TAR Genova, sez. I, sentenza 2021-03-31, n. 202100283
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Pubblicato il 31/03/2021
N. 00283/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00891/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 891 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Fin.Cos Finanziaria Costruzioni s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati F M, C P e P S, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, largo S. Giuseppe, 3/23;
contro
il Comune di Alassio, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio eletto presso la segreteria del Tar;
per l'annullamento
del provvedimento dirigenziale 4.6.2009, concernente il pagamento di sanzioni determinate ai sensi degli artt. 43 e 49 della L.R. 6/6/2008 n. 16 per la sanatoria di opere edilizie abusive.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Alassio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2021, svoltasi con modalità telematiche, il dott. A V, e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la società FINCOS Finanziaria Costruzioni s.p.a. espone: - che il Comune di Alassio affidava alla società Conicos s.p.a. (poi divenuta FINCOS Finanziaria Costruzioni s.p.a.) i lavori di ristrutturazione e riqualificazione della struttura alberghiera Grand Hotel di proprietà comunale, la realizzazione di un parcheggio interrato multipiano e di un centro talassoterapico nei giardini Cavalieri di Vittorio Veneto, con la relativa gestione;- che, previa approvazione dei progetti esecutivi, le pertinenti convenzioni venivano stipulate in data 26.3.2001 (per quanto riguarda la ristrutturazione del Grand Hotel e la costruzione del centro talassoterapico) e 20.1.2003 (per quanto riguarda il parcheggio pluripiano);- che le convenzioni (art. 18) prevedevano che eventuali varianti, anche in corso d'opera, alla progettazione esecutiva approvata che comportassero variazioni essenziali sarebbero state oggetto di preventiva approvazione da parte del Comune, da esprimersi nel termine di sessanta giorni dalla presentazione delle stesse, e che, decorso il suddetto termine senza che il Comune si fosse pronunciato, le varianti sarebbero state tacitamente approvate;- che, a seguito del rilascio dei necessari titoli edilizi per la realizzazione degli interventi in progetto, si verificavano situazioni tali da richiedere l'esecuzione di opere parzialmente differenti rispetto a quanto originariamente assentito;- che, in particolare, relativamente all'area denominata Giardini Cavalieri di Vittorio Veneto ed al Centro Talassoterapico, la società presentava due varianti, aventi ad oggetto la realizzazione di un ulteriore piano interrato del Centro e l'ampliamento di quelli già assentiti, varianti che conseguivano l’approvazione espressa (D.G.C. n. 302/2004) e tacita del Comune;- che, riguardo all'immobile denominato Grand Hotel, veniva proposta una prima richiesta di variante il 14.7.2005, relativa alla realizzazione di due abbaini, ed una successiva, del 29.6.2007, concernente modifiche architettoniche ed impiantistiche ai vari piani e diverse distribuzioni interne;- che anche rispetto a tali domande il Comune non adottava alcun provvedimento espresso nei successivi sessanta giorni, sicché le stesse dovevano ritenersi tacitamente approvate;- che, anche riguardo al parcheggio interrato, previsto in progetto nella Piazza Partigiani di Alassio, venivano presentate richieste di variante, puntualmente approvate dalla giunta comunale con le deliberazioni 18.5.2007 n. 146 e 28.12.2007 n. 199;- che, in ragione dell'assenso agli interventi prestato dal Comune, la società procedeva alla realizzazione delle opere;- che, con deliberazione del consiglio comunale 28.12.2007 n. 119, l'amministrazione manifestava il proprio assenso rispetto alle varianti progettuali eseguite, rilevando la necessità di procedere all'approvazione di una variante del Piano Urbanistico Comunale tramite procedura in conferenza di servizi;- che, con comunicazioni dell'8.2.2008, il dirigente del Servizio Edilizia Privata e Urbanistica del Comune informava la società dell’avvio di procedimenti volti a sanzionare attività edilizie ritenute difformi dagli originari titoli, corrispondenti a quelle oggetto delle varianti presentate al Comune e dallo stesso approvate;- che, con ordinanze dirigenziali nn. 88 e 89 del 2008, veniva intimata la sospensione dei lavori inerenti sia la struttura alberghiera, sia il Centro Talassoterapico;- che, pur formulando osservazioni volte a chiarire la legittimità degli interventi eseguiti, la società presentava, in data 6.6.2008, istanza di accertamento di conformità relativa alle opere oggetto di contestazione;- che, per i medesimi fatti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona avviava un procedimento penale, nell'ambito del quale disponeva il sequestro preventivo degli immobili interessati (decreto G.I.P. del 4.7.2008), provvedimento di cui veniva disposta una parziale revoca subordinata al definitivo ottenimento del titolo di sanatoria;- che l'Amministrazione comunale portava avanti il procedimento conferenziale di sanatoria degli interventi eseguiti, che conseguiva tutti i nulla osta prescritti.
