TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-06-23, n. 202201122

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-06-23, n. 202201122
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202201122
Data del deposito : 23 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/06/2022

N. 01122/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00255/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 255 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D R, con domicilio eletto presso il suo studio in Spadola, via Carlo V n. 2;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso cui è domiciliato in Catanzaro, via Gioacchino da Fiore n. 34;

per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo

- del provvedimento n. Cat. 6F/PAS/Prot. -OMISSIS-del 27.07.2016 del Questore di Vibo Valentia di rigetto dell’istanza di rinnovo della concessione di licenza di porto fucile per uso caccia avanzata dal ricorrente;

- del provvedimento prot. -OMISSIS-del 12.12.2016 del Prefetto di Vibo Valentia e notificato in data 19.12.2016 e successivamente rinotificato il 11.02.2017, di rigetto del ricorso gerarchico promosso dal -OMISSIS-avverso il provvedimento del Questore;

quanto al ricorso per motivi aggiunti

del provvedimento prot. n. -OMISSIS-del 14.06.2017, notificato in data 26.06.2017, con il quale il Prefetto di Vibo Valentia ha fatto divieto al ricorrente di detenere armi, munizioni ed esplosivi.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 27 maggio 2022 il dott. G I;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente notificato, depositato il 15 marzo 2017, il sig. -OMISSIS- ha impugnato il decreto del 27 luglio 2016 del Questore di Vibo Valentia, con cui è stato disposto il diniego del rinnovo della licenza di porto fucile per uso caccia.

Con lo stesso ricorso ha impugnato, altresì, il decreto del 12 dicembre 2016 del Prefetto di Vibo Valentia, con cui è stato respinto il ricorso gerarchico avverso il provvedimento di diniego adottato dal Questore.

Il ricorrente ha esposto che, in seguito alla presentazione dell’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile, la Questura di Vibo Valentia ha comunicato la sussistenza di circostanze ostative al rinnovo della licenza richiesta.

Le ragioni del diniego sono consistite nella presenza di una situazione di rischio nel buon uso delle armi, tale da impedire il rinnovo del porto di fucile ai sensi degli artt. 11 e 43 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.).

Il -OMISSIS-ha prodotto le proprie controdeduzioni ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/90.

Con il decreto sopra indicato il Questore di Vibo Valentia ha negato il rinnovo della licenza di porto fucile per uso caccia, in considerazione della presenza di:

- sentenza di condanna, in data 18 ottobre 1982, per il reato, ora depenalizzato, di emissione continuativa di assegni a vuoto;

- denuncia, in data 20 maggio 1991, per il reato di omessa custodia di armi (procedimento poi archiviato il 2 luglio 1991);

- decreto di divieto di detenzione armi e munizioni emesso dal Prefetto della Provincia di Catanzaro in data 29 maggio 1991;

- sentenze di condanna, in data 22 giugno 2010, 26 novembre 2012, 1° marzo 2013, 31 dicembre 2013 e 5 gennaio 2015 per il reato di omesso versamento continuato delle ritenute previdenziali ed assistenziali;

- denuncia ai sensi dell’art. 483 c.p. per il reato di falso ideologico del privato in atto pubblico, in data 22 giugno 2016, per falsa attestazione relativa al numero dei familiari conviventi.

Il -OMISSIS-ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto di Vibo Valentia avverso tale atto.

Il Prefetto di Vibo Valentia ha respinto il ricorso gerarchico, confermando le determinazioni della Questura in ordine all’assenza dei presupposti richiesti dal T.U.L.P.S per il rilascio delle autorizzazioni in materia di armi e munizioni.

Avverso i suddetti provvedimenti il ricorrente ha proposto impugnazione, lamentando la loro illegittimità per violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990, violazione degli artt. 11, 42 e 43 del T.U.L.P.S., eccesso di potere per difetto d’istruttoria, difetto di motivazione, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti.

Con il primo motivo di gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 10 bis , l. 241/1990, poiché con il preavviso di rigetto non sarebbero stati indicati alcuni dei motivi posti a base del provvedimento di diniego.

L’amministrazione, omettendo di comunicare dette circostanze, avrebbe leso il diritto del privato a presentare controdeduzioni nel corso del procedimento amministrativo, ai sensi della l. 241 del 1990.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 11, 42 e 43 del T.U.L.P.S., giacché l’amministrazione non godrebbe di discrezionalità incondizionata, ma sarebbe tenuta ad effettuare un giudizio prognostico riguardo alla personalità del soggetto, nel rispetto del principio di trasparenza dell’azione amministrativa.

