TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-05-12, n. 202105594
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Pubblicato il 12/05/2021
N. 05594/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00355/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 355 del 2012, proposto da A E A C, C C, M T C, R C, A C C, E S, rappresentati e difesi dall'avvocato Fabio D'Amato, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Farnesina, 5;
contro
Roma Capitale - Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Terracina, Uf.Legale Com.Le-Pzza Municipio,1;
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato D R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;
Parco Archeologico di Ostia Antica Già Soprintendenza Archeologica di Ostia Antica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Cesare Chiaraluce non costituito in giudizio;
per l'annullamento del decreto di esproprio (ai sensi dell'art. 22 del dpr 327/2001) n. 22 del 03.10.2011 prot. 73492 degli immobili occorrenti per la realizzazione del nuovo ponte della scafa e relativa viabilità di collegamento (opcm 3543/2006)
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale - Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica e di Roma Capitale e di Parco Archeologico di Ostia Antica Già Soprintendenza Archeologica di Ostia Antica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 23 aprile 2021 la dott.ssa Lucia Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso notificato in data 5.1.2012, iscritto al n. 355 del 2012 RG, i ricorrenti in epigrafe indicati impugnavano, chiedendone l’annullamento, il decreto di espropriazione n. 22 adottato il 3.10.2011 in favore di Roma Capitale per la realizzazione del nuovo ponte della Scafa e della relativa viabilità di collegamento, opera inserita nel “Piano di interventi di riqualificazione delle infrastrutture viarie e nel piano parcheggi”, nonché ogni atti presupposto, coevo, collegato e consequenziale, tra cui la comunicazione del 10.5.2011 ex artt. 22 e 23 del Dpr n. 327 del 2001 concernete l’adozione del suddetto decreto di espropriazione.
I ricorrenti – proprietari di terreni siti nella zona di Tor Boacciana, Ostia Antica, attinti dalla procedura espropriativa – deducevano, in primo luogo, violazione dell’art. 107, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 112 del 1998 ed eccesso di potere per straripamento, con riferimento al DPCM del 4.8.2006, con cui è stato dichiarato lo stato di emergenza per la situazione determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nella città di Roma, e alla ordinanza n. 3543 del 26.9.2006, con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ha nominato il Sindaco di Roma, fino al 31 dicembre 2008, Commissario delegato per l'attuazione degli interventi volti a fronteggiare l'emergenza dichiarata nel territorio della Capitale. Ad avviso di parte ricorrente, essendo volti i provvedimenti in questione a fronteggiare l’emergenza del traffico e della mobilità di Roma, ossia una situazione patologica, pregressa e cronicizzata e non una situazione di pericolo per persone e cose causata da forza maggiore, mancherebbe il presupposto di straordinarietà, richiesto dalla legge per dichiarare lo stato di emergenza e adottare le ordinanze volte ad attuare i relativi interventi. La lunghezza della procedura espropriativa, culminata nel decreto impugnato, che è stato adottato solamente nel 2011, dimostrerebbe altresì l’assenza del presupposto dello stato di urgenza.
I ricorrenti lamentavano, altresì, da un lato, violazione della legge n. 349 del 1988 e del DPCM n. 377 del 10.8.1988, nonché eccesso di potere per una pluralità di ragioni, mancando una valutazione di impatto ambientale che tenesse conto di scelte alternative, meno invasive, ma altresì meno costose e più veloci, come l’ampliamento del ponte esistente;dall’altro, eccesso di potere per sviamento perché l’opera da realizzare insisteva su un’area caratterizzata da vincoli archeologici.
Con un’ulteriore censura, parte ricorrente denunciava violazione di legge ed eccesso di potere con riferimento all’art. 11 del Dpr n. 327 del 2001, all’art. 1 dell’OPCM n. 3543 del 2006 e all’art. 3 della delibera comunale n. 57 del 2006, in quanto l’avvio del procedimento espropriativo non gli era stato comunicato personalmente, ma solamente mediante pubblicazione sull’albo pretorio.
Si costituiva in giudizio Roma Capitale, che, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, eccepiva l’improcedibilità del ricorso, stante l’inefficacia sopravvenuta del decreto di espropriazione n. 22 del 2011 per decorso del termine di due anni senza la sua esecuzione tramite immissione in possesso.
All’udienza del 23.4.2021, la causa veniva trattenuta in decisione.
2.Con il ricorso in esame, parte ricorrente ha impugnato il decreto di espropriazione n. 22 del 3.10.2011, che, tuttavia, pur notificato agli interessati, registrato presso il Ministero delle finanze-Dipartimento entrate-Ufficio territoriale di Roma (serie 1 n. 205 del 22.12.2011) e trascritto presso la conservatoria immobiliare con formalità dell’1.10.2012, non è mei stato eseguito tramite l’immissione in possesso. Ai sensi dell’art. 24, comma 1, del Dpr n. 327 del 2001, “l’esecuzione del decreto di esproprio ha luogo per iniziativa dell’autorità espropriante o del suo beneficiario, con il verbale di immissione in possesso, entro il termine perentorio di due anni”. Trattandosi, per espressa previsione normativa, di un termine perentorio, il suo decorso senza l’immissione in possesso comporta che il decreto di espropriazione non possa più essere eseguito. Il comma 7 del citato art. 24, infatti, prevede che, successivamente allo spirare del suddetto termine, l’amministrazione può adottare “un ulteriore atto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità”, entro i successivi tre anni.
È ciò che è accaduto nel caso di specie, ove l’Amministrazione comunale, con la delibera n. 103 del 16.4.2014, ha riapprovato il progetto definitivo per la realizzazione del nuovo ponte della Scafa e della relativa viabilità di collegamento, ai soli fini del rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità e poi, con la determina n. 6 del 23.6.2014, ha adottato un nuovo decreto di espropriazione degli immobili occorrenti.
Alla luce di ciò, appare evidente che, non essendo stato tempestivamente eseguito il decreto di espropriazione originariamente impugnato ed essendo divenuto privo di efficacia, il ricorso avverso lo stesso proposto va dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse.
L’interesse a ricorrere, infatti, costituendo una condizione dell’azione e consistendo nell’utilità concreta ed attuale ritraibile dall’azione, deve essere sussistente per tutta la durata del processo: nel caso di specie, il provvedimento espropriativo gravato non è più eseguibile ed è stato sostituito da altro successivo provvedimento – gravato dai medesimi ricorrenti con motivi aggiunti nel ricorso n. 6900 del 2011 RG.
In conclusione, il ricorso va dichiarato improcedibile.
Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità della fattispecie, per compensare le spese di lite.