TAR Lecce, sez. II, sentenza 2012-03-07, n. 201200418
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N. 00418/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01958/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1958 del 2010, proposto da:
-OMISSIS- e R N, rappresentati e difesi dall'avv. N R, con domicilio eletto presso Segreteria TAR in Lecce, via F. Rubichi, 23;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. M R, con domicilio eletto presso M R in Lecce, viale A. Moro, 1;
Azienda Sanitaria Locale di Taranto, rappresentata e difesa dall'avv. G C, con domicilio eletto presso Daniele Montinaro in Lecce, Vico Storto Carita' Vecchia, 3;
nei confronti di
-OMISSIS-rappresentata e difesa dagli avv. Gianluigi Pellegrino e Marco Annoni, con domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;
-OMISSIS- rappresentata e difesa dall'avv. Luca Alberto Clarizio, con domicilio eletto presso Federico Massa in Lecce, via Montello, 13/A;
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. Rocco Mangia, con domicilio eletto presso Nicola Stefanizzo in Lecce, via G.A. Ferrari, 5;
per l'annullamento
della deliberazione della Giunta Regionale Pugliese 6 Agosto 2010 n° 1880 di assegnazione alla Fondazione “-OMISSIS-” con sede in Taranto della somma di € 60.000.000,00 per la realizzazione in Taranto dell’Ospedale a gestione privata denominato “-OMISSIS-”;
dell’atto di costituzione del 27 Maggio 2010 della Fondazione “-OMISSIS-”, costituita tra la Regione Puglia, il Comune di Taranto, l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto e la Fondazione “-OMISSIS- di Milano;
di ogni altro atto connesso, ivi comprese le deliberazioni della Giunta Regionale Pugliese n° 2039 del 4 Novembre 2008, n° 1447 del 4 Agosto 2009, n° 745 del 5 Maggio 2009 e n° 331 del 10 Febbraio 2010;l’Accordo Quadro del 30 Novembre 2009;il Progetto tecnico-sanitario di sperimentazione gestionale e di realizzazione di una nuova struttura ospedaliera nella città di Taranto da denominare “-OMISSIS-” e l’Accordo di Programma tra i predetti enti inerente la costruzione del nuovo Ospedale di Taranto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia, di Azienda Sanitaria Locale di Taranto, di -OMISSIS-di Fondazione -OMISSIS- e di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 Febbraio 2012 il Cons. Dott. Enrico d'Arpe e uditi per le parti gli avv.ti N R, Marinagela Rosato, A. Campa in sostituzione dell'avv.to G C, Valeria Pellegrino in sostituzione dell'avv.to Gianluigi Pellegrino, M. A. Bifano in sostituzione dell'avv.to Rocco Mangia, e Luca Alberto Clarizio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il -OMISSIS- (costituito da cittadini di Taranto per tutelare la salute e al fine precipuo di difendere la gestione prettamente pubblica della sanità nel territorio cittadino e di controllare le risorse finanziarie pubbliche a ciò destinate) e il suo Coordinatore Avv. N R anche nella qualità di cittadino iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto il 18 Agosto 2010 e poi (a seguito di tempestiva opposizione delle parti intimate ex art. 10 D.P.R. n° 1199/1971) trasposto in sede giurisdizionale, impugnano: 1) la deliberazione della Giunta Regionale Pugliese 6 Agosto 2010 n° 1880 di assegnazione alla Fondazione “-OMISSIS-” con sede in Taranto (costituita tra Regione Puglia, Comune di Taranto, Azienda Sanitaria Locale Taranto e Fondazione “-OMISSIS- di Milano) della somma di € 60.000.000,00 (quale finanziamento FAS) per la realizzazione in Taranto dell’Ospedale a gestione privata denominato “-OMISSIS-”;2) l’atto di costituzione del 27 Maggio 2010 della Fondazione “-OMISSIS-”, costituita tra la Regione Puglia, il Comune di Taranto, l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto e la Fondazione “-OMISSIS- di Milano;3) ogni altro atto connesso, ivi comprese le deliberazioni della Giunta Regionale Pugliese n° 2039 del 4 Novembre 2008, n° 1447 del 4 Agosto 2009, n° 745 del 5 Maggio 2009 e n° 331 del 10 Febbraio 2010 (recante autorizzazione all’Azienda Sanitaria Locale di Taranto alla sperimentazione gestionale de qua);l’Accordo Quadro del 30 Novembre 2009;il Progetto tecnico-sanitario di sperimentazione gestionale e di realizzazione di una nuova struttura ospedaliera nella città di Taranto da denominare “-OMISSIS-” e l’Accordo di Programma tra i predetti enti inerente la costruzione del nuovo Ospedale di Taranto.
