TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-04-11, n. 202302217

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-04-11, n. 202302217
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302217
Data del deposito : 11 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/04/2023

N. 02217/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04166/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4166 del 2016, proposto da
M D N, in proprio e n.q. di l.r.p.t. della s.a.s. “Bagni Rosita di D N M &
C.”, rappresentata e difesa dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Piano di Sorrento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console n.3;
Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimo Consoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli, alla via S. Lucia n. 81 presso la sede legale dell’ente;

per l'accertamento

dell'interesse legittimo oppositivo a che la P.A. non adotti atti idonei a diminuire l'utilità già acquisita in ragione del rilascio della concessione demaniale a fini turistico – ricreativi;

dell’interesse legittimo pretensivo a che la P.A. adotti atti idonei a recuperare l’utilità già acquisita;

nonché per la declaratoria dell’illegittimità

dell’azione amministrativa consistita nelle opere di costruzione del porto di Marina di Cassano;

nonché per la condanna

delle Amministrazioni resistenti:

a) a risarcire i danni subiti e subendi dalla ricorrente sino al ripristino dello status quo ante dell’arenile in concessione,

b) all’esecuzione delle necessarie opere di protezione dell’arenile al fine di bloccarne l’erosione, con previsione del pagamento di una somma per ogni ritardo nell’adempimento,

c) qualora ciò non sia in tutto o in parte possibile o eccessivamente oneroso per la P.A., per il risarcimento per equivalente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Piano di Sorrento e della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2023 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Con il presente ricorso ritualmente notificato e depositato, D N M ha adito l’intestato Tribunale esponendo:

- di essere titolare della concessione n. 2/2008 avente ad oggetto l’occupazione di una zona demaniale marittima estesa per mq 874,93 in località Marina di Cassano, rilasciata dal Comune di Piano di Sorrento;

- che il bacino antistante il borgo di Marina di Cassano è stato interessato da lavori di ammodernamento e riqualificazione, consistiti nella realizzazione di un molo di sopraflutto e un molo di sottoflutto, che hanno inciso sul sistema delle correnti in modo da generare un fenomeno di erosione, che ha notevolmente ridotto la superficie oggetto di concessione (su cui insiste lo stabilimento balneare “Bagni Rosita”, di cui la ricorrete è titolare);

- che, per effetto di tale fenomeno, la superficie di arenile su cui possono essere collocati sdraio e ombrelloni è pari a mq 533,09.

1.1 - Sulla scorta di tali premesse, la ricorrente ha chiesto:

a) accertarsi il suo interesse legittimo oppositivo a che la P.A. non adotti atti/comportamenti idonei a diminuire l’utilità derivante dalla concessione demaniale, effettuando ulteriori opere che determinino l’erosione dell’arenile;

b) accertarsi il suo interesse pretensivo a che la P.A. adotti atti/comportamenti idonei a recuperare l’utilità derivante dalla concessione;

c) dichiararsi illegittima l’azione amministrativa, in quanto le opere eseguite non sono state precedute da apposite indagini sulle correnti marine;

d) condannarsi il Comune di Piano di Sorrento al risarcimento del danno patrimoniale cagionato dal comportamento commissivo ed omissivo dell’Amministrazione, nella misura di euro 65.039,02 (a titolo di lucro cessante, corrispondente alla riduzione del fatturato), euro 75.000,00 (a titolo di ristoro delle spese sostenute tra il 2011 e il 2015 per il ripascimento dell’arenile), nonché all’esecuzione delle opere necessarie alla protezione dell’arenile. Per l’ipotesi di impossibilità o eccessiva onerosità, la ricorrente ha chiesto condannarsi l’Amministrazione al risarcimento del danno per equivalente;
con ulteriore condanna al pagamento della somma ritenuta congrua per ogni ritardo nell’adempimento.

1.2 - A sostegno dell’azione, la ricorrente (affermando sussistere la giurisdizione dell’adita A.G. e la propria legittimazione ai sensi dell’art. 313 co. 7 d. lgs n. 152/2006) ha formulato le censure di seguito sintetizzate:

- l’azione amministrativa non si è ispirata alle norme di prudenza e diligenza, così cagionando un danno al patrimonio di essa parte ricorrente;
il Comune concedente ha violato il principio del legittimo affidamento, non avendo operato in modo da garantire il godimento del bene “esatto” oggetto della concessione, fino alla scadenza di questa;

- l’Amministrazione ha omesso i dovuti controlli tesi ad evitare che le nuove opere danneggiassero l’arenile in concessione;

- l’imputabilità del danno all’Amministrazione è confermata dalla nota in cui l’Ufficio Locale Marittimo di Piano di Sorrento afferma che l’arretramento dell’arenile su cui insiste il lido “Bagni Rosita” è “ presumibilmente da ascrivere alla nuova struttura delle opere marittime del paraggio in quesitone .. ”.

2 - Ha resistito al ricorso il Comune di Piano di Sorrento, chiedendone il rigetto ed eccependo – in rito – la carenza di giurisdizione del G.A.

3 - Ha preso parte al giudizio anche la Regione Campania, instando per la declaratoria del suo difetto di legittimazione passiva e, comunque, per il rigetto della domanda.

4 - Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2023 il ricorso è transitato in decisione.

5 - Il ricorso è inammissibile, essendo questa A.G. sfornita di giurisdizione.

5.1 - Come noto, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, non già alla prospettazione compiuta dalle parti, bensì al «petitum sostanziale», il quale deve essere identificato, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto in funzione della «causa petendi», ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati.

