TAR Bologna, sez. I, sentenza 2012-06-20, n. 201200431

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2012-06-20, n. 201200431
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201200431
Data del deposito : 20 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00046/2009 REG.RIC.

N. 00431/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00046/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 46 del 2009 proposto da Edilmeg S.r.l., in persona del legale rappresentante T G, difesa e rappresentata dall’avv. F M e dall’avv. G O, con domicilio presso la Segreteria del Tribunale;

contro

il Comune di Ferrara, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. B M, dall’avv. M I, dall’avv. E N e dall’avv. C B, e presso quest’ultima elettivamente domiciliato in Bologna, via Altabella n. 3;

Equitalia Centro S.p.A., non costituita in giudizio;

nei confronti di

A C, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento p.g. n. 92885 del 28 ottobre 2008, con cui il Settore Pianificazione territoriale - Sportello unico edilizia - Ufficio Cessioni del Comune di Ferrara ha ordinato alla società ricorrente di pagare la somma di € 32.203,94 e ha dato atto dell’intervenuta risoluzione parziale dell’atto unilaterale d’obbligo del 17 marzo 2004 (relativamente alle unità immobiliari acquistate dal sig. A V, dal sig. A C e dai sigg.ri M M e R F);

in parte qua , del provvedimento p.g. n. 88187 del 15 ottobre 2008, relativo all’annullamento in autotutela della precedente ingiunzione di pagamento;

…………… per l’accertamento ……………..

dell’insussistenza della pretesa dell’Amministrazione al pagamento della somma di denaro richiesta e, in via subordinata, del diritto della ricorrente ad una rideterminazione della stessa in misura corretta;

…………... per l’annullamento ………………

- a mezzo di atto di “motivi aggiunti” depositato il 29 dicembre 2011 - della cartella esattoriale n. 039 2011 00083512 05 emessa sul ruolo del Comune di Ferrara n. 2011/003514 da Equitalia Emilia Nord S.p.A. (oggi incorporata in Equitalia Centro S.p.A.) per l’importo di € 32.204,00 oltre compensi di riscossione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 29 dicembre 2011;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ferrara;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 24 maggio 2012 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

In data 27 aprile 2004 il Comune di Ferrara rilasciava alla società ricorrente il permesso di costruire n. 668/04 per la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione in via Adriano Loli Piccolomini, facendo in tal modo sèguito all’atto unilaterale d’obbligo del 17 marzo 2004 con cui, al fine di essere esonerata dal versamento della quota di contributo relativa al costo di costruzione (art. 30, comma 3, legge reg. n. 31/2002), la medesima società si era formalmente impegnata ad alienare le relative unità immobiliari ad un prezzo massimo di € 1.454,04/mq. Avendo successivamente la Guardia di Finanza segnalato i risultati di indagini da cui era emersa l’inosservanza del suindicato impegno (in relazione alla vendita, a prezzo superiore a quello convenzionato, di alloggi al sig. A V, al sig. A C e ai sigg.ri M M e R F), l’Amministrazione comunale riteneva automaticamente intervenuta la risoluzione parziale dell’atto unilaterale d’obbligo e di conseguenza insorta la necessità di riscuotere il contributo di costruzione con le maggiorazioni di legge;
provvedeva, quindi, prima con atto p.g. n. 14464 del 14 febbraio 2008 e, poi, una volta annullata in autotutela quell’ordinanza (con atto p.g. n. 88187 del 15 ottobre 2008) e acquisite ulteriori comunicazioni della Guardia di Finanza, ingiungeva alla ricorrente il pagamento di € 32.203,94 e dava definitivamente atto dell’intervenuta risoluzione parziale dell’atto unilaterale d’obbligo del 17 marzo 2004 (v. atto p.g. n. 92885 del 28 ottobre 2008, emesso dal Settore Pianificazione territoriale - Sportello unico edilizia - Ufficio Cessioni).

