TAR Firenze, sez. I, sentenza 2013-07-11, n. 201301166
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Testo completo
N. 01166/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01171/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1171 del 2012, proposto dalla sig.ra A V, in proprio e quale erede della madre C M, rappresentata e difesa dall'avv. S C, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via del Gelsomino 5;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l'ottemperanza
del decreto della Corte d'Appello di Firenze n. 997/10 del 26 ottobre 2009, depositato in data 3 giugno 2010 e munito di formula esecutiva in data 23 giugno 2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2013 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
La ricorrente sig.ra A V, in proprio e quale erede della madre C M, agisce per l’esecuzione del decreto della Corte d’appello di Firenze, in epigrafe, recante la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore dell’importo di euro 10.000,00, oltre interessi legali, a titolo di equa riparazione del danno da violazione dei termini di ragionevole durata del processo, ai sensi degli artt. 2 e seguenti della legge n. 89/2001, con l’aggiunta delle spese del procedimento liquidate in complessivi euro 1.700,00. La ricorrente chiede altresì, ai sensi dell’art. 114 co. 4 lett. e) c.p.a., la condanna del Ministero intimato al risarcimento dell’ulteriore danno patito in conseguenza del ritardo nell’esecuzione del giudicato formatosi sul decreto della Corte d’Appello, nonché al pagamento dell’importo ritenuto di giustizia per ogni mese di ulteriore ritardo nell’esecuzione.
In via pregiudiziale, l’Avvocatura dello Stato eccepisce il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a norma dell’art. 1 co. 1225 della legge n. 296/2006 e dell’art. 55 co. 2- bis del D.L. n. 83/2012, e comunque l’inammissibilità della domanda per non essere stata la proposizione in ottemperanza del ricorso preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo presso la sede dell’amministrazione debitrice e dal decorso del termine dilatorio di centoventi giorni previsto dall’art. 14 del D.L. n. 669/1996. Nelle more del giudizio, peraltro, il Ministero della Giustizia risulta aver corrisposto alla ricorrente, in esecuzione del decreto azionato, l’importo di euro 13.035,58: la controversia prosegue, dunque, in relazione all’importo residuo di euro 286,00, che la V assume esserle ancora dovuto, e alla domanda risarcitoria.
Tanto premesso, le eccezioni pregiudiziali possono essere accolte nei limiti che seguono, tali da rendere irrilevanti le questioni di legittimità costituzionale sollecitate dalla ricorrente con la memoria difensiva del 3 maggio 2013.
È noto il dibattito occasionato dai commi 1224 e 1225 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, i quali dispongono, rispettivamente, che la domanda di equa riparazione si propone "nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze";e che “al fine di razionalizzare le procedure di spesa ed evitare maggiori oneri finanziari conseguenti alla violazione di obblighi internazionali, ai pagamenti degli indennizzi procede, comunque, il Ministero dell'Economia e delle Finanze”. Circa la portata di tali previsioni, la giurisprudenza dei tribunali amministrativi regionali si è infatti divisa fra pronunce che considerano il Ministero dell’Economia e delle Finanze unico legittimato passivo dell’azione di ottemperanza (questo l’indirizzo adottato dalla Sezione: cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 2 luglio 2012, n. 1204), e pronunce che, di contro, riconoscono la legittimazione passiva unicamente al Ministero della Giustizia (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 20 luglio 2012, n. 1032;T.A.R. Piemonte, sez. I, 29 giugno 2012, n. 790), mentre un terzo orientamento reputa ammissibile la domanda proposta nei confronti dell’uno o dell’altro Ministero (cfr. T.A.R. Umbria, sez. I, 14 giugno 2012, n. 223). La questione può considerarsi risolta a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 55 co. 2- bis del D.L. n. 83/2012, convertito con modificazioni in legge n. 134/2012, in forza del quale l’art. 1 co. 1225 della legge n. 296/2006 va interpretato nel senso che il Ministero dell'Economia e delle Finanze procede ai pagamenti degli indennizzi nel solo caso di pronunce emesse nei suoi confronti e nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, significando, a contrario, che i pagamenti degli indennizzi relativi a pronunce emesse nei confronti degli altri dicasteri restano a carico di questi ultimi. Se da ciò discende, in revisione dell’orientamento in precedenza assunto da questo tribunale, il difetto di legittimazione passiva del M.E.F., nondimeno deve ritenersi che le domande proposte dalla ricorrente V nei confronti di quest’ultimo possano reputarsi estese ab origine anche nei confronti del Ministero della Giustizia, intimato in causa “quale controparte della ricorrente nel giudizio davanti alla Corte d’Appello di Firenze” e non soltanto ritualmente costituito per resistere alle pretese della ricorrente, ma autore in corso di giudizio della spontanea esecuzione del decreto della Corte d’Appello (della estensione della domanda al Ministero della Giustizia, per inciso, non sembra dubitare la stessa difesa erariale).