A sostegno dell’impugnazione interposta sono stati formulati i seguenti motivi di gravame.
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis del Decreto Legislativo 30 Dicembre 1992 n° 502 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del Decreto Legislativo 4 Dicembre 1997 n° 460 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 20, 27, 30, 31, 32, 65, 68, 91, 225 e dell’Allegato II B del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163, in materia di libera prestazione di servizi – Violazione del Trattato U.E. (art. 12 -ex art. 6-, art. 28 -ex art. 30-, art. 43 -ex art. 52-, art. 49 -ex art. 59-, 86 -ex art. 90-) e, quindi, del principio di concorrenza, del principio di comunitario di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza e proporzionalità, per effetto del servizio pubblico espletato nel caso di specie – Violazione del principio di concorrenza – Violazione del principio costituzionale (art. 97) del buon andamento amministrativo e di imparzialità – Disparità di trattamento – Violazione della Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per le politiche comunitarie) n° 945 del 1° Marzo 2002 – Eccesso di potere per illegittimità derivata, sviamento di potere, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, contraddittorietà dei provvedimenti e illogicità manifesta – Violazione e vizi del procedimento – Violazione degli artt. 7 e seguenti della Legge n° 241/1990 e dell’art. 1 della Legge 23 Dicembre 1978 n° 833 per la mancata partecipazione dei cittadini al procedimento.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 90 della Legge n° 388/2000 (Legge Finanziaria 2001), nonché dell’art. 42 del Decreto Legislativo 16 Gennaio 2003 n° 3 (in ordine all’affidamento dell’assistenza sanitaria a Fondazioni) e violazione e falsa applicazione di ogni altra legge correlata e derivata alle norme richiamate.
Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto delle domande azionate, i ricorrenti concludevano chiedendo la declaratoria, previo accertamento dell’irritualità dell’opposizione al ricorso straordinario da parte della A.S.L. di Taranto e nei confronti della A.S.L. di Taranto stessa da parte dei controinteressati, dell’inammissibilità e/o illegittimità e/o nullità di tutti gli atti di opposizione al ricorso straordinario, con la conseguente remissione degli atti al Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’istruzione dell’affare in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n° 1999/1971 e, in via subordinata (in caso di ammissibilità delle opposizioni al ricorso straordinario), l’annullamento dei provvedimenti impugnati nella presente sede giurisdizionale, ovvero la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa del parere giurisdizionale del Consiglio di Stato in merito alla asserita pendenza del ricorso straordinario e, in estremo subordine, la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale in ragione della eccepita incostituzionalità (in parte qua) degli artt. 10, 11 e 12 del D.P.R. 24 Novembre 1971 n° 1199.
Si sono costituiti in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, la Regione Puglia, la -OMISSIS- la -OMISSIS- e la -OMISSIS-depositando articolate memorie difensive con le quali hanno puntualmente replicato alle argomentazioni dei ricorrenti, concludendo per la declaratoria di inammissibilità (sotto svariati profili) ed, in ogni caso, per la reiezione del ricorso.
I ricorrenti hanno presentato, in via incidentale, istanza di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, che è stata respinta da questa Sezione con ordinanza n° 11 del 5 Gennaio 2011.
Alla pubblica udienza del 16 Febbraio 2012, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione.
