si riferiscono invece ai siti ad uso commerciale e industriale. Stante il contrasto dell’utilizzo dei materiali in questione con l’opera da realizzare nel sito di destinazione, gli stessi non potrebbero in alcuna maniera essere qualificati come “sottoprodotto” essendo carenti del requisito di cui al comma 1, lett. d) dell’art. 184-bis d.lgs. n. 152/2006.
2. Con il ricorso sub R.g. n. 1026/2022 è impugnata l’ordinanza del Comune di Massarosa 17 luglio 2022 n. 16, con cui l’Amministrazione ha ordinato alla ricorrente di rimuovere i rifiuti asseritamente presenti nel suo impianto produttivo posto in via del Brentino n. 476, costituiti da residui di lavorazione di prodotti lapidei. La ricorrente rileva che le resistenti Amministrazioni ritengono che nel caso di specie difetti la certezza sull’utilizzo degli inerti ma si tratterebbe di un errore, derivante dal travisamento delle informazioni contenute nelle schede di conferimento redatte dalle ditte produttrici degli inerti inviati presso lo stabilimento. Le schede infatti, in conformità al permesso di costruire n. 47/2020, indicavano quale finalità ultima di destinazione dei materiali la rinaturalizzazione della ex Cava 4, previo deposito intermedio nello stabilimento de quo per un tempo massimo di 180 giorni. La destinazione del sottoprodotto non era la ex Cava del Brentino, alla cui naturalizzazione il materiale inerte sarebbe stato destinato una volta lavorato in sede di riutilizzo, ma l’impianto di essa ricorrente ove si trovava stoccato proprio per il suo riutilizzo. L’impianto è abilitato, in virtù di autorizzazione unica ambientale rilasciata con determinazione dirigenziale della Provincia di Lucca n. 5271/2014 poi volturata alla Nuova Cosmave, non solo al mero stoccaggio intermedio ma anche alla lavorazione (pesatura, vagliatura, lavaggio, etc.) dei materiali inerti consistenti non solo in terre e rocce da scavo, ma generalmente in sottoprodotti ex art. 184-bis, d.lgs. n. 152 /2006. L’impianto era da qualificarsi come sito di destinazione del sottoprodotto.
Non corrisponderebbe al vero la circostanza che gli idrocarburi presenti negli inerti per cui è causa superino i valori indicati nella colonna A) della Tabella, né che le prescrizioni autorizzatorie dell’intervento di rinaturalizzazione della ex Cava 4 richiedano l’impiego esclusivamente di “terre e rocce da scavo” che rispettino i limiti cui alla citata colonna A), e tanto sarebbe dimostrato dalla relazione tecnica prodotta in atti.
Il materiale stoccato è stato venduto da quattro produttori impegnati nelle lavorazioni lapidee e la fatturazione, nonché le schede di conferimento, dimostrerebbero l’esistenza di un accordo tra le parti per l’utilizzo del medesimo. Sarebbe sufficiente ad escludere la qualificazione del materiale de quo come rifiuto il fatto che abbia valore economico e sia stato oggetto di compravendita.
Con secondo motivo la ricorrente rileva che l’impianto in questione è autorizzato alla lavorazione degli inerti già al momento della produzione del materiale compravenduto per cui si deve considerare pienamente rispettato il requisito di cui all’art. 5, d.m. n. 264/2016, il quale prevede che “il requisito della certezza dell’utilizzo è dimostrato dal momento della produzione del residuo fino al momento dell’impiego dello stesso. A tali fini il produttore e il detentore assicurano, ciascuno per quanto di propria competenza, l’organizzazione e la continuità di un sistema di gestione, ivi incluse le fasi di deposito e trasporto, che, per tempi e per modalità, consente l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto”. Le schede consentirebbero di identificare il produttore del materiale;l’esecutore del trasporto;il destinatario degli inerti e la finalità ultima dell’utilizzo previsto all’esito del ciclo produttivo, ovvero la rinaturalizzazione dell’ex Cava 4, nonché il tempo stimato e le modalità del deposito. I requisiti dettati dalla disciplina di settore per la corretta gestione dei sottoprodotti sarebbero stati rispettati garantendo la piena tracciabilità e non sarebbe stata necessaria l’indicazione della finalità ultima dell’utilizzazione degli inerti. Le resistenti pretenderebbero di sindacare il contenuto delle schede di conferimento per mettere in dubbio la certezza del riutilizzo del sottoprodotto, ma le schede non sono strumenti obbligatori e non avrebbero valore vincolante nell’accertamento dei presupposti per la qualificazione del materiale come sottoprodotto, né potrebbero essere utilizzate contro chi se ne sia avvalso per agevolare il proprio onere probatorio.
