TAR Milano, sez. III, sentenza 2018-09-12, n. 201802057

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2018-09-12, n. 201802057
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201802057
Data del deposito : 12 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/09/2018

N. 02057/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00480/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 480 del 2015, proposto da
A C, rappresentato e difeso dagli avvocati L C e C L, con domicilio eletto presso il lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Tito Livio, n. 8/A;

contro

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n. 1;

nei confronti

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA, in persona del Ministro p.t., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della nota dell’Università degli Studi di Milano-Divisione Personale in data 5 dicembre 2014, prot. N. 0030550, con la quale è stata rigettata la richiesta di ricostruzione della carriera, presentata dal prof. Caumo in data 21 ottobre 2014 ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 282;

di ogni atto o provvedimento presupposto e/o conseguente ancorché non conosciuto;

nonché per l’accertamento

del diritto del Prof. Caumo al riconoscimento, ai fini della carriera, dei servizi prestati, anteriormente alla nomina a Professore Associato, in qualità di ricercatore presso la Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor, Milano.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 il dott. S C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’ing. Andrea Caumo, odierno ricorrente, in data 29 ottobre 2010, è stato nominato professore associato per il settore scientifico ING-INF/06 (Bioingegneria Elettronica e Informatica) presso la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Milano.

2. In data 21 ottobre 2014, lo stesso ing. Caumo ha presentato presso la predetta Università domanda di ricostituzione della carriera ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980, chiedendo il riconoscimento del servizio da egli in precedenza prestato presso la Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor di Milano.

3. L’Università degli Studi di Milano, con nota del 5 dicembre 2014, ha respinto la domanda, rilevando che il suddetto servizio “…non risulta tra le qualifiche ammesse al riconoscimento dall’art. 103 del D.P.R. 382/80”.

4. Contro questo atto è diretto il ricorso in esame. Oltre alla domanda di annullamento, l’interessato propone domanda di accertamento del suo diritto ad ottenere la ricostruzione di carriera come da sua richiesta del 21 ottobre 2014.

5. Si è costituita in giudizio, per opporsi all’accoglimento delle domande avverse, l’Università degli Studi di Milano.

6. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.

7. Tenutasi la pubblica udienza in data 5 luglio 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Con il primo motivo di ricorso, l’interessato deduce la violazione dell’art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980, norma che, a suo dire, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, imporrebbe di considerare rilevanti, ai fini della ricostruzione della carriera dei professori associati, i servizi prestati presso gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) quale è la Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor di Milano.

9. Ritiene il Collegio che la censura sia fondata per le ragioni di seguito esposte.

10. Stabilisce l’art. 103, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 che <<Ai professori associati, all'atto della conferma in ruolo o della nomina in ruolo ai sensi del precedente art. 50, è riconosciuto per due terzi ai fini della carriera, il servizio effettivamente prestato in qualità di professore incaricato, di ricercatore universitario o di enti pubblici di ricerca, di assistente di ruolo o incaricato, di assistente straordinario, di tecnico laureato, di astronomo e ricercatore degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di curatore degli orti botanici e di conservatore di musei….>>.

11. La giurisprudenza – con un ragionamento riferito alla analoga norma contenuta nel primo comma dell’art. 103 (relativo ai professori ordinari) che, proprio in ragione della stretta analogia, può essere tranquillamente esteso al secondo comma – ha chiarito che, con tale disposizione, il legislatore ha perseguito l'intento di valorizzare l'attività in precedenza svolta all'assunzione in servizio dai professori universitari, allorché essa sia stata espletata nella ricerca ovvero nella didattica, attesa, appunto, l'affinità di dette attività con quella propria di un docente universitario. Valorizzandone la ratio, si è poi escluso che la lettura combinata di tale disposizione con quella contenuta nell’undicesimo comma del medesimo art. 103 (il quale equipara al servizio prestato in qualità di ricercatore universitario le attività di ricerca svolte nei ruoli degli istituti pubblici di ricerca di cui alla tabella VI, allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70) debba condurre ad una interpretazione restrittiva: si è quindi affermato che anche l’attività svolta presso altri istituti di ricerca, diversi da quelli indicati nella suddetta tabella, debba essere riconosciuta ai fini che qui interessano;
ed in particolare si è affermato che è meritevole di riconoscimento l’attività svolta presso gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) (cfr. (Consiglio di Stato, sez. VI, 26 ottobre 2005, n. 5976).

12. Ciò che va detto a questo punto è che tale conclusione è stata raggiunta dando autonomo rilievo al primo comma della disposizione in esame, e precisamente alla parte in cui essa fa riferimento all’attività svolta presso “enti pubblici di ricerca” (nel caso esaminato dalla suindicata sentenza il ricorrente aveva prestato servizio presso un IRCCS pubblico). Nella fattispecie in esame, al contrario, il ricorrente era in precedenza impiegato presso un ente che – seppure inquadrabile nella categoria degli IRCCS – aveva natura giuridica privata.

13. Ci si deve pertanto chiedere se le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza valgano anche in questa sede.

14. Ritiene il Collegio che al quesito si debba rispondere positivamente.

15. Al riguardo va osservato che, come noto, soprattutto grazie all’influsso della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la nozione di ente pubblico ha, negli ultimi decenni, subito un continuo rimodellamento, ammettendosi ormai pacificamente che gli enti aventi formalmente natura giuridica privatistica, se in possesso di peculiari caratteristiche che riproducono quelle proprie degli enti pubblici, assumono un particolare status che li rende destinatari di talune norme giuridiche disciplinanti l’organizzazione e l’attività del settore pubblico. Non è il caso di dilungarsi eccessivamente su questo punto, essendo sufficiente richiamare la nota teoria della nozione di pubblica amministrazione “a geometria variabile”, in base alla quale la nozione di ente pubblico non è fissa ed immutabile ma varia a seconda della ratio sottesa all’istituto che deve in concreto trovare applicazione;
teoria che in passato – anche in assenza di espliciti agganci normativi – aveva consentito alla giurisprudenza di assoggettare enti formalmente privati a norme dettate per gli enti pubblici, quali quelle in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o in materia di accesso ai documenti amministrativi.

