TAR Catania, sez. III, sentenza 2009-06-18, n. 200901147

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2009-06-18, n. 200901147
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 200901147
Data del deposito : 18 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01781/2008 REG.RIC.

N. 01147/2009 REG.SEN.

N. 01781/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1781 del 2008, proposto da:
D G A e G E, rappresentati e difesi dall'avv. P L G, con domicilio eletto presso l’avv. Gea Basile in Catania, via Canfora, 135;;

contro

Comune di Catania, non costituito in giudizio;

per ottenere

l'esecuzione del giudicato nascente dal D.I. del Tribunale Civile di Catania n. 2889/2007 del 7/10.12.2007.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21/04/2009 il dott. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

A seguito di ricorso degli attuali ricorrenti, con il decreto sopra citato il Tribunale di Catania ha ingiunto al Comune di pagare la somma di € 54.925,56, oltre interessi fino al soddisfo e le spese del procedimento, liquidate in complessivi € 1.513,62, Iva, Cpa e spese generali.

In mancanza di opposizione, il decreto è stato dichiarato esecutivo il 10.3.2008 e nuovamente notificato al Comune il 28.5.2008.

Persistendo l’inadempimento del Comune, il ricorrente ha notificato, in data 18.6.2008, atto di diffida e messa in mora ai sensi dell'art. 90, comma 2, del R.D. 17 agosto 1907 n.642, e in data 18.7.2008 ha proposto ricorso, al fine di ottenere la dovuta ottemperanza mediante la nomina di commissario ad acta.

Il Comune non si è costituito in giudizio e nella C.C. del 21/04/2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso risulta fondato.

Va intanto precisato che i ricorrenti hanno dimostrato che il decreto ingiuntivo di cui al ricorso per ottemperanza è stato dichiarato esecutivo il 10.3.2008 e nuovamente notificato al Comune il 28.5.2008. Hanno ulteriormente allegato attestazione della competente Cancelleria circa la non opposizione al D.I.

Dal canto suo la P.A. non ha fatto rilevare in giudizio alcun fatto impeditivo o giustificativo dell'inadempimento.

Va pertanto affermata la persistenza dell'obbligo dell'Amministrazione di ottemperare al giudicato nascente dalla decisione giurisdizionale di cui in epigrafe, incluso l’importo per spese legali di cui alla sentenza, oltre IVA, CPA e spese generali, nonché spese di registrazione del D.I.

L'Amministrazione dovrà, quindi, porre in essere i necessari atti adempitivi entro un congruo termine, che sembra equo fissare in giorni 90 dalla data di notifica o di comunicazione in forma amministrativa della presente sentenza.

Decorso infruttuosamente tale termine ai medesimi adempimenti provvederà, sostitutivamente, un Commissario ad acta di seguito indicato, entro il successivo termine di giorni 90 sotto la sua personale responsabilità.

Il Collegio, come già più volte affermato con numerose sentenze di questa e delle altre Sezioni di questo T.A.R., ritiene di dovere sottolineare che il commissario ad acta ha il potere e dovere di non limitarsi ad attendere che il Comune incassi delle somme, e autonomamente provveda mediante i propri uffici, bensì di provvedere all’esecuzione dell’incarico mediante diretta adozione di quegli atti (variazioni di bilancio, stipulazione di mutui e prestiti, e quant’altro necessario per l’assolvimento del proprio mandato) anche – ove sia assolutamente indispensabile - in deroga alla ordinaria normativa.

Come precisato da Corte Cost., 15 settembre 1995 n. 435, il principio di legalità dell'azione amministrativa (artt. 97, 98 e 28 Cost.), unitamente al principio di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24, 101, 103 e 113 Cost.), se da una lato affermano l'indipendenza dell'Amministrazione, dall'altro comportano esplicitamente l'assoggettamento dell'Amministrazione medesima a tutti i vincoli posti dagli organi legittimati a creare diritto, fra i quali, evidentemente, gli organi giurisdizionali. Ciò perché la Costituzione accoglie il principio in base al quale il potere dell'Amministrazione merita tutela solo sul presupposto della legittimità del suo esercizio, demandando agli organi di giustizia il potere di sindacato – pieno, ai sensi del secondo comma dell'art. 113 Cost. – sull'esistenza di tale presupposto. A ciò si aggiunga che il contenuto tipico della pronuncia giurisdizionale è proprio quello di esprimere la volontà concreta della legge o, più esattamente, la "normativa per il caso concreto" che deve essere attuata nella vicenda sottoposta a giudizio.