Avverso le suindicate determinazioni ha proposto impugnativa l’interessata. Lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, l’insufficienza dell’istruttoria a fronte dell’acritica adesione a conclusioni della Guardia di Finanza prive di univoci elementi di riscontro e carenti e/o incomplete sotto molteplici profili, l’erroneo riconoscimento alla Guardia di Finanza di compiti di accertamento tributario e fiscale che sono invece di pertinenza dell’Agenzia delle Entrate, l’indebita individuazione di illeciti in fattispecie che restano tuttora generiche e indimostrate sia quanto all’entità del reale prezzo di vendita degli alloggi che sarebbe stato clandestinamente concordato sia quanto all’effettiva dazione di somme superiori a quelle indicate nei relativi rogiti, la carenza di motivazione in ordine ai vari elementi di fatto la cui sussistenza dovrebbe comprovare l’asserita cessione di unità immobiliari di edilizia convenzionata a prezzi superiori a quelli consentiti, l’evidente sottostima del «costo convenzionato» al mq. (per non essersi tenuto conto della facoltà di incremento nel limite del 10%, dell’aggiornamento dei costi di costruzione alla luce degli indici ISTAT, delle eventuali “migliorie”), l’erronea applicazione della “penale” nella misura del 100% del contributo evaso anziché in quella (40%) prevista dall’art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001, l’omessa specificazione dei criteri utilizzati per la determinazione del contributo e degli interessi. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati e di accertamento dell’insussistenza della pretesa dell’Amministrazione al pagamento della somma di denaro richiesta e, in via subordinata, del diritto della ricorrente ad una rideterminazione della stessa in misura corretta.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ferrara, resistendo al gravame.

Essendo stata successivamente emessa sul ruolo del Comune di Ferrara n. 2011/003514 la cartella esattoriale n. 039 2011 00083512 05 da Equitalia Emilia Nord S.p.A., per l’importo di € 32.204,00 oltre compensi di riscossione, la società ricorrente ha proposto un’ulteriore impugnativa con atto di “motivi aggiunti” depositato il 29 dicembre 2011. Fa valere l’illegittimità derivata dagli atti già impugnati con il ricorso introduttivo della lite;
denuncia, altresì, l’illogica, immotivata e ingiustificata emissione di una cartella esattoriale per la riscossione della somma a suo tempo richiesta, nonostante medio tempore il giudice penale avesse accertato l’insussistenza di illeciti relativamente alle unità immobiliari interessate dalle determinazioni oggetto della controversia.

L’istanza cautelare della ricorrente veniva accolta dalla Sezione, in applicazione dell’art. 55, comma 10, cod.proc.amm., ai soli fini della sollecita definizione del giudizio di merito (ord. n. 66/2012 del 26 gennaio 2012).

All’udienza del 24 maggio 2012, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Osserva preliminarmente il Collegio che, alla luce del fondamentale principio di adeguatezza e completezza dell’istruttoria procedimentale, l’Amministrazione pubblica è obbligata ad accertare d’ufficio la corrispondenza al vero dei fatti posti alla sua attenzione (principio codificato dall’art. 6 della legge n. 241 del 1990), così da adeguarsi al canone costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, e quindi all’esigenza che l’istruttoria che precede l’adozione dell’atto finale sia quanto più possibile esaustiva e rappresentativa della realtà. Nulla si oppone, poi, a che a simili accertamenti, ove necessario, si provveda anche con l’ausilio di presunzioni ex art. 2727 cod.civ., ovvero con il riconoscimento a fatti noti della capacità di far ricavare dagli stessi la sussistenza di fatti sconosciuti, prendendo in considerazione circostanze dalle quali possano trarsi indizi gravi, precisi e concordanti (art. 2729 cod.civ.), tali da indurre a ritenere verosimile, secondo l’ id quod plerumque accidit , che determinati eventi si siano effettivamente verificati;
è stato osservato, in proposito, che la norma si presenta espressione di un principio generale che consente alla pubblica Amministrazione il ricorso alla prova logica, per l’accertamento della sussistenza di specifici fatti, quando si devono svolgere complesse attività di indagine su accadimenti che non sono a diretta conoscenza dell’organo pubblico ma che, in quanto illeciti, sono noti ai privati coinvolti nel procedimento, con l’ulteriore precisazione che il difetto della prova testimoniale nel processo amministrativo (nella fase temporale anteriore alla disciplina ex cod.proc.amm.) non esclude la possibilità per l’Amministrazione di ricorrere a presunzioni semplici, poiché il canone costituzionale dell’imparzialità dell’azione amministrativa e la previsione del sindacato giudiziale sui relativi atti e delle preventive garanzie procedimentali sono sufficienti per ritenere che vi sia un sistema equilibrato di pesi e contrappesi nel riconoscimento del potere amministrativo di ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini dell’adozione di atti sfavorevoli ai privati, anche a mezzo di presunzioni semplici ove ciò sia imposto dalla natura degli accertamenti da espletare (così Cons. Stato, Sez. V, 16 giugno 2009 n. 3885). Quanto, infine, alle caratteristiche distintive delle presunzioni semplici, la giurisprudenza (v., ex multis , Cass. civ., Sez. Lavoro, 6 agosto 2003 n. 11906) individua: a) il requisito della “gravità” nel grado di convincimento prodotto, e cioè nell’esigenza che l’esistenza del fatto ignoto si riveli dotata di ragionevole certezza, anche probabilistica, purché con riferimento ad una connessione verosimile di accadimenti secondo regole di comune esperienza;
b) il requisito della “precisione” nella necessità che i fatti noti dai quali muove il ragionamento probabilistico non siano vaghi, ma ben determinati nella loro realtà storica;
c) il requisito della “concordanza” nella circostanza che i (plurimi) fatti noti presi in considerazione convergano in modo univoco nella dimostrazione del fatto ignorato, salvo l’eccezionale caso di un singolo elemento di gravità e precisione tali da essere di per sé solo esaustivamente ed incontrovertibilmente indicativo della sussistenza del fatto sconosciuto.

