TAR Trieste, sez. I, sentenza 2009-07-23, n. 200900624

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2009-07-23, n. 200900624
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 200900624
Data del deposito : 23 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00277/2009 REG.RIC.

N. 00624/2009 REG.SEN.

N. 00277/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 277 del 2009, proposto da:
L R, rappresentato e difeso dall'avv. I A, con domicilio eletto presso I A Avv. in Trieste, via S.Francesco 6;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Regionale della Guardia di Finanza di Trieste, Guardia di Finanza - Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Fvg di Trieste, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3;
Inpdap, rappresentato e difeso dagli avv. L I, F D, S A, con domicilio eletto presso F D in Trieste, Inpdap-via Ghiberti 4;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

1) del provvedimento del Comando Gen. della Guardia di Finanza dd.30.1.2009, 2) della raccomandata della Guardia di Finanza di Trieste dd. 2.3.2009;
3) della lettera INPDAP dd. 13.3.2009.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale della Guardia di Finanza di Trieste;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Inpdap;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24/06/2009 il dott. Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ricorda di aver subito un procedimento disciplinare di stato, conclusosi con l’emissione del provvedimento n. 163877 dell’8 ottobre 1999 di perdita del grado per rimozione a carico dell’interessato.

Avverso tale atto egli proponeva un ricorso giurisdizionale dinanzi al T.A.R. Friuli Venezia Giulia che:

a. dapprima, con ordinanza n. 6/2000 datata 14 gennaio 2000, accoglieva l’istanza di sospensione degli effetti formulata dal ricorrente nell’ambito del gravame;

b. successivamente, con sentenza n. 294/00 del 10 marzo 2000, respingeva, nel merito, il ricorso.

Tale ultima decisione veniva quindi appellata dinanzi al Consiglio di Stato, che, in un primo momento, con ordinanza n. 3788/2000 datata 25 luglio 2000, disponeva la sospensione dell’esecutività della sentenza del giudice di prime cure.

In virtù di tale decisione cautelare, l’Amministrazione emetteva la determinazione n. 340100 datata 27 ottobre 2000, mediante la quale il RAGO veniva reintegrato, con riserva, nel grado di Vice Brigadiere e riammesso in servizio a decorrere dalla data di emissione della citata ordinanza;

Con la decisione n. 5996/2008 datata 18 novembre 2008 il Consiglio di Stato ha poi respinto l’appello del militare avverso la predetta sentenza del TAR.

Nelle more del suddetto gravame, in data 21 febbraio 2002 il ricorrente era stato posto in congedo per infermità, per effetto del verbale ML/B n. 43 emesso dal Centro Militare di Medicina Legale di Padova – CMO Distaccata 1^ Sezione di Udine – recante la seguente motivazione: “E’ non idoneo permanentemente ed in maniera assoluta al servizio militare. Da porre in congedo”.

A seguito della definitiva conclusione del giudizio dinanzi al Giudice amministrativo, il Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza emetteva la determinazione datata 30 gennaio 2009,( impugnata in epigrafe sub 1) mediante cui, in esecuzione della decisione del Consiglio di Stato n. 5996/2008, dava atto del riacquisto della piena e definitiva efficacia della determinazione n. 163877 datata 8 ottobre 1999, recante l’irrogazione della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione nei confronti del RAGO, con conseguente annullamento del provvedimento di riammissione in servizio con riserva, intendendo così modificata la causa di cessazione dal servizio, ai sensi dell’art. 37 della legge n. 599 del 1954 e dell’art. 26 della legge n. 833 del 1961.

Successivamente il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Friuli Venezia Giulia comunicava al RAGO, con nota n. 8186 datata 2 marzo 2009 (impugnata in epigrafe sub 2 ) l’avvio del procedimento di accertamento del credito erariale sulla pensione provvisoria corrispostagli nel periodo intercorso dal 21 maggio al 31 dicembre 2002, ritenendo che il diritto al trattamento pensionistico, ai sensi dell'art. 52 del D.P.R. 1092 del 1973, si acquisisce con la massima anzianità contributiva prevista dall’ordinamento di appartenenza che, per l’anno 2002, era pari ad anni 37 così come previsto dal D.Lgs. n. 165 del 1997 e dalla legge n. 449 del 1997 e considerando che all’atto della effettiva causa di cessazione dal servizio del RAGO, avvenuto in data 8 ottobre 1999 mediante perdita del grado per rimozione, il ricorrente non aveva la massima anzianità contributiva prevista e, pertanto, il trattamento pensionistico provvisorio corrispostogli non sarebbe stato dovuto.

