TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2016-05-13, n. 201605728

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2016-05-13, n. 201605728
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201605728
Data del deposito : 13 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05698/2016 REG.RIC.

N. 05728/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05698/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5698 del 2016, proposto da:
“Sinistra per Roma - Fassina Sindaco”, in persona del sig. M G F M S, candidato, e sig. F M delegato alla presentazione della lista, rappresentati e difesi dagli avv.ti P S, P A, A S, C C L G e P P, con domicilio eletto presso lo studio legale AdLaw – Avvocati Amministrativisti, situato in Roma, lungotevere dei Mellini n. 24;

contro

Commissione Elettorale Circondariale di Roma, costituita con decreto del Presidente della Corte di Appello di Roma n. 891 del 15 aprile 2016, in persona del legale rappresentante p.t.;
Prefettura U.T.G. di Roma, in persona del legale rappresentante p.t.;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Roma Capitale, in persona del Commissario Straordsinario p.t., n.c.;

per l'annullamento

del verbale n. 26 della Sottocommissione Elettorale Circondariale n. 22 dell'8/5/2016 con il quale è stata esclusa la lista ricorrente per il municipio IX di Roma;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, U.T.G. Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2016 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 10 maggio 2016 e depositato in data 11 maggio 2016, i ricorrenti impugnano il verbale n. 26 della Sottocommissione elettorale Circondariale n. 22 del giorno 8 maggio 2016 con il quale è stata esclusa la lista “Sinistra per Roma – Fassina Sindaco” per il Municipio IX di Roma, chiedendone l’annullamento.

In particolare, i ricorrenti – dopo aver rappresentato che la decisione impugnata risulta basata sul rilievo che, essendo stata verificata la nullità di parte delle autenticazioni delle firme a causa della mancata indicazione della data, “non è rispettato il numero minimo delle sottoscrizioni previste per i comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti” e, ancora, sulla violazione dell’art. 12 del d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235, ricondotta alla constatazione che le “dichiarazioni di accettazione della candidatura” non contengono “la dichiarazione sostitutiva di non trovarsi in alcuna delle cause di incandidabilità previste dall’art. 10” del d.lgs. n. 235 del 2012, bensì riportano il solo richiamo alla normativa non più vigente dell’art. 58 d.lgs. n. 267/2000 - deducono i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, affermando, in sintesi, che:

- secondo il combinato disposto degli artt. 21 e 38 del D.P.R. n. 445 del 2000, le formalità prescritte per l’autenticazione delle sottoscrizioni sono necessarie nel solo caso in cui l’atto “che reca la firma autentica sia indirizzato ad un soggetto diverso da una pubblica amministrazione” e, pertanto, non possono costituire causa di nullità per le autenticazioni di cui si discute;

- per le autenticazioni de quibus “l’unica disposizione applicabile che prevede una causa di nullità” – ossia l’art. 14 della n. 53 del 1990, afferente l’obbligo che le “sottoscrizioni” non “siano anteriori al centottantesimo giorno precedente la data di presentazione delle candidature” – risulta rispettata per la possibilità di ricavare aliunde tale elemento e, precipuamente, dalla circostanza che, nel caso di specie, l’autentica è stata effettuata da un soggetto delegato dell’Amministrazione, il quale ha assunto la carica nella cui veste ha operato (rectius: la qualità di vicepresidente del IV Municipio) soltanto in data 29 dicembre 2015 (con la logica conseguenza che i verbali autenticati in via amministrativa “non possono che essere stati formati entro i 180 giorni previsti dalla norma);

- ancorché i candidati abbiano reso le dichiarazioni sostitutive dell’attestazione della insussistenza delle cause di incandidabilità richiamando l’art. 58 del decreto legislativo n. 267 del 2000, ossia la disciplina previgente, risulta evidente che tale riferimento deve essere sostituito con quello corretto all’art. 10 del d.lgs. n. 235 del 201, c.d. legge Severino, in linea – del resto – con il disposto dell’art. 17, comma 2, di quest’ultima;