16. Ciò premesso, si deve ora osservare che, a parere del Collegio, le ragioni per cui il legislatore del 1980 ha inteso circoscrivere l’ambito di rilevanza dell’esperienza in precedenza maturata dal professore universitario all’attività di ricerca svolta presso enti pubblici risiede nel fatto che solo tale attività dà sufficiente garanzia di serietà e possesso di standard qualitativi adeguati che le consentono si essere assimilata all’attività di ricerca svolta dai professori universitari e di, essere, quindi, valorizzata ai fini della loro carriera. Gli enti pubblici di ricerca, infatti, sono sempre in qualche modo assoggetti all’influenza e a controlli statali che dovrebbero assicurare il raggiungimento di elevati livelli qualitativi dell’attività di ricerca ivi svolta.

17. Essendo questo il fondamento della norma, ritiene il Collegio che non vi siano ragioni per escludere dal campo di applicabilità dell’art. 103, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 l’attività svolta presso IRCCS aventi formale natura privatistica.

18. Va invero osservato, in primo luogo, che l’art. 1, primo comma, del d.lgs. n. 288 del 2003 definisce gli IRCCS come <<…enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e personalità giuridica che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari ed effettuano prestazioni di ricovero e cura di alta specialità o svolgono altre attività aventi i caratteri di eccellenza di cui all'articolo 13, comma 3, lettera d)>>.

19. Il loro riconoscimento (anche per quelli di natura privata) avviene, ai sensi dell’art. 14, ultimo comma, del d.lgs. n. 288 del 2003, con decreto del Ministro dalla salute, previa intesa con il Presidente della Regione interessata, a seguito dell’accertamento del possesso dei rigorosi requisiti indicati dal precedente art. 13, terzo comma, fra i quali si evidenziano: quello indicato sub d) <<caratteri di eccellenza del livello dell'attività di ricovero e cura di alta specialità direttamente svolta negli ultimi tre anni, ovvero del contributo tecnico-scientifico fornito, nell'ambito di un'attività di ricerca biomedica riconosciuta a livello nazionale e internazionale, al fine di assicurare una più alta qualità dell'attività assistenziale, attestata da strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale>>;
quello indicato sub e) <<caratteri di eccellenza della attività di ricerca svolta nell'ultimo triennio relativamente alla specifica disciplina assegnata>>;
e quello indicato sub f) <<dimostrata capacità di inserirsi in rete con Istituti di ricerca della stessa area di riferimento e di collaborazioni con altri enti pubblici e privati>>.

20. E’ dunque evidente che gli IRCCS privati debbono garantire (non solo adeguati, ma) eccellenti livelli qualitativi dell’attività di ricerca da loro svolta, accertati come visto dall’autorità pubblica statale.

21. Una volta ottenuto il riconoscimento, tali enti sono poi sottoposti, ai sensi dell’art. 15, del d.lgs. n. 288 del 2003, ad uno stringente e perdurante controllo pubblico volto a garantire il mantenimento del possesso degli elevati standard qualitativi sopra illustrati (ed accertati proprio al momento del riconoscimento stesso).

22. In questo quadro, si deve ritenere che il raggiungimento delle finalità perseguite dal legislatore del 1980 sia assicurato anche in caso di attività di ricerca espletate presso IRCCS aventi natura privatistica, posto che il controllo statale deve comunque assicurare che tali attività raggiungano gli stessi livelli di eccellenza cui sono tenuti gli IRCCS aventi natura pubblicistica per i quali, come visto, la giurisprudenza ha già riconosciuto la rilevanza ai fini che qui interessano.

23. Né si può sostenere che a conclusioni contrarie debba portare la circostanza – dedotta dall’Amministrazione resistente – che solo gli IRCCS di natura pubblica sono tenuti a selezionare il personale mediante procedure concorsuali. Come ripetuto, infatti, la ratio sottesa all’istituto previsto dall’art. 103, secondo comma, del d.lgs. n. 382 del 1980 è quella di valorizzare l’attività di ricerca in precedenza svolta dal professore universitario ai fini della sua carriera. Ciò che unicamente rileva, quindi, è che tale attività sia effettivamente assimilabile a quella svolta dai professori universitari, mentre non hanno alcun rilievo le modalità con cui l’interessato è stato selezionato per il precedente impiego. Senza contare comunque che, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, del d.lgs. n. 288 del 2003 <<L'assunzione di personale sanitario dipendente presso gli Istituti di diritto privato è subordinata all'espletamento di procedure di selezione e di valutazione dei candidati atte a verificarne la professionalità e l'esperienza;
l'assunzione è comunque condizionata al possesso degli stessi requisiti previsti per le corrispondenti qualifiche degli enti e strutture del Servizio sanitario nazionale>>.

24. Per tutte queste ragioni, il provvedimento impugnato – il quale disconosce la valorizzazione dell’attività di ricerca espletata dal ricorrente presso un IRCCS avente natura privatistica ai fini della carriera di professore universitario – è in contrasto con l’art. 103, secondo comma, del d.lgs. n. 382 del 1980.

25. Il ricorso deve essere pertanto accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento di tale atto e va dichiarato il diritto del ricorrente a vedersi riconosciuto il suddetto servizio ai sensi della succitata norma.

26. La parziale novità delle questioni affrontate induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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