Impugna il provvedimento dirigenziale 4.6.2009, con cui Comune di Alassio ha applicato le sanzioni pecuniarie di cui agli artt. 43 e 49 L.R. n. 16/2008, determinandole in € 12.049,34 per il Grand Hotel ed in € 74.063,65 per il Centro talassoterapico, e così, complessivamente, € 86.112,99, somma che la società ha pagato con riserva di ripetizione.
Premesso che la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, essendo stata predisposta al solo fine di impedire un ulteriore ritardo nel completamento delle opere oggetto di convenzione, non costituisce acquiescenza rispetto alla contestazione comunale di realizzazione di abusi edilizi, e che l'assenza dei presupposti (segnatamente, l'abusività dell'intervento) per l'applicazione delle sanzioni determinate dal Comune a seguito della domanda di accertamento di conformità determina, rispetto alle somme versate, un indebito oggettivo passibile di ripetizione ai sensi dell'art. 2033 c.c., a sostegno del gravame ha dedotto due motivi di ricorso, come segue.
1. Violazione di legge in relazione all'art 11 L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta e per difetto di istruttoria.
Le opere valutate da parte del Comune di Alassio come interventi abusivi sarebbero state in realtà legittimamente realizzate dalla FINCOS s.p.a. sulla base degli accordi convenzionali assunti tra le parti, giacché entrambi gli atti convenzionali (concernenti, rispettivamente, la ristrutturazione del Grand Hotel e la realizzazione del Centro Talassoterapico) prevedevano che le eventuali varianti avrebbero dovuto conseguire la preventiva approvazione da parte del Comune, approvazione che nel caso di specie è intervenuta, in forma espressa o tacita, e che sostituirebbe – ex art. 11 L. n. 241/1990 – gli atti di assenso edilizio.
2. Violazione di legge in relazione agli artt. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241, 22 e 32 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, 43 e 49 L.R.. 6 giugno 2008, n. 16. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria. Illogicità e contraddittorietà manifesta.
In ogni caso, le opere realizzate nell'ambito dell'area denominata Giardini Cavalieri di Vittorio Veneto - Centro Talassoterapico non potrebbero essere considerate quali variazioni essenziali ai titoli edilizi originariamente rilasciati, in quanto per un verso incidono su cubature accessorie (parcheggi), sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative, per altro verso non hanno determinato alcun mutamento della consistenza quantitativa e qualitativa dell'originario progetto, sicché avrebbe dovuto semmai trovare applicazione la sanzione prevista dall'art. 43, comma 4, L.R. n. 16/2008, relativa alla sanatoria degli interventi eseguiti in assenza di d.i.a. e conformi alla disciplina urbanistica vigente sia al momento di realizzazione, sia al momento della domanda, pari ad una somma compresa tra € 516,00 ed € 5.164,00.
Con atto di motivi aggiunti la società FINCOS ha esteso l’impugnazione al provvedimento dirigenziale 30.9.2009, con cui il Comune ha rideterminato la sanzione per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria relativo al piano in più (terzo) interrato sottostante al Centro Talassoterapico, nella misura di € 101.997,18, cioè nel doppio di quanto irrogato con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo (€ 50.998,59 per l’abuso in questione).
A sostegno del gravame aggiuntivo ha dedotto ulteriori cinque motivi di ricorso, come segue (seguendo la numerazione precedente).
3. Violazione del principio del ne bis in idem . Violazione di legge in relazione all'art. 1 L. 7 agosto 1990, n. 241.
Il generale principio del ne bis in idem , in base al quale la definitiva applicazione di una misura sanzionatoria determina la preclusione al nuovo esercizio nei confronti dello stesso soggetto del potere repressivo riferito ai medesimi fatti oggetto di contestazione, osterebbe alla rideterminazione della sanzione edilizia.
4. Violazione di legge in relazione agli artt. 3, 7, 10, 21-nonies L. 7 agosto 1990 n. 241. Mancata comunicazione di avvio del procedimento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.
Il dirigente comunale ha modificato la propria iniziale determinazione in senso peggiorativo per la ricorrente, senza comunicare l’avvio del relativo procedimento di autotutela e senza dare atto né delle ragioni di interesse pubblico all'applicazione della sanzione pecuniaria maggiorata, né della dovuta ponderazione con l’affidamento ingenerato nel privato.