Tutto ciò comporta che, una volta intervenuta una pronuncia giurisdizionale, la quale riconosca come ingiustamente lesivo dell'interesse del cittadino un determinato comportamento dell'Amministrazione, incombe su quest'ultima l'obbligo di conformarsi ad essa;
ed il contenuto di tale obbligo consiste appunto nell'attuazione di quel risultato pratico, tangibile, riconosciuto come giusto e necessario dal giudice.

Proprio in base al già ricordato principio di effettività della tutela deve ritenersi connotato intrinseco della stessa funzione giurisdizionale, nonché dell'imprescindibile esigenza di credibilità collegata al suo esercizio, il potere di imporre, anche coattivamente in caso di necessità, il rispetto della statuizione contenuta nel giudicato e, quindi, in definitiva, il rispetto della legge stessa.

E già Corte Cost., 11 maggio 1977 n. 75 aveva avuto occasione di affermare che il giudice amministrativo, sia che sostituisca la propria decisione all'omesso provvedimento della pubblica amministrazione, che vi era tenuta in forza del giudicato formatosi nei suoi confronti, come più spesso suole accadere quando si tratti di atto vincolato;
sia che ingiunga alla Amministrazione medesima di provvedere essa stessa, entro un termine all'uopo prefissatole e con le modalità specificate in sentenza;
sia infine che disponga la nomina di un commissario per l'ipotesi che il termine abbia a decorrere infruttuosamente, esplica sempre attività di carattere giurisdizionale ("decide pronunciando anche in merito", come si esprime l'art. 27, comma primo, del citato testo unico del 1924, riferendosi testualmente al Consiglio di Stato "in sede giurisdizionale"). Sicché – prosegue la Corte - procedendo, direttamente o indirettamente, alla nomina di un commissario, il giudice amministrativo pone in essere un'attività qualitativamente diversa da quella che lo stesso organo di controllo avrebbe istituzionalmente il potere-dovere di esplicare nell'ipotesi di omissione da parte degli enti locali di atti obbligatori per legge, tra i quali rientrano, ma senza esaurirne la specie, quelli da adottare per conformarsi ad un giudicato: potere-dovere che, comunque, preesiste alla pronuncia emessa nel giudizio di ottemperanza ed è da questa indipendente.

Da tutto ciò consegue che per il commissario ad acta, in quanto “longa manus” del giudice amministrativo, come frequentemente viene definito in giurisprudenza, valgono gli stessi poteri di quest’ultimo, con l’ulteriore conseguenza che deve essere ritenuto titolare del potere di emanare i necessari provvedimenti amministrativi anche in deroga alle norme che disciplinano la competenza alla loro emanazione (cfr. Cons. St., sez. IV, 18 settembre 1991 n. 720;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, n. 11230/2005;
Cons. St., sez. IV, 3 maggio 1986 n. 323), ed alla stessa attività sostanziale, salvi i casi in cui una norma di legge vincoli espressamente il suo operato, come nel caso del comma 5 dell’art. 159 del D.Lgs. 267/2000, ai sensi del quale (anche) “i provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria…”.

In sede di ottemperanza, la priorità è l’esecuzione del giudicato, che non può essere ostacolata dai normali itinera burocratici, che avrebbero dovuto essere messi in atto a tempo debito e l'ambito di operatività del Commissario è stata già messo in luce da questo Tribunale, Sezione IV, con la sentenza n. 2003 del 4 novembre 2005, riferita proprio al Comune di Catania, cui si rimanda. specie laddove si richiama la sentenza della Corte Costituzionale 18 giugno 2003 n. 211, che ha dichiarato l'illegittimità del citato art. 159, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso.

Ed in fatti la citata sentenza n. 2003 del 4 novembre 2005, della Sezione IV di questo Tribunale ha posto in evidenza che, poiché il comma 5 del medesimo art. 159 dispone che i provvedimenti adottati dai commissari ad acta nominati in sede di giudizio di ottemperanza devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria “e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3”, è evidente che il venir meno del vincolo alla disponibilità di quelle somme deciso dalla Corte Costituzionale – nel caso in cui l’Ente abbia emesso mandati di pagamento “a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso” – non può non valere anche per i commissari ad acta, i quali devono quindi preliminarmente verificare se l’Ente abbia rispettato le rigorose procedure previste dalla legge, prima di seguire qualsiasi altra alternativa.