Quanto alla più generale eccezione di inammissibilità dell’azione per mancata notificazione del titolo esecutivo al Ministero debitore presso la sua sede, il collegio intende ribadire il proprio orientamento, in forza del quale il decorso del termine dilatorio di centoventi giorni, di cui all’art. 14 co. 1 del D.L. 669/1996, integra una condizione relativa a qualsiasi tipo di azione esecutiva intentata nei confronti della P.A., non supplita dalla notificazione del titolo eseguita nei confronti del Ministero debitore presso la sede dell’Avvocatura erariale. Nel caso in esame, tuttavia, proprio la circostanza dell’accredito in corso di causa, da parte del Ministero della Giustizia, della quasi totalità degli importi dovuti alla ricorrente per il titolo azionato (sul punto, v. infra ) dimostra come l’amministrazione debitrice abbia avuto modo, nonostante la mancata notificazione del titolo esecutivo, di effettuare le proprie valutazioni ed attivare la procedura di pagamento, con la conseguenza che, potendosi considerare raggiunto in concreto lo scopo della norma, la richiesta pronuncia di inammissibilità non ha ragion d’essere.
Nel merito, come detto la ricorrente lamenta di essere ancora creditrice dell’importo di 286,00 euro, derivanti dalla differenza fra l’importo accreditatole e il maggior importo di euro 13.322,05 risultante dal titolo esecutivo come somma della sorte capitale, degli interessi e delle spese legali.
Alla data del pagamento, eseguito dal Ministero con esigibilità dal 19 aprile 2013, gli interessi legali ammontavano a 903,35 euro, mentre erano pari a 2.323,55 euro le spese del procedimento di equa riparazione (200,00 euro per spese vive, 1.500,00 euro per diritti e onorari, 187,50 euro per spese generali, 67,50 euro per C.P.A. e 368,55 euro per I.V.A. = 2.323,55 euro, sui quali la ricorrente non ha chiesto gli interessi, non liquidabili d’ufficio non trattandosi di somme dovute a titolo di risarcimento danni: art. 1282 c.c.). L’importo complessivamente dovuto a quella data era dunque pari a 13.226,90 euro, con una differenza in favore della ricorrente di 191,32 euro, che il Ministero della Giustizia è ancora tenuto a corrispondere.
Venendo, infine, alla domanda risarcitoria spiegata dalla ricorrente con riferimento al pregiudizio non patrimoniale patito per il ritardo nell’esecuzione del giudicato, si osserva come gli invocati principi di derivazione sovranazionale, e, segnatamente, quelli affermati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza della Grand Chambre 29 marzo 2006 (Cocchiarella c. Italia, n. 64886/01, peraltro disattesa, in punto di quantificazione del danno risarcibile, da pronunce successive: per tutte si veda la sentenza della Seconda Sezione, 21 dicembre 2010, Gaglione e altri c. Italia), debbano essere coordinati con quelli dettati dall’ordinamento interno in materia di esecuzione forzata dei provvedimenti giurisdizionali comportanti l’obbligo di pagamento di somme di denaro a carico della pubblica amministrazione. Il riferimento è al già citato art. 14 co. 1 del D.L. 669/1996, che, assegnando all’amministrazione debitrice il termine di centoventi giorni per il completamento delle procedure di pagamento, implica che il dies a quo per il computo del semestre, oltre il quale il ritardo assume rilevanza (anche) sul piano risarcitorio, debba farsi coincidere con la data di notificazione del titolo esecutivo (nel medesimo senso, cfr. T.A.R. Lazio – Roma, sez. I, 6 maggio 2013, n. 4445;T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, 1 febbraio 2013, n. 313);ma poiché, nella specie, la notificazione del titolo non risulta eseguita, neppure vi sono elementi obiettivi perché possa configurarsi un ritardo colpevole nel pagamento. Dal canto suo, l’intervenuta soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo, in misura pressoché integrale, è di ostacolo all’applicazione dell’ astreinte invocata dalla ricorrente a norma dell’art. 114 co. 4 lett. e) c.p.a..
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, accertato il difetto di legittimazione passiva del M.E.F., deve essere dichiarata la cessata materia del contendere in ordine alla domanda di ottemperanza, fatta eccezione per il residuo importo di euro 191,32, al cui pagamento il Ministero della Giustizia è tenuto a provvedere entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza. Si dispone sin da ora che, per il caso di ulteriore inadempimento, nei trenta giorni successivi provveda in veste di commissario ad acta il Prefetto di Roma, o un funzionario da questi delegato, anche ai sensi dell’art. 14 co. 2 del D.L. n. 669/1996 cit. (secondo cui l’esecuzione delle sentenze deve avvenire anche in caso di incapienza degli appositi capitoli di bilancio, attraverso l’utilizzo dell’istituto del pagamento in conto sospeso).
Non possono trovare accoglimento le rimanenti domande.
Stante l’infondatezza della domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente, le spese di lite vanno compensate in ragione della metà. La metà residua, liquidata come in dispositivo, segue la soccombenza dell’amministrazione debitrice.