TAR Firenze, sez. II, sentenza 2019-10-24, n. 201901421

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2019-10-24, n. 201901421
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201901421
Data del deposito : 24 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2019

N. 01421/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00961/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 961 del 2019, proposto da
D B, in proprio e quale legale rappresentante dell’Associazione Palomar, rappresentate e difese dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Edward W.W. Cheyne in Firenze, via S. Spirito n. 29;

contro

Azienda Usl Toscana Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati P F, L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Comune di Pistoia non costituito in giudizio;

per l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere i dati, le informazioni e i documenti richiesti ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 2 e seguenti, d.lgs. n. 33/2013 e succ. mod. con l'istanza presentata all'Azienda Usl Toscana Centro il 17/05/2019 e per la conseguente condanna dell'Azienda Usl Toscana Centro ad esibire informazioni, dati e documenti richiesti con la medesima istanza.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Usl Toscana Centro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2019 il dott. N F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Considerato che:

- La ricorrente, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore dell’Associazione Palomar di Pistoia, lamenta che la resistente Azienda sanitaria non avrebbe assunto alcuna determinazione espressa sull’istanza di accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2 del D.Lgs.33/2013, dalla medesima presentata il 17 maggio 2019, avente ad oggetto, fra l’altro, informazioni circa lo stato di alcuni lavori di ristrutturazione/riqualificazione di immobili di proprietà della medesima Azienda sanitaria;
di qui la presentazione del presente gravame per censurare l’illegittimità ex art. 116 c.p.a. del silenzio rigetto, che a giudizio della ricorrente si sarebbe formato sulla ridetta istanza, e per ottenere la condanna della P.A. alla ostensione di quanto oggetto della medesima istanza;

- Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione, la quale ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso e ne ha chiesto comunque il rigetto per infondatezza;

- Alla camera di consiglio del 22 ottobre 2019, all’esito della discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione;

Ritenuto in via preliminare che:

- Il ricorso, presentato ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 c.p.a., è inammissibile come eccepito dalla difesa della resistente Azienda sanitaria;

- Dispone infatti il comma 7 dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 che: “ Nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all'articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il suddetto responsabile provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del responsabile è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione dell'amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 ”;

- Manca, dunque, nella disciplina dell’accesso civico, la previsione dell’ipotesi di silenzio rigetto di cui all’art. 25 comma 4, l. n. 241/1990, che consente all’interessato di poter impugnare tale provvedimento tacito negativo dinanzi al Tribunale amministrativo in base al rito sull’accesso di cui all’art.116 c.p.a., proponibile “ contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza…entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio… ”, dove il “silenzio” cui si riferisce la norma è solo quello significativo di cui all’art. 25 comma 4 L 241/1990. Diversamente, nel caso specifico di accesso civico generalizzato, dunque chiesto per ottenere informazioni ulteriori rispetto a quelle oggetto di obblighi di pubblicazione, il comma 7 dell’art. 5 sopra riportato prevede la possibilità per l’interessato di proporre ricorso giurisdizionale secondo il rito dell’accesso di cui all’art. 116 c.p.a. solo avverso la decisione negativa espressa dell’amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ma non disciplina l’ipotesi in cui l’amministrazione o il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza in sede di riesame non si siano pronunciati sull’istanza di accesso;

- Ciò impone all’interprete di qualificare tale silenzio - non altrimenti qualificato dalla norma - come silenzio non significativo e cioè come silenzio inadempimento;

- L’illegittimità di tale silenzio deve essere fatta dunque valere con un ricorso avverso il silenzio da proporre ex art. 117 c.p.a. con la possibilità di chiedere, in tale sede, un accertamento sulla fondatezza della pretesa, e dunque un ordine di ostensione, in caso di attività vincolata (ex art. 31, comma 3, c.p.a.), ovvero quando, in ragione della natura dei documenti richiesti e dell’impatto della loro divulgazione sull’esercizio dell’attività amministrativa, non sia attribuita alla pubblica amministrazione alcuna discrezionalità;

- Al riguardo il TAR del Lazio, Roma, sez. III quater , con sentenza n. 10620/2019 ha condivisibilmente affermato che: “Con riguardo all’accesso civico generalizzato di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 non sono ipotizzabili, al pari dell’accesso documentale di cui alla legge n. 241 del 1990, provvedimenti di silenzio rigetto. Dinanzi al silenzio serbato dall’amministrazione l’interessato può coltivare due strade: a) attivare la speciale tutela amministrativa davanti al responsabile prevenzione, corruzione e trasparenza (proprio al fine di ottenere un provvedimento espresso);
b) attivare la speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. onde far accertare l’illegittimità del silenzio e dunque per ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso. Tertium non datur .”;

- Non avendo la parte ricorrente, anche nel caso in esame, attivato alcuna delle due procedure sopra descritte onde ottenere un provvedimento espresso, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto avverso un silenzio che, per le ragioni sopra esposte, non potrebbe essere qualificato alla stregua di tacito rigetto;

- D’altra parte, la diversità di tutele nei due distinti ambiti dell’accesso documentale e dell’accesso civico generalizzato è giustificata dal fatto che, nel primo caso, il giudice è chiamato a garantire la realizzazione di una specifica posizione soggettiva giuridicamente tutelata, e ciò nei limiti e in funzione dell’interesse diretto, concreto e attuale dell’istante alla conoscenza di determinati documenti, ed ancora entro i limiti previsti dall’art. 24 della legge 241/1990. Viceversa, nel caso dell’accesso civico generalizzato, la posizione legittimante l’accesso, non è strumentale alla tutela di un interesse personale del richiedente, ma è costituita da un generico e indistinto interesse di ogni cittadino al controllo del buon andamento dell’attività amministrativa;
mentre le informazioni richiedibili sono tutte quelle ulteriori rispetto a quelle oggetto di obblighi di pubblicazione, e i limiti sono costituiti da interessi pubblici e privati che devono essere tutelati innanzitutto dall’amministrazione nell’esercizio di un’attività valutativa che può presentare anche ampi margini di discrezionalità. Con la conseguenza che il giudice potrebbe trovarsi a “pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” in violazione dell’art. 34 c.p.a., comma 2. Alla luce di tali considerazioni, si spiega dunque la scelta del legislatore di non estendere il campo applicativo del rito in materia di accesso ex art. 116 c.p.a. anche ai casi di silenzio sulle istanze di accesso civico generalizzato;

- In conclusione, il presente ricorso deve essere ritenuto inammissibile, non potendo, nemmeno, l’azione proposta, in base ai suoi elementi sostanziali, essere qualificata come azione avverso il silenzio, ai fini della conversione del rito in base all’art. 32, 2° comma, c.p.a.;

- Le spese di lite possono essere compensate tenuto conto della novità della questione esaminata;

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