TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2012-11-15, n. 201209426

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2012-11-15, n. 201209426
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201209426
Data del deposito : 15 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10161/2006 REG.RIC.

N. 09426/2012 REG.PROV.COLL.

N. 10161/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10161 del 2006, proposto da:
S G, rappresentato e difeso dall'avv. G D, con domicilio eletto presso Nicola Nanni in Roma, via della Giuliana, 73;

contro

Ministero della Difesa, Comando Regione Carabinieri Sicilia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento n. 03-11/6/5/2006/62328, datato 11 luglio 2006, con il quale il Ministero della Difesa ha rigettato la richiesta del ricorrente relativa al conferimento della qualifica di luogotenente in considerazione della definitività di precedente provvedimento DGPM/II/5^/37915/9624.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2012 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il provvedimento n. 03-11/6/5/2006/62328, datato 11 luglio 2006, con il quale il Ministero della Difesa ha rigettato la richiesta di conferimento della qualifica di luogotenente.

Il rigetto è stato motivato con rinvio al provvedimento DGPM/II/5^/37915/9624.

Quest’ultimo aveva denegato il conferimento della qualifica di Luogotenente in applicazione dell’art. 30, c. 1 del D.Lvo 28 febbraio 2001, n. 83 non trovandosi, il ricorrente, nelle condizioni di cui all’art. 38 ter, c. 2 del D.Lvo 12 maggio 1995, n. 198.

L’interessato espone in fatto che:

-ha rivestito il grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di p.s.;

-in data 23 ottobre 2000, il G.I.P. del tribunale militare di Palermo fissava per la data del 9 gennaio 2001 udienza preliminare nel procedimento in relazione a fatti pretesamente commessi in data 12 aprile 2000, nel corso dell’esercizio del proprio ufficio;

-in esito al giudizio, veniva emessa sentenza con l’adozione della formula “non luogo a procedere”, confermata in grado di appello e divenuta definitiva in data 9 novembre 2001;

-nelle more della definizione della controversia giudiziaria veniva emanato il D.Lvo n. 83/2001 il cui art. 28 introduceva l’art. 38-ter tra le previsioni di cui al D.Lvo n. 198/1995;

-tale novellazione disponeva che ai “marescialli aiutanti che abbiano maturato sette anni di permanenza nel grado è attribuito uno scatto aggiuntivo, ferma restando l’anzianità di grado posseduta ed il livello funzionale assegnato;

-la norma stabiliva, altresì, che “lo scatto aggiuntivo non è attribuito al personale che nel triennio precedente abbia ottenuto, in sede di valutazione caratteristica, una classifica inferiore a “nella media” o giudizio equivalente o nell’ultimo biennio abbia riportato sanzione disciplinare più grave della “consegna di rigore”;

-inoltre, per “il personale sospeso precauzionalmente dall’impiego, rinviato a giudizio o ammesso a riti alternativi per delitto non colposo, ovvero sottoposto a procedimento disciplinare di stato, l’attribuzione medesima avviene, con effetto retroattivo e fermi restando i requisiti di cui al comma 1, al venir meno delle predette cause impeditive, salvo che le stesse non comportino la cessazione dal servizio permanente”.

Il ricorrente lamenta che, collocato in pensione a partire dal 1 giugno 2001, l’Amministrazione - nel mentre gli ha attribuito, con atto dispositivo n. 476 del 21 febbraio 2006, lo scatto aggiuntivo con effetto retroattivo spettante ai M.M.A. s USP con almeno sette anni di permanenza nel grado - gli ha negato il conferimento della qualifica di Luogotenente per versare, lo stesso, al momento dell’adozione dell’atto, nelle condizioni di cui all’art. 38-ter del D.Lvo n. 198/1995.

L’interessato deduce violazione degli artt. 30, c. 1, D.Lvo n. 83/2001 e 38-ter, c. 2, D.Lvo n. 198/1995 nonché difetto di motivazione.

Come seguono le censure articolate in ricorso:

1)non può negarsi che al momento dell’entrata in vigore dell’art. 38-ter citato il ricorrente si trovasse nelle condizioni ostative opposte dall’Amministrazione con il provvedimento impugnato;
tuttavia, egli, in momento successivo, ha visto venir meno tali circostanze ostative per effetto della sentenza definitiva della Corte militare d’Appello;

2)l’Amministrazione ha omesso di valutare che l’art. 38-ter, c. 2° del D.Lvo n. 198/1995 prevede anche le condizioni per l’attribuzione, con effetto retroattivo, dell’attribuzione della qualifica a coloro che si fossero trovati interessati dalla sussistenza in capo a loro delle condizioni ostative di cui si tratta;

3)secondo il tenore della disposizione in parola, l’attribuzione della qualifica prima impedita dovrebbe essere effettuata una volta venute meno le cause impeditive;

4)il provvedimento impugnato non consente di individuare a quale specifico fatto ostativo, tra i vari tipizzati, si sia intesi riferirsi.

