TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-01-10, n. 201700021

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-01-10, n. 201700021
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201700021
Data del deposito : 10 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2017

N. 00021/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03236/1993 REG.RIC.

N. 00634/1994 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3236 del 1993, proposto da:
B R, rappresentata e difesa dall'avvocato P V G, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, S. Croce, 466/G;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G G e M M, domiciliato in Venezia, S. Marco, 4091;



sul ricorso numero di registro generale 634 del 1994, proposto da:
B R, rappresentata e difesa dall'avvocato P V G, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, S. Croce, 466/G;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Maurizio Ballarin e Nicoletta Ongaro, domiciliato in Venezia, S. Marco, 4091;

per l'annullamento

A) quanto al ricorso n. 3236 del 1993:

del provvedimento prot. n. 93/4447/193 notificato il 14.06.1993 con il quale il Sindaco del Comune di Venezia ha ordinato la demolizione di alcuni manufatti ad uso magazzino siti in Venezia Lido;

B) quanto al ricorso n. 634 del 1994:

del provvedimento del Direttore di settore prot. n. 93/4447/193, notificato il 1.12.1993, con il quale è stata accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione di alcuni manufatti ad uso magazzino siti in Venezia Lido e disposta l’acquisizione degli stessi al patrimonio comunale.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2016 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso r.g. n. 3236 del 1993 la ricorrente impugna l’ordinanza prot. n. 93/4447/193 del 2 giugno 1993, con la quale il Comune di Venezia ha ordinato la demolizione di alcuni manufatti utilizzati come magazzino siti al Lido di Venezia e realizzati abusivamente.

Per tali opere abusive è stata presentata un’istanza di condono edilizio ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, respinta dal Comune in quanto le opere ricadono entro la fascia di rispetto cimiteriale di 100 m fissata con decreto del Ministro della Sanità n. 14107 del 18 maggio 1960, e sono state eseguite successivamente a tale decreto.

Il diniego di condono è stato impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

L’ordinanza di demolizione oggetto del ricorso in esame, emanata conseguentemente alla reiezione della domanda di condono, è impugnata per le seguenti censure:

I) illegittimità derivata dall’illegittimità del diniego di condono impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato;

II) violazione dell’art. 4 della legge 8 novembre 1991, n. 360, perché non è stato acquisito il parere della Commissione per la Salvaguardia di Venezia ma quello della commissione edilizia;

III) violazione dell’art. 11 delle preleggi del codice civile e dell’art. 92 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, perché la normativa vigente al momento della commissione dell’abuso non prevedeva, in caso di mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, la sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del manufatto abusivo e dell’area pertinenziale, ma solo una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione;

IV) violazione dell’art. 92 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, travisamento e carenza di presupposti, perché la demolizione può essere disposta solo ove sia accertata oltre che l’abusività dell’opera, anche il contrasto con gli strumenti urbanistici.

Successivamente il Comune con ordinanza prot. n. 93/4447/193 notificata il 1 dicembre 1993, ha accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione dichiarando acquisite gratuitamente di diritto al patrimonio del Comune le opere abusive e l’area di pertinenza, senza individuarla, richiamandosi genericamente all’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Con ricorso r.g. 634 del 1994 la ricorrente ha impugnato anche tale provvedimento per le seguenti censure:

I) incompetenza perché l’ordinanza è stata adottata dal direttore di settore dell’Assessorato all’edilizia privata anziché dal Sindaco;

II) illegittimità derivata dall’illegittimità del diniego di condono e dell’ordinanza di demolizione;

III) violazione dell’art. 11 delle preleggi, dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e dell’art. 92 della legge regionale 27 giungo 1985, n. 47, perché la normativa vigente al momento della commissione dell’abuso non prevedeva la sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ma solo una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione;

IV) violazione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e dell’art. 92 della legge 27 giugno 1985, n. 61, perché il provvedimento che dispone l’acquisizione non reca alcuna indicazione sulla quantificazione dell’area da acquisire introducendo sul punto un elemento di assoluta indeterminatezza.

Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia eccependo l’inammissibilità, per violazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario al Capo dello Stato e ricorso giurisdizionale, dell’impugnazione dell’ordinanza di demolizione perché connessa al diniego di condono impugnato con ricorso Straordinario, e concludendo nel merito per la reiezione dei ricorsi.