La ricorrente formula poi domanda di risarcimento dei danni, con rivalutazione ed interessi, e a tale proposito sostiene che il carattere colposo della condotta dell’Amministrazione sarebbe dimostrato dalla mancata considerazione degli elementi istruttori offerti nel corso del procedimento.
La difesa comunale e quella dell’Agenzia replicano puntualmente alle deduzioni della ricorrente.
3. Con il ricorso sub R.g. n. 1117/2022 sono impugnati la determinazione comunale n. 349/2022 in uno con gli atti presupposti e, in particolare, il verbale della conferenza di servizi del 31 maggio 2022 approvato con la sopracitata determinazione;la nota 11 marzo 2021 prot. 6713 del Comune di Massarosa e il parere favorevole con prescrizioni espresso dall’Agenzia, tutti limitatamente alla parte in cui hanno stabilito la prescrizione di utilizzare nella rinaturalizzazione del sito Cava 4 di cui si tratta materiali in ogni caso aventi le concentrazioni soglia di contaminazione previste dalla colonna A) della Tabella. Premette la ricorrente, con primo motivo di doglianza, che la determinazione dell’ente provinciale n. 838/2013 è il titolo con cui è stato autorizzato l’intervento di ripristino ambientale in discussione e stabilita la tipologia di materiali da utilizzare, e la conferenza dei servizi che ha concluso l’approvazione del piano di monitoraggio avrebbe avuto funzione integrativa del contenuto del permesso di costruire, ma non competenza per modificarne previsioni e prescrizioni. La determinazione impugnata sarebbe quindi illegittima anzitutto per incompetenza.
Con secondo motivo la ricorrente rileva che nel parere motivato del Comune di Massarosa, agli atti della Conferenza di servizi del 31 maggio 2022, si legge che la determinazione di consentire l’uso esclusivo di materiali con caratteristiche chimico-fisiche rientranti nei parametri di cui alla colonna A) della Tabella deriverebbe da un’interpretazione del permesso di costruire n. 47/2020 e della determinazione n. 838/2013. Nella relazione tecnica dell’intervento autorizzato con il citato permesso è sancito però che il materiale da utilizzare per la colmatazione dello specchio d’acqua avrà le caratteristiche chimico-fisiche di cui alla colonna B) della Tabella e il permesso di costruire, in proposito, contiene l’unica prescrizione (dettata dall’Ufficio Ambiente del Comune di Massarosa) che per lo strato più superficiale (di 1 ml) il materiale soddisfi i requisiti di cui alla colonna A), e che per i primi cm. 50 sia costituito da terra naturale. L’uso di tali materiali sarebbe pienamente compatibile con la destinazione d’uso vigente del sito.
L’individuazione degli interventi, delle opere compatibili, della destinazione finale e dei materiali utilizzabili nel recupero ambientale sarebbe integralmente demandata al permesso di costruire, senza che il Regolamento Urbanistico Comunale contenga un vincolo in proposito e ove anche l’area avesse una destinazione finale a verde pubblico, circostanza che non risulterebbe da alcun documento, ciò non muterebbe il contenuto di un provvedimento amministrativo, appunto il premesso a costruire, ormai consolidato e comunque, integrativo delle previsioni del Regolamento Urbanistico stesso. L’allegato 5 al titolo V della parte IV del d.lgs. n. 152/2006 è relativo ai valori soglia di contaminazione dei siti inquinati e rileverebbe ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di bonifiche, senza applicazione al caso in discussione relativo ad un piano di recupero ambientale di una discarica di rifiuti, soggetta invece al d.lgs. 3 gennaio 2003, n. 36. Ne deriverebbe la illegittimità degli atti impugnati nella parte in cui, contraddicendo atti precedenti dello stesso procedimento, dettano prescrizioni in tema di materiali utilizzabili per il ripristino ambientale in sede di piano di monitoraggio.
La difesa comunale replica puntualmente alle deduzioni della ricorrente.
4. Con il ricorso sub R.g. n. 73/2023 è impugnata l’ordinanza dirigenziale del Comune di Massarosa n. 15 del 14 dicembre 2022 con cui, ritenuto che il piano di monitoraggio impugnato con i lprecedente gravame avesse prescritto l’uso esclusivo di materiali con caratteristiche chimico-fisiche conformi alla colonna A) della Tabella, ha ordinato alla Nuova Cosmave di interrompere i lavori di cui al permesso di costruire n. 47/2020.