I precedenti a suo carico, per natura ed entità, non sarebbero idonei ad assurgere ad elemento ostativo al rinnovo della licenza di porto di fucile richiesta.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso e insistendo per il rigetto.

Con motivi aggiunti, parte ricorrente ha esteso l’impugnazione al provvedimento prot. n. -OMISSIS-del 14 giugno 2017, con cui il Prefetto di Vibo Valentia ha disposto il divieto di detenere armi, munizioni ed esplosivi, deducendo la violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, violazione degli artt. 11 e 39 del T.U.L.P.S., difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

Il -OMISSIS-ha dedotto, innanzi tutto, la violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, giacché l’amministrazione non avrebbe comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento.

Con il secondo motivo ha contestato la violazione degli artt. 11 e 39 del T.U.L.P.S., eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e del difetto di motivazione, ribadendo che la discrezionalità rimessa all’amministrazione in materia di rilascio e diniego della licenza di porto d’armi non è incondizionata, ma deve far riferimento in concreto alla personalità e pericolosità sociale del soggetto.

Con successiva memoria, il Ministero dell’Interno ha insistito per il rigetto del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 27 maggio 2022, svolta in modalità telematica secondo le previsioni dell'art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, conv. con mod. dalla l. 18 dicembre 2020 n. 176, la causa è stata trattenuta in decisione.

Può iniziarsi dall’esame dei motivi inerenti a pretesi vizi procedimentali, rilevati sia in relazione al provvedimento di diniego di rinnovo di porto di fucile, sia in relazione al provvedimento di divieto di detenzione.

Riguardo al provvedimento di diniego di rinnovo del porto di fucile per uso caccia il ricorrente ha evidenziato la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, rilevando una discrasia tra il contenuto del preavviso di diniego e quello del provvedimento.

Il motivo non è fondato, giacché il fatto che nel provvedimento siano indicate circostanze diverse o ulteriori non incide comunque sulla valutazione, che non è basata su circostanza atomisticamente considerate, ma su una serie complessiva di fatti ed eventi che spingono l’amministrazione procedente a dubitare del buon uso delle armi da parte del richiedente.

Con riferimento al divieto di detenzione di armi e munizioni il ricorrente ha rilevato la violazione dell’art. 7, per il mancato invio di comunicazione di avvio del procedimento.

Esso è infondato.

Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale che pone in evidenza la natura precauzionale e preventiva del provvedimento di divieto, in quanto finalizzato a proteggere la collettività dal pericolo dell’uso improprio delle armi.

I provvedimenti in materia, essendo preordinati alla salvaguardia dell'incolumità delle persone, hanno il carattere dell’urgenza e non presuppongono l’invio di comunicazione di avvio (Tar Campania, Napoli, sez. V, 20 giugno 2018 n. 4106;
Tar Piemonte, sez. I, 1 giugno 2017 n. 689).

Le ragioni in base alle quali sono stati emessi i due provvedimenti impugnati, il diniego del porto di fucile e il divieto di detenzione di armi e munizioni, sono sostanzialmente analoghe e ciò consente di esaminare congiuntamente i motivi di illegittimità che il ricorrente ha inteso evidenziare in relazione ad entrambi. Anche se resta inteso che la licenza di porto d’armi, che abilita il titolare a portare l’arma al di fuori della propria abitazione in deroga al generale divieto, ha un contenuto autorizzatorio più ampio rispetto al nulla osta per la detenzione e che ciò comporta che le valutazioni sull’affidabilità del soggetto che richiede la licenza di porto d’armi debbono essere maggiormente ponderate e improntate ad un maggior rigore (da ultimo, Tar Firenze, sez. II, 29 settembre 2021 n. 1235).

Si è detto in precedenza che il ricorrente ha numerosi precedenti di varia natura.

Si tratta di alcune condanne per reati ormai depenalizzati, di un procedimento aperto e poi archiviato per violazioni in materia di armi.

Vi è anche una denuncia per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico: il relativo procedimento è stato archiviato.

I precedenti non sono certamente di rilevante entità, ma evidenziano, anche per il loro numero, una certa inclinazione dell’odierno ricorrente a commettere fatti di natura illecita.

La misura con cui si vieta la detenzione delle armi e delle munizioni, di cui all’art. 39, T.U. n. 773 del 18 giugno 1931, è volta a prevenire fatti lesivi della pubblica sicurezza, in quanto la possibilità di detenere armi e, a maggior ragione, quella di portarle al di fuori della propria abitazione richiedono che il soggetto sia persona esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo e nei confronti del quale esista la completa sicurezza circa il buon uso delle armi.

