TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2022-04-05, n. 202200600

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2022-04-05, n. 202200600
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202200600
Data del deposito : 5 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/04/2022

N. 00600/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00192/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 192 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A M e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

I.N.P.S. Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dall'avvocato A M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato D D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale, in Catanzaro, alla Cittadella regionale;

per l'ccertamento

del diritto di -OMISSIS- a godere della prestazione di mobilità in deroga per i periodi indicati dalla domanda amministrativa e disporre l’annullamento del provvedimento di rigetto dell’indennità di mobilità in deroga;

in via subordinata, per la condanna di parte resistente al risarcimento del danno patrimoniale subito dalla ricorrente per l’importo pari all’indennità di mobilità in deroga non percepita;

e per l’annullamento:

1) la delibera del Comitato provinciale dell’INPS del -OMISSIS-;

2) la comunicazione INPS -OMISSIS-;

3) la comunicazione della Regione Calabria del -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria e dell’INPS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2022 il dott. F T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – -OMISSIS- ha riproposto d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’azione per cui il Tribunale di Lamezia Terme ha declinato la giurisdizione con ordinanza del -OMISSIS-.

Invero, ella, in stato di disoccupazione nel periodo -OMISSIS-, aveva chiesto a quel Tribunale, con ricorso depositato il -OMISSIS-, l’accertamento del diritto a beneficiare della mobilità in deroga, precisando di avere presentato, il -OMISSIS-, domanda alla Regione Calabria, per il tramite del patronato INCA, seguita, il -OMISSIS-, dall’istanza rivolta all’INPS e volta a sollecitare l’erogazione della prestazione. Tale ultima istanza era stata rigettata con provvedimento -OMISSIS-, siccome ritenuta tardiva, e successivamente si erano pure rivelati vani l’istanza di riesame e il ricorso amministrativo al Comitato Provinciale dell’INPS, rigettato in data -OMISSIS-

2. – In questa sede, ella ha contestato le decisioni di segno negativo da parte dell’amministrazione e, soprattutto, ha affermato di avere diritto alla prestazione assistenziale.

Nega, inoltre, di essere incorsa in alcuna decadenza dall’azione giudiziaria, come pure eccepito dall’INPS in sede di giudizio d’innanzi al giudice ordinario.

3. – Costituitasi nel presente giudizio, l’INPS ha eccepito l’irricevibilità del ricorso, in quanto già il ricorso amministrativo era stato presentato tardivamete, ai sensi dell’art. 46 l. 9 marzo 1989, n. 88, e anche il ricorso giurisdizionale d’innanzi al giudice del lavoro avrebbe dovuto essere dichiarato irricevibile ai sensi dell’art. 47 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639.

Ha comunque dedotto nel merito l’infondatezza della pretesa.

4. – Anche la Regione Calabria, che ha preso parte al giudizio, ha dedotto l’irricevibilità del ricorso, eccependo, inoltre, il proprio difetto di legittimazione passiva. Ha infine difeso la correttezza del proprio operato.

5. – Il ricorso è stato trattato e spedito in decisione all’udienza pubblica del 23 marzo 2022.

6. – Il consolidato insegnamento della giurisprudenza è nel senso che, nell'ipotesi in cui sia stato adito il giudice ordinario anziché quello amministrativo, l'eventuale riassunzione del processo dinanzi a quest'ultimo non fa venire meno l'onere dell'interessato di rispettare i termini di decadenza previsti dalla legge per l'esercizio delle relative azioni e ciò anche al fine di evitare che la domanda davanti al giudice ordinario possa essere proposta proprio allo scopo di eluderli, con l'effetto che la tempestività di un ricorso deve essere valutata non soltanto con riguardo al termine di riassunzione ma anche con riferimento al rispetto, da parte dell'originaria notifica dell'atto di citazione dinanzi al giudice ordinario, dei termini perentori prescritti dal codice del processo amministrativo (cfr. TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, 17 giugno 2020, n. 1188).

In altre parole, la disciplina della c.d. translatio iudicii comporta la salvezza degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda avanzata innanzi al giudice sfornito di giurisdizione, ma tale salvezza non può spingersi fino al punto di rimettere nei termini un ricorrente che fosse già incorso in una decadenza;
ed infatti, la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza;
ciò in considerazione del disposto dell'art. 59, comma 2, l. 18 giugno 2009, n. 69 e dell'art. 11, comma 2, c.p.a., i quali hanno espressamente previsto che, riproposta la domanda al giudice munito di giurisdizione, restano ferme le preclusioni e le decadenze intervenute (TAR Molise, Sez. I, 3 febbraio 2020, n. 30).

7. – Nel caso di specie, risale al -OMISSIS-l’ultima decisione sfavorevole alla ricorrente, e cioè il rigetto del ricorso amministrativo da parte del Comitato Provinciale dell’INPS, oggetto di impugnativa;
l’originario ricorso è stato proposto d’innanzi al giudice civile solo in data -OMISSIS-;
era dunque ormai decorso il termine di 60 giorni, rilevante ai fini della tempestiva impugnazione di un provvedimento d’innanzi al giudice amministrativo.

Alla stregua della giurisprudenza richiamata, il ricorso deve essere pertanto dichiarato irricevibile.

8. – Vi è, però, di più.

Come correttamente segnalato dalla difesa dell’INPS, il ricorso sarebbe risultato tardivo anche se la cognizione della vicenda fosse stata attribuita al giudice ordinario.

Infatti, a mente dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, per le controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.

Si tratta di una decadenza sostanziale "di ordine pubblico" in quanto la sua funzione è quella di tutelare la certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici;
il dies a quo è, dunque, ancorato alla data di presentazione dell'originaria domanda in sede amministrativa, risultando irrilevante, a tal fine, una eventuale riproposizione della domanda o una richiesta dell'assicurato di chiarimenti. (Cass. Civ., Sez. Lav., ord. 26 agosto 2020, n. 17792).

Il citato art. 47, dopo avere enunciato due diverse decorrenze della decadenza (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o da quella di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua - nella "scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo" - la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione, di cui all'art. 7 della l. n. 533 del 1973, e di centottanta giorni, previsto dall'art. 46, commi 5 e 6, della l. n. 88 del 1989), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l'inizio del computo del termine di decadenza (di tre anni o di un anno);
tale disposizione, quale norma di chiusura volta ad evitare una incontrollabile dilatabilità del termine di una decadenza avente natura pubblica, deve trovare applicazione anche se il ricorso amministrativo, o la relativa decisione, siano intervenuti in ritardo rispetto al termine previsto (Cass. Civ., Sez. Lav., 27 giugno 2017, n. 15969;
Cass. Civ., Sez. Lav. 29 marzo 2010, n. 7527).

Ebbene, a fronte della presentazione della domanda in data -OMISSIS-, la proposizione del ricorso davanti al giudice ordinario in data -OMISSIS- è senza dubbio tardiva, anche secondo la legislazione che regola il giudizio presso quel plesso giurisdizionale.

9. – La natura della prestazione previdenziale controversa giustifica la compensazione integrale di spese e competenze di lite.

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