Con primo motivo la ricorrente sostiene di non avere impiegato materiali difformi dai titoli autorizzativi. Titolo abilitante era la determinazione dell’ente provinciale n. 838/2013 la quale stabilisce la tipologia dei materiali da utilizzare per la colmatazione progettata senza prescrivere l’impiego di materiali con le caratteristiche della colonna A) della Tabella ma, al contrario, prevedendo l’utilizzabilità di materiali con le meno stringenti caratteristiche chimico-fisiche di cui alla colonna B) della Tabella medesima. La Conferenza dei servizi che ha illegittimamente approvato l’impugnato piano di monitoraggio, imponendo in maniera generalizzata l’impiego dei soli materiali di cui alla colonna A), aveva funzione integrativa del permesso di costruire che a sua volta recepiva la determinazione provinciale n. 383/2013, ma non aveva competenza a modificarne previsioni e prescrizioni. Inoltre, lamenta la ricorrente, i provvedimenti impugnati non contengono alcun approfondimento istruttorio e, quindi, nemmeno motivazione sull’effettivo utilizzo da parte sua di materiali non conformi alle caratteristiche chimico-fisiche di cui alla detta colonna A) nell’ambito dei lavori autorizzati con il permesso di costruire n. 47/2020.
Con secondo motivo lamenta illegittimità derivata dall’illegittimità del verbale conclusivo della Conferenza dei servizi che ha approvato il piano di monitoraggio.
La difesa comunale replica puntualmente alle deduzioni della ricorrente.
5. In via preliminare i ricorsi devono essere riuniti per ragioni di connessione, in quanto attinenti alla medesima fattispecie.
Sempre in via preliminare deve essere dato atto dell’improcedibilità della domanda contenuta nel ricorso R.g. n. 961/2021, volta a condannare l’Amministrazione all’individuazione della terna dei professionisti da cui estrarre, a cura della ditta ricorrente, il direttore delle operazioni di rinaturalizzazione della ex Cava 4, poiché il relativo iter procedimentale è alfine stato individuato e nominato.
6. Le controversie in esame, pur avendo ad oggetto provvedimenti diversi, presentano un aspetto centrale e unificante: si tratta dell’utilizzo dei residui di lavorazione dei materiali lapidei al fine della rinaturalizzazione della ex Cava 4.
Il Comune di Massarosa, sulla base di esami svolti dall’Agenzia sui materiali che la ricorrente intende utilizzare a tal scopo, ritiene che non abbiano le caratteristiche per essere qualificati come “sottoprodotto” ai sensi dell’articolo 184 bis del d.lgs. n. 152/2006 e pertanto, dovendo essere considerati come rifiuti, non potrebbero essere utilizzati ai fini suddetti.
A questo proposito è da dire che il Piano di recupero ambientale che deve essere eseguito a cura della ricorrente (oltre che del Centro Nautico Versilia S.r.l.), al primo capoverso del punto 3, prevede che vengano utilizzate terre e rocce da scavo nonché sottoprodotti provenienti da attività di scavo, a condizione tuttavia che gli stessi non siano classificati come rifiuti (quest’ultima condizione è evidenziata in grassetto del testo del Piano). Punto nodale e decisivo ai fini della decisione di tutte quattro le controversie in esame è quindi il concetto giuridico di “sottoprodotto” di un processo industriale e l’individuazione delle caratteristiche che lo differenziano dal “rifiuto” il quale, si ripete, in base alle prescrizioni del Piano stesso di recupero di cui si tratta, non può essere utilizzato nelle operazioni di cui è causa.
Le condizioni affinché un elemento possa qualificarsi come sottoprodotto sono poste dall’articolo 184 bis del d.lgs. n. 152/2006, che al comma 1 recita:
“1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana”.
Al fine della qualificazione di un residuo come sottoprodotto devono essere contemporaneamente rispettate tutte le condizioni imposte dalla norma (T.A.R. Puglia-Lecce II, 25 maggio 2012 n. 932). Il sottoprodotto nasce con la certezza di essere riutilizzato senza particolari interventi manipolativi e senza essere disfatto (C.d.S. IV, 6 agosto 2013 n. 4151).
Si tratta quindi di verificare se il materiale che la ricorrente intende utilizzare per i fini di cui è causa sia o meno qualificabile quale sottoprodotto.
Il Piano di recupero della Cava 4, si ripete, prevede l’utilizzo di “terre e rocce da scavo e sottoprodotti inerti provenienti da attività di scavo” a condizione che “NON (siano) classificati come rifiuti”. Il progetto non autorizza quindi l’utilizzo generalizzato, per quanto rileva nella presente sede, dei residui dell’attività di scavo come pretenderebbe parte ricorrente, ma lo consente in tanto in quanto gli stessi siano qualificabili come sottoprodotto e non come rifiuto poiché nel secondo caso il loro utilizzo è escluso.
In punto di fatto appare assodato che il materiale che si vorrebbe utilizzare come sottoprodotto nell’esecuzione del piano di rinaturalizzazione presenta sostanze inquinanti che superano i limiti di cui alla colonna A) della Tabella.