Contestualmente, lo stesso Reparto informava l’I.N.P.D.A.P. di Trieste del contenuto della determinazione del Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza del 30 gennaio 2009 per le conseguenti determinazioni di competenza e l’.I.N.P.D.A.P. (con l’atto impugnato in epigrafe sub 3) informava il ricorrente che i ratei di pensione di cui godeva dal 2002 non gli sarebbero stati più corrisposti.

Il ricorso si rivolge avverso gli atti in epigrafe e deduce la seguente doglianza:

“violazione ed erronea applicazione degli artt. 36 e 38 della costituzione della Repubblica;
degli art. 28 e 29 della legge n. 599/1954;
degli artt. 15, 17 e 18 della legge n. 833/1961;
dell’art. 52 del D.P.R. n. 1092/1973;
degli artt. 28, 29 e 34 del C.P.M.P.;
dell’art. 324 del P.C.;
dell’art. 648 del C.P.P.;
nonché di ogni loro modifica ed integrazione, e di ogni altra disposizione connessa applicabile alla fattispecie, tutto con riferimento altresì all’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per ingiustizia ed illegittimità manifeste, carenza di motivazione, incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge”.

In merito al provvedimento di perdita del grado per rimozione assunto nei suoi confronti, il ricorrente richiama la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV del 19.6.2006 n. 3661 secondo cui l’art. 29 del c.p.m.p., concernente la pena accessoria della “rimozione” nei confronti dei militari, dovrebbe comportare l’attribuzione, per un appartenente al Corpo colpito da tale misura, del primigenio grado contemplato nella progressione gerarchica, ovvero quello di “allievo finanziere”.

Premesso quanto sopra, l’odierno ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento destitutorio assunto nei suoi confronti e, conseguentemente, sostiene di avere diritto a continuare a percepire il trattamento pensionistico inizialmente riconosciutogli, che gli deriverebbe comunque da un’attività lavorativa effettivamente prestata.

Il ricorrente richiama altresì l’art. 34 del c.p.m.p., a mente del quale “le pene della degradazione e della rimozione decorrono ad ogni effetto, dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile”. Egli ritiene, infatti, che la conclusione del gravame giurisdizionale promosso per l’annullamento del provvedimento della perdita del grado per rimozione irrogato a suo carico nel 1999 avrebbe dovuto esplicare effetti ex nunc e non ex tunc.

La decorrenza giuridica del reviviscente provvedimento di stato della destituzione avrebbe dovuto quindi essere individuata nella data in cui è stato emesso l’atto in parola (30 gennaio 2009) e non retroattivamente dalla data di irrogazione della sanzione de qua (8 ottobre 1999).

In ogni caso, il ricorrente afferma che, qualora egli non fosse stato collocato in congedo assoluto per malattia nel 2002, avrebbe continuato ad espletare il proprio servizio nel Corpo sino alla definizione del suo gravame e che il servizio svolto di fatto in dipendenza di un provvedimento cautelare non può non contare agli effetti della anzianità e della pensione, sicchè, comunque, l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere in considerazione anche l’ulteriore anzianità incrementata per effetto dei due anni trascorsi in servizio dopo la sua riammissione con riserva.

Il ricorrente, inoltre ed in via subordinata, lamenta una illegittima interpretazione dell’art. 52 del D.P.R. n. 1092 del 1971, poiché, stando alla portata di detta norma, alla data di decorrenza del provvedimento di rimozione dal grado (1999), la sua anzianità di servizio, ulteriormente incrementata con la riassunzione in servizio dal 2000 al 2002, sarebbe stata comunque sufficiente a garantirgli il diritto alla pensione spettantegli .

In conclusione, il ricorrente ritiene che il suo collocamento in congedo assoluto per infermità ed il conseguente trattamento pensionistico riconosciutogli e percepito non possa trovare ostacolo nell’intervenuta definizione di una vicenda contenziosa promossa per l’annullamento di un provvedimento di perdita del grado per rimozione irrogato nel 1999, perché la sopravvenuta infermità ha assunto il ruolo di concausa esclusiva e preponderante in quanto da sola sufficiente a determinare l’evento, consistente nella conclusione del rapporto di servizio,

Sostiene infatti che “la peculiarità del motivo per cui è cessato il [suo] rapporto di servizio ..., e cioè la sopravvenuta infermità [riconosciutagli nel 2002], comporta che questa nuova ed assorbente situazione [relativa alla reviviscenza di un pregresso provvedimento di perdita del grado] … debba rimanere insensibile alle disposizioni … concernenti le pensioni di anzianità e di vecchiaia” già percepite e, quindi, non dovrebbe produrre effetto alcuno sul trattamento pensionistico maturato.

A tal proposito, il RAGO accenna ad una serie di interventi e modifiche legislative susseguitesi nel tempo in tema di diritto al trattamento pensionistico, con riferimento, in particolare, all’abrogazione di quelle disposizioni normative in base alle quali, ricollegandosi ad una condanna in ambito penale, il pubblico dipendente veniva strumentalmente privato, dal legislatore, di tale emolumento.

