TAR Salerno, sez. I, sentenza 2020-05-28, n. 202000600

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2020-05-28, n. 202000600
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202000600
Data del deposito : 28 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/05/2020

N. 00600/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01947/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1947 del 2013, proposto da
Costruzioni Lombardi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A B, A L G, con domicilio eletto presso lo studio A B in Salerno, largo Dogana Regia, n.15;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M I, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Abella Salernitana,3;

nei confronti

Banca del Mezzogiorno -Medio Credito Centrale S.p.A. non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto n. 227/13 del dirigente del settore "Aiuti alle imprese e sviluppo degli insediamenti produttivi" della Giunta regionale della Campania, con il quale è stata revocata l'agevolazione già concessa alla società ricorrente nell'ambito del nuovo regime di agevolazione per le piccole e medie imprese della regione Campania.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 27 maggio 2020 il dott. Nicola Durante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con l’impugnato decreto dirigenziale n. 227/2013, la Regione Campania, avendo ravvisato il mancato rispetto degli impegni presi sull’incremento occupazionale, ha revocato un’agevolazione concessa alla società ricorrente.

Al ricorso resiste la Regione Campania.

Con memoria depositata il 24.04.2020, la ditta ricorrente ha ampiamente dedotto in punto di giurisdizione ed ha concluso per l’accoglimento del gravame.

L’oggetto della controversia esula dalla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, la quale, in materia di finanziamenti pubblici, è circoscritta ai vizi originari dell’atto di attribuzione del beneficio ed all’esercizio dei poteri autoritativi e discrezionali di autotutela, in quanto incidenti su posizioni soggettive di interesse legittimo.

Rientrano invece nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie riguardanti atti paritetici dell’amministrazione relativi alla liquidazione ed all’erogazione del contributo, ovvero la sopravvenuta carenza di presupposti, requisiti o le anomalie funzionali del rapporto concessorio connesse ad un inadempimento o alla sopraggiunta impossibilità del beneficiario di rispettare gli impegni, trattandosi di eventi legati alla fase funzionale e successivi a quella genetica della concessione del contributo, come tali interessanti situazioni giuridiche aventi la consistenza di diritto soggettivo (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 15 giugno 2015, n. 3167).

Tanto, sulla scia di un approdo ormai consolidato secondo cui, in disparte i casi di giurisdizione amministrativa esclusiva, la giurisdizione del giudice ordinario sussiste non solo quando il beneficio è riconosciuto direttamente dalla legge, ma anche quando la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, a nulla importando che si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché gli stessi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo (cfr. Cass. civ., Sez. un., 25 gennaio 2013, n. 1776;
Cons. Stato, Ad. plen., 29 gennaio 2014, n. 6).

In siffatti casi, l’amministrazione non conduce alcuna nuova valutazione dell’interesse pubblico, bensì constata il mancato rispetto delle condizioni e degli adempimenti discendenti sul beneficiario dal finanziamento.

Nel caso specifico, la revoca è stata disposta sul presupposto che non siano stati rispettati gli obbiettivi occupazionali che il beneficiario si era impegnato a raggiungere in sede di prenotazione delle risorse.

Essa, pertanto, consegue all’inadempimento ad obblighi sì nascenti dalle regole di selezione, ma da attuarsi in una fase successiva al riconoscimento provvisorio del contributo.

Si verte dunque nell’ambito dello svolgimento degli impegni contrattuali al quale il soggetto beneficiario è tenuto in virtù del finanziamento pubblico, sicché la revoca non trova il suo presupposto in aspetti inerenti l’esercizio del potere concessorio, bensì in profili puramente contrattuali e concessori (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 16 febbraio 2018, n. 1048, 18 gennaio 2017, n. 413 e 20 gennaio 2011, n. 370).

La natura in rito della decisione induce a compensare le spese del giudizio.

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