Ciò posto, e venendo al caso di specie, ritiene il Collegio che si debba innanzi tutto distinguere tra le compravendite “V” e “C”, da un lato, e la compravendita “M-F”, dall’altro lato. Per le prime due, infatti, la Guardia di Finanza aveva segnalato come già il prezzo indicato nei rogiti notarili superasse il prezzo convenzionato (v. nota prot. n. 7068 del 26 luglio 2008, tabella di pag. 2);
per la terza compravendita, invece, il prezzo indicato nel rogito notarile risultava compatibile con l’impegno assunto in sede di atto unilaterale d’obbligo, sicché solo un eventuale accordo clandestino avrebbe potuto rivelare il ricorso a condizioni economiche di vendita diverse da quelle consentite.

Quanto, allora, alle compravendite “V” e “C”, l’accordo formale tra le parti dimostra, per tabulas , l’inosservanza dei vincoli di negoziazione connessi alla c.d. «edilizia abitativa convenzionata», con il conseguente obbligo dell’Amministrazione comunale di provvedere al recupero, in parte qua , dei contributi non versati e all’applicazione delle maggiorazioni di legge. Né, del resto, l’addotta erroneità dei parametri applicati dalla Guardia di Finanza inficia le conclusioni in tal modo raggiunte, posto che, a fronte dell’incontestato prezzo risultante dai rogiti notarili (riportato dalla nota del 26 luglio 2008 in € 1.687,92 al mq. per ambedue le compravendite), la ricorrente ipotizza un prezzo convenzionato da quantificare, all’agosto 2005, in € 1.643,95 al mq. (v. pag. 30 del ricorso), in ogni caso inferiore a quello concordato tra le parti;
pertanto, anche a condividere le doglianze circa l’addotta sottostima del prezzo convenzionato preso in considerazione dalla Guardia di Finanza (v. tabella di pag. 2 della nota prot. n. 7068 del 26 luglio 2008), non ha comprovato l’interessata che il prezzo indicato nel rogito rispettasse le condizioni di vendita cui la stessa si era in precedenza impegnata ad attenersi. Né, ancora, si può imputare all’Amministrazione un difetto di motivazione, essendo evidente che il mero richiamo ai dati esposti dalla Guardia di Finanza, per il carattere meccanico della relativa rilevazione, forniva elementi idonei ad individuare l’ iter logico della decisione conclusiva. Per quel che concerne, poi, la denunciata carenza della comunicazione di avvio del procedimento, appare sufficiente osservare come, in presenza di irregolarità da sanzionare con determinazioni che non richiedevano valutazioni discrezionali, soccorra la norma di cui all’art. 21- octies , comma 2, della legge n. 241 del 1990 (“ Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato …”).