Si sono costituite in giudizio sia il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza che l’INPDAP e, pur contro deducendo nel merito, hanno preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del TAR nell’assunto che la pretesa sostanziale sarebbe il diritto a pensione, riservato alla competenza giurisdizionale della Corte dei Conti.

Con memoria 10 giugno 2009 il ricorrente ha ulteriormente ribadito le proprie ragioni insistendo per la sussistenza della giurisdizione amministrativa in luogo di quella contabile in quanto il punto del contendere riguarderebbe quale sia l’atto da identificarsi come causa di cessazione del suo rapporto di impiego, vale a dire se quello di collocazione in congedo assoluto per totale infermità a decorrere dal 21 febbraio 2002 oppure se, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, debba essere modificata la causale della cessazione dal servizio ed eventualmente anche la data.

Osserva anzitutto il Collegio che la giurisdizione dipende anzitutto dagli atti oggetto di impugnativa.

Non v’è dubbio che per quanto riguarda il gravame proposto avverso la determinazione datata 30 gennaio 2009 del Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza ( impugnata in epigrafe sub 1) la giurisdizione spetti al Giudice amministrativo ma le doglianze al riguardo proposte, come esattamente eccepito al riguardo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza, sono palesemente inammissibili oltre che infondate.

Infatti il ricorrente tenta, sostanzialmente, di rimettere in discussione gli effetti della determinazione n. 163877 dell’8.10.1999 di perdita del grado per rimozione, che è già stata sottoposta al duplice vaglio degli organi di Giustizia amministrativa e la cui legittimità è ormai cosa giudicata per effetto della sopra ricordata pronuncia del Consiglio di Stato. Dalla data di tale provvedimento, pertanto, il ricorrente risulta aver perso il grado ed essere stato posto a disposizione del Distretto militare competente come semplice soldato.

Per quanto riguarda gli invocati effetti ex nunc della decisione di rimozione ai sensi dell’art. 34 del c.p.m.p., il Collegio deve osservare che al ricorrente non è stata applicata la pena accessoria della rimozione bensì la sanzione della perdita del grado per rimozione a seguito di procedimento disciplinare di stato, per cui la normativa richiamata è inapplicabile al caso di specie.

Il dispositivo della determinazione 30 gennaio 2009 è quindi ineccepibile perché definisce la conclusione del servizio di diritto svolto dal ricorrente che, a seguito della più volte citata sentenza del Consiglio di Stato, non può che concludersi al momento dell’adozione dell’atto a suo tempo impugnato con impugnativa ormai definitivamente respinta.

Conseguentemente, gli atti che hanno dato esecuzione provvisoria e con riserva alla ordinanza cautelare del Consiglio di Stato che aveva sospeso l’esecutività della sentenza di questo TAR di rigetto del ricorso dovevano essere annullati, come in effetti avvenuto.

Ciò non vuol dire, ovviamente, che il servizio prestato dal ricorrente in esecuzione di tali atti resti privo di effetti perché trattasi di servizio prestato di fatto ed anche il lavoro di fatto svolto alle dipendenze di una amministrazione pubblica non priva il prestatore di lavoro delle conseguenze costituzionalmente garantitegli in termini di diritto alla retribuzione ed al correlato trattamento previdenziale.

Qui si ferma, peraltro, il limite della giurisdizione amministrativa. E’ infatti indubbio che le conseguenze in termini di perdurante spettanza del trattamento pensionistico di cui alla nota INPDAP impugnata sub 3), compreso quello provvisorio, che è quello a cui si riferisce l’avviso di avvio di procedimento 2 marzo 2009 ( impugnato in epigrafe sub 2), e quindi anche alla valenza del collocamento in congedo assoluto per inabilità con cui si è concluso il servizio di fatto prestato dal ricorrente, rientrano nella giurisdizione della Corte dei Conti (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 01 aprile 2008 , n. 2774, Consiglio Stato a. plen., 05 dicembre 1984 , n. 21), per cui il ricorso si rivela a tale riguardo inammissibile.

La causa può tuttavia essere proseguita (nei limiti in cui è stata dichiarata la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti), previa riassunzione a cura della parte più diligente (a tenore di quanto previsto dalla sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. n. 4109/2007 e della successiva sentenza della Corte Costituzionale, n. 77/07) innanzi alla competente Corte dei Conti entro 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza - o dalla sua notificazione, se anteriore - come disposto dall’art. 50 c.p.c. (cfr., ex multis, Tar Emilia Romagna - Bologna n. 95/08).

6. - Sussistono le ragioni di legge per compensare interamente, tra le parti, le spese e competenze di causa.

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