- in ogni caso, “successivamente al deposito delle dichiarazioni di accettazione si è provveduto all’invio a mezzo pec della dichiarazione sostitutiva dell’attestazione della insussistenza delle cause di incandidabilità di cui” al citato art. 10 del d.lgs. n. 235 del 2012, “integrando la documentazione già consegnata”, la quale è da ritenere sicuramente valida per l’impossibilità di riferire il termine perentorio di cui all’art. 32 del T.U. approvato con D.P.R. n. 570 del 1960 anche agli allegati, rilevabile, tra l’altro, dalla possibilità ammessa per l’Amministrazione dal successivo art. 33 e dall’art. 43 del D.P.R. n. 445 del 2000 di acquisire nuovi documenti, precisando, ancora, che “si tratta comunque di un errore innocuo”, atteso che “nessuno dei candidati si trova nelle condizioni preclusive” contemplate in tale legge (come, peraltro, si fa espressa riserva di “comprovare” nel corso del giudizio), ed incolpevole, tenuto conto del mancato aggiornamento dei moduli scaricabili dal sito del Ministero dell’Interno.

Con atto depositato in data 12 maggio 2016 si è costituito il Ministero dell’Interno, U.T.G. di Roma, il quale – nel prosieguo e precipuamente in data 13 maggio 2016 – ha prodotto una memoria con cui ha sostenuto la legittimità del provvedimento impugnato.

All’udienza pubblica del 13 maggio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

2.1. Per quanto attiene all’autenticazione delle sottoscrizioni, il Collegio non ravvisa valide ragioni per discostarsi della giurisprudenza in materia e, pertanto, ribadisce che:

- la disciplina delle modalità di autenticazione delle sottoscrizioni in materia elettorale deve essere rinvenuta essenzialmente nel comma 2, e non già nel comma 1, dell’art. 21 del d.P.R. n. 445 del 2000;

- ancorché sia astrattamente condivisibile che il testo letterale dei due commi non fornisce elementi univoci ai fini dell’individuazione della normativa applicabile alla materia di cui si tratta, l’applicazione del comma 2 in esame, infatti, si impone in ragione della delicatezza della funzione che la formalità dell’autenticazione riveste nel procedimento elettorale (data la speciale esigenza di certezza che lo caratterizza, quale principale strumento di attuazione e garanzia del principio democratico), funzione la quale impone che l’autentica in questo settore sia sottoposta, a salvaguardia della sua funzione, alle modalità di maggiore rigore fra quelle previste dall’articolo 21 d.P.R. cit. (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 3/03/2005, n. 835;
28/01/2005, n. 187;
24/08/2010 n. 5924;
23/7/2010, n. 4846;
1°/03/2011, n. 1272;
16/04/2012 n. 2126;
11/2/2013, n. 779;
31/3/2014, n. 1542).

In linea con recenti puntualizzazioni riportate, tra l’altro, anche nella decisione del Consiglio di Stato n. 2490/2015, va, peraltro, soggiunto che:

- le invalidità che inficiano il procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la candidatura o che presentano come delegati le liste non assumono un rilievo meramente formale poiché le minute regole da esse presidiate mirano a garantire la “genuinità” delle sottoscrizioni, impedendo abusi e contraffazioni, con la conseguenza che l'autenticazione, seppur distinta sul piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale - non integrabile aliunde - della presentazione della lista o delle candidature e non un semplice elemento di prova volto ad evitare che le sottoscrizioni siano raccolte antecedentemente al 180° giorno fissato per la presentazione delle candidature;

- in altre parole, le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste, devono essere autenticate nel rispetto, previsto a pena di nullità, di tutte le formalità stabilite dall'art. 21, t.u. n. 445 del 2000, sicché la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione, precisando – al riguardo – che, tra gli elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione, va correttamente configurata anche la data della sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente;

- l’art. 14, co. 3, l. n. 53 del 1990, non prevede, come unica causa di nullità, l'anteriorità dell'accettazione della candidatura e della relativa autenticazione al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature, in quanto quella in esame è, con tutta evidenza, una nullità aggiuntiva a quelle ordinarie per inosservanza della forma dell'atto e non già sostitutiva;
dunque, ogni argomento circa la prova della non anteriorità di sottoscrizioni e autenticazioni al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature diviene inconferente.

In definitiva, il rilievo riportato nel verbale impugnato – secondo cui la mancanza della data “comporta la nullità insanabile dell’atto di presentazione delle liste” – deve essere ritenuto corretto in quanto aderente alle prescrizioni di legge che regolamentano la materia.