5. Violazione di legge in relazione all'art 11 L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta e per difetto di istruttoria.
Ripropone il primo motivo del ricorso introduttivo.
6. Violazione di legge in relazione agli artt. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e 49 L.R. 6 giugno 2008, n. 16. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione, illogicità e contraddittorietà manifeste.
Sostiene l'illegittimità dei criteri di quantificazione applicati dall'Amministrazione sul presupposto – in tesi, erroneo - che la realizzazione del terzo piano interrato non fosse compatibile con le previsioni urbanistiche vigenti al momento della sua realizzazione e lo fosse, invece, rispetto alla variante al PUC, che ha previsto la realizzazione di un ulteriore livello interrato, anche se privato e non pertinenziale.
In realtà, la realizzazione un piano interrato (il terzo) in più rispetto alla concessione non era affatto incompatibile – come del resto ritenuto anche dal consulente legale del Comune - con la scheda tecnica della “zona 7 del Centro Antico – Ai” disciplinante l'area all'epoca della costruzione, che prevedeva la realizzazione di un’autorimessa interrata pertinenziale, senza specificare il numero massimo di piani ammessi.
Del resto, la concreta destinazione (parcheggio libero piuttosto che pertinenziale) delle opere realizzate non potrebbe incidere sul giudizio in ordine alla conformità urbanistica originaria e sopravvenuta.
7. Ripropone, con specifico riguardo all’autorimessa interrata, il secondo motivo del ricorso introduttivo.
Si è costituito in giudizio il Comune di Alassio, controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 24 marzo 2021 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
Il ricorso introduttivo è infondato.
Con il primo motivo la società ricorrente assume che le opere valutate come interventi abusivi sarebbero state in realtà legittimamente realizzate previa approvazione del progetto - in forma espressa o tacita – da parte dell’amministrazione comunale, approvazione che sostituirebbe il titolo edilizio ai sensi dell’art. 11 L. n. 241/1990.
A sostegno della doglianza invoca l’art. 18 delle due convenzioni 26.3.2001 (relative la prima al Grand hotel e la seconda al Centro talassoterapico ed ai parcheggi), a mente del quale “La Società si riserva la facoltà di apportare al progetto, nel corso dei lavori, le modifiche necessarie per ovviare a fatti nuovi imprevisti che si verificassero durante l’esecuzione dei lavori. Le eventuali varianti, anche in corso d’opera, alla progettazione esecutiva approvata che comportino variazioni essenziali alla progettazione così come individuate dalle norme edilizie, saranno oggetto di preventiva approvazione da parte del Comune, da esprimersi nel termine di sessanta giorni dalla presentazione delle stesse. Decorso il suddetto termine senza che il Comune si sia pronunciato, le varianti si intenderanno tacitamente approvate. Quanto sopra ferma restando l’acquisizione, da parte della Società, degli assentimenti edilizi, eventualmente necessari a sensi di legge” (doc. 5 delle produzioni di parte ricorrente, p. 51/200 e 86/200).
In realtà, il tenore letterale della disposizione appare chiarissimo nel distinguere la preventiva approvazione comunale delle varianti al progetto esecutivo dell’opera, conseguibile per silenzio-assenso, dai titoli edilizi “eventualmente necessari a sensi di legge” , laddove l’avverbio “eventualmente” rimanda alla sussunzione dell’oggetto di ogni possibile futura variante approvata alle definizioni degli interventi edilizi e dei titoli abilitativi richiesti, in ragione della natura dell’intervento, dal D.P.R. n. 380/2001.
Del resto, l’interpretazione prospettata dalla società ricorrente – secondo la quale, una volta intervenuta l’approvazione (anche tacita) della variante al progetto esecutivo, non sarebbe più necessario il pertinente titolo abilitativo edilizio, neppure se relativo ad opere di nuova costruzione, di ampliamento volumetrico e/o a variazioni essenziali – cozza con il canone ermeneutico di conservazione del contratto (art. 1367 cod. civ.: “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno” ), giacché postula l’assoluta inutilità dell’ultimo periodo del citato art. 18.
Ciò posto, è innegabile che l’intervento concernente l’ampiamento delle superfici dei primi due piani interrati e la realizzazione di un terzo piano aggiuntivo nell’autorimessa interrata – cioè gli interventi sanzionati per l’importo più consistente (€ 50.998,59, poi raddoppiato con il provvedimento oggetto dell’impugnazione aggiuntiva) - rientrando tra gli interventi di nuova costruzione ex art. 3 comma 1 lett. e.1 del D.P.R. n. 380/2001, fosse soggetto a permesso di costruire (art. 10 comma 1 lett. a del D.P.R. n. 380/2001), e che, pertanto, ai fini dell’accertamento di conformità trovasse applicazione l’art. 49 della L.R. n. 16/2008 (rubricato: Accertamento di conformità di interventi soggetti a permesso di costruire, a DIA obbligatoria o a DIA alternativa al permesso di costruire).