In via del tutto preliminare (come, peraltro, già segnalato nella fase cautelare del giudizio), il Collegio rileva (ai sensi dell’art. 48 terzo comma c.p.a.) l’ammissibilità e la ritualità delle opposizioni ex art. 10 D.P.R. 24 Novembre 1971 n° 1199 (posto che, tra l’altro, l’allegata – ma, in realtà, insussistente – irritualità della notificazione degli atti di opposizione, interposti dai soggetti controinteressati, all’Azienda Sanitaria Locale di Taranto potrebbe essere eccepita solo da quest’ultima) e della conseguente trasposizione del ricorso straordinario nella sede giurisdizionale, nonché l’evidente inapplicabilità alla fattispecie de qua dell’invocato art. 295 c.p.c., in quanto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, pur dopo le recenti innovazioni normative introdotte dall’art. 69 della Legge 18 Giugno 2009 n° 69 e dal Codice del Processo Amministrativo, rimane pur sempre un rimedio di carattere amministrativo, ancorchè per taluni aspetti assimilato al ricorso giurisdizionale (Cfr: Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 28 Gennaio 2011 n° 2065), mancando il requisito necessario di ogni procedimento giurisdizionale che la decisione sia assunta anche formalmente da un Giudice terzo e imparziale, all’esito di un processo giusto regolato dalla legge, come previsto dal novellato art. 111 della Costituzione.
Ciò premesso, è necessario ancora – preliminarmente – chiarire che l’attività affidata dagli atti amministrativi impugnati alla Fondazione “-OMISSIS-” attiene all’esecuzione di prestazioni sanitarie, intese come attività volte a soddisfare primari bisogni di salute della persona, ossia di cura e assistenza ospedaliera degli utenti del Servizio Sanitario Nazionale (la gestione di un ospedale pubblico).
Orbene – alla stregua del condivisibile insegnamento della giurisprudenza amministrativa in “subiecta materia” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 3 Marzo 2008 n° 1) – tali prestazioni di servizi sanitari non sono riconducibili, immediatamente, alla disciplina comunitaria e nazionale specificamente riferita ai contratti pubblici di servizi [Direttiva 31 Marzo 2004 n° 2004/18/CE e Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 e ss.mm. (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture)], ma vanno riportate alla previsione dell’allegato II B (che elenca i “servizi sanitari e sociali”) dell’art. 20 del Decreto Legislativo n° 163/2006 e ss.mm. (il quale attua gli artt. 20 e 21 della Direttiva 2004/18/CE, nonché gli artt. 31 e 32 della Direttiva 2004/17/CE, riprendendo le previsioni già contenute nell’art. 3, comma 2, del Decreto Legislativo 17 Marzo 1995 n° 157 e nell’art. 7, comma 3, del Decreto Legislativo 17 Marzo 1995 n° 158).
L’art. 20, primo comma, del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163, dispone che l’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è disciplinata esclusivamente dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).
Tuttavia, secondo l’art. 27 primo comma del medesimo Decreto Legislativo n° 163/2006, “l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità” e “L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto.”
Resta ferma, quindi, la necessità di rispettare le regole generali di diritto interno e i principi del diritto comunitario.
Il Tribunale segnala, inoltre, che la diretta erogazione delle prestazioni (da parte del gestore dei servizi sanitari di che trattasi) in favore della collettività, ossia degli utenti del Servizio Sanitario Nazionale, potrebbe indurre a configurare l’affidamento di un servizio pubblico, anziché di un appalto di servizi.
Ma ciò non sposta il problema di fondo: trattandosi di attività di (indubbia) rilevanza economica oggetto di contratto da stipulare con una Pubblica Amministrazione, devono sempre applicarsi le regole della Comunità Europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi di parità di trattamento e di trasparenza.
Si tratta dei principi del Trattato, che sono quelli di:
a) libertà di stabilimento (art. 43);
b) libera prestazione dei servizi (art. 49);
c) parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 43 e 49);
d) trasparenza e non discriminazione (art. 86, che vieta le misure di favore a vantaggio delle imprese che godono di diritti speciali o esclusivi e di quelle pubbliche).
Infatti, anche nell’ambito dei servizi pubblici deve essere assicurata l’apertura alla concorrenza (Corte di giustizia CE: 13 Settembre 2007, C-260/04;Sez. I, 13 Ottobre 2005, C-458/03). Ogni interessato ha diritto di avere accesso alle informazioni adeguate prima che venga attribuito un servizio pubblico, di modo che, se lo avesse desiderato, sarebbe stato in grado di manifestare il proprio interesse a conseguirlo (Corte di giustizia CE, Sez. I, 10 Novembre 2005, C-29/04). Inoltre, trasparenza e pubblicità devono essere date alla notizia dell’indizione della procedura di affidamento;imparzialità o non discriminatorietà devono determinare le regole di conduzione di questa.