Alla pubblica udienza del 30 novembre 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

Disposta la riunione dei ricorsi soggettivamente ed oggettivamente connessi ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., devono essere dichiarate inammissibili le censure di cui al primo motivo del ricorso r.g. n. 3236 del 1993, e al secondo motivo del ricorso r.g. n. 634 del 1994, con le quali la ricorrente lamenta l’illegittimità derivata degli atti impugnati dall’illegittimità del diniego di sanatoria impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Infatti il ricorso giurisdizionale nella parte in cui censura un'ordinanza di demolizione per illegittimità derivata da un diniego di condono già impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato deve ritenersi inammissibile per violazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale e, sul piano pratico, al fine di evitare che si possa formare un contrasto tra giudicati (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 3 giugno 2010, n. 2376;
Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 aprile 2005, n. 1852).

Peraltro nelle more della definizione della controversia il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto avverso il diniego di condono è stato anche respinto con DPR del 13 ottobre 2003, con la conseguenza che il diniego di condono ha definitivamente consolidato i propri effetti.

Pertanto deve essere dichiarata l’inammissibilità dei motivi che si fondano sull’illegittimità del diniego di condono, ovvero il primo motivo del ricorso r.g. n. 3236 del 1993, ed il secondo motivo del ricorso r.g. n. 634 del 1994.

Gli altri motivi, che riguardano vizi propri e non derivati degli atti impugnati che devono pertanto essere esaminati nel merito, sono invece infondati e devono essere respinti.

Con il secondo motivo del ricorso r.g. n. 3236 del 1993, la ricorrente lamenta che non è stato acquisito il parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia.

Con il quarto motivo del medesimo ricorso, lamenta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, deducendo che la stessa può essere disposta solo ove sia accertata, oltre che l’abusività dell’opera, anche il contrasto con gli strumenti urbanistici.

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate e devono essere respinte.

Infatti la mancata acquisizione del parere della Commissione per la Salvaguardia e la dedotta violazione dell’art. 92 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, per la mancata motivazione dei profili di contrarietà agli strumenti urbanistici, non hanno alcun rilievo ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto i provvedimenti che ordinano la demolizione di opere abusive quando siano stati preceduti dal diniego di concessione in sanatoria, sono provvedimenti dovuti (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. VI 19 novembre 2015 n. 5342;
id. 15 aprile 2015, n. 2103;
con specifico riferimento alla Commissione per la Salvaguardia cfr. Tar Veneto, Sez. II, 21 agosto 2013, n. 1068;
id. 17 novembre 2011, n. 1713;
Consiglio di Stato, Sez. V, 9 febbraio 1996, n. 152), con la conseguenza che, non residuando alcun margine di discrezionalità, è superflua l'acquisizione di qualsiasi parere ovvero l'accertamento dell'incompatibilità dell'opera con la normativa edilizio-urbanistica.

In questo caso, infatti “la sussistenza del contrasto con la disciplina urbanistica, nonché il parere della commissione edilizia - previsti dall'art. 92, quarto comma della L.R. n. 61/1985 quali presupposti di legittimità della demolizione non preceduta dal diniego di concessione - vengono assunti a monte, nell'ambito della fase propedeutica concernente l'istruttoria per il rilascio della concessione in sanatoria” (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 7 marzo 2006, n. 534).

Peraltro, va anche osservato, che l’art. 92, quarto comma della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, laddove ad una prima lettura sembra subordinare la demolizione di opere abusive alle fattispecie nelle quali vi sia un contrasto con gli strumenti urbanistici, deve essere inteso, secondo un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata alla luce della disciplina statale di principio, non nel senso di consentire il mantenimento delle opere abusive in tutti i casi in cui non vi sia un contrasto con gli strumenti urbanistici, ma nel senso di consentire il mantenimento delle opere abusive conformi agli strumenti urbanistici solamente in quelle ipotesi disciplinate da specifici istituti che consentono la sanabilità in presenza di presupposti normativamente determinati (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 8 marzo 2016, n. 256;
id. 23 febbraio 2016, n. 202;
id. 16 febbraio 2015, n. 194;
id. 21 maggio 2010, n. 2124).

Il secondo e quarto motivo del ricorso r.g. n. 3236 del 1993, devono pertanto essere respinti.

Il terzo motivo del ricorso r.g. n. 3236 del 1993 ed il terzo motivo del ricorso r.g. n. 634 del 1994 con i quali la ricorrente sostiene che dovrebbe essere applicato il regime sanzionatorio vigente al momento della commissione dell’abuso e non quello vigente al momento dell’emanazione del provvedimento repressivo, è privo di fondamento perché, come osservato dalla giurisprudenza dalla quale il Collegio non ravvisa motivo per discostarsi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1650) “il principio di irretroattività non vige - per

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