TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2021-04-02, n. 202103984
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Testo completo
Pubblicato il 02/04/2021
N. 03984/2021 REG.PROV.COLL.
N. 09020/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9020 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato V D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lero 14;
contro
Commissione Centrale ex Art.10 L.82/91, Servizio Centrale di Protezione presso il Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della Delibera adottata dalla Commissione Centrale, ex art.10 L.82/91, in data 13 marzo 2019 e notificata all'interessato il 17 maggio 2019, con cui è stata disposta la revoca del programma speciale di protezione nei confronti del ricorrente.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 marzo 2021 il dott. Raffaello Scarpato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, collaboratore di giustizia ammesso al programma di protezione, ha impugnato il provvedimento di revoca di tale programma, emesso dalla Commissione Centrale con il verbale in epigrafe.
Avverso il provvedimento di revoca il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
violazione degli artt. 9-11-12-13 e 13 quater della l. 82/91 e ss. mm.; violazione degli artt.9 e 11 del d.m. 161/2004; abuso di potere, presupposti e condizioni ai fini della revoca del programma di protezione; motivazione apparente; violazione e falsa applicazione di legge; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
Si è costituita l’amministrazione intimata, depositando una dettagliata relazione con allegata documentazione relativa alla vicenda oggetto di giudizio.
Con ordinanza pubblicata in data 11.09.2019 è stata respinta l’istanza di misure cautelari formulata dal ricorrente.
All’udienza del 17.03.2021 il ricorso è stato introitato per la decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Il ricorrente ha lamentato lo scorretto esercizio del potere di revoca delle misure da parte della Commissione, evidenziando che gli episodi contestati, oltre a non essere stati adeguatamente provati, non sono idonei ad integrare violazioni secondarie degli obblighi di collaborazione implicanti la revoca del programma di protezione.
Inoltre, il ricorrente ha lamentato la mancata valutazione ed adeguata ponderazione della situazione di pericolo conseguente alla revoca del programma di protezione.
A fronte di tali deduzioni l’amministrazione ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando la commissione da parte del collaboratore di gravi e reiterate violazioni degli obblighi scaturenti dal programma, rappresentando che questi:
- in data 26.10.2018 è stato deferito all’Autorità giudiziaria competente per il delitto di tentato furto aggravato in concorso, commesso in una provincia limitrofa a quella ove insisteva il domicilio protetto;
- in data 29 dicembre 2018 ha rifiutato il trasferimento in una altra località protetta disposto dal servizio centrale per ragioni di sicurezza;
- in data 23.1.2019 ha ospitato senza autorizzazione nel domicilio protetto una persona non autorizzata ad accedervi.
Alla luce di tali fatti, la Commissione Centrale, pur in assenza di provvedimenti di condanna, ha ritenuto le condotte tenute dal collaboratore non compatibili con gli obblighi di mimetizzazione che informano il sistema di protezione e che ne presidiano la tenuta, decretando, su conforme parere della competente D.D.A. e della D.N.A., la revoca delle misure di protezione.
La valutazione della Commissione appare al Collegio legittima e scevra dai profili di censura dedotti in ricorso.
Deve infatti rilevarsi che l’ammissione del collaboratore alle speciali misure di protezione dà vita ad un contratto ad oggetto pubblico nei cui confronti trovano applicazione i principi generali del codice civile in materia contrattuale, e segnatamente quelli di buona fede, lealtà, correttezza. Sicché, non c'è dubbio che il