Si rimanda, in particolare, all’art. 30 del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 (dal titolo “Concessione di servizi”), il quale, al terzo comma, richiama i “principi generali relativi ai contratti pubblici” (nel rispetto dei quali, oltre che di quelli “desumibili dal Trattato”, deve avvenire la scelta del concessionario di servizi), che sono quelli di “trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”;principi i quali impongono la previa indizione di una gara, seppure informale.
I principi generali del Trattato valgono, comunque, anche per i contratti e le fattispecie differenti da quelle concretamente contemplate;quali (oltre alla concessione di servizi) gli appalti sottosoglia e i contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l'interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti.
Va rilevato, infine, che, nella specie, trattandosi di attività inerente il Servizio Sanitario Nazionale affidata dalle Amministrazioni sanitarie, non si applicano le disposizioni relative ai servizi pubblici locali, riferite, nel loro ambito soggettivo, alle sole Amministrazioni di cui al Decreto Legislativo n° 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) e, in particolare, le prescrizioni di cui all’art. 113 (“servizi pubblici locali di rilevanza economica”).
A questo punto, va precisato che, nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, difettano – con ogni evidenza – tutti i presupposti per configurare un’ipotesi di “in house providing”, ma si è, invece, in presenza del differente modello organizzativo dell’affidamento di servizi ad una società mista (rectius: Fondazione a titolarità mista) costituita tra enti pubblici e soggetti privati, e quindi non interamente posseduta dall’ente pubblico, ma a titolarità mista pubblica/privata.
Il fenomeno delle società miste rientra nel più ampio concetto di partenariato pubblico/privato (PPP), la cui codificazione risale al “libro verde” della Commissione CE relativo al PPP presentato il 30 Aprile 2004.
La Commissione, nel citato “libro verde”, ha affermato che il termine PPP si riferisce in generale a “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio” e ha ritenuto di potere individuare due tipi di partenariato pubblico-privato;e precisamente il tipo “puramente contrattuale” e quello “istituzionalizzato”.
L’acquisizione del patrimonio cognitivo, composto di conoscenze tecniche e scientifiche, maturato dal privato nelle singole aree strategiche di affari, costituisce un arricchimento del know-how pubblico oltre che un possibile alleggerimento degli oneri economico-finanziari, che le Pubbliche Amministrazioni devono sopportare in sede di erogazione di servizi o di realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Il PPP di tipo “puramente contrattuale” è quello “basato esclusivamente su legami contrattuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti più o meno ampi – tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio – vengono affidati al partner privato”.
I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale più conosciuti sono l’appalto e la concessione.
I partenariati pubblico privato di tipo istituzionalizzato sono, secondo la Commissione Europea (si veda il citato “libro verde”), quelli che implicano una cooperazione tra il settore pubblico e il settore privato in seno a un’entità distinta;che implicano, cioè, la creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, la quale ha la “missione” di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico.
Il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato più conosciuto (ma, certamente, non l’unico) è quello della società mista.
La Commissione Europea tende ad assimilare il partenariato pubblico-privato di tipo “istituzionalizzato” a quello di tipo “puramente contrattuale” e, perciò, a considerare applicabile anche al primo tipo di partenariato il “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”. Ciò ha delle ovvie ricadute sulle modalità di scelta del partner privato, essendo chiaro che anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, devono applicarsi, come avviene per l’affidamento a terzi di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi e sulla libertà di stabilimento, nonché i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e reciproco riconoscimento.
La necessità di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner privato con il quale costituire società (o altre entità) miste costituisce una regola ormai acquisita nell’ordinamento interno. E comunque l’unico limite posto dal Parlamento Europeo consiste nel rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità;principi, tutti, che trovano cittadinanza all’interno del Trattato dell’U.E.. Anche perché lo stesso “libro verde” precisa che la partnership pubblico-privato va senz’altro favorita ma non può rappresentare un modo per eludere la disciplina della concorrenza.