Quanto, invece, alla compravendita “M-F”, il Collegio è dell’avviso che, nel richiamarsi acriticamente alle conclusioni formulate dalla Guardia di Finanza all’esito dell’attività di indagine a tale fine esperita, l’Amministrazione comunale abbia indebitamente considerato provata la circostanza della stipulazione del contratto a prezzo superiore a quello consentito dalla c.d. «edilizia abitativa convenzionata» per l’esenzione dagli oneri concessori ex art. 30, comma 3, della legge reg. n. 31 del 2002. Gli elementi istruttori acquisiti, in effetti, appaiono troppo labili per poterne inferire la clandestina conclusione di un accordo a condizioni economiche diverse da quelle riportate nel rogito notarile, mancando dei necessari presupposti per integrare gli indizi gravi, precisi e concordanti sui quali fondare l’accertamento delle condotte occulte in questione;
difettano, in particolare, i requisiti della “gravità” e della “concordanza”, giacché in simili casi la differenza di prezzo tra contratti preliminari e contratti definitivi o tra mutui bancari e/o perizie estimative e rogiti notarili, alla luce di nozioni di comune esperienza, può trovare giustificazione in una pluralità di esigenze (ad es., per conseguire finanziamenti bancari più consistenti o per adeguare il prezzo al più basso importo previsto dall’«edilizia abitativa convenzionata»), e anche le movimentazioni di denaro presso i conti correnti degli acquirenti possono ben spiegarsi in vari modi (ad es., con le consistenti spese che di solito accompagnano la compera di un’unità immobiliare per arredarla e provvedere a quant’altro necessario ad insediarvisi), così come la carenza di elementi rivelatori di corrispondenti movimentazioni di denaro presso conti e/o soggetti indirettamente riconducibili alla ditta ricorrente rende a maggior ragione incerto l’assunto della sussistenza di accordi segreti, nel senso che, in difetto di circostanze indicative dell’afflusso di somme di denaro senza diversa causale alla ditta, resta incompleto il quadro da cui dovrebbe univocamente desumersi che si fosse raggiunta un’intesa volta a far pervenire al venditore pagamenti “in nero” perché legati a patti occulti.

Di qui, assorbite le restanti censure, la fondatezza in parte qua del ricorso e, quindi, l’annullamento degli atti impugnati, limitatamente all’unità immobiliare venduta ai sigg.ri M e F. Resta naturalmente salvo il potere dell’Amministrazione di riesaminare la posizione della ricorrente e di adottare eventuali nuove misure sfavorevoli alla stessa, ove dovessero emergere elementi istruttori di consistenza tale da indurre a ritenere provata l’inosservanza dell’impegno assunto con l’atto unilaterale d’obbligo del 17 marzo 2004.

Restano da vagliare le questioni relative all’entità della «penale» applicata alla ricorrente per le compravendite “V” e “C”, i cui rogiti notarili si è visto recare prezzi superiori alla soglia di corrispettivo a suo tempo concordata con l’Amministrazione comunale. In particolare, essendo a questo punto necessario versare il contributo in un primo tempo non dovuto, risulta fondata la doglianza con cui si assume erroneamente utilizzata, quale sanzione, l’aliquota di aumento del 100%, anziché quella fissata nel 40% dall’art. 42, comma 2, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001 (“ Il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione … comporta … l’aumento del contributo in misura pari al 40 per cento …”), a fronte dell’assenza di una disciplina regionale di attuazione (“ Le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio ”;
comma 1) e del conseguente obbligo di attenersi alla disciplina statale (“ In mancanza di leggi regionali che determinino la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel comma 2 ”;
comma 6). Né rileva che l’atto unilaterale d’obbligo del 17 marzo 2004 prevedesse espressamente, per il caso di inadempienza, la maggiorazione del 100% dell’importo dovuto a titolo di contributo, trattandosi di profilo che, in ragione del carattere sanzionatorio della misura – regolata da norma imperativa –, esula dall’area dei diritti disponibili e implica pertanto la nullità ex lege della diversa pattuizione delle parti, ai sensi degli artt. 1418 e 1419 cod.civ. (applicabili alla fattispecie in virtù del disposto dell’art. 1, comma 1- bis , della legge n. 241 del 1990).

Di qui, relativamente alle unità immobiliari vendute ai sigg.ri V e C, l’annullamento degli atti impugnati nella sola parte inerente l’entità della «penale» applicata, con conseguente diritto della ricorrente alla rideterminazione della somma dovuta secondo le modalità fissate dall’art. 42, comma 2, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001.

Attesa la peculiarità della vicenda, si ravvisa la sussistenza delle condizioni di legge per la compensazione delle spese di lite.

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