TAR Napoli, sez. I, sentenza 2012-05-31, n. 201202599

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2012-05-31, n. 201202599
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201202599
Data del deposito : 31 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05620/2010 REG.RIC.

N. 02599/2012 REG.PROV.COLL.

N. 05620/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5620 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
COSTRUZIONI LUIGI DE ANGELIS S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. M C, con il quale è elettivamente domiciliata in Napoli alla Via P. Colletta n. 12;

contro

PREFETTURA – U.T.G. DI CASERTA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale è domiciliata per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;

per l'annullamento

a) dell’informativa della Prefettura di Caserta prot. n. 2108/12b.16/ANT/

AREA

1^ del 21 luglio 2010, recante la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa a carico della società ricorrente;

b) della nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta n. 0264248/1-5 di prot. “P” del 14 luglio 2010;

c) della segnalazione del C.E.D. del Dipartimento della P.S. del Ministero dell’Interno datata 21 luglio 2010;

d) di ogni altro atto o provvedimento connesso e collegato, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2012 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente impugna, anche mediante la proposizione di motivi aggiunti, l’informativa prefettizia interdittiva in epigrafe e gli atti della relativa sequenza procedimentale, adducendo una serie di ragioni attinenti alla violazione degli artt. 41 e 97 della Costituzione, alla violazione della normativa in tema di informazioni antimafia e della legge sul procedimento amministrativo, all’invalidità derivata, nonché all’eccesso di potere sotto svariati profili.

Resiste la Prefettura di Caserta, eccependo nei propri scritti difensivi l’infondatezza del ricorso.

Parte ricorrente insiste nelle proprie tesi con ulteriori memorie difensive.

La causa, dopo l’espletamento di incombenti istruttori, è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 22 febbraio 2012.

2. E’ opportuno precisare, in punto di fatto, che l’impugnata informativa prefettizia poggia essenzialmente sulla seguente circostanza ritenuta significativa del pericolo di infiltrazioni mafiose (cfr. nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta n. 0264248/1-5 di prot. “P” del 14 luglio 2010, richiamata in parte motiva): uno dei due membri della compagine sociale risulta indagato nell’ambito di un procedimento penale presso il Tribunale di Napoli perché ritenuto responsabile del reato di turbata libertà degli incanti aggravata dal fine di favorire l’organizzazione camorristica denominata clan dei Casalesi;
tale indagine è culminata nell’arresto, nel corso del 2010, di 17 persone in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere, coinvolte nel medesimo procedimento penale che ha interessato 73 persone tra affiliati e fiancheggiatori del citato clan camorristico.

3. Ciò premesso, si può dare ingresso al vaglio delle censure articolate in gravame.

Con una prima censura, la ricorrente obietta che l’autorità prefettizia non ha tenuto conto degli elementi significativi dell’estraneità dei soci e dei loro parenti dai fenomeni mafiosi, discendenti dalla mancata sottoposizione degli stessi a procedimenti penali, a condanne e/o ad informative attinenti a reati di criminalità organizzata.

La doglianza non merita condivisione.

A prescindere dal rilievo che nel caso specifico uno dei due soci risulta implicato in un procedimento penale per reati inerenti alla criminalità organizzata (è stata contestata la specifica aggravante del fine agevolativo di un’organizzazione camorristica: cfr. ordinanza di custodia cautelare n. 420/10 del G.I.P. del Tribunale di Napoli, in atti), è sufficiente osservare che, a termini dell’art. 10, comma 7, del d.P.R. n. 252/1998, le informative antimafia possono ben fondarsi su accertamenti che prescindono dai fatti destinati ad assumere rilevanza processualpenalistica, e che danno conto di situazioni di pericolo infiltrativo poste anche al di sotto del penalmente rilevante, come ha avuto modo di precisare il massimo giudice amministrativo quando ha condivisibilmente affermato che la norma introduttiva dell’informativa prefettizia “si spiega nella logica di una anticipazione della soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto della criminalità organizzata, in guisa da prescindere da soglie di rilevanza probatorie tipiche del diritto penale, per cercare di cogliere l’affidabilità dell’impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa. (…) E tanto specie se si pone mente alla circostanza prima rimarcata che le cautele antimafia non obbediscono a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale sono per legge rilevanti fatti e vicende anche solo sintomatici ed indiziari, al di là dell’individuazione di responsabilità penali.” (così Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 maggio 2006 n. 2867).

4. Parte ricorrente si duole, altresì, della carenza motivazionale da cui sarebbe affetta la misura interdittiva, che non consentirebbe di cogliere gli elementi di controindicazione accertati nello specifico, nemmeno considerando gli atti della serie procedimentale, le cui argomentazioni non sarebbero state espressamente fatte proprie dall’autorità prefettizia emanante né rese disponibili per l’interessata.

La censura non convince.

L’autorità prefettizia ha assolto congruamente il proprio onere motivazionale, facendo riferimento per relationem al rapporto informativo dei Carabinieri del 14 luglio 2010.

Né può essere lamentata la mancata disponibilità delle fonti informative di polizia.

Infatti, il concetto di disponibilità, di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990, comporta non che l’atto amministrativo menzionato per relationem debba essere unito imprescindibilmente al documento o che il suo contenuto debba essere riportato testualmente nel corpo motivazionale, bensì che esso sia reso disponibile a norma di legge, vale a dire che possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi, laddove concretamente esperibile.

In sostanza, detto obbligo determina che la motivazione per relationem del provvedimento debba essere portata nella sfera di conoscibilità legale del destinatario, con la conseguenza che in tale ipotesi è sufficiente che siano espressamente indicati gli estremi o la tipologia dell’atto richiamato, mentre non è necessario che lo stesso sia allegato o riprodotto, dovendo essere messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 21 febbraio 2002 n. 1002).

5. Con altra censura, parte ricorrente denuncia che gli elementi indizianti individuati dall’autorità prefettizia sono privi del carattere dell’attualità, essendo remoti i fatti che hanno dato luogo al procedimento penale per turbata libertà degli incanti.

La doglianza non può essere condivisa.

Si osserva che l’attualità del quadro indiziario, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane fino all’intervento di fatti nuovi, ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo;
in altri termini, il rischio di inquinamento mafioso si può considerare superato non tanto e non solo per il trascorrere di un considerevole lasso di tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, quanto anche per il sopraggiungere di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti a cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri l’inattendibilità della situazione rilevata in precedenza (orientamento ormai diffuso in giurisprudenza: cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2007 n. 3126 e 28 febbraio 2006 n. 851).

Il predetto criterio subisce un temperamento solo nel caso in cui gli elementi di fatto, raccolti dalle forze di polizia, siano talmente risalenti nel tempo da non poter essere più considerati intrinsecamente idonei a supportare il giudizio di pericolo, anche per effetto di sopravvenienze quali la cessazione dell’attività imprenditoriale o l’esaurimento di determinati fenomeni organizzativi criminali (cfr.

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