Le contestazioni della ricorrente circa l’erroneità delle analisi effettuate dall’Agenzia, espresse nel ricorso R.g. n. 1026/2022, appaiono generiche e non sono idonee a metterne in dubbio la validità e i documenti cui il ricorso fa rinvio a sostegno dell’asserzione (memoria procedimentale di Nuova Cosmave e relazione tecnica, docc. 7 e 8) non contengono confutazioni atte a smentire la correttezza degli accertamenti tecnici svolti dall’Agenzia.
Ciò posto, occorre verificare se il materiale avente concentrazioni soglia di contaminazione superiori alla colonna A), ma non alla colonna B) della Tabella, possa essere utilizzato per le operazioni di cui è causa.
7. La destinazione d’uso dell’area interessata dall’intervento di recupero ambientale è “E5 - Cave e siti di discarica dismessi di recupero ambientale” e in base all’art. 33 delle Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico Comunale, rientra nell’ambito delle aree a prevalente ed esclusiva funzione agricola. Su di esse la stessa norma, al comma 4, prevede che una volta ultimata la rinaturalizzazione siano ammissibili interventi per collocare impianti tecnici e per servizi territoriali;destinazioni di servizio con particolare riferimento a quelle sportive e ricreative ovvero verde pubblico, piazze e spazi aperti attrezzati.
La Tabella prevede limiti di concentrazione soglia di contaminazione distinti in due colonne A) e B), la prima valevole per i siti ad uso verde pubblico e privato residenziale, e la seconda per quelli ad uso commerciale e industriale. L’area di cui si tratta non rientra nella seconda categoria e, pertanto, come correttamente replica la difesa comunale, i limiti per l’utilizzo dei materiali destinati al recupero ambientale della Cava 4 sono da individuare nella colonna A).
A questo proposito deve essere respinta la tesi della ricorrente secondo cui la normativa di cui al d.lgs. n. 152/2006 non sarebbe applicabile, dovendo farsi riferimento invece alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 36/2006 poiché proprio quest’ultima normativa, all’articolo 13, comma 1, prescrive il rispetto, tra l’altro, delle norme in materia di gestione dei rifiuti.
8. Il contrasto dell’utilizzo dei materiali de quibus con l’opera da realizzare nel sito di destinazione esclude quindi che gli stessi possano essere qualificati nei termini di “sottoprodotto”, come correttamente ritenuto dal Comune di Massarosa, poiché risultano carenti del requisito di cui al comma 1, lett. d) dell’art. 184-bis d.lgs. n. 152/2006 consistente nel soddisfare “tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente” e nell’assenza di impatti negativi su quest’ultimo e sulla salute umana.
Il materiale che la ricorrente intende utilizzare nel recupero ambientale della Cava 4 é quindi qualificabile come rifiuto.
9. Da quanto sopra esposto deriva l’infondatezza di tutti i ricorsi in trattazione.
9.1 Il ricorso R.g. n. 961/2021, dato atto della sua parziale improcedibilità come esposto in via preliminare al punto 5, è infondato poiché correttamente il Comune di Massarosa, nelle note ivi impugnate, ha precisato che i materiali da utilizzare per il recupero del bacino lacustre ivi presente avrebbero dovuto consistere esclusivamente nella tipologia terre e rocce da scavo classificati come sottoprodotti.
9.2 Il ricorso sub R.g. n. 1026/2022 è infondato poiché i materiali depositati presso lo stabilimento della ricorrente, dei quali è stata ordinata la rimozione con il provvedimento ivi impugnato, non possono essere considerati come sottoprodotto ex art. 184 bis del d.lgs. n. 152/2006. Non rileva la deduzione dalla ricorrente, la quale afferma che il materiale in questione verrebbe sottoposto a un procedimento di lavorazione presso il proprio impianto, poiché nei materiali in questione è comunque mancante (anche) il requisito di cui alla lett. c) del citato art. 184 bis, d.lgs. n. 152/2006 affinché un elemento possa qualificarsi come sottoprodotto, ovvero che possa “essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale”. A questo proposito, si ripete, il sottoprodotto si differenzia dal rifiuto poiché nasce con la certezza di essere riutilizzato senza particolari interventi manipolativi (C.d.S. IV, 6 agosto 2013 n. 4151).
9.3 Il ricorso R.g. n. 1117/2022 è infondato in ragione dell’acclarata legittimità della prescrizione di utilizzare, nella rinaturalizzazione del sito Cava 4, materiali in ogni caso aventi le concentrazioni soglia di contaminazione previste dalla colonna A) della Tabella.
9.4 Il ricorso R.g. n. 73/2023 deve essere respinto poiché la ricorrente ha utilizzato materiali non conformi al piano di recupero ambientale del sito de quo in quanto non aventi le caratteristiche sottoprodotto ma di rifiuto, e pertanto il Comune di Massarosa ha correttamente disposto la sospensione dei lavori.
9.5 Quanto al regime delle spese processuali, si ritiene che possano essere integralmente compensate tra le parti in ragione della complessità della questione affrontata.