Donde l’infondatezza anche del secondo motivo del ricorso introduttivo.
Quanto al ricorso per motivi aggiunti, il primo motivo è infondato.
Il principio del ne bis in idem vieta che un medesimo fatto illecito sia sanzionato due volte, ma non preclude affatto che l’amministrazione, laddove si avveda di un errore nel calcolo del trattamento sanzionatorio stabilito dalla legge per un unico illecito edilizio, si ridetermini in autotutela.
Né rileva (4° motivo) l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, in quanto per un verso i fatti rilevanti (le superfici abusivamente realizzate) non sono contestati (cfr. la nota 22.5.2009 di FINCOS, di trasmissione degli elaborati con il calcolo delle superfici abusivamente realizzate), per altro verso la misura dell’oblazione dovuta è stabilita direttamente dalla legge (art. 49 L.R. n. 16/2008), sicché, non residuando spazi per l’esercizio di poteri discrezionali, è palese – e, comunque, l’amministrazione ha dimostrato in giudizio – che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (art. 21- octies comma 2 L. n. 241/1990).
Parimenti, l'esercizio del potere di autotutela, intervenuto a brevissima distanza di tempo dall'adozione di un provvedimento amministrativo (nel caso di specie, tre mesi), non richiede l'esplicitazione dell'interesse pubblico sotteso all'annullamento d'ufficio, e nemmeno la sua comparazione con l'interesse privato sacrificato (cfr. T.A.R. Calabria, II, 20.5.2020, n. 922), viepiù laddove il vizio da emendare comporti – come nel caso di specie - il mancato accertamento di un’entrata patrimoniale o l’accertamento di un’entrata minore, giacché in tal caso l'interesse pubblico a porre rimedio alle sfavorevoli conseguenze derivanti all'erario dall'atto viziato ben può considerarsi sussistente in re ipsa .
Può a questo punto affrontarsi il punto nodale della questione, costituito dal sesto motivo di gravame.
La società ricorrente sostiene l'illegittimità dei criteri di quantificazione applicati dall'Amministrazione sul presupposto – in tesi, erroneo - che la realizzazione del terzo piano interrato non fosse compatibile con le previsioni urbanistiche vigenti al momento della sua realizzazione e lo fosse, invece, rispetto alla variante al PUC, che ha previsto la realizzazione di un ulteriore livello interrato, anche se privato e non pertinenziale.
E ciò, in quanto la realizzazione di un piano interrato (il terzo) in più rispetto alla concessione non era affatto incompatibile – come ritenuto anche dal consulente legale del Comune - con la scheda tecnica della “zona 7 del Centro Antico – Ai” disciplinante l'area all'epoca della costruzione, che prevedeva la realizzazione di un’autorimessa interrata pertinenziale, pur senza specificare il numero massimo di piani ammessi.
La censura travisa il contenuto del provvedimento, che ha raddoppiato il contributo dovuto a titolo di oblazione non già in ragione del fatto che la conformità urbanistico-edilizia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria fosse conseguita soltanto all’approvazione di una variante al PUC (che ha chiarito che il parcheggio interrato potesse articolarsi su tre piani, di cui due pertinenziali ed il terzo privato), bensì in ragione del fatto che la realizzazione di parcheggi privati liberi (terzo piano), a differenza di quelli pertinenziali, non è un intervento gratuito, ma sconta il contributo di costruzione (art. 5 comma 1 lett. c L.R. 7.4.1995, n. 25).
Nel caso di specie, è pacifico che il terzo piano del parcheggio interrato, realizzato abusivamente, non rivesta natura pertinenziale all’intervento di interesse generale, e che le parti non ne abbiano regolamentato le modalità di fruizione, ma che esso sia destinato dalla società a parcheggio privato, ciò che ha perfino comportato una modifica dell’accordo convenzionale intervenuta con rogito notarile del 23.7.2009 (così il ricorso per motivi aggiunti, p. 21).
Non trattandosi di un intervento gratuito a norma di legge (art. 5 comma 1 lett. c L.R. 7.4.1995, n. 25), l’oblazione per il rilascio del permesso in sanatoria dev’essere quantificata in misura doppia rispetto al contributo di costruzione (art. 49 comma 3 L.R. n. 16/2008).
Donde l’infondatezza anche del ricorso per motivi aggiunti.
Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.