2.2. Come esposto nella narrativa che precede, i ricorrenti contestano anche che vi sia stata un’effettiva violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 235 del 2012 – c.d. legge S – e, comunque, adducono che il richiamo alla previgente disciplina dell’art. 58 del d.lgs. n. 267 del 2000, riportato nella dichiarazione resa, era meritevole di essere sostituito “con quello corretto, alla nuova norma”, tanto più ove si tenga conto dell’invio di una nuova “dichiarazione di accettazione” attestante l’insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all’art. 10 d.lgs. n. 235 del 2012, da ritenere, peraltro, ammissibile in ragione, tra l’altro, della possibilità per l’Amministrazione di ammettere nuovi “documenti”.

Anche tale motivo non è meritevole di positivo riscontro.

In base ad un principio di buon governo delle norme di rilevanza in questa sede (artt. 10 e 17, d.lgs. n. 235 del 2012, 6 e 18 della l. n. 241 del 1990) e dei principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 9 del 2014;
Sez. V, n. 5222 del 2013), si è, infatti, indotti a riconoscere:

a) la necessità inderogabile che la dichiarazione di assenza di cause di incandidabilità sia effettuata in base alle norme ratione temporis vigenti;

b) l’impossibilità di operare il soccorso istruttorio, da parte degli uffici elettorali, nella speciale materia elettorale, in particolare quando viene sollecitato l’esercizio del potere di autotutela, che presuppone una illegittimità commessa dall’Ufficio elettorale, mentre nel caso di specie sono stati i privati a dare corso ad una causa di invalidità;

c) l’inapplicabilità della disposizione di rinvio sancita dal più volte menzionato art. 17, co. 2, d.lgs. n. 235 (a mente del quale: <<A partire dalla data di cui al comma 1 [id est dalla data di entrata in vigore della medesima legge] i richiami agli articoli 58 e 59 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ovunque presenti, si intendono riferiti, rispettivamente, agli articoli 10 e 11 del presente Testo Unico>>), pacificamente destinata al coordinamento delle fonti del diritto, alle dichiarazioni rilasciate dai privati.

In ragioni di tali considerazioni, è doveroso rilevare che:

- l’esclusione è stata motivata per avere i candidati reso una dichiarazione priva di un elemento essenziale in relazione alla insussistenza delle cause di incandidabilità, avendo richiamato l’abrogato disposto di cui all’art. 58 t.u.e.l. anziché quello di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 235 del 2012 che innova la materia introducendo ipotesi ostative ulteriori;

- errori del tipo oggetto della presente controversia determinano una non emendabile violazione delle forme sostanziali del procedimento elettorale;

- in particolare, l’erroneo riferimento al parametro normativo inficia irrimediabilmente un requisito sostanziale della dichiarazione di accettazione della candidatura nella misura in cui il riferimento al precitato art. 58, da un lato, non consente di ricomprendere le ulteriori ipotesi ostative alla candidatura previste dall’art. 10 del d. lgs. n. 235 del 2012, dall’altro, vanifica la responsabilità penale che assume il dichiarante ai sensi dell’art. 76 t.u. n. 445 del 2000;
viene in rilievo dunque una dichiarazione incompleta e non meramente irregolare, in relazione ad un requisito essenziale (relativo all’elenco delle ipotesi delittuose che l’interessato ha dichiarato insussistenti), che non può essere integrato successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle candidature, pena la violazione della par condicio e la violazione dell’interesse pubblico alla necessaria concentrazione e celerità delle fasi del procedimento elettorale (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 9 maggio 2014, n. 2388);

e, dunque, pervenire alle seguenti conclusioni:

- pure a volersi ritenere comprovato – come, peraltro, necessario in osservanza dei principi che governano l’onere della prova in ambito processuale, potendosi riscontrare, in caso contrario, anche profili di inammissibilità dei rilievi formulati – che si è proceduto all’invio a mezzo pec di nuove dichiarazioni di accettazione, “con il corretto riferimento di legge”, l’indicata circostanza non vale certo a sanare la carenza di cui si discute, tenuto precipuamente conto che la documentazione all’uopo prodotta nel corso dell’udienza pubblica dimostra che gli invii in esame risalgono soltanto al 9 maggio 2016 (ossia sono addirittura successivi alla data di adozione del provvedimento impugnato);

- correttamente la commissione ha, peraltro, ritenuto di non esercitare il potere di soccorso che, per principio generale, può essere ammesso per sanare delle mere irregolarità, non anche per integrare dichiarazioni carenti dei requisiti essenziali previsti dalla legge;

con connesso pieno riconoscimento della correttezza dell’operato dell’Amministrazione.

3. Per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

Tenuto conto delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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