Non è richiesto l’accertamento positivo della possibilità di abuso delle armi, né un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato bensì è sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso.

La valutazione degli indicati presupposti è affidata all’ampia discrezionalità del prefetto nel caso del divieto e al questore nel caso del porto di fucile. Le relative valutazioni sono sindacabili in sede giurisdizionale solo sotto il profilo della violazione canoni della logicità e ragionevolezza ovvero allorché sussista travisamento dei fatti.

Alla luce dell'ampia discrezionalità dei provvedimenti in questione, non è richiesta una particolare motivazione, se non negli ovvi limiti della sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie, poiché è sufficiente l’esistenza di elementi che fondino solo una ragionevole previsione di un uso inappropriato delle armi ai sensi degli artt. 11,39 e 43, T.U.L.P.S. (tra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 13 aprile 2011, n. 2294;
Consiglio di Stato,11 luglio 2014, n. 3547;
Consiglio di Stato, 24 agosto 2016, n. 3687;
Consiglio di Stato, 14 dicembre 2016, n. 5276;
T.A.R. Napoli, sez. V, 03/01/2022, n. 44;
T.A.R Piemonte, sez. I, n. 1022 del 2016;
T.A.R Napoli, sez. V, 2 settembre 2016 n. 4154;
T.A.R Lazio, Roma, sez. I ter, 10 luglio 2017 n. 8148).

Le valutazioni compiute dalle amministrazioni non possono essere considerate irragionevoli, illogiche o arbitrarie, giacché si fondano su accadimenti di rilevanza penale che ben possono ostacolare il rinnovo della licenza richiesta e anche la possibilità di detenere armi.

Riguardo alle censure specificamente mosse avverso il diniego di rinnovo, giova ricordare che i provvedimenti di rinnovo possono essere adottati “ solo nell'ipotesi che non sussista il pericolo che il soggetto possa abusarne, richiedendosi che l'interessato sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, in modo tale da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica ” (tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 13/07/2021, n. 5306;
T.A.R. Bari, sez. III, 26/10/2021, n. 1544;
T.A.R. Catanzaro, sez. I, 25/01/2022, n. 84;
T.A.R. Perugia, sez. I, 31/01/2022, n. 44).

La licenza di porto di fucile, nonché, più genericamente, quella di porto d’armi, può dunque essere negata dall’amministrazione, in sede di rilascio o di rinnovo, nelle ipotesi in cui non ricorre la completa certezza dell’affidabilità dell’istante sull’uso delle stesse, in ragione di circostanze connesse alla condotta del soggetto interessato all’autorizzazione.

Ne consegue che il divieto di detenzione delle armi o di rinnovo delle autorizzazioni in materia di armi può essere adottato sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale dell’amministrazione, fondato sulla prevedibilità dell'abuso dell'autorizzazione stessa, “ potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi, e potendo l'Amministrazione valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato diversi, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, concretamente avvenuti, anche se non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa desumere la non completa "affidabilità" all'uso delle stesse ” (Consiglio di Stato sez. III, 13/07/2021, n. 5306;
Consiglio di Stato, sez. III, 23 maggio 2017, n. 2404;
T.A.R. Potenza, sez. I, 14/06/2017, n. 445).

Di conseguenza, la giurisprudenza ha ribadito che “ è sufficiente che dalla considerazione del comportamento, quale si desume dai fatti oggetto di indagine, emerga anche per meri indizi l’assenza della perfetta sicurezza circa il buon utilizzo delle armi;
né è necessaria un’istruttoria aggiuntiva sulla pericolosità sociale, poiché si tratta di un giudizio prognostico orientato a prevenire i pericoli che conseguono dall’uso delle armi
” (T.A.R. Trento, 15 gennaio 2021, n. 5;
T.A.R. Napoli, 7 gennaio 2021, n. 137;
T.A.R. Catanzaro, 21 giugno 2021, n. 1272).

In virtù dei principi sinora richiamati, il Collegio ritiene che non siano fondate le censure dedotte dal -OMISSIS-avverso i provvedimenti impugnati.

Ciò premesso, il decreto di diniego del rinnovo di porto di fucile, adottato dal Questore di Vibo Valentia, e i successivi provvedimenti del Prefetto di Vibo Valentia di rigetto del ricorso gerarchico e di divieto di detenzione di armi e munizioni devono essere ritenuti ragionevoli e proporzionati rispetto al fine di tutela della pubblica sicurezza perseguito.

Il ricorso principale e quello per motivi aggiunti sono, pertanto, infondati e devono essere rigettati.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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