E questo T.A.R. (cfr. sent. sez. IV, 5 maggio 2007 n. 768), ha ritenuto altresì che le prescrizioni di cui all’art. 119, comma 6, cost. – che non consentono ai comuni, alle province ed alle regioni di ricorrere all’indebitamento per fare fronte a spese non d’investimento maturate dopo l’8 novembre 2001 – non si applicano ai commissari ad acta nominati dal giudice amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza).

Nel caso invece in cui tali procedure non siano state rispettate, e non siano disponibili altre somme, ne consegue che, sebbene come “extrema ratio”, potranno essere utilizzate, al fine dell’esecuzione del giudicato, anche somme destinate ad altri fini nell'ottica di un necessario bilanciamento dei vari interessi (di singoli o della collettività) cui la P.A. è comunque chiamata a provvedere (pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali, pagamento di rate di mutui e di prestiti obbligazionari, espletamento dei servizi locali indispensabili);
e ciò sotto il controllo del Giudice che non a caso è a tal fine investito ex art. 27 R.D. n. 1054/1924 di giurisdizione di merito (cfr. Cons. St., Ad. Pl., 30 luglio 2008 n. 9).

Pertanto, il commissario ad acta sopra indicato dovrà attenersi ai principi enunciati, se del caso richiedendo gli opportuni chiarimenti al giudice dell'ottemperanza, che risulta investito, in materia, di un penetrante sindacato di merito (cfr. art. 27 R.D. n. 1054/1924).

I provvedimenti di liquidazione, ed i conseguenti mandati di pagamento, dovranno trovare esecuzione con priorità rispetto a tutti gli altri provvedimenti del Comune. Una volta emessi i provvedimenti di liquidazione, il commissario potrà emettere anche i mandati di pagamento, e trasmetterli direttamente all’istituto tesoriere, presso il quale avrà nel frattempo depositato la propria firma. Una volta espletate tutte le operazioni – a conclusione delle quali, nel caso non sia stato già emesso dagli uffici competenti, potrà emettere egli stesso anche il provvedimento di liquidazione e il mandato relativo alle proprie competenze – invierà a questa Sezione una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto.

Sotto tale ultimo profilo, il Collegio ritiene opportuno precisare anche che:

- l’Istituto tesoriere non può rifiutarsi di far depositare al commissario la propria firma;

- nel caso di mancanza di liquidità (cassa), l’Istituto tesoriere dovrà trattenere i mandati di pagamento, e provvedere al pagamento con priorità via via che dovessero pervenire incassi a favore del Comune, fino al totale soddisfo;

- dal punto di vista degli obblighi gravanti sull’Istituto tesoriere, agli effetti penali il servizio di tesoreria gestito da un’azienda di credito è da considerare pubblico (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, 12 aprile 1991), e i soggetti che gestiscono il servizio sono da ritenere a tutti gli effetti incaricati di pubblico servizio (anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 328 c.p. – “rifiuto di atti d’ufficio. Omissione”), con la conseguenza che essi sono tenuti a consentire al commissario ad acta – nominato dal TAR per l’ottemperanza ad una sentenza rimasta ineseguita proprio dall’Ente per conto del quale il servizio viene svolto – di svolgere tempestivamente il proprio compito, senza frapporre inerzia o ostacoli di sorta;

- nei casi più gravi di mancato adempimento da parte dell’Amministrazione, come da parte dell’Istituto tesoriere, all’obbligo di rendere possibile l’attività del commissario, il giudice amministrativo potrà disporre l’intervento della forza pubblica (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, n. 2399/1995.

Il collegio ritiene possa nominarsi quale Commissario ad acta la dott.ssa S A, funzionario responsabile della Segreteria penale ed Ufficio Economato della Procura della Repubblica Distrettuale di Catania, e ciò in relazione alla competenza professionale obiettivamente richiesta dall'incarico di che trattasi, all'entità del credito ed alle condizioni finanziarie e contabili dell'Amm.ne debitrice, che fino ad oggi (per come emergente anche da numerose istanze di proroga di commissari ad acta incaricati di altre esecuzioni di giudicato) non hanno consentito la sollecita conclusione di analoghi incarichi.

La stessa provvederà a dare esecuzione al D.I. con le modalità indicate in parte motiva di questa sentenza.

Il compenso del commissario, da calcolare ai sensi dell’art. 2 D.M. 30.05.2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30.05.2002 n. 115, sarà liquidato con separato decreto del Magistrato relatore, previa presentazione da parte del medesimo commissario, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché di una dettagliata documentata relazione circa l’attività posta in essere.

Le spese di questo giudizio è giusto che seguano la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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