Alla stregua della comunicazione della Commissione Europea del 12 Aprile 2000, pubblicata in Gazzetta ufficiale n° C 121 del 29 Aprile 2000, richiamata e sviluppata da una Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le Politiche Comunitarie n° 945 in data 1° Marzo 2002, i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all'importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self-executing dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate da specifiche disposizioni comunitarie volte a dare la stura a una procedura competitiva puntualmente regolata.
La circostanza che le direttive comunitarie in materia di appalti sono attuative dell'art. 81 del Trattato porta in sostanza a ritenere che le norme delle stesse siano puramente applicative, con riferimento a determinati appalti, di principi generali che, essendo sanciti in modo universale dal Trattato, sono ovviamente valevoli anche per contratti e fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate.
Di qui l'immediata operatività dei principi sopra esposti con riferimento ai contratti diversi dagli appalti tali da suscitare (comunque) l'interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti.
Il Consiglio di Stato (Sezione IV, 15 Febbraio 2002 n° 934) ha già richiamato e condiviso gli orientamenti della Corte di giustizia europea, puntualizzando che norme comunitarie vincolanti ben possono imporsi oltre il ristretto ambito applicativo delle direttive sugli appalti. Si è richiamata la posizione della Commissione U.E., secondo la quale, anche nei casi in cui non trova applicazione la direttiva sugli appalti di servizi, la scelta del contraente incontra i limiti indicati dalle norme del Trattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario;tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza.
Siffatte affermazioni, anche se rese con riferimento alla concessione di servizi pubblici che è figura diversa dall'appalto di servizi, hanno una portata generale e possono adattarsi a ogni fattispecie estranea all'immediato ambito applicativo delle direttive sugli appalti.
Il principio di concorrenza è uno dei principi cardini del Trattato, soprattutto in relazione al mondo delle commesse pubbliche. Esso garantisce la completa parità di accesso di tutte le imprese europee al monte dei contratti pubblici. La conseguenza rilevante è che le imprese europee (e anche quelle dello stesso Paese) devono essere poste sullo stesso piano, concedendo loro le medesime opportunità;sia sotto il profilo dell’accesso ai contratti pubblici (e quindi attraverso il sistema ordinario dell’evidenza pubblica), sia impedendo che particolari situazioni economiche pongano alcune di esse in una condizione di privilegio o comunque di favore economico.
Da ciò consegue che il sistema dell’affidamento diretto, in primo luogo, costituisce eccezione di stretta interpretazione al sistema ordinario delle gare;e, in secondo luogo, deve rispondere a ben precisi presupposti, in assenza dei quali l’affidamento è idoneo a turbare la par condicio e quindi a violare il Trattato (e le direttive).
Recentemente, siffatti principi sono stati ribaditi dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 22 Novembre 2007 n° 401.
Nell’ambito dei contratti pubblici, ad avviso della Consulta, viene soprattutto in rilievo l’aspetto della tutela della concorrenza, che si concretizza, in primo luogo, nell’esigenza di assicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore;in ossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi. Le procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente devono essere idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza. La Corte ha quindi evidenziato che la nozione comunitaria di concorrenza, che si riflette su quella di cui all’art. 117, comma 2, lett. e), della Costituzione, è definita come concorrenza “per” il mercato, la quale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati.
Sul piano interno, l’osservanza di siffatti principi costituisce anche attuazione delle stesse regole costituzionali di buon andamento e imparzialità, le quali, ai sensi dell’art. 97 della Costituzione, devono guidare tutta l’azione della P.A.. Anzi, è proprio l’esigenza di uniformare la normativa interna a quella comunitaria - sul piano della disciplina del procedimento di scelta del contraente - nel perseguimento della tutela della concorrenza, ad avere determinato il definitivo superamento della concezione che vedeva la procedimentalizzazione dell’attività di scelta del contraente dettata nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione. Pervenendosi all’obiettivo primario costituito dalla tutela degli interessi degli operatori ad accedere al mercato e a concorrere per il mercato.
Con precipuo riguardo, poi, al settore sanitario e al dettato normativo inerente l’istituto della “sperimentazione gestionale”, costituito dall’art.