Tanto premesso, parte ricorrente afferma sussistere la giurisdizione del G.A. invocando l’art. 133 co. 1 lett. s) c.p.a. (a mente del quale: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno all'ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimento del danno ambientale”), in combinato disposto con l’art. 7 co. 5 c.p.a. (Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall'articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi).

5.2 - L’assunto ricorsuale non è condivisibile.

5.2.1 - “ È opportuno premettere che in materia di danno ambientale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 310 del d.lgs. n. 152 del 2006, le controversie derivanti dall’impugnazione, da parte dei soggetti titolari di un interesse alla tutela ambientale di cui al precedente art. 309, dei provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero dell’ambiente per la precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale, restando invece ferma la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle cause risarcitorie o inibitorie promosse da soggetti ai quali il fatto produttivo di danno ambientale abbia cagionato un pregiudizio alla salute o alla proprietà, secondo quanto previsto dall’art. 313, comma 7, dello stesso decreto legislativo. L’eventualità che l’attività nociva sia svolta in conformità a provvedimenti autorizzativi della P.A. non incide sul riparto di giurisdizione (atteso che ai predetti provvedimenti non può riconoscersi l’effetto di affievolire diritti fondamentali dei terzi) ma esclusivamente sui poteri del giudice ordinario, il quale, nell’ipotesi in cui l’attività lesiva derivi da un comportamento materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi che ne rendono possibile l’esercizio, provvederà a sanzionare, inibendola o riportandola a conformità, l’attività rivelatasi nociva perché non conforme alla regolazione amministrativa, mentre, nell’ipotesi in cui risulti tale conformità, dovrà disapplicare la predetta regolazione ed imporre la cessazione o l’adeguamento dell’attività in modo da eliminarne le conseguenze dannose (ordinanza 23 aprile 2020, n. 8092) ” - secondo quanto ribadito da ultimo da Cass. SS.UU. ord. 23/2/2023 n. 5668, emessa nelle more della redazione del presente provvedimento.

Nella fattispecie, come visto, parte ricorrente chiede il ristoro dei danni cagionati al suo patrimonio dall’azione/inazione amministrativa, senza contestare la legittimità di atti amministrativi e, soprattutto, senza far scaturire la pretesa risarcitoria dal ritardo nell’esercizio dei poteri ministeriali specificamente individuati dall’art. 309 d. lgs. n. 152/06, di talché la controversia esula dal perimetro della giurisdizione ex art. 133 co. 1 lett S cit.

5.2.2 - La giurisdizione di questa A.G. non potrebbe neppure fondarsi sulla circostanza che la ricorrente è titolare di una concessione su un bene appartenente al demanio marittimo, ex art. 133 co. 1 lett b (a mente del quale rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche”) e art. 7 co. 5 c.p.a.

Ed invero, la domanda formulata dalla ricorrente non postula specificamente quel controllo sull'esercizio del potere pubblico riservato al G.A., da espletare in relazione ai parametri di legittimità dell'azione amministrativa ricollegabili all’esistenza della concessione demaniale: per contro, come visto, la ricorrente deduce un danno all’integrità patrimoniale (consistente nella penalizzazione dell’utilizzo e dello sfruttamento economico del bene dato in concessione) cagionato dall’Amministrazione violando le comuni regole di prudenza e diligenza (in spregio al dovere generale del neminem laedere , che ha fondamento nell’art. 2043 c.c.) , rispetto al quale non risulta esservi stato esercizio del potere amministrativo in materia concessoria.

5.2.3 – Infine, tale essendo la posizione sostanziale dedotta in ricorso (ovvero una posizione di diritto, quand’anche fosse a monte configurabile il dedotto “danno ambientale”: si veda l’art. 313 comma 7 Decr. Lev.vo 152/2006, secondo cui “ ..Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi ”;
nonché cfr. Cass. Pen. n. 44528 del 25.9.2018, che ha statuito che “ In tema di danno ambientale, è legittimato a costituirsi parte civile il cittadino che non si dolga del degrado dell'ambiente, ma faccia valere una specifica pretesa in relazione a determinati beni, quali cespiti, attività e diritti soggettivi individuali (come quello alla salute), messi in pericolo dal collegamento con un determinato habitat (dove risiede o lavora), in conformità alla regola generale posta dall'art. 2043 c.c. ”;
ovvero ancora Cass. SS.UU. n. 12201 del 2.12.1998, che ha precisato che “L a competenza giurisdizionale a conoscere di una domanda di risarcimento del danno spetta, in linea di principio al G.O…. ”), scolorano i riferimenti contenuti in ricorso a interessi legittimi “ostativi” e pretesivi la cui lesione - astrattamente - avrebbe potuto radicare la giurisdizione di legittimità di questa A.G. ai sensi dell’art. 7 co. 4 c.p.a.

5.2.3.1 – Peraltro, a ben guardare, a tali interessi viene fatto riferimento, non quali posizioni soggettive lese, da ristorare, bensì quali posizioni da “accertare” (nei sensi specificati in ricorso), senza che sia possibile apprezzare l’utilità di tale autonomo accertamento rispetto alla spiegata domanda di risarcimento del danno in forma specifica e/o per equivalente.

6 - In ragione di quanto precede, posto anche che le PP.AA. evocate in giudizio lo sono state non in qualità di Amministrazioni concedenti, bensì di soggetti al cui comportamento sarebbe - asseritamente – riconducibile la causazione dei danni lamentati, la cognizione della presente controversia va devoluta all’A.G.O. innanzi alla quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi, decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, in applicazione dell’art. 11, comma 2, c.p.a.

7 – L’esito in rito giustifica la compensazione delle spese di lite tra tutte le parti.

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