Si è costituito il Ministero della Difesa.

L’Avvocatura di Stato ha depositato, in data 12 maggio 2012, documenti.

All’udienza del 3 ottobre 2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è infondato.

Parte ricorrente lamenta il mancato conferimento della qualifica di Luogotenente.

L’Amministrazione gli ha negato l’attribuzione della qualifica perché il militare si trovava, al momento della valutazione, nelle condizioni ostative di cui all’art. 38-ter, c. 2°, D.Lvo n. 198/1995.

Il ricorrente sostiene che, venute meno le cause ostative (procedimento penale pendente conclusosi con “non luogo a procedere”), l’intimata Amministrazione avrebbe dovuto conferirgli la qualifica con effetto retroattivo, in applicazione della medesima norma in forza della quale la qualifica gli è stata, invece, negata.

L’Amministrazione, dunque, avrebbe fatto mal governo della disposizione normativa in commento (art. 38-ter citato).

Giova riportare il contenuto dell’art. 38-ter, c. 2°, D.Lvo n. 198/1995 (ratione temporis vigente), oggetto di divergenza interpretativa tra le parti:

“omissis ...

2. Per il personale sospeso precauzionalmente dall'impiego, rinviato a giudizio o ammesso a riti alternativi per delitto non colposo, ovvero sottoposto a procedimento disciplinare di stato, l'attribuzione avviene, anche con effetto retroattivo e fermi restando i requisiti di cui al comma 1, al venir meno delle predette cause impeditive, salvo che le stesse non comportino la cessazione dal servizio permanente.

3. I marescialli aiutanti che abbiano maturato ovvero maturino, nel corso dell'anno, quindici anni di anzianità di grado e che nel triennio precedente abbiano ottenuto, in sede di valutazione caratteristica, la qualifica di "eccellente" o giudizio equivalente e nell'ultimo biennio non abbiano riportato alcuna sanzione disciplinare più grave del "rimprovero" e non si trovino nelle condizioni di cui al comma 2, sono ammessi alla procedura selettiva per titoli per il conferimento della qualifica di luogotenente”.

Omissis ....

In limine, il Collegio ritiene che il ricorso sia stato proposto nei termini.

E’ vero, infatti, che l’amministrazione, nel denegare il beneficio in parola, si sia riportata al provvedimento datato 18 ottobre 2001, rimasto inoppugnato.

Tuttavia, la lesività del nuovo provvedimento, hodie impugnato, si coglie in relazione al diverso profilo di doglianza rappresentato ed introdotto dal ricorrente con il ricorso in esame in relazione al mancato conferimento, rivendicato ora per allora, ovvero con effetti retroattivi, della qualifica di Luogotenente al venir meno delle condizioni ostative previste nell’art. 38-ter, c. 2° del D.Lvo n. 198/1995 ed in applicazione, pertanto, della medesima disposizione normativa di cui l’Amministrazione avrebbe, pertanto, fatto mal governo al momento dell’adozione dell’impugnato provvedimento.

Nel merito, come seguono le considerazioni del Collegio.

Il ricorrente sostiene, in punto di diritto, che l’art. 38-ter più volte citato preveda anche le condizioni per l’attribuzione, con effetto retroattivo, dell’attribuzione della qualifica a coloro che si fossero trovati interessati dalla sussistenza delle condizioni ostative contemplate dalla norma medesima.

Nella prospettazione attorea, l’attribuzione della qualifica de qua dovrebbe, dunque, essere effettuata, fermi i requisiti di cui al comma 1, una volta venute meno le predette cause ostative.

Il Collegio non condivide la tesi del ricorrente.

Posto che correttamente l’amministrazione, pendente il procedimento penale, non ha sottoposto a valutazione il ricorrente per il conferimento della divisata qualifica (la circostanza, peraltro, non è contestata tra le parti), il Collegio ritiene che altrettanto correttamente l’Amministrazione non abbia proceduto all’attribuzione della qualifica con effetti retroattivi al venire meno della suddetta causa ostativa

L’art. 38-ter, c. 2 decreto citato non contempla, infatti, alcuna procedura di “recupero” retroattivo della qualifica una volta cessate le cause ostative tipizzate nella norma.

Ed invero, mentre il precedente comma 2 prevede espressamente che l'attribuzione dello scatto aggiuntivo avviene, anche con effetto retroattivo e fermi restando i requisiti di cui al comma 1, al venir meno delle predette cause impeditive, il successivo comma 3 non contempla una analoga previsione subordinando il conferimento della qualifica alla condizione di non versare, il militare, al momento della valutazione, in una delle citate cause ostative.

La norma in commento non contempla né consente, dunque, alcuna attribuzione della qualifica con effetto retroattivo, bensì, la sola possibilità per il militare di essere ammesso alla procedura selettiva, per la copertura del numero di qualifiche da conferire annualmente, nel momento in cui la stessa verrà avviata dall’Amministrazione purché in possesso, all’attualità della valutazione, dei requisiti di servizio e sempre che sussistano in capo a lui, al momento di avvio della selezione medesima, le condizioni stabilite dalla norma (id est, assenza di cause ostative).

Ed invero, ragioni sia di ordine letterale che sistematico inducono a ritenere che l’assenza di procedimenti penali o disciplinari debba essere “in corso”, ovvero sussistere all'atto della presentazione delle domanda e mantenuta sino alla conclusione dei lavori della commissione.

Nel caso di specie, il ricorrente non versava nel 2001 nelle condizioni per essere sottoposto a valutazione .

Venuta successivamente meno la causa ostativa, egli avrebbe potuto essere ammesso – nell’impossidenza attuale di procedimenti penali o disciplinari - soltanto alla prima, successiva procedura selettiva per la copertura del numero di qualifiche da conferire annualmente (art. 38-ter, c. 5 decreto cit. in combinato disposto con l’art. 30, c. 4 del D.Lvo n. 83/2001).

Sennonché, giudicato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato per infermità, egli è stato collocato in congedo assoluto a decorrere dal 1 giugno 2001.

Tale ultima circostanza, comportando la cesura definitiva del rapporto, ha impedito al ricorrente di partecipare alle successive selezioni ed in ogni caso, secondo insegnamento costante della giurisprudenza amministrativa, di conseguire con effetti retroattivi la promozione.

V’è di più.

L’operato dell’amministrazione appare ancor più corretto ove si consideri il contenuto della disposizione normativa recata dall’art. 30, c. 1, D.Lvo n. 83/2001 secondo cui:

“Ai marescialli aiutanti comunque in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto e che al 31 agosto 1995 rivestivano il grado di maresciallo maggiore, la qualifica di "carica speciale" o di "aiutante" del disciolto ruolo dei sottufficiali, è attribuito l'inquadramento con il proprio grado ed anzianità nella qualifica di "luogotenente", fermi restando gli altri requisiti e condizioni di cui all'articolo 38-ter, commi 2 e 3, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, come introdotto dall'articolo 28 del presente decreto”.

La norma in commento presuppone che l’inquadramento nella qualifica di Luogotenente sconti le sussistenza delle condizioni di cui all’art. 38-ter al momento della sua attribuzione, senza alcuna previsione di effetti retroattivi.

La norma - siccome volta a regolare il regime transitorio di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri - ha carattere di specialità;
essa, pertanto, appare non irragionevole nella parte in cui non prevede la possibilità dell’inquadramento nella qualifica di Luogotenente con effetti retroattivi.

Diversamente opinando, peraltro, dovrebbe ammettersi, in assenza di una specifica previsione normativa, la possibilità che la mancanza di un determinato requisito soggettivo, richiesto dalla procedura selettiva, cristallizzatasi al momento di avvio della procedura selettiva (ovvero del relativo bando), possa essere riesaminabile e/o inverarsi in un momento successivo, in spregio al principio di par condicio e della regola tempus regit actum.

In realtà, e questo appare dirimente, il ricorrente ha maturato la situazione legittimante che gli consentirebbe di avere la promozione ben dopo la sua cessazione dal servizio.

Il ricorrente sostiene anche che il provvedimento sia viziato per difetto di motivazione.

Il motivo è infondato.

L’Amministrazione ha negato il conferimento della qualifica di Luogotenente ritenendo ormai definita la posizione del ricorrente alla luce dell’art. 38-ter, c. 2° del D.Lvo n. 198/1995, facendo altresì espressa applicazione alla fattispecie dell’art. 30, c. 1, D.Lvo n. 83/2001.

Il provvedimento in esame reca, dunque, l’indicazione delle fonti normative di cui è stata fatta applicazione alla fattispecie.

Ebbene, considerata la natura vincolata, in parte qua, dell’attività amministrativa, l’obbligo di motivazione dell’atto può ritenersi sufficientemente assolto in relazione alle norme evocate dall’Amministrazione.

Ne consegue, per quanto sopra argomentato, che il ricorso in esame non è meritevole di accoglimento